Before the Dawn.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. ohshit!
     
    .

    User deleted


    Titolo: Before the Dawn.
    Autore: ohshit!
    Genere: Romantico | Triste | Malinconico|
    Raiting: G\PG
    Avvisi: Twincest | Fluff | Angst | Lime | AU | Songfic | Deathfic |
    Note: Era da tempo che desideravo scriverla, e adesso l’ho fatto. Ammetto che per trovare un titolo decente, ho dovuto sudare sette camicie, ma alla fine, grazie alla mia amata Amy Lee, ci sono riuscita.
    Questa è la prima OS twincest che mi decido a postare, pensata una dolce notte, mentre la mia mente vagava nell’immenso.
    In questa storia sono racchiuse due tematiche che mi stanno molto a cuore: l’amore incondizionato e non compreso, e la voglia di fuggire da questa prigione, che è la realtà.
    Ho scelto il rapporto tra i gemelli perché ritengo sia qualcosa di altamente sublime.
    Spero che queste parole possano emozionarvi.
    Sarebbe meraviglioso che voi ascoltaste la canzone che ha ispirato tutto.
    Buona lettura.
    Adelù ♥


    Tutto ciò che è narrato è soltanto frutto della mia mente contorta, e non ci guadagno mezzo penny!




    Creative Commons License
    Before the Dawn by ohshit! is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 Unported License.


    Vietato copiare!



    Before the Dawn.



    image
    Il disegno è di Allegator!


    SPOILER (click to view)
    Ringraziamo la Scurreggiòns per il banner u.u Tutte in coro "Grazie Chìs!" *---*



    Meet me after dark again and I'll hold you. 
    I want nothing more than to see you there.
    And maybe tonight, we'll fly so far away.
    We'll be lost before the dawn..







    La notte era giunta da parecchio tempo, ormai.
    Con dolcezza, la Luna si divertiva a lambire amorevolmente ogni singolo angolo del territorio, illuminando il sentiero ai viaggiatori, e mettendo alla luce i piccoli segreti che le persone non avevano voglia di rivelare al Sole.
    Uno di questi, era forse il più immorale, ma al contempo bramato di tutto il regno della Germania Occidentale.
    La Luna, quella sera, stava illuminando qualcosa di cupo. Un amore, in particolar modo.
    Illuminava un sentimento oscuro.
    Nero; come quella chioma corvina che si aggirava con aria sospetta nei pressi delle prigioni del palazzo.
    Il volto era coperto, però.
    Era coperto da un pesante strato di trucco che gli dava un aspetto decisamente troppo ambiguo.
    Si muoveva veloce, e con una certa maestria: evidentemente, sapeva già quali strade prendere, e quali cunicoli potevano condurlo a destinazione. Da ciò, si poteva ben capire che doveva per forza essere qualcuno che in mente aveva uno scopo preciso, e non era sicuramente lì solo per curiosare qualcosa.
    Dopo pochi, pochissimi minuti, quella figura longilinea dai lunghi capelli corvini, si chinò per terra ed aprì una botola nascosta tra le erbacce, entrandovi dentro con estrema discrezione.
    Anche lì dentro era buio; i suoi occhi si erano abituati all’oscurità.
    Scivolò lungo un breve tunnel prima che i suoi piedi riuscirono a toccare terra.
    Il suo olfatto riuscì a percepire perfettamente la presenza di qualcuno, e quel profumo così intenso le sue narici lo conoscevano davvero troppo bene.
    Come un felino che aguzza tutti i suoi sensi dal momento in cui inizia a cacciare la sua preda.
    Bill in quel momento incarnava la figura di un felino cacciatore, pronto all’attacco verso la sua vittima. Tese le mani affusolate in avanti, giusto per orientarsi, anche se alla fine serviva a ben poco, dato che dentro una cella non poteva esserci nulla d’intralcio, se non colui che veniva rinchiuso.
    «Chi è, là? », rimbombò improvvisamente lì dentro.
    Le labbra del moro s’incurvarono in una smorfia di stizza, e mentalmente diede dell’idiota all’individuo che aveva appena provocato quel rumore molesto, il quale sicuramente aveva richiamato l’attenzione dei guardiani notturni.
    «Sono io, idiota! » cinguettò questo, sussurrando le parole con una certa difficoltà.
    In realtà gliele avrebbe urlate, quelle parole, ma per evitare ulteriori fracassi, preferì evitare.
    Le sue orecchie udirono un lievissimo – e quasi impercettibile – ‘Scusa’, sussurrato con un tono del tutto intimorito. Bill fece per avvicinarsi alla sua preda, ma il suono di alcuni passi sconosciuti, lo fece sussultare.
    «Rimettiti sul letto, Tom! », gli ordinò, e quello obbedì senza pensare neppure a qualche possibile replica.
    Il moro si arrampicò con estrema agilità ai bordi del breve tunnel che l’avevano condotto lì dentro, rintanandosi in esso.
    I passi che aveva udito si andavano avvicinando sempre di più, e il suo istinto non aveva fatto cilecca: i guardiani l’avevano sentito, e se l’avessero beccato, sarebbe stata la fine per lui, per la sua dignità, e per l’interno regno della Germania Occidentale.
    Tentò di sbirciare, ma vide un bagliore provenir al di là delle sbarre di ferro della cella, e decise di rimanere al suo posto, lasciando tornare tutto com’era prima.
    Un odore acre e nauseante s’impossessò delle sue narici viziate, del tutto non abituate a quel tipo di lezzo. Esse avevano annusato i profumi più importanti e sublimi di tutta l’Europa e l’Oriente, e sicuramente quel luogo non rientrava proprio in quegli standard; ma doveva accontentarsi.
    Di solito non ci prestava poi così tanta attenzione; era capitato in quel momento, ma solitamente la sua mente si concentrava in altro.
    Solitamente quel luogo profumava delle loro pelli, che calde e madide di sudore, solvevano consumare un amore nero, come l’oscurità che li circondava.
    I due giovani dovettero aspettare un po’, prima che i guardiani si furono accurati che nulla era fuori posto, o almeno così sembrava. Dopodiché, non appena luci e passi svanirono nel nulla, Bill poggiò nuovamente i piedi per terra, e, facendo il massimo silenzio, sgattaiolò verso la postazione di Tom, nella quale egli si era accucciato diligentemente senza fiatare, per come gli era stato ordinato.
    Quest’ultimo, non appena avvertì il dolce contatto delle loro pelli, sentì dei potenti brividi attraversargli la colonna vertebrale.
    «Ehi.. » gli soffiò sulla pelle il moro, provocandogli una leggera pelle d’oca.
    Tom gemette piano, e si sollevò sui gomiti per poter raggiungere le labbra del suo amante, posto prono su di lui. Si unirono lentamente, come se dovevano prestare la massima attenzione l’uno verso l’altro a non farsi del male.
    Ai loro corpi veniva inflitta già troppa violenza, e riceverne altra persino in quei momenti, risultava deprimente.
    Entrambi rinacquero non appena le loro labbra vennero finalmente a contatto.
    Un contatto peccaminoso, ma di vitale importanza.
    Era come se tramite le loro bocce, riuscivano a trasmettersi una sorta di nettare dal sapore divino, simile all’ambrosia per le divinità greche.
    Con una certa timidezza, le loro lingue si sfioravano e si lambivano a vicenda.
    Un dolce danza aveva avuto inizio; esse sembravano due ballerini in perfetta sintonia, che riuscivano a tenersi testa con successo.
    A malincuore, interruppero quel contatto, giusto per riprendere fiato.
    Dei raggi di Luna penetrarono dalle fessure del muro in pietra, illuminando, anche se di poco, quel ritratto che reincarnava un amore, che molti avrebbero descritto con l’aggettivo ‘profano’.
    Due uomini, due giovani, fratelli di sangue, nati dalla stessa madre nello stesso momento, concepiti dallo stesso padre, erano lì, abbracciati stretti, intenti a consumar qualcosa di troppo grande dentro una fetida e piccola prigione.
    Per molti, anzi, per l’intera umanità quell’immagine rappresentava puro orrore.
    Era definito un simbolo demoniaco.
    Ma dietro tutta quell’apparente blasfemia, tutto quel grande sacrilegio, si celavano solo due cuori che non smettevano di battere; due anime che erano state divise con brutalità, e adesso sentivano il bisogno fisico di ricongiungersi una volta per tutte.
    Bill e Tom erano un’unica anima divisa in due corpi.
    Bill e Tom formavano la divisione di un cuore, incanalato in due organismi differenti, ma terribilmente compatibili fra loro.
    Bill e Tom reincarnavano l’amore, e tentare di farlo capire agli altri era soltanto fiato disperso al vento.
    Le persone non amavano come si amavano loro due, e di conseguenza non potevano comprendere. Era un po’ come spiegare ad una tigre che si poteva benissimo vivere anche non cacciando, e non mangiando carne, e che quindi poteva tranquillamente nutrirsi di frutti.
    Non erano loro ad essere sbagliati, e non lo era neppure il loro amore.
    Semplicemente, gli altri non capivano.
    Perché se il loro amore era un peccato, loro avrebbero continuato a peccare fino all’infinito.
    E se i Celesti volevano punirli, potevano punirli anche dopo la morte.
    E se tutti quegli esseri che amavano sputar veleno su di loro non capivano la magia delle note di quella dolce melodia che proveniva dai loro petti, loro li avrebbero lasciati non capire.
    Bill poggiò con delicatezza la sua fronte su quella del gemello, restando attento a non rompere quel meraviglioso contatto.
    Potenti spasmi cominciarono a divagarsi lungo ogni singolo centimetro di essi, come onde che s’infrangevano con media potenza sugli scogli.
    Bill e Tom erano delle onde che continuavano a scagliarsi in una conca troppo piccola e angusta.
    Ogni volta, non facevano altro che schiantarsi per provare ad abbattere quelle mura troppo alte e massicce, ma rimaneva uno sforzo unitile.
    Alla fine erano solo altri graffi su di loro, altri pezzi aggiunti a quella malsana collezione.
    Quindi, perché continuare?
    ‘Per amore’, rispondevano sempre i due fratelli, macchiati di condanna.
    Fece un respiro profondo, e aprì i suoi occhi – che aveva chiuso giusto per qualche secondo – guardando in viso Tom: «Co.. Come ti senti? », gli domandò con voce tremante.
    Nel pronunziare quella domanda, aveva sentito una potente fitta al cuore, e dei tremendi sensi di colpa gli riempirono gli occhi ambrati di lacrime.
    Il biondo gli sorrise e gli carezzò il capo con dei movimenti uguali e continui.
    «Ora in Paradiso» ghignò lui, baciandogli con dolcezza le labbra.
    Il moro accennò un sorriso, ma un timida lacrima gli varcò il volto. L’essere al corrente del fatto che tutte quelle cicatrici nel corpo di suo fratello, erano dovute anche a causa sua, lo portavano ad odiarsi e aveva voglia di picchiarsi fino a sanguinare.
    «Dico.. Dico sul serio, Tomi» pigolò, col cuore che martellava come un matto.
    Tom gli asciugò via quella piccola lacrima, e gli sorrise.
    Bill amava quel sorriso.
    In verità, amava anche le mani di Tom, e il suo profumo, e la dolce melodia che sprigionavano i battiti del suo cuore.
    I loro cuori erano uguali, ma i suoni di essi erano parecchio differenti.
    I battiti di Bill solevano essere perennemente accelerati, il che era dovuto al suo temperamento decisamente troppo agitato; quelli di Tom invece erano normali, e quegli echeggi sembravano formare una dolce melodia.
    Il moro sarebbe rimasto anche giorni interi attaccato al petto del gemello per bearsi di quell’idillio. Tutto ciò sarebbe stato in grado di ripagare persino fame e sete.
    «Sto bene, fratellino» lo rassicurò il giovane, scostando alcune ciocche corvine più corte – rispetto alla massa – dal viso del gemello.
    Bill abbassò lo sguardo, e senza proferir parola, si permise di sollevare la maglia del fratello, liberandogli il torace con giusto qualche muscolo semi accentuato.
    Gli venne da urlare non appena le sue iridi ambrate videro quelle cicatrici. Continuando a fissarle, sollevò l’indice destro, e con estrema delicatezza ne sfiorò una; ma per quanto cercò di essere dolce, Tom sussultò ugualmente. Anche a Bill parve di sentire il tremendo dolore di quelle corde di cuoio rovente sulla sua pelle d’alabastro.
    Loro padre, il re di tutta la Germania Occidentale aveva rilasciato un ordine supremo, il quale enunciava con chiarezza che il suo figlio Tom, accusato di omicidio, doveva subire ogni due sere otto frustate sulla parte superiore del corpo. E Bill piangeva per tutta la durata di quelle notti, in cui sentiva gli strazianti urli di suo fratello massacrargli il cervello fino a farlo sanguinare.
    «Mi dispiace», aveva sussurrato quasi impercettibilmente; ma lì dentro il silenzio era tale che Tom riuscì ad udirlo subito.
    «Non è colpa tua, piccolo.. » aveva tentato di rassicurarlo il biondo, ma di tutta risposta, il moro esplose, come gli era solito fare in queste situazioni, in un pianto liberatorio.
    Bill tirò su col naso, e con la mano destra si pulì il viso dalle lacrime.
    «Ti amo», gli disse piano.
    Tom gli sorrise con dolcezza.
    Amava sentirselo dire da Bill, e sarebbe volentieri rimasto ad udire quel suono per tutto il resto della sua esistenza.
    «Anche io, fratellino.. » lo tirò a sé, e le loro labbra si sfiorarono di nuovo.
    Questa volta però, quando Bill tentò di staccarsi, suo fratello lo trattenne ancor di più, cercando di approfondire quel gesto.
    Le loro labbra di mescolarono con estrema dolcezza, lambendosi a vicenda.
    Istintivamente, le mani del moro percorsero con attenzione il corpo del gemello, così uguale al suo. I loro corpi sembravano creati per completarsi fra di loro.
    Come due sculture, o un meraviglioso affresco.
    Tutto in loro sembrava studiato nei minimi dettagli; i loro sguardi sapevano agganciarsi ogni volta, senza perdersi un momento. Le loro mani erano in grado di intrecciarsi perfettamente , e le loro labbra formavano un così detto “bacio perfetto”.
    Le loro pelli si sfregavano; entrambi ne conoscevano i sapori e gli odori.
    «Ti voglio.. » sussurrarono all’unisono, ed entrambi risero insieme.
    Dolcemente, si unirono in un bacio e godettero l’amore per l’ennesima notte, al buio dal resto dell’umanità, prima che si affacciasse l’alba.


    ♥♦♥♦♥♦





    C’era uno strano fermento a corte, quella mattina.
    Il trambusto era tale che, nonostante si fosse ficcato la testa sotto mille mila cuscini, non riusciva proprio a prender sonno. Il giovane aprì di controvoglia gl’occhi appesantiti dal sonno, e le sue labbra si abbandonarono ad uno sbadiglio enorme.
    Doveva esserci sicuramente una motivazione dovuta a tutto quel rumore, perché se non ve ne erano, avrebbe scatenato l’Inferno!
    Era pur vero che le ore piccole in un certo senso le “desiderava” lui stesso, ma ciò non autorizzava nessuno a disturbare il suo sonno.
    «Agathe! Agathe! » chiamò quasi urlando.
    Dalla porta della sua stanza, comparve una testolina coperta da un copricapo che serviva a tenere a bada i lunghi boccoli biondi, che Bill tanto aveva osservato, e aveva carezzato, e tirato, mentre la sua serva si occupava diligentemente di lui, senza proferir parola.
    La giovane lo raggiunse velocemente, e gli si chinò dinanzi arrossendo vivacemente non appena lo vide semi nudo. Teoricamente non doveva essere un problema per lei, dato che era lei stessa a lavarlo e vestirlo, ma il suo pudore la sovrastava in maniera esorbitante, e il principe amava divertirsi in questo modo.
    «Padrone, è successo qualcosa? » gli domandò con voce tremante.
    Lo sguardo del moro era capace di perforare il cranio a chiunque, e riuscire a leggere i pensieri altrui con ben poca fatica.
    Fece una smorfia di stizza, prima di chiederle il perché di tutto quel rumore improvviso che aveva brutalmente interrotto il suo sonno. Gli parve che la giovane gli accennò un sorriso, o forse, era solo un solco sul viso, o un’illusione ottica dovuta alle ombre della stanza.
    «Vostro padre è tornato, mio Padrone! », cominciò la ragazza, avvicinandosi al principe. Diversamente dai principi degli altri regni, Bill permetteva ad Agathe di potergli stare vicino quando erano soli, o di accarezzarlo quando lei ne aveva voglia.
    Lo sguardo del giovane divenne come sconvolto da quella notizia, e la giovane non poté non notarlo.
    «Questa mattina? », continuò a chiedere. Questa volta la sua voce squittì appena.
    Agathe annuì velocemente, e peccando di tracotanza, fece scivolare le mani sulle gambe del suo padrone, carezzandogli le ginocchia con fare materno. Con quel gesto tentò invano di calmare l’animo iracondo del principe.
    Ed erano questi i momenti in cui Agathe sapeva che il suo ruolo si spingeva ben oltre quello della serva. Vuoi per devozione, vuoi per amore, lei era schiava del suo padrone sia moralmente che fisicamente. Quando il principe non poteva sfogarsi del tutto, quando era frustrato, quando semplicemente ne sentiva il bisogno, lei si concedeva a lui senza fare troppe storie.
    Agathe sapeva, al contrario di molti in quel palazzo.
    Le era stato affidato il compito di accudire il principe da ormai troppo tempo, e tra i due era nata questa confidenza che spesso li portava a parlare di tutto. Bill le aveva parlato di Tom.
    Le aveva raccontato delle prigioni, e dei passaggi segreti, e il perché dei suoi singhiozzi in determinate notti. Agathe aveva trattenuto con difficoltà le lacrime non appena vide l’anima prepotente del suo padrone divenire così benevola e a tratti straziata; poi lo aveva stretto al petto e gli aveva baciato il capo con dolcezza, e tra una carezza e l’altra, avevano finito per consumarsi fra le mura peccaminose di quella stanza. Agathe era anche al corrente del fatto che però lei non poteva eguagliare l’amore che Bill provava per Tom.
    Così, dopo aver dato sfogo a quelle voglie, quelle rabbie represse, lei si abbandonava al pianto, continuando ad amare in segreto il suo padrone. Pur di vederlo sereno per quei brevissimi attimi, pur di vedergli il viso sorridente, era disposta a non badare neppure al suo corpo.
    Quel che molti non riuscivano a capire era sicuramente che, quando un sentimento, un desiderio, riusciva a sovrastare i propri animi, l’umano in questione sarebbe persino capace di andare incontro alla morte. Nessuno capiva che un singolo battito di cuore era in grado di diventare una melodia assordante, un canto ammaliatore, che riusciva a mandare in tilt la mente del concupito.
    Nessuno capiva che candendo in questa trappola, non si poteva più trovare una via d’uscita.
    Bill e Tom lo sapevano però, ne conoscevano il dolce sapore dal retro gusto amaro.
    Inizialmente pensavano di andare incontro a qualcosa da fanciulli, qualcosa da cui si poteva uscir sani; e invece no.
    Era qualcosa di così travolgente da riuscire a drogare maledettamente tutti i sensi. Come una potente malattia che intaccava tutte le pareti cerebrali e le danneggiava senza un briciolo di pietà. Le sue radici penetravano all’interno del corpo, e per quanto si cercava di sradicarle via, rimaneva sempre quel po’ di lei. Rimaneva lo stesso quel terribile focolaio che li avrebbe tormentati sino alla morte. Il più delle volte però era qualcosa di puramente volontario: a loro ad esempio sembrava andare bene sentire il cuore soffocare tra quelle radici demoniache.
    Non le tagliavano, anzi, le nascondevano agl’occhi delle persone, ed il veleno di quelle radici li aveva resi morbosamente gelosi della loro sofferenza, e consenzienti a tutto quel dolore.
    Non lo si classificava come masochismo però; era qualcosa di totalmente diverso, certamente più forte ed intenso.
    Più struggente.
    Davvero troppo grande per essere descritto così su due righe.
    Bill aggrottò le sopracciglia, e si massaggiò le tempie: «Dammi una mano per sistemarmi. » disse poi, tendendo le mani verso la giovane, senza aggiungere altro. Lei obbedì con diligenza, come le era solito fare.
    Condusse il principe nel bagno regale, e lo agghindò e profumò. Lo abbellì in tutti i piccoli dettagli, come se si cimentasse nella pittura di un affresco.
    Il suo padrone era la sua opera, e lei amava curarsene senza ricevere un compenso che potesse eguagliare il tutto. E quando finiva questi ritocchi, si sentiva come appagata, proprio come quando un artista conclude con entusiasmo la sua opera.
    Bill era un’opera.
    La sua bellezza era qualcosa di soprannaturale, fuori dal comune.
    Non esisteva un vero e proprio aggettivo per descriverlo, qualsiasi attributo era un eufemismo per lui. Era solo una creatura talmente leggiadra da risultare sublime. Quei lineamenti così dolci e a tratti femminili, quel sorriso che sarebbe riuscito ad illuminar le vie più buie del regno.
    Quella pelle nivea che era così contrastante coi suoi capelli corvini, lunghi, che ricadevano per tutta la sua schiena perfetta, e quegl’occhi: tutti coloro che si vi imbattevano ne rimanevano turbati dall’eccelsa bellezza. Erano magnetici, profondi come due pozzi.
    Sensuali e peccatori, come la sua anima.
    Nel regno molti affermavano che quel giovane avesse avuto una sorta di “tocco divino” appena nato, perché qualcosa di così perfetto, di così sublime, doveva per forza avere un segreto dietro, e Bill di segreti alle spalle ne aveva sin troppi. Era incredibile come una creatura così leggiadra potesse essere protagonista di una sorte così.. Sporca.
    Impura.
    Peccatrice.
    Lui ed il suo animo erano contrastanti proprio come il colore della sua pelle con quello dei suoi capelli. Una candida purezza all’esterno, e un buio tenebroso all’interno. Ma tra quella pelle, tra quelle ossa non si celava solo del sudiciume, no.
    C’era; sepolto, ma c’era.
    Tra quelle ossa e quella pelle setosa, c’era nascosto un cuore che batteva e scalpitava più di un puro sangue imbizzarrito. Dentro quel cuore c’era qualcosa di enormemente forte, che però era costretto a rimanere intrappolato tra le pareti di quell’organo. Forse era proprio il principe a tenerlo nascosto lì dentro, perché troppo geloso ed egoista nei riguardi di qualcosa che amava sconsideratamente, forse più della sua esistenza.
    Il moro si umettò le labbra prima di aprire finalmente le porte della sua stanza.
    «Mio signore» gli disse la serva, prima ch’egli uscisse da lì. Il tono della giovine gli era sembrato giusto un po’ agitato, ma non vi prestò troppa attenzione.
    «Dimmi, Agathe» rispose lui con voce soave.
    La giovane sembrò esitare un momento: «Fate attenzione» soffiò alla fine, come se avesse appena fatto uno sforzo immane. Bill però, sembrò non curarsene minimamente nemmeno quella volta.
    Annuì accennando un lieve sorriso dal retrogusto amaro, e avanzò verso il lungo corridoio che l’avrebbe condotto alle scale centrali.
    Di scale ce ne erano a bizzeffe in quel castello, e Bill conosceva di esso ogni singola stanza, dalla più grande alla più nascosta. Quando ne aveva la possibilità, si divertiva ad esplorare le segrete del castello, e in tanti anni aveva scoperto una miriade di cunicoli. Alcuni li aveva resi del tutto suoi, evitando di rilevare a qualcuno delle loro esistenza. Così, molte notti si rifugiava al loro interno, e trascorreva maggior del suo tempo a versare lacrime tra le macerie delle sue speranze distrutte; a pensare a tutti quei bei momenti trascorsi tra quei cunicoli, e a tutte le dolci vicende che erano accadute.
    A ricordare l’amore, e il modo in cui aveva consumato quel dolce sentimento che adesso gli veniva privato.
    Scosse il capo, decidendo che non era quello il momento per provocarsi un pianto, anzi. Dinanzi suo padre doveva solo mostrarsi forte ed austero, o di suo fratello non sarebbe rimasto neppure il profumo.
    Scese lentamente le scale, un po’ come se cercasse di rallentare la situazione.
    Tutti i servi erano accorsi per accogliere il loro sovrano, e suo figlio se ne era rimasto buono a poltrire, per quanto gli era stato possibile.
    Le viscere gli si ribaltarono quando gli occhi di suo padre vennero a contatto coi suoi, e lui, velocemente, spostò lo sguardo per evitare che esso venisse letto da colui che non doveva sapere.
    L’uomo allargò le braccia in segno di pace, e Bill sembrò non curarsene minimamente.
    «Figlio mio» gli disse calorosamente il genitore, e gli venne incontro e lo baciò sulle labbra. Il giovane fece una smorfia poco accentuata che dopo pochissimi secondo trasformò in un sorriso sornione.
    «Com’è andato il viaggio, padre? », domandò con tono pacato.
    «E’ fatta, figlio mio! E’ fatta! » esultò il sovrano entusiasta: «Il regno d’Oriente è nelle nostre mani! Le truppe hanno combattuto a perdifiato, ma alla fine ci siamo riusciti. Abbiamo catturato miliardi di superstiti che disporremo nelle prigioni domattina; poi prenderemo tutti loro, e li divideremo nei vari settori che serviranno a rendere più grande la nostra regia. Potrai avere altri servi al tuo cospetto, figlio mio, per non parlare di tutte quelle terre rigogliose che abbiamo raso al suolo, adesso sono unicamente tue, figliolo. E se tutto continuerà a procedere secondi i piani imperiali, ti prometterò in sposo alla figlia della regina di Francia, cosicché altre terre si aggiungeranno al nostro vasto regno. » diceva l’uomo agitando in aria le lunghe braccia.
    Il moro fece l’ennesima smorfia di stizza, e da lontano vide Agathe con lo sguardo allarmato, e le sue gote erano rosse, ma quella volta non per la vergogna dovuta all’aver commesso qualche sbaglio nelle cucine. Quello era un chiaro segno d’allarme, ed il suo cuore cominciò ad agitarsi dentro quella cassa toracica.
    «E’ fatta, figlio mio, e questa sera brinderemo e festeggeremo quest’altra conquista, e l’indomani libereremo le celle e.. ».
    Dopo aver udito quel verbo, il moro s’assestò un momento, cercando di collegare le parole tra loro per trovare una giusta conclusione, che di giusto aveva solo il senso, in quel caso. Nel frattempo suo padre aveva continuato a parlare, probabilmente stava ancora blaterando riguardo tutte le conquiste e le sue gesta eroiche, o di quel terribile matrimonio che lui proprio non aveva voglia di celebrare; ma Bill non stava minimamente ascoltando nessuna di quelle parole.
    Lui stava semplicemente tormentando la sua mente su come avrebbero liberato tutte le prigioni del castello. Ma anche se avessero ucciso i prigionieri, suo padre avrebbe almeno risparmiato il figlio sbagliato, quello peccatore, quello che aveva disonorato il regno, giusto?
    Era pur sempre un figlio.
    Era la sua metà, e uccidere Tom sarebbe stato come tagliare un pezzo del suo cuore e darlo in pasto ai leoni.
    «Perché dovete liberare le prigioni, padre? » aveva assunto un tono calmo, ma non meno minaccioso.
    Tutto il suo corpo parlava in modo chiaro: era in posizione di attacco, proprio come un felino con la sua preda.
    L’uomo si fermò di scatto, fissando negl’occhi il figlio. Bill non riuscì a ritrarre lo sguardo, e probabilmente lasciò intendere tutto al genitore.
    «Per questioni riguardanti lo spazio, e per liberare una volta per tutte le celle dai prigionieri che non servono. Questi appena catturati diventeranno schiavi, e potremo sfruttarli a dovere, piuttosto che nascondere certe entità che non fanno altro che creare scompiglio. » aveva spiegato con molta tranquillità l’uomo, e a Bill venne quasi da piangere.
    «Non si potrebbero risparmiare almeno.. » provò a dire, ma venne interrotto con violenza.
    «No! » ribatté categorico. Sguainò la tagliente spada e la puntò alla gola del figlio, tra lo stupore e gli sguardi inorriditi dei dipendenti di corte. «Nessuno sarà risparmiato. Neppure lui, di cui non oso neppure fare nome per non offendere il Verbo e.. »
    «E’ tuo figlio» esalò a denti stretti, quasi come se quelle parole non dovessero essere sentire da nessun’altro. Lo sguardo del re sembrò scagliare saette tanta era l’ira che vigeva in lui.
    «No, non è mio figlio. E’ solo un demone mandato dagli inferi. Io ho solo un figlio di cui sono sempre andato orgoglioso, e non vorrei che le mie supposizioni fossero errate. » concluse infine, con aria di sfida.
    Bill deglutì con fatica, e facendo attenzione spostò il capo dalla spada, cercando di trattenere sempre di più le lacrime. Piangere non era da uomini, e poi avrebbe lasciato intendere troppe cose, di cui magari si era già capito il nesso senza neppure parlare.
    Buon viso e cattivo gioco, aveva pensato.
    Deve solo calar la notte, aveva continuato a dire tra sé e sé.
    «Avete ragione, padre, e mi rincresce davvero tanto avervi fatto adirare. E’ proprio vero: egli è un demone.» aveva detto con finta decisione, e all’ultima parte aveva sentito la gola seccarsi e il cuore mancare d’un battito.
    Il sorriso malvagio stampato sul volto di suo padre gli stava facendo ribollire il sangue nelle vene, e la voglia di trafiggergli il cuore con un pugnale lo assalì maledettamente. Ma se avesse reagito in quel modo, le guardie lo avrebbero giustiziato, e poi avrebbero ridotto in poltiglia Tom.
    No, non doveva prendere decisioni azzardate, ma doveva ragionare e trovare il punto della situazione.
    «Sapevo di non sbagliarmi» gli rispose infine il re, voltandogli le spalle.
    Tutti i servi e i paggetti, e le dame rimasero a guardare incuriositi, e col cuore in gola dall’agitazione.
    «Beh, non avete da lavorare? Non c’è nulla da vedere qui! » urlò il moro, facendo sobbalzare tutti d’un botto. Assottigliò le palpebre e fece marcia verso il portone principale del castello con passo veloce.
    Rimanere in quel luogo gli provocava la nausea.
    «Agathe! » chiamò con la voce che gli tremava appena.
    La giovane abbassò lo sguardo e gli camminò appresso come un cagnolino, sotto gli sguardi curiosi di tutti i servi di corte, che coi loro sguardi, sembrava volessero trafiggere le teste dei due giovani.
    I due camminarono verso i giardini regali, dove ogni mattina i raggi del Sole si posavano per primi, lambendo soavemente tutte le specie di fiori che vi erano.
    Camminarono tanto, giusto per allontanarsi da quelle mura che tutto udivano, e troppo potevano riferire. Andarono dove il principe amava trascorrere le sere d’estate con suo fratello che tutti si ostinavano a credere un’entità demoniaca. E il perché era dovuto solo a causa sua, e lui se ne vergognava come un ladro.
    Si sedette su di una panchina in legno con le rifiniture in ferro, e fece segno ad Agathe di sederglisi accanto. Bill sospirò, continuando a trattenere quelle maledette lacrime.
    «Vorrei davvero esser morto! » esclamò stringendo i pugni. «Non credo che potesse capitarci sorte più avversa! » imprecò, sbattendo un pugno sul legno, provocandosi solo ulteriore dolore.
    Certo, paragonato all’inferno che popolava in lui, quello poteva sembrare del solletico. Si stupì anzi di come non gli fosse ancora sputata un’enorme voragine in petto dovuta all’eccessiva sofferenza.
    Ma piangersi addosso non serviva a nulla, anzi, quel che stava facendo lui era solo perder tempo. Doveva reagire, e salvare suo fratello, e salvare il loro amore.
    Ma come?, si chiedeva, tormentandosi le mani candide e affusolate.
    Suo padre aveva il pieno controllo di tutto il regno, e lui si sarebbe ritrovato da solo contro migliaia di uomini armati, che lo avrebbero trafitto con dei dardi.
    Desiderò davvero esser morto, e probabilmente con la sua assenza, tutta quella situazione non sarebbe degenerata in tal modo.
    Lui era il vero colpevole, il vero demone, e Tom era solo succube dei suoi capricci.
    «Questa notte.. » cominciò Agathe, senza essere stata interpellata, e distogliendo la sua mente dai mille pensieri che vi circolavano all’interno. Erano poche le volte in cui assumeva quelle prese di posizione. «..Prima della cena. Prendete vostro fratello, e scappate via da qui. Sarò io a coprirvi, ma mettetevi in salvo» concluse infine, stringendo il tessuto della lunga gonna tra le mani rovinate e ossute. Lo sguardo della donna era basso, e il principe non riuscì a notare quanto i suoi occhi fossero inzuppati di lacrime amare, che tanto sapevano di morte.
    Era in un certo senso riuscita a leggergli nel pensiero, e della sua serva, questa era una virtù ch’egli stimava tantissimo. Potevano fuggire via da quelle mura una volta per tutte.
    Bastava solo prendere due cavalli, ed approfittare dell’aiuto della sua fidata per trovare finalmente la libertà.
    Per dare libero sfogo ad un amore chiuso per troppo tempo dentro quella fetida prigione.
    «Come mai potrò sdebitarmi con te, mia cara Agathe? » le domandò, carezzandole dolcemente il viso. La superbia di Bill riusciva ad essere terribile in determinate situazioni, ma così contrastante con la sua dolcezza in determinati momenti.
    La giovane ragazza sospirò intensamente, e con enormi sforzi sollevò appena il capo, guardando insistentemente l’orizzonte pur di non far scontrare i suoi occhi madidi di pianto con quelli del suo padrone. «Mettetevi in salvo. Questo è quel che mi interessa: che siate salvo, voi, e vostro fratello. » gli riferì con una vocina strozzata. A quelle parole, aveva sentito un potente strappo al cuore, che echeggio per tutto il suo corpo.
    Bill sussultò appena, e subito dopo sorriso sommessamente. Si chinò verso la donna, e depositò un morbido bacio sulla pelle corrugata della sua fronte. Non cercò il suo sguardo.
    «Grazie, mia fidata. Ho sempre saputo di poter contare su di te, e non mi sono mai sbagliato. Che Dio possa benedirti e glorificarti» le disse infine, per poi farsi leva dalla panchine, e dirigersi verso l’edificio per progettare nei dettagli il suo piano.
    Tra i vari campi di fiori, sotto le folte chiome rigogliose degli alberi, seduta su una panchina, giaceva una donna che singhiozzava e si strappava il grembiule sporco di polvere, dandosi delle dannata. Ella piangeva per un amore che non aveva mai avuto luogo.
    Piangeva per un amore non corrisposto, destinato alla lacerazione.
    Piangeva per lui, il quale stava andando incontro alla morte per qualcosa a cui teneva più della sua stessa esistenza.
    Piangeva perché presto la morte avrebbe preso anche lei, e lei si era offerta di morire in cambio del benessere del suo amato.



    «Vai lieto, e sempre il ricordo
    serba di me: tu sai quanto io ti ho amato».






    Quella volta il Sole proprio sembrava non voler tramontare, e attendere la notte era stato qualcosa di altamente agognato. Bill aveva preparato tutto quel che sarebbe servito per fuggire da lì, e giungere nel porto più vicino, anche se di strada dovevano farne davvero troppa.
    Aveva già preparato un puro sangue che li avrebbe guidati con molta più facilità fuori dal regno, e poi aveva preso delle scorte di cibo che Agathe stessa si era premurata di rapire dalle cucine senza che nessuno sospettasse niente.
    Aveva anche preso dell’oro e dei pugnali in caso di attacco; perché lui non avrebbe mai permesso a nessuno di infliggere ulteriore dolore al suo amato.
    Mai nessuno avrebbe potuto più impedirle quell’idillio, e mai nessuno avrebbe fatto loro del male.
    Sarebbero stati solo loro due a difendere a spata tratta, con le unghie, coi dei denti, e con tutte le forze il loro amore demoniaco ed impuro.
    Loro, creature oscure, ma che al tempo stesso rappresentavano opere di amorosa connessione, avrebbero dato fine a quel terribile calvario una volta per tutte.
    Di questo era convinto.
    Né il trono, né l’oro, né il potere dell’intero regno sarebbe stato in grado di fargli cambiare idea, di deviargli il cuore. Dei beni materiali non se ne faceva proprio nulla, e mai un oggetto di valore, o la fama stessa era stata in grado di appagarlo come un solo sospiro di Tom.
    E avrebbe potuto baciarlo anche alla luce del Sole, e avrebbe lasciato che tutte le entità Celesti li invidiassero maledettamente. E poi avrebbero fatto il bagno in qualche fonte, e avrebbero anche fatto l’amore lì dentro, per sentire ancora una volta le loro pelli bruciare e le emozioni mandare in tilt i loro sensi.
    Si lasciò scappare un sorriso a quei dolci pensieri, ma quando sentì il rintocco del campanile che segnava che il Sole era ormai tramontato del tutto, capì che era ora di agire.
    Prese fra le mani la sacca coi viveri, e la legò ben stretta alla vita. Aprì la finestra che era posta proprio sopra la cella di Tom, e calò una corda che agganciò ai piedi del letto, annodandola per bene.
    Guardò per l’ultima volta il ritratto di sua madre, e subito dopo si lasciò scivolare giù per tutta l’altezza. Fortunatamente lui era snello e alto, e quindi il peso era disposto per tutto il suo corpo, e la corda non rischiava di spezzarsi, né tanto meno di slegarsi all’improvviso e fargli fare un capitombolo assurdo, che avrebbe richiamato l’attenzione delle guardie.
    Quando finalmente toccò terra, riuscì persino a sentirsi più leggero.
    Si guardò intorno, e accuratosi che tutto sembrava apposto, si chinò per terra, e sollevò la famosa botola che era nascosta dalle erbacce. Vi entrò dentro, ma scivolò accidentalmente e cominciò a slittare all’interno del tunnel. Emise un urletto di paura che ebbe immediatamente fine quando invece di sentire il suo fondoschiena schiantarsi per terra, si sentì afferrare subito da qualcuno che lo teneva sospeso in aria.
    Tom era lì, che lo teneva proprio come i principi tengono le loro amate principesse.
    A quel pensiero, Bill arrossì, e fu grato all’eterno buio che non rivelò il suo imbarazzo.
    «Tutto bene, fratellino? » si sentì chiedere, mentre una mano legnosa gli carezzava il viso. Sarebbe rimasto per l’intera notte in quel modo se ce ne fosse stata la possibilità; ma in quel momento dovevano scappare, e poi di quelle situazione ne avrebbero vissute a migliaia.
    Scosse il capo e ritornò in assetto: «Dobbiamo scappare! » disse con fare frenetico.
    «Andiamo via da qui finché ne siamo in tempo, prima che sia troppo tardi, Tomi» aveva detto ancora, prendendo le mani del fratello e trascinandolo verso di sé.
    «Che succede, Bill? » gli chiese Tom, allarmato dai toni del fratello.
    «Vogliono ucciderti, vogliono privarci del nostro amore. Scappiamo, Tomi, scappiamo via da qui ».
    Si chinò ai piedi del gemello, e gli aprì con delle chiavi – che aveva sottratto ad un guardiano quel pomeriggio- la cavigliera in ferro arrugginito che gli sfregava di continuo sulla pelle, e provocava un dolore allucinante quando camminava.
    Non appena Bill si rimise in piedi, Tom lo tirò a sé e lo baciò con una certa foga. Il gesto venne accolto con parsimonia, e le loro labbra si lambirono fra loro.
    «Ti amo.. » esalò Tom. Dopodiché, aiutandosi a vicenda, si fecero leva su per il tunnel, lasciando quel luogo che da sempre era stato muto spettatore del loro amore.
    Salirono lungo esso, e continuando ad aiutarsi l’un l’altro, riuscirono ad arrivare sino in cima, per poi uscire definitivamente. Tom inspirò un po’ d’aria nei polmoni, ma Bill lo trascinò velocemente via da lì, verso le scuderie, dove il cavallo da lui scelto era già pronto.
    Correvano tenendosi per mano, e ridevano come due bambini che giocavano ad acchiapparsi.
    Parve quasi un momento magico, quello lì.
    Troppo bello per essere vero, e come il loro amore, quel momento era errato per troppa gente, e quindi andava interrotto brutalmente.
    Così, d’un tratto, una freccia schizzò dinanzi a loro, ed entrambi volsero lo sguardo dalla direzione di essa. I loro cuori si fermarono, e probabilmente anche il loro sangue aveva smesso di scorrere tra le vene.
    Da lontano riuscirono a vedere le guardie di corte che venivano loro incontro con le armi, e gli archi con le frecce.
    Li avevano scoperti.
    Erano stati troppo incauti!
    «Di qua! » esclamò il moro, precipitandosi verso le selve della regia.
    Correvano; correvano a pardi fiato tra gli alti pini, e le possenti querce.
    Correvano, e tentavano di trovare un rifugio lì in mezzo.
    Speravano che almeno la dolce natura potesse dar loro una mano, almeno per l’ultima volta.
    Le frecce schizzavano a destra e a manca, e per un attimo Bill ebbe paura di non farcela sentendo le gambe improvvisamente molli, e la sua resistenza fisica veniva sempre meno. Tom lo trascinava, e probabilmente gli sussurrava persino di non arrendersi, che mancava poco per arrivare a sorpassare quelle maledette mura.
    Pochi metri alla libertà.
    Pochi minuti al sogno.
    Pochi minuti alla perfezione.
    Ma una di quelle frecce, scattante quanto una saetta, si conficcò nella spalla del biondo, perforandogli l’intero muscolo. E fece per cadere, ma Bill lo recuperò immediatamente, e con quelle poche forze che aveva in corpo, lo spinse dentro un antro lì vicino, scampando appena un’altra freccia.
    Fortunatamente le guardie non si accorsero di quell’ultima mossa, continuando a correre verso i boschi.
    «Tomi, oddio, Tomi, che ti succede? » chiese allarmato, e sull’orlo del pianto.
    Nel frattempo il suono di un olifante echeggiò in tutto il cielo: esso segnalava che la caccia ai fuggiaschi era aperta. Vennero dunque liberati i cani, e dei guerrieri cacciatori cominciarono a setacciare ogni angolo del regno.
    Avevano perso.
    Avevano tentato di fuggire da quella prigione invano.
    Avevano giocato troppo col fuoco, e adesso si erano scottati.
    La ferità di Tom cominciò a sanguinare, ma era sicuramente qualcosa di insignificante in confronto a quel che vigeva dentro il cuore dei due amanti, afflitti e distrutti per il loro fallimento.
    Avevano perso.
    Le lacrime inondarono il viso di Bill, il quale si accasciò sul corpo del gemello ansante, singhiozzando, e odiandosi a morte.
    «Non morire, Tomi. Non lasciarmi qui da solo. Io non posso perderti. » lo aveva supplicato, come se dipendesse unicamente da lui.
    Tom aveva sorriso, e gli aveva carezzato i capelli: a spaventarlo non era di certo il taglio che gli era stato da poco provocato, bensì le truppe che si aggiravano nei dintorni, e che davano loro la caccia.
    «Sono qua, fratellino. Rimarremo insieme per sempre, ormai. Voleremo via insieme presto» gli disse, e lo tirò a sé, baciandolo con estrema dolcezza.
    Aveva ragione Tom: scappare ulteriormente avrebbe solo complicato ancor di più la situazione.
    Morendo fisicamente, sarebbero rimasti insieme spiritualmente in quel mondo che tutti chiamavano Aldilà, o all’inferno, poiché erano ritenuti dei perfetti peccatori.
    Ogni luogo sarebbe stato migliore, purché fossero solo loro due.
    «Ti amo. » si dissero all’unisono, per l’ultima volta in quella notte.
    Intrecciarono le loro mani, e si persero nelle magia di un dolce bacio.
    E rimasero così, abbracciati stretti, coi cuori che battevano all’unisono, e le labbra incollate fra loro. Rilasciarono ancora una volta, per l’ultima volta la loro essenza in quei luoghi che sapevano solo ed esclusivamente di loro.
    Dove non v’era prato, né steccato che non avesse il loro ricordo.
    Dove non v’era un singolo muro che non avesse ammirato quella perfetta connessione, quell’unione sublime.
    Dove il rosso del loro amore, s’intonava così bene col rosso del cuore.
    Dove ogni volta tutto sembrava avere vita, prendere forma, prima dell’alba.



    The end..?




    Note finali: Ok, ci sono riuscita.
    Voglio scusarmi per il fatto che nel testo ci saranno di sicuro degli errori, ma ieri è successo un casino col pc, e ho corretto tutto alle 22:00, quindi la mia lucidità mentale veniva sempre meno.
    Mi dispiace per aver scritto questa.. cacchetta, ecco, ma è la prima volta che mi cimento in una twc, e partire in quarta credo sarebbe stato peggio.
    Vi ringrazio infinitamente però, perché so che rendere unica questa mia nuova esperienza, e stop, penso sia tutto, e sono sempre del parere che no, il premio non va a me[e se dite cose del tipo: "Non far la modesta/sei bravissima/ scrivi benissimo!" vi arriva uno sputo dalla Sicilia con amore ]
    Grazie, ragazze.
    Prometto che un giorno riuscirò a scrivere qualcosa che potrà appagarvi per bene.
    Adelù ♥


    PS: il verso «Vai lieto... amato» è della poetessa Saffo, quindi non appartiene a me.
    L'ho inserito perché queste parole le amo infinitamente.

    Edited by ohshit! - 28/2/2011, 15:12
     
    Top
    .
  2. empty‚
     
    .

    User deleted


    Amore, io questa OS me la sono mangiata. Avrò messo 10 minuti per leggerla e dire che è veramente bella non so, credo sia troppo poco.
    Non devo scrivere "Non far la modesta/sei bravissima/ scrivi benissimo". Okai lo scrivo, e sputami da dove ti pare amore, ma sei bravissima, bellissima, e non fare la modesta U.U
    Preferisco lasciarti un commento qui, piuttosto dirtelo in web, anche perchè sei presa a far qualcos'altro da quanto vedo <.<
    Amore, complimenti, mi è piaciuta molto.
    Ah! Ecco! Per il banner figurati, sono contentissima che ti piaccia e che ti sia stato utile. Ti amo Caccolons!
     
    Top
    .
  3. ohshit!
     
    .

    User deleted


    Primo: grazie per averla letta.
    Secondo: tra poco ti arriva lo sputo in web.
    Terzo: grazie ancora e per il banner.
    Quarto: ti amo òwò
     
    Top
    .
  4. flynn.
     
    .

    User deleted


    Ti giuro che quando mi riprendo lascio un commento decente.
     
    Top
    .
  5. ohshit!
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (flynn. @ 28/2/2011, 16:04) 
    Ti giuro che quando mi riprendo lascio un commento decente.

    Addirittura DD:
    Grazie, ma non penso sia così devastante ^^" E' abbastanza banale, sìsì
     
    Top
    .
  6. flynn.
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE
    Addirittura DD:
    Grazie, ma non penso sia così devastante ^^" E' abbastanza banale, sìsì

    Questo è il tuo punto di vista, io ho le lacrime agli occhi.
     
    Top
    .
  7. ohshit!
     
    .

    User deleted


    Ma.. Ma.. DD:
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Group
    Georg fan
    Posts
    13,703

    Status
    Anonymous
    Mammamia. Cioè: boh. Non lo so neanche io perchè non mi viene nulla da dire.
    È meravigliosa. Non devi proprio permetterti di dire che è banale, che lo sputo te lo mando io se nò.
    Credevo che alla fine ce l'avrebbero fatta, ma non è stato così. Il "e vissero per sempre felici e contenti" non c'è, e forse è meglio così. Sognare, è sempre bello. Però dobbiamo tenere i piedi per terra. Perchè il mondo funziona diversamente da come vorremo.
    Che schifo di commento, ahah! Boh.
    Complimenti davvero. Mi piace come scrivi e quello che scrivi. Continua così.
     
    Top
    .
  9. ohshit!
     
    .

    User deleted


    No, Ant, davvero, non scrivo per niente bene. Credo che ci siano anche degli errori a livello grammaticale, e di per sé la storia è anche parecchio banale.
    Ma ci ho provato comunque: insomma, devo migliorare, prima o poi, no?
    Ti ringrazio per aver perso del tempo a leggerla, e ti ringrazio dei bei complimenti, anche se io non la penso proprio così.

    Il lieto fine c'è, invece: anche se fisicamente loro "muoiono"[scrivo tra le virgolette perché tutto viene lasciato in sospeso, e non sappiamo come realmente finisce], moralmente continueranno a vivere uniti.
    Ho un po' descritto il mio punto di vista riguardo la vita dopo l'esistenza terrena, tutto qui.
    Grazie ancora ♥
     
    Top
    .
  10. »Lost Soul;
     
    .

    User deleted


    Aww! Eccomi qui (:
    Inannzitutto ti faccio il mio "in bocca al lupo" per il contest, Ade :3
    Ora passiamo alla storia v.v
    Devo dire che mi è piaciuta, sì. Questa è solamente la seconda volta che leggo una fic ambientata in un periodo che non sia quello moderno, secondo me bisogna avere una certa predisposizione per scrivere del passato e beh, tu ci sei riuscita: non ho trovato nessuna sbavatura per quanto riguarda la terminologia, il lessico e la descrizione dei luoghi. Ti faccio i complimenti, per questo *-*
    Non trovo che la trama sia banale, sai? Per essere la tua prima twincest, penso che te la sia cavata bene, ma di sicuro quanto ti ho appena detto non ti farà cambiare idea, ci metto la mano sul fuoco v.v ♥
    Bill e Tom, soprattutto nella scena finale, sono stati di una dolcezza indescrivibile, mi hanno fatto sorridere il cuore e poi amo questi lieto fine non chissà quanto chiari, permettono a chi legge di rendere ancora più personale, la lettura. (:

    CITAZIONE
    Era un po’ come spiegare ad una tigre che si poteva benissimo vivere anche non cacciando, e non mangiando carne, e che quindi poteva tranquillamente nutrirsi di frutti.

    Le similitudini che hai inserito in tutta la storia mi son piaciute tantissimo, in particolare questa che ti ho citato. E' la mia preferita :3

    CITAZIONE
    Inizialmente pensavano di andare incontro a qualcosa da fanciulli, qualcosa da cui si poteva uscir sani; e invece no.

    Quest'altro periodo anche mi ha colpita.

    Beh, Ade, un bacione :*
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Group
    Georg fan
    Posts
    13,703

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (ohshit! @ 28/2/2011, 19:07) 
    No, Ant, davvero, non scrivo per niente bene. Credo che ci siano anche degli errori a livello grammaticale, e di per sé la storia è anche parecchio banale.
    Ma ci ho provato comunque: insomma, devo migliorare, prima o poi, no?
    Ti ringrazio per aver perso del tempo a leggerla, e ti ringrazio dei bei complimenti, anche se io non la penso proprio così.

    Il lieto fine c'è, invece: anche se fisicamente loro "muoiono"[scrivo tra le virgolette perché tutto viene lasciato in sospeso, e non sappiamo come realmente finisce], moralmente continueranno a vivere uniti.
    Ho un po' descritto il mio punto di vista riguardo la vita dopo l'esistenza terrena, tutto qui.
    Grazie ancora ♥

    Il mio punto di vista, invece, è che scrivi benissimo. (:
    Mi ha fatto tanto piacere leggerla. Quando vidi il banner nella gallery della Chì me l'ero promesso che l'avrei letta.
    Non è un lieto fine vero e proprio, ma... Giusto. Continuaranno a vivere uniti da qualche altra parte. Dove ci sarà un per sempre. Dove saranno liberi di amarsi.
    Comunque: quoto la Rà. Anche a me sono piaciute un casino le similitudini.
    Prego. Ripeto: è stato un piacere.

     
    Top
    .
  12. ohshit!
     
    .

    User deleted


    @Ray:
    Prima di tutto: grazie mille per averla letta.
    Secondo: beh, io non sono soddisfatta e buh, riguardo la forma stendo un vero e proprio velo pietoso, guarda XDD
    Diciamo che però è la prima, quindi in un certo senso non ho voluto azzardare come inizio; ma come ho già detto, prometto che un giorno riuscirò a scrivere qualcosa di veramente bello.
    Grazie mille Ray, e crepi il lupo x)

    @Ant:
    Beh.. Che dire, buh, sono in imbarazzo ><
    Grazie, anche se non è vero ♥
     
    Top
    .
  13. morgana17_69
     
    .

    User deleted


    ecco qui adina...ci ho messo tre giorni per finirla, ma alla fine ce l'ho fatta! (non per colpa tua ovvio...ma per il fatto che sono a lavoro e da casa non son riuscita a leggere) mi spiace solo di non aver potuto avere una visione d'insieme subito, diciamo che ho letto "a capitoli"!...allora aduccia bella, intanto in boccalupo per il contest...poi complimenti perchè è una storia molto carina!...secondo me avrai un buon futuro come scrittrice! ci sono alcune cosette da sistemare (ho letto che hai avuto un contrattempo, quindi non hai avuto il tempo necessario per rivedere tutto) per me cmq hai qualcosa dentro, che verrà fuori sempre meglio...è la tua prima twincest ma vedo che sei sulla buona strada! non hai scritto cose esagerate, ma scene ben equilibrate nelle parti più "hot" e questo è un bene perchè alrtimenti avresti rischiato di risultare "fastidiosa" magari in alcuni punti...invece è stato tutto molto delicato e piacevole...la cosa che mi colpisce è che anche se a volte avresti potuto usare meglio termini e parole, l'essenza della storia non si è persa...quello che voglio dire è che a me sono arrivate le sensazioni, le ideee...le emozioni, quindi anche se l'italiano avrebbe potuto essere più curato e preciso, l'essenza della storia c'è! mi è piaciuta molto la parte dove parli della "serva" di Bill, la loro complicità e intimità..mi è tanto dispiaciuto per lei, sentire proprio che i suoi sentimenti non erano ricambiati allo stesso modo...mi hai fatto sentire la sua sofferenza!comlimenti adina, dacci dentroooooooo!

    PS. avevo dimenticato:
    CITAZIONE
    «Vai lieto, e sempre il ricordo
    serba di me: tu sai quanto io ti ho amato».*saffo*

    davevro una citazione stupendaaaaaaaaaa ed appropriataaaaa!danke, perchè col passar del tempo e degli anni l'avevo scordata...eppure al liceo l'avevo studiata... tu invece me l'hai riportata alla mente e ne hai fatto un buonissimo utilizzo!

    Edited by morgana17_69 - 2/3/2011, 15:41
     
    Top
    .
  14. ohshit!
     
    .

    User deleted


    Sil!
    Ti ringrazio soprattutto per averla letta, e per essere - come al solito - sincera con me (:
    Da una parte sono molto contenta che queste parole ti siano piaciute, e dall'altra mi domando se è realmente possibile. Sì, perché è una storia senza senso, e rileggendola mi arrabbio con me stessa, perché se solo le cose fossero andate secondo il previsto, sarei riuscita a scrivere qualcosa di decente.
    Solo che non è stato proprio così.
    Ma prometto, lo prometto che un giorno riuscirò a scrivere qualcosa di bellissimo!
    Grazie per aver speso queste belle parole, cara Sil.
    Grazie grazie ♥


    PS: diciamo che per ora stiamo ripercorrendo tutta la poesia latina e greca, e dire che amo profondamente le parole della poetessa Saffo è ben poco.
    Ovviamente ho volto al maschile quel verso, dato che lei lo dedicava ad una sua amata, ma ci tenevo ad inserirlo perché sì, calzava proprio a pennello (:
     
    Top
    .
  15. morgana17_69
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE
    Da una parte sono molto contenta che queste parole ti siano piaciute, e dall'altra mi domando se è realmente possibile. Sì, perché è una storia senza senso

    macchediciii adinaaaaaa?!?!!??...e comunque poi potrai sempre risistemare quello che non ti convince più di tanto!! ma ti assicuro che non è una storia senza sensoooo, assolutamente!

    CITAZIONE
    Ovviamente ho volto al maschile quel verso, dato che lei lo dedicava ad una sua amata, ma ci tenevo ad inserirlo perché sì, calzava proprio a pennello (:

    si si questo lo ricordavooooooo...anche io ho fatto il liceo classicooooo!!!^^
     
    Top
    .
16 replies since 27/2/2011, 22:46   140 views
  Share  
.