Whatever You Like

NC17,AU,Twincest Not Related,Romantico,Fluff

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  1. Sophie1104
     
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    Titolo: Whatever You Like
    Autore: Hope;
    Rating: NC17
    Avvisi: AU,Twincest Not Related
    Genere: Romantico,Fluff
    Beta: VeronicaHH
    Disclaimers:Non possiedo nè i Kaulitz nè i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.
    Riassunto:" Io ti posso dare tutto, tutto quello che vuoi." gli disse il rasta nell'orecchio del moro, facendolo rabbrividire.

    Ovviamente, Hope; non è un' altra scrittrice sono io che ho un nik differente :)




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    Whatever You Like





    Chapter 1.


    Baby you can have whatever you like
    I said you can have whatever you like
    [T.I Whatever you like]




    Stava piovendo ormai da due giorni. Bill odiava quelle giornate cupe. Il cielo era perennemente coperto da quel manto scuro e nelle strade di Berlino si potevano riconoscere le varie sfumature del tipico grigio invernale. E tutto ciò era amplificato se si pensava che nella botique dove lavorava il moro ormai da un paio di mesi, non veniva mai nessuno. Pensava sempre che la pioggia fosse qualcosa di altamente noioso e deprimente. Si percepiva un’atmosfera misteriosa, tipica di un film dell’orrore. La pioggia a Berlino era qualcosa di comune, era ormai una tradizione. Poche erano le giornate in cui il sole faceva capolino illuminando la città. Quelle giornate Bill le trascorreva passeggiando lungo i viali alberati,arrivando ogni volta in piazza ad osservare le striature colorate che formava il sole sulla porta di Brandeburgo. Peccato che quei giorni si contavano sulle dita di una mano. E anche adesso la pioggia stava battendo sulle vetrine del negozio. Le gocce che si infrangevano sui vetri creavano una danza con il vento, che subito le trasportava a terra, dove morivano. Fin da piccolo il moro aveva paura quando fuori c'erano queste giornate.
    Lui era sempre stato un tipo molto riservato, appariva timido agli occhi della gente. Era una persona modesta, a cui non dispiaceva quel lavoro. Lo faceva sentire indipendente. Si era da poco trasferito nel suo nuovo appartamento e per lui era già un grande traguardo.Si avvicinò allo scaffale delle maglie e iniziò a sistemarle.


    - Bill, caro vai a casa. Oggi chiudo io - disse una voce gentile, la voce di Maggie. Era una vecchia signora di mezza età,la proprietaria del negozio e aveva assunto Bill subito. Gli piaceva, era gentile con i clienti e sempre sorridente. Il moro si illuminò e sorrise prendendo la borsa.


    - Ci vediamo domani.- squittì felice, aprendo il suo ombrello non appena fu uscito di lì. Cominciò a camminare per le vie di Berlino. Nonostante il maltempo, ai tedeschi non piaceva star chiusi dentro casa. C’era sempre vita in quella città, di giorno come di notte. Molti erano i bar aperti fino a tardi, come molte erano le code per i locali notturni e per i centri commerciali. Grande vantaggio di Berlino, l’orario notturno. Già, questa era la capitale.Bill arrivò nel pianerottolo di casa, chiuse l’ombrello e si ritrovò ad agitarsi come facevano i cani quando erano bagnati. Ancora un pò gocciolante entrò nel salone, per poi percorrere la strada per il bagno. Si avvolse in un enorme asciugamano che gli faceva quasi da vestito. Aveva un corpo piccolo e snello, era magrissimo. Tutto ciò contrastava però con il suo metro e novanta di altezza. Sembrava una modella,al femminile. In fin dei conti a lui piaceva il suo corpo. Amava soprattutto la sua pelle pallida e il contrasto che questa produceva con i suoi capelli color pece. Accese la tv e iniziò a fare zapping, cercando di trovare un qualcosa di interessante almeno nei canali di musica.


    ¤






    - Cristo Kaulitz, così mi sfondi il culo!- gli urlò Sam.


    - Non ti lamentare e ora stà zitto che sto venendo. - gli rispose il rasta.


    Era la solita routine per lui, Tom Kaulitz. Ogni sera si portava a letto qualcuno, passava con lui la sua notte di sesso e poi lo buttava fuori di casa a calci. Ormai era normale, tutto questo era diventato un obbligo, una necessità, da un paio di anni. Venne dentro il ragazzo e si accasciò su di lui stanco e sudato. Uscì da lui e si mise seduto. Non sapeva il perchè di quei gesti, semplicmente non sapeva perché lo faceva. Però lo soddisfaceva, ed era quello che lo portava a rifarlo ancora e ancora. Aveva capito di essere omosessuale quando aveva l'età di 10 anni. Un po’ presto per capire i propri desideri sessuali. Ma lui lo aveva capito, e gli andava bene così. Da li in poi aveva sempre avuto questo tipo di relazioni, se così si potevano chiamare.


    - Ci vediamo domani? - gli disse il ragazzo con un filo di speranza nella voce, evidentemente era da poco che lo frequentava. Non sapeva di che stoffa era fatto Kaulitz. In ogni caso, lo avrebbe scoperto presto.


    - Assolutamente no, non ho tempo da perdere con tipi come te. - ringhiò lui rinfilandosi i boxer.


    Aprì la finesta e si accese una sigaretta. Fumare, quella era una delle cose che lo rilassavano maggiormente. Se poi capitava post-coitum, era il paradiso. Poco dopo sentì un “vaffanculo” seguito prontamente dal tonfo secco della porta che si chiudeva. Un ghigno gli comparve sul viso. Era sempre stato un tipo così, non amava avere relazioni lunghe, non aveva mai avuto un appuntamento al di fuori della camera da letto. A volte si fermava a pensare che forse quello che la sua mente gli diceva di fare, era sbagliato. Forse non era vero che non amava le relazioni stabili. Non lo poteva dire, dopotutto non ne aveva mai avuta una. Semplicemente faceva comodo dirlo. Oh,si. Mentre si scopava il primo capitato sotto le sue mani, era veramente comodo pensare che le relazioni non fossero fatte per lui. Poi però la scopata finiva. E lì faceva i conti con la verità. Come adesso. Abbassò lo sguardo e si perse a pensare che in realtà tutto quello che faceva non gli piaceva. Per la prima volta una vena di saggezza l’aveva invaso.
    Aveva smesso di piovere da qualche minuto. Era stufo di tutte quelle seghe mentali. In un attimo decise che quel povero cane che aveva in casa aveva bisogno di una bella passeggiata al chiaro di luna. Aveva preso il guinzaglio e l’aveva accarezzato. A volte lo invidiava, almeno lui non doveva fare i conti con la realtà, non doveva ritrovarsi tutte le sere a dare gudizi a se stesso.Erano usciti di casa e dopo dieci minuti di camminata erano arrivati al parco. Tom si era messo seduto in una delle panchine, non c'era nessuno. A lui piaceva stare da solo, lo rilassava. Certo, qualche volta preferiva stare in compagnia, per non dover pensare su quello che effettivamente era il suo futuro. Non tanto lontano, dati i già diciannove anni che aveva. Si sforzava di non pensare, voleva vuotare la sua testa in quei momenti. Però capitava che, ogni tanto, lui pensasse ad una famiglia. Magari con la persona perfetta, la tanto fantomatica anima gemella. L’avrebbe mai trovata?


    ¤






    Quel giorno Bill si era svegliato di ottimo umore, aveva dormito serenamente e si sentiva bene. Prese un paio dei suoi pantaloni stretti e una delle sua maglie con i teschi che gli piacevano molto. Aveva i capelli arruffati e il trucco sparso su tutto il viso. Cercò di aggiustare quel disastro al meglio – erano poche le mattine in cui si struccava, non ne aveva mai voglia -, si sistemò, prese la borsa e uscì di casa. Un’altra giornata di lavoro si presentava davanti a lui. Però non era stanco, a differenza di molti altri giorni. Era positivo. Chi non lo sarebbe davanti alla prospettiva di ben quindici giorni di vacanza? E quindi si, quella mattina sorrideva. Si sarebbe riposato durante quelle vacanze di Natale. E avrebbe fatto il giusto shopping, tanto per rendere degno il nome di Berlino. Quella città si tingeva di magia a Natale. Luci, colori, allegria. Bill amava il Natale.


    Arrivò al negozio, salutò Maggie e subito si ricordò dei nuovi arrivi. Perfetto. Avrebbe dovuto sistemare cappellini su cappellini, quel giorno. Bill semplicemente odiava i cappellini. Odiava sistemarli e odiava raccoglierli ogni volta che cadevano. Erano una delle poche merci del negozio che non sopportava. Lui li sistemava e questi rovinavano a terra come ogni santa volta. Quei cappellini da rapper l’avrebbero pagata un giorno. Molto cara. Avrebbe eliminato ogni singola scritta e ogni singolo simbolo che lui non avrebbe mai capito.
    Si destò dai suoi piani malefici quando sentì Maggie che si rivolgeva a lui.


    - Bill mi assento cinque minuti, servilo tu questo giovanotto!- disse la donna dirigendosi verso il magazzino.


    Il moro alzò lo sguardo e vide che effettivamente che c'era un ragazzo che stava guardando la nuova merce. - Fantastico” pensò - dovrò rimetterli a posto per la decima volta dopo che se ne va- .Fece un bel respiro – di rassegnazione - e si avvicinò a lui con cautela, cercando di non mandarlo a quel paese solo per il pessimo gusto nel vestire.

    ¤




    Il rasta quella mattina non aveva nulla da fare. Non era una novità, d’ altronde. Non amava la vita del lavoro, non gli piaceva svegliarsi presto né tantomeno dover fare le cose forzate. Poche erano le volte in cui si rendeva conto che effettivamente un lavoro non sarebbe stato niente male. Ma per ora al rasta andava bene così. Decise svogliatamente di alzarsi da quell’orgia di coperte calde si infilò i soliti jeans chiari e la felpa rossa. Pensandoci bene, aveva bisogno di qualcosa di nuovo. Si, i suoi vestiti erano forse una delle cose al mondo che più adorava, ma a lui non piaceva portare sempre gli stessi. Inoltre, alcuni erano anche fuori moda. Decise così di dover rinnovare il suo guardaroba. Prese le chiavi di casa,il portafogli e uscì di casa.


    Il corso di Berlino era affollato. No, affollatissimo. E lui doveva immaginarselo, essendo nel periodo di Natale. Faticava a camminare e ancor più a vedere le vetrine dei negozi. Cercò di farsi spazio e si tuffò in quella folla impazzita. Si trascinò per altri metri, affascinato da tutte quelle danze di luci colorate che abbellivano la città. Era uno spettacolo meraviglioso. Si fermò davanti alla porta aperta di una botique, sbirciando all’interno per osservare la merce. Rimase affascinato dalla marea di cose che si trovò davanti. E non semplici vestiti, ma QUEI vestiti. Era il negozio che faceva al caso suo. Entrò e si diresse a passo svelto – forse un po’ troppo – vero il reparto che lui adorava tanto. “Hip hop&varie”. Si guardò intorno desiderando possedere tutto ciò che vedeva. Era il paradiso. Rimase colpito dalla nuova collezione di cappellini che sovrastavano tutto lo scaffale. Ce ne erano di tipi diversi, colori diversi, scritte diverse, marche diverse. Li avrebbe comperati tutti, se solo avesse potuto. Si sentiva rilassato, appagato. Altro che il sesso!


    - Posso esserti utile?- disse una voce dietro di lui. Si girò di scatto e vide un ragazzo che lo stava guardando dall'alto al basso. Si fermò. Aveva i capelli corvini che gli ricadevano lisci sulle spalle, un viso delicato, lineamenti perfetti e in nasino all’insù. I suoi occhi erano contornati di nero e le sue labbra piene. I vestiti erano aderenti, fin troppo. Si intravedeva una sottile linea di pelle sul suo fianco, che sporgeva dall’orlo della maglietta bianca. Poteva benissimo sembrare una ragazza, ma non lo era. Si rese conto di averlo fissato più del previsto, quando le sue guance si tinsero di rosso. Era rimasto quasi incantato, era un ragazzo bellissimo.


    - Veramente...- e si bloccò. Non sapeva cosa dire. Solitamente non aveva queste reazioni, ma si rese conto che quella volta non era tra queste. No, decisamente. Non sapeva cosa dire, le parole erano rimaste intrappolate nella gola. Stava facendo una pessima figura. - Volevo vedere questi cappellini.- Soffiò infine.


    - Bene, ne vuoi uno in particolare? Devi fare un regalo?- il moro si mostrò gentile. Non era in vena di litigare coi cappellini ancora una volta. Aiutò il ragazzo, che sembrava impacciato. Gli venne da sorridere. Era buffo.


    - No, cercavo solo un cappellino per me..- disse sincero.


    - Ok! Abbiamo la vecchia collezione, con il simbolo davanti. Poi, come puoi vedere, è arrivata anche la nuova. Sono di taglie e colori diversi, puoi scegliere anche di personalizzarlo.-


    - Sembra figo- buttò lì il rasta.
    Bill sorrise. Si, era decisamente buffo! - Beh… si, sembra figo.- Mentì. Odiava tutta quella merce, ma lo tenne per se. Professionalità? O forse non voleva togliere il sorriso dalle labbra del rasta? Non si diede mai una risposta.


    Tom si sentiva spaesato e confuso, non si era mai comportato in modo così impacciato. Il ragazzo gli fece vedere un modello bellissimo, era nero e bianco con dei disegnini che partivano da sopra e finivano sulla visiera. Quel tipo era strano, particolare. E non parlava del cappellino.


    Decise di prenderlo, dopotutto era veramente un bel cappello. Adorava quel nuovo modello, si disse. Probabilmente li avrebbe comperati tutti cosi d’ora in poi.


    - Penso di prendere questo, nero e bianco, mi piace molto.-


    - Benissimo - e sorrise.


    Tom rispondeva a fatica a tutti quei sorrisi. Era rosso in viso fin da quando il moro gli aveva rivolto la parola.Bill prese il cappellino e si diressero insieme alla cassa. Lo chiuse accuratamente dentro alla bustina rossa. Fu in quel momento che Tom notò le sue mani. Bellissime, bianche, affusolate. Portava lo smalto nero. Era strano per un ragazzo, si disse. Però gli piacevano, sembravano così… candide.


    - Sono 25,50 grazie.- concluse il moro radiante porgendogli la bustina. Il rasta si riprese dai suoi pensieri e prese la busta, sfiorandolo. Aveva le mani fredde e prontamente un brivido lo attraversò.


    - G-grazie a te, ciao...- fece il rasta. Uscendo sbattè nella porta, facendo ridere il ragazzo alla cassa. Fantastico, un’altra figura di merda. Non doveva essergli sembrato un bel tipo, se continuava ad arrossire e a balbettare. Pensò che probabilmente il ragazzo moro stava ancora ridendo. Sbuffò e si mise il cappuccio in testa. Voleva solamente tornare a casa.


    Il ragazzo coi rasta era appena uscito che Bill si ritrovò ad arrossire. Si mise una mano sul cuore, constatando che batteva. Eccome se batteva. Non che centoventi al minuto potesse considerarsi un battito normale, ma andava bene. Si massaggiò le tempie e si sedette. Il rasta era un bel ragazzo e il cappellino che si era appena comprato gli stava bene.Non sapeva il perché di quel comportamento. Lui era etero, anche se non aveva una ragazza da due anni ormai. Due? O forse erano tre, ma non gli importava. Il fatto era che comunque non aveva mai pensato cose del genere su un ragazzo. Forse gli aveva fatto tenerezza, dopotutto era carino e timido. Si ricordò che si vergognava persino di provare il cappellino!

    Sperò che al rasta servisse un altro cappello. Non seppe mai da dove uscì quel suo pensiero, ma restava il fatto che era vero, voleva rivederlo. Oh, quanto adorava il Natale.


    Note Finali:
    Bhè che vi devo dire?! I commenti mi vanno bene di qualsiasi genere, sia positivo e sia negativo!Alla prossima!
     
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  2. •Kibi•ErOiNe•Kaulitz•
     
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    *O* questa TWC la sto leggendo sul Kaulitzestita *-*
    Ma li non commento mai perché non ho ancora capito se c'è bisogno di una presentazione o qualcosa del genere >.<
    Comunque mi piace moltissimo *______________*
    Posta presto!
     
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  3. Sophie1104
     
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    CITAZIONE (•Kibi•ErOiNe•Kaulitz• @ 21/11/2010, 13:48)
    *O* questa TWC la sto leggendo sul Kaulitzestita *-*
    Ma li non commento mai perché non ho ancora capito se c'è bisogno di una presentazione o qualcosa del genere >.<
    Comunque mi piace moltissimo *______________*
    Posta presto!

    Si qua posterò subito, anche perchè su Kaulitzestita non posto più!

    Chapter 2.








    Era notte inoltrata, Bill quella sera aveva staccato tardi, c'erano tutta quella nuova roba da mettere a posto e gli dispiaceva lasciar fare tutto a Maggie.Ogni tanto si chiedeva se prima di lui, quella cara signora chi l'aiutava. Per essere una sessantenne, ne aveva di forza per mandare avanti il proprio negozio. Finì di mettere a posto le ultime cose e finalmente sospirò soddisfatto nel vedere tutti quei scaffali in ordine.Alzò lo sguardo e rimase a guardare il soffitto pensieroso.Fin da piccolo desiderava tanto fare lo stilista, disegnare vestiti, non venderli. Ma quando morì sua madre e suo padre se ne andò via di casa, si sentì quasi in dovere di lasciar spazio alla realtà più che ai sogni. Prese la sua borsa e con un cenno di mano salutò Maggie e si incamminò verso casa. Erano le undici, e di certo i supermercati non potevano essere aperti. Non aveva fatto neanche la spesa quel giorno. Amareggiato e affamato arrivò al portone di casa e si mise un attimo, giusto per riprendere forze, seduto ai primi scalini del palazzo. Si sfregò entrambe le mani; dicembre non era un bel mese se lo passavi a Berlino. Fortunatamente non stava nevicando ma faceva lo stesso freddissimo.Si ricordava quando da piccolo giocava con la neve con sua madre, si divertiva da morire, gli era sempre piaciuta.Ogni anno l'aspettava con impazienza e quando finalmente c'era, era felice come una pasqua. Ora però iniziava ad odiarla, gli faceva ricordare momenti bellissimi e non ci voleva pensare. Alzandosi guardò un ultima volta, il panorama che gli si presentava davanti era bellissimo, come sempre. Sorrise e salì su, al proprio appartamento.


    ¤





    Era tornato a casa tardi, come sempre d'altronde. Tom abitava ancora con i suoi genitori, non aveva finito gli studi e non lavorava. Quindi non si poteva permettere di avere un appartamento tutto per lui. Ma era come se lo avesse, Simone e Jorg non c'erano mai. Uscivano sempre, non avevano preso bene il fatto che il loro unico figlio fosse omosessuale, quindi gli parlavano poco, quasi mai. Solo quella sera erano tornati, ma non avendo trovato Tom in casa si misero entrambi seduti sul divano ad aspettarlo. Era da parecchi mesi che non lo vedevano.


    - A quest' ora si torna? - il rasta sobbalzò quando tranquillamente entrò in casa, non se li aspettava i loro genitori.


    - Oh. Mamma, papà? - disse lui accigliandosi.


    - Già, siamo ancora i tuoi genitori, fino a prova contraria. -


    Tom scosse la testa e fece un sorriso forzato. - Certo, come posso dimenticare. I miei genitori, quelli che mi ripudiano per quello che sono. - concluse alzando un pò il tono della voce. Simone abbassò lo sguardo e portò entrambi le mani al grembo. Il loro figlio aveva ragione, a lei andava bene che lui fosse omosessuale, ma a Jorg proprio non poteva accettare questa cosa. Ma si doveva anche mettere nei panni di Tom e riflettere: un ragazzo di 20 anni senza un lavoro con pochi amici, e neanche con l'affetto dei genitori, come poteva passare il resto della sua vita? Si alzò e si mise vicino al rasta e gli carezzò una guancia.


    - Tom... - gli disse con voce bassa, il ragazzo girò lo sguardo. - Io ti voglio bene, non puoi sapere come è brutto per una madre stare senza il proprio figlio. -


    - Non sembra, non mi chiami mai, non ci sei mai. Non devo mancarti più di tanto. - disse lui guardandola negli occhi.


    - Questo è vero, ma neanche tu lo fai. - continuò Simone grattandosi la testa. Jorg sentiva in silenzio e ogni tanto lanciava a Tom segni di completa disappovrazione, come sempre.


    - Non è un buon motivo questo, mamma. Ora scusa ma sono stanco, vado a dormire. -


    - Certo che sei stanco, chissà con quanti uomini sarai andato oggi. - disse il padre, impassibbile.


    Al rasta venne una voglia matta di tirargli un pugno in piena faccia, ma si limitò a sibilargli un "vaffanculo" e salire le scale. Era stanco di tutto questo, non poteva più sopportare di vivere con una famiglia del genere.Non capiva cosa c'era di male ad essere omosessuale. Infondo lui non faceva del male a nessuno, ma doveva anche capire che per un padre avere un figlio gay era una bella cosa da affrontare. Jorg aveva sempre pensato che quella era una fase, ma quando invece Tom cominciò a portare il primo fidanzatino e farsi beccare mentre si baciava suo cugino, lì capirono che non c'era nulla da fare. Ma per Tom non era una condanna, o per di più una vergogna, si sentiva se stesso e gli andava bene. Il giudizio degli altri quello, proprio no lo sopportava. Si gettò sul letto e pensò a come passare meglio le proprie giornate, magari trovandosi un lavoro . Si stufava a non far niente ogni giorno e non trovarsi mai senza un euro in tasca.



    ¤





    - Bill amico, ma non è ora di dare una pulita qui? - lo prese in giro Georg buttandosi sul divano.


    - E vieni tu a farmi le pulizie se ci tieni tanto no? Visto che io non ci sono mai a casa! -


    - Ora ci sei no? -


    - Ora? Sono in ferie! Le conosci, sai cosa sono?! Quindi non rompere! -


    L'amico rise e si portò in bocca un'altra manciata di cereali. Quella mattina Bill aveva invitato il suo migliore amico a fare colazione insieme, visto che per 15 giorni non doveva lavorare. Georg era sempre stato suo amico, fin dalle medie, si volevano un mondo di bene, passavano le intere giornate insieme, ma quando la mamma del moro venne a mancare, non se la sentì più di star così attaccato a lui. Gli voleva lasciar un pò di tempo per riflettere, visto che si era chiuso in se stesso e non aveva parlato più con nessuno.


    - Che si fa questa sera? -


    - Quello che facciamo ogni sera, cercare di conquistare il mondo! - scherzò Bill tirandogli i capelli.


    - Con te il mondo non lo potrei mai conquistare, saresti troppo preso dai fiorellini! -


    - Ah ah, molto divertente. Dai seriamente, che vogliamo fare? -


    - Ti fidi di me? Ti porto in un bel posto! -


    - Lo sai che a puttane io non ci vengo! - urlò il moro.


    - Ma quale puttane, è un bel locale ha aperto da poco! Allora ci vieni? -


    - D'accordo. Basta che non è qualcosa di sconcio! - concluse, rimettendo gli occhi sulla televiosione.



    Quel locale era enorme, pieno di luci verdi rosse e gialle, si chiamava "Cancun" e già era molto conosciuto. Bill guardò la pista da ballo piena di persone che si toccavano, strusciavano e baciavano e si sentì per un momento inorridito, Georg gli fece un cenno e gli disse di seguirlo. Lo portò su nel privè che aveva prenotato, sul tavolo c'erano una quantità esagerata di alcolici e stuzzichini, sbarrò gli occhi alla sola visione.


    - Uhm, tutto questo per noi? - chiese il moro sbalordito.


    - Esatto. Sai, conosco il proprietario. - concluse lui sorridendo.


    Cominciarono con gli analcolici, come due tre bicchieri di aperol soda per poi concentrarsi più sulla roba più pensante. Bill rideva mentre vedeva l'amico già completamente ubricaco dopo due gin tonic. Il moro si alzò ancora ridendo.


    - Vado a vedere se al bar hanno qualcosa di normale da bere, tipo che so...acqua! - disse scendendo dal privè.


    ¤





    A Tom quei locali erano sempre piaciuti, era uno che andava ogni sera ad un posto del genere, ogni fottuta sera, per trovare cosa? Sesso. La sua amica Jane, l'aveva portato dinuovo in uno di quei posti e già poteva ammirare centinaia di corpi sudati che si toccavano e la cosa gli piaceva, e come se gli piaceva.Lasciò la sua amica flertare con un tipo e andrò dritto dritto verso il bar, visto che non avevano abbastanza soldi per permettersi un privè tutto per loro. Si avvicinò al bacone e ci si appoggiò con i gomiti. Difronte a lui aveva una quantità spropositata di alcolici, e lui doveva solo sceglere quale era quello che lo avrebbe fatto stare brillo tutta la serata.


    - Scusa, lo so che è una domanda stupida, ma ce l'avresti una bottiglietta d'acqua? - disse la persona che gli stava praticamente di fianco,rivolgendosi al barista. Lo squadrò per bene, e per un primo momento lo scambiò per una donna, aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle, dei pantaloni stretti neri...e un culo bellissimo. Dio era la fine del mondo. Cacciò via quel pensiero, infondo a lui piacevano gli uomini, non poteva fare queste riflessioni. Solo dopo notò che non aveva il seno e un bel rigonfiamento che gli partiva all'altezza del cavallo dei pantaloni.Il tipo si voltò e solo per un attimo, i loro sguardi si incorciarono, ma solo per quel nano secondo. Perchè il ragazzo era già andato via.Tom pensò e ripensò che quel tipo lui lo aveva già visto da qualche parte. Sospirò pensieroso.


    - Allora che ti servo da bere? - chiese il barista.


    - Vodka grazie, tanta vodka. - rispose il rasta ancora tra le nuvole.



    NoteFinali:

    Ohhhhhh ciao a tutte *-* Buona lettura e boh buona serata. :confuso:

    Chapter 3.





    Era già al terzo bicchiere di vodka e poteva effettivamente sentirsi un pochino "leggero". Barcollando un po' si diresse verso la pista e lì subito una bionda iniziò a strusciargli vicino. Tom la guardò divertito , ma rimase impassibile quando la ragazza gli mise una mano attorno al collo. Fece per spostarsi e la tipa ci rimase alquanto male. Scrollò le spalle e sfoderò un sorrisone ad un tipo moro occhi verdi che lo stava decisamente mangiando con lo sguardo. Iniziò a ballarci vicino e dopo due minuti , le mani del tipo erano già sul suo culo. Ecco , era in certi momenti dove Tom si sentiva completamente soddisfatto.

    - Non ti ho mai visto da queste parti. - gli sussurrò il ragazzo nell'orecchio.


    - Sai , non sono un tipo che si fa trovare facilmente. - rispose il rasta con la sua voce calda e profonda.


    - Bè...ma ora ti ho trovato , e quindi sei mio no ? -


    - Errato. Nessuno può prendermi , tu mi hai solo preso in prestito per stasera. -


    - Perchè di chi sei? - chiese lui avvicinandosi con la bocca al suo collo.


    - Shh...basta con le domande , piuttosto andiamo a divertirci. -


    ¤






    Bill guardava in modo sorridente ma nello stesso tempo preoccupato Georg , con in mano la sua bottiglia di Campari. Cercò di levargliela ma niente, era come se fosse diventato il suo orsetto di peluche.Ogni volta che andavano in questi locali il suo amico finiva sempre per ubriacarsi , ma tutto sommato questa cosa lo divertia. Guardò bene la quantità spropositata di alcolici difronte a se. Non gli era mai piaciuto bere in realtà , solo in rare occasioni. Dopo svariate seghe mentali , afferrò anche lui un bicchierino di alcolico e lo mandò giù. Storse il viso quando sentì il liquido caldo scendergli giù per la gola.


    - Hey , vacci piano tu. Qualcuno dovrà pur guidare, e quello stasera non sono io. - annunciò Georg alzandosi per poi ricadere su un altro divanetto di fronte a lui.


    - Uhm no , stasera passo. -


    - Come passi , ti sei fatto solo un bicchierino! - si lamentò l'amico.


    In effetti aveva ragione , ma forse non era finita li. Voleva continuare a bere. - No , non se ne parla. Ora scendo giù , vado a vedere se c'è qualche sano di mente che ci può accompagnare! -


    -Biiiiiiiiill. - quasi strillò l'amico , il moro si voltò preoccupato e gli si mise accanto. - Ti voglio bene. - disse tra un singhiozzo e l'altro per poi appoggiare la sua testa sui divanetti. Bill sorrise e scese giù dal privè. Di certo non poteva andare in giro con un tipo in quelle condizioni , l'avrebbero fermato di sicuro e gli avrebbero tolto la patente. Non poteva permettere di andare al lavoro a piedi per una simile cazzata. Ritornò al bar di prima e si guardò un attimo attorno. La gente era diminuita , ma i privè al piano di sopra erano pienissimi. Al centro della pista da ballo c'erano due cubiste seminude e molta gente sotto di loro. Sbuffò e pensò che non potesse mai trovare una persona normale e magari pure sobria. Si risedette sugli sgabelli del bar e iniziò a fissare la gente mentre "ballava", sembrava come che tutte quelle persone fossero rapite dalla musica e si lasciassero trasportare dall'attimo. Lui era sempre stato uno che rimaneva dentro le righe, molto preciso , tante volte poteva sembrare anche un po' goffo. Scrollò le spalle e si voltò. Voleva dare una svolta a quella serata , voleva per una volta non seguire le regole , voleva per una volta divertirsi.


    - Hey , mi daresti un bicchiere di tequila mischiato con un po' di rum e ci metti anche un accenno di sambuca? -


    - Certo dolcezza, ma basta che poi non mi vai vomitare nei bagni. Sai , li ho appena fatti pulire. - scherzò la barista guardandolo sensualmente.


    - Uhm , si certo. - concluse buttando giù il suo alcolico di fretta , come se dovesse scappare da lì.


    La testa già gli stava girando parecchio, aveva bisogno di un po' d'aria. Attraversò quell'orgia di persone beccandosi palpatine e sguardi seducenti , ma ne valse la pena quando potè effettivamente constatare di stare all'aria aperta e finalmente riprendersi un pochino. Si appoggiò con la schiena contro il muro e iniziò a massaggiarsi le tempie. La testa non voleva smettere di girare e l'unico rimedio era quello di accendersi una bella sigaretta. Poco dopo vide una figura alta e magra uscire dal locale , portava dei larghi pantaloni a vita bassa e una felpa anch'essa oversize. Aveva dei lunghi dread color oro che gli cadevano raccolti in una coda , portava uno di quei cappellini che lui odiava , quelli che indossavano di solito i rapper. Squadrò bene il ragazzo e sorrise abbassando lo sguardo , che tipo buffo che era. Il ragazzo si appoggiò al muro difronte a lui e lo copiò accendendosi una Malboro Light che aveva in tasca. Passarono alcuni minuti , ma niente i due ragazzi si scambiarono solo sguardi intimidatori tra di loro , niente di più. Sobbalzarono entrambi quando la porta d'ingresso sbatté forte e ne fuoriuscirono due uomini con una birra in mano. I due si guardarono per poi portare la loro attenzione su Bill.


    - Hey , che ci fa una bella ragazza come te , qui tutta sola? - disse il primo.


    - Sono un ragazzo. - fu la risposa netta del moro, neanche guardandolo.


    - Oh. - l'uomo più alto scoppiò a ridere e diede una gomitata a quest'ultimo. - Ti va di fare un giro con noi? - chiese prendendolo per un fianco.


    - No , lasciami. - si divincolò subito allontanandosi.


    - Non fare storie e vieni con noi! - urlò il tipo sferrandogli un pugno in piena faccia. Il moro colpito cadde sui ginocchi , serrando gli occhi e mordendosi le labbro inferiore.


    Il rasta non potè non stare fermo e guardare la scena, si gettò sul primo. - Lascialo perdere!- Bill cercò di aprire gli occhi e quello che vide era che quel tipo che stava difronte a lui , stava facendo a pugni con quei due uomini. Impaurito e confuso si alzò si scatto e chiamò il bodyguard che subito li fermò e li portò fuori dal locale. Il rasta rivolse il suo sguardo verso il moro e si avvicinò , molto lentamente quasi intimidito. Bill rimase fermo con lo sguardo abbassato , come un cagnolino. Sentiva lo sguardo pungente del rasta sul di lui , poi alzò la testa e accennò un mini sorriso.


    - Grazie... - disse flebile Bill pulendosi con la manica dalla maglia il labbro sanguinante.


    - E' stato un piacere , non potevo rimanere con le mani in mano. - disse lui sorridendogli. - Ah, piacere Tom Kaulitz.. -


    - Bill, Bill Trümper. - avvicinò la sua mano per poi stringerla con quella del rasta. - E grazie ancora, ora devo andare , ciao. -




    Il moro salutò Tom con un bel sorrisone stampato in faccia, e rientrò dinuovo in quell'orgia di persone. Un brivido gli oltrepassò la schiena ripensando a quello che era successo cinque minuti fa. Se non c'era stato il rasta a prendere le sue difese ora...scosse la testa dal brutto pensiero e salì su al privè, dove trovò un Georg completamente ubriaco e con in mano una bottiglia di Vodka. Cercò di prenderlo e tirarlo su , ma niente era troppo pesante per uno come lui ,che pesava sì e no 50 kg. Velocemente pensò a un modo per portarlo fuori di lì , ah doveva trovare anche qualcuno che li potesse accompagnare a casa. La sua mente tornò al ragazzo che lo aveva aiutato prima , magari se lo aveva ritrovato gle lo poteva chiedere questo piccolo favore. Scese di corsa le scalette , e anche se l'alcool già cominciava a bisticciare con il suo stomaco ; poi vide il rasta, che stava andando via. Urlò il suo nome ma niente la musica era troppo alta , continuò ad urlare il suo nome, ma quando gli fu troppo vicino da urlarglielo nell'orecchio lui si voltò di scatto e Bill sobbalzò impaurito.


    - Hey ... - disse ammiccante lui.


    - Meno male che ti sei fermato, senti posso chiederti una cortesia? -


    - Certo dimmi. - Tom lo guardava con una faccia da bambino.


    - Mi chiedevo...visto che ho su al privè un amico che si è ubriacato , e constatando che lo sono anch'io , se ci potevi dare un passaggio. Se stavi andando via... - abbassò lo sguardo imbarazzato.


    - Ehm , vedi ... io non ho la macchina.- rispose a malincuore lui.


    - Non c'è problema , puoi guidare la mia! -


    Un altro enorme sorriso si formò sul volto di Tom. - Oh , allora va bene! - concluse radiante.


    - Un altra cosa...mi vieni ad aiutare a portarlo giù? - si vergognò come un ladro quando lo disse. Si sentì veramente donna , dopo che pronuciò quelle parole.


    Il rasta soffocò una risata e gli diede una piccola gomitata. - Si , dai andiamolo a prendere! -




    Per tutto il tragitto Tom si era sentito nervoso. Il moro gli si era seduto davanti insieme a lui, per lasciare più comodo Georg che era in uno stato di catalessi totale. Ogni tanto il rasta picchiettava sul volante in segno di pura agitazione e solo in quei momenti si sentì veramente un idiota. Insomma non doveva comportasi così in compagnia di un ragazzo , non gli era mai capitato. Era sempre stato spontaneo ma con Bill in macchina era tutto diverso. Il moro messo un cd e ora stava canticchiando il ritornello. Tom lo guardava rapito, non poteva fare a meno di osservare i bellissimi lineamenti, le ciglia perfette, le labbra carnose , la pelle candida come la neve , e quel pomo d'adamo che...un fastidio improvviso gli venne giù nel proprio inguine. Sbuffò cercando di non pensare al fastidio che gli stava procurando il suo membro. La macchina si fermò e il rasta aiutò Bill a portare l'amico fino alla porta , poi con un sorrisone a trentadue denti , lo salutò e si avviò su quella stradina a luci spente di Berlino. Faceva freddo lo doveva ammettere , tirò su il capuccio dell'enorme felpa che portava e girò l'angolo di quella vietta piccola e stretta. Dopo poco arrivò difronte l'enorme portone di casa e si appoggiò , per fumarsi una sigaretta. L'erezione si era calmata da sola , strana cosa per uno come lui. Alzò lo sguardo e guardò l'immenso cielo stellato , quella serata gli era piaciuta , si era divertito. Poi...quel ragazzo in qualche modo lo aveva stregato. Lui non era un tipo che aiutava le persone , era sempre stato un tipo molto introverso e chiuso con tutti. Ma il sorriso di Bill era qualcosa di magnifico , magico e perfetto. Si portò una mano al petto e potè constatare che batteva fortissimo. Calciò un sassolino per terra ed entrò in casa , di certo quella serata non poteva esser dimenticata , eh no.


    ¤





    Quella mattina stava dinuovo piovendo a dirotto e Bill non era riuscito a prendere sonno. Si era svegliato con un malditesta allucinante e si sentiva scombussolato. Molto lentamente si avviò verso la finestra e scostò la tenda di lino , fuori il tempo era pessimo. Non c'era nessuno per strada , solo molte macchine che andavano avanti in dietro. Le uniche persone che stavano in giro andavano di corsa , cosa molto sbagliata quando pioveva perchè si potrebbe scivolare. Un ricordo balenò nella mente di Bill : quando era piccolo era caduto molte volte a causa del pavimento scivoloso , e ogni volta la sua mamma lo aiutava ad alzarsi per poi porgegli un tenero bacio sulla parte dolorante. Una lacrima gli solcò il viso , ma subito la cacciò via. Non voleva cominciare a piangere di prima mattina. Portò una mano sopra i suoi capelli arruffati e sbadigliò entrando in cucina cominciando a preparare il caffè. Poco dopo entrò Georg , anche lui con una faccia sconvolta i capelli spettinati e anche in boxer.


    - Mmm ti prego , mettiti qualcosa addosso. - scherzò il moro intento a prendere il latte.


    - Non rompere ,non avevo le forze per indossare i pantaloni. - concluse sedendosi e iniziare a mangiucchiare un po' di cereali.


    Bill rise e gli verso un bella quantità di caffè nella tazza. - Tieni Mr io reggo bene l'acool. -


    L'amico lo fulminò con lo sguardo. - Divertente. Ma un attimo...come siamo arrivati a casa? Visto che tu dicevi di non poter guidare? -


    Il moro fece capolinea con la memoria e si ricordò che aveva chiesto un passaggio ad un ragazzo...ah si giusto Tom! Quel tipo lo aveva anche aiutato fuori la discoteca ora che si ricordava meglio. Sorrise ed alzò lo sguardo , era stato carino con lui.


    Georg lo fece ritornare dai suoi pensieri. - Allora?? Mi vuoi dire con chi siamo venuti? -


    - Ah si , bè ho chiesto ad un tipo... - disse lui vago.


    - E ti sei fidato? - corrugò la fronte lui.


    - Si si non sembrava un ragazzo strano , anzi è stato dolce. - sorrise Bill rialzando dinuovo lo sguardo.


    - Oh ma che carino ! - lo prese in giro l'amico tornando alla sua colazione. Georg ci scherzava , ma per Bill era stato veramente dolcissimo. Lo aveva aiutato prima , lo aveva aiutato dopo , e tutto questo con un bellissimo sorriso sulla faccia. Il moro si portò la sua tazza di caffè alla bocca e pensò se ci sarebbe stata un' altra occasione per vedere quel Tom.





    Aveva tanta voglia di rivedere quel Tom ...

















    NoteFinali:
    Eccomi sooono tornata *.* Allora voglio dire che boh per questo capitolo mi ero ispirata ad un film che avevo visto in televiosione parecchio tempo fa Ciò messo molto a scriverlo perchè volevo correggerlo meglio vedere se mancava qualcosa, controllare la grammatica, insomma queste cose! Bè che dire? Spero che vi piaccia. Da domani visto che tornerò a scuola, non scriverò sempre, ma cercerò sempre di trovare tempo per le mie twincester! Un bacio enorme! :love:

    Chapter 4.





    Pioveva, come da faceva da giorni ormai. A dicembre non smetteva mai, c'erano sempre quelle nuvole fastidiose che ti impedivano di metterti qualcosa di più carino o comodo. No, dovevi indossare sempre quei cavolo di impermeabili e dovevi portare sempre con te quei fastidiosissimi ombrelli, pronti a rompersi ala prima folata di vento. Durante l'inverno, specialmente verso l'arrivo del Natale, non c'era mai una giornata di sole.Tom quella mattina si svegliò di malumore, non sapeva se era la testa che gli doleva terribilmente o il suo cane che durante la notte non aveva smesso di abbaiare. Già, Scotty. Era il suo cane, gli era stato regalato al compleanno dei 10 anni. Era stato felicissimo quando quel bellissimo Labrador era fuoriuscito dall' enorme gabbietta, formato pacchetto regalo. Era diventato una sorta di suo migliore amico, un piccolo “porta fortuna” e non lo lasciava mai solo. Adorava portarlo a passeggio e ancora di più quando correvano insieme. Si sentiva libero in quei momenti, senza pensieri; amava sentire solamente il vento che batteva sul viso e il suo cane che correva felice, affiancandolo.Con lui si sfogava, anche quando litigava con suo padre e usciva sbattendo la porta di casa per la rabbia. Prendeva sempre il suo collare e lo portava con sè.Accarezzò il suo folto pelo sorridendo; gli voleva troppo bene. Gli diede da mangiare e indossò i primi indumenti che trovò appoggiati alla sedia della scrivania. Quel giorno non aveva nulla da fare, come sempre. Decise che almeno l'avrebbe impegnata a trovarsi un lavoro. Magari in una pizzeria, in un negozio di abbigliamento. Gli serviva un lavoro e in quel momento non gli importava molto quale sarebbe stato. Aveva bisogno di soldi e voleva impiegare le sue giornate, doveva dare una svolta alla propria vita. Scese le scale della propria casa lentamente, per poi affrettarsi a prendere l'ombrello e uscire.Fuori continuava a piovere e Tom odiava la pioggia. Lo faceva sentire triste e poi non sopportava l’idea di essere completamente bagnato, di dover aspettare e poi cambiarsi i vestiti. Si scosse dai suoi pensieri quando un volantino attirò la sua attenzione, lo raccolse da terra. Era leggermente umido a causa delle insistenti gocce che scendevano dal cielo ma Tom riuscì a leggere lo stesso.


    "Cercasi magazziniere part-time. Per ulteriori informazioni chiamare il numero sotto indicato."






    Un sorriso comparve sul volto del rasta, era stato davvero fortunato. Si affrettò a comporre il numero per vedere se quel posto non era stato occupato già da qualcun'altro. Gli rispose una anziana signora. Era gentile, carina e molto disponibile. Avevano parlato per qualche minuto e dopo varie domande Tom riuscì ad ottenere ciò che voleva: il lavoro era suo. Tom soffocò un urletto felice e saltellando si diresse verso quel negozio, dove la signora lo stava aspettando. Camminò per vari isolati e dopo circa mezz’ora arrivò. Gli piaceva il posto, era in centro. Guardò bene il nome e un piccolo ricordo sfiorò la sua mente, c'era già stato. Corrugò la fronte pensieroso ma la signora che gli si presentò fermò ogni suo tentativo di riflessione. Doveva avere si e no una sessantina d'anni, era bassina con dei curiosi capelli color oro tutti cotonati.



    Si salutarono cordialmente e iniziarono a parlare.- Allora Tom , lavorerai con noi da lunedì prossimo, per ora stiamo in ferie. Il negozio è aperto e sto cercando un magazziniere. Sai, ho un bravissimo commesso che mi aiuta, ma non voglio far svolgere il lavoro tutto a lui, quindi ho pensato che magari una persona in più qui ci poteva far comodo! E poi sai, Bill è un tipo socievole, credo che farete subito amicizia! -


    Il cuore del rasta fece una tripla capriola e iniziò a battere. - Bill? - chiese sbalordito cominciando a mettere in ordine i pezzetti di puzzle nella sua mente. Il cappellino, il ragazzo in quel locale, il nome Bill, il suo sorriso, la sua voce…La signora annuì sorridendo bloccando i suoi pensieri.



    - Bill Trümper ? - continuò Tom.



    - Si , lo conosci per caso? - si incuriosì.



    Il biondo non poteva di certo rispondere che lo aveva conosciuto in una discoteca, ubriaco e per di più averlo poi riaccompagnato a casa date le sue non più sane condizioni. No no, non poteva di certo fargli fare un figura del genere, ne sarebbe stato dispiaciuto. - Mmh ...- Il rasta non sapeva cosa inventarsi, la parte dell'attore proprio non la sapeva fare. - No , cioè si , insomma… di vista. -



    La proprietaria alzò un sopracciglio , poi sorrise divertita. - Ok...allora ci vediamo lunedì prossimo mh!? Vieni alle 8!-



    - S-si. -balbettò lui. Avrebbe rivisto veramente Bill , non ci poteva credere.




    ¤






    Dopo quella mattinata drammatica , aveva accompagnato Georg a casa dicendogli di non fare stupidaggini e di non mettersi nei pasticci. Continuava a camminare per le strade di Berlino con addosso quel cappottone che lo copriva tutto, amava vestirsi bene e alla moda. Non era un tipo vanitoso, anzi era molto stravagante e inventivo. Una vetrina catturò la sua attenzione e il suo sguardo si soffermò su di essa. Erano tutti articoli per bambini, come carrozzine vestitini e cose varie. Bill amava quei piccoli frugoletti pacioccosi con delle guance da riempire di baci, lo mettevano di buon umore. Sentire un bambino ridere, per esempio, gli faceva battere il cuore. Quella dei bambini, si sa, è una risata sincera, gentile, dolce. Sua mamma gli diceva sempre che lui era un bambino dolcissimo, pieno di gioia negli occhi e molto vivace. Un ricordo ben nitido gli oltrepassò la mente.




    - Bill amore , vieni un attimo qui ? - lo chiamò la madre , intenta a cucinare il pranzo.


    Dalle scale scese un piccolo bimbo di 5 anni con solo indosso un pannolino, intento a scendere le scale di casa. Barcollava un pochino poichè ancora non aveva un equilibrio ottimo. Ogni volta che cadeva faceva una smorfia sul viso, si imbronciava, si rialzava e poi ricadeva di nuovo. Però non piangeva mai. Questa era un suo pregio, fin dalla tenera età non aveva mai pianto, era sempre stato un bambino molto buono, molto tranquillo. Aveva solo un difetto: dormiva ovunque. Ovunque vedesse un divano, un letto, una sedia o un qualsiasi oggetto che lo sostenesse, Bill dormiva.


    - Mami... - disse il piccoletto con gli occhi color nocciola.


    Kim, la madre, vedendo quei bellissimi capolavori che erano i suoi occhi, lo prese in braccio e iniziò a dargli tanti baci sul collo facendolo ridere. - Sei il mio piccolo angelo. -


    - Lo sho, e io ti voio tanto bene. - concluse Bill appoggiandosi al collo della madre. Kim non potè non stringerlo di più e chiedere al cielo di fermare il tempo, di potersi godere quel momento per sempre.




    Abbassò lo sguardo sospirando. Da quando sua mamma venne a mancare Bill non faceva altro che piangere, non smetteva mai. Alle volte si chiudeva in bagno e piangeva. Ora aveva imparato. Si, aveva imparato a piangere nel modo peggiore. Ormai lo faceva spesso.Era una sorta di condanna per lui, non aveva più ragione per sorridere e stare bene. Solo Georg a volte gli dava quelle piccole attenzioni che un amico ti può trasmettere con un abbraccio e una carezza, ma Bill era caduto nel baratro più totale. Piangeva e si disperava. E, cosa che faceva più male di tutte, ricordava. Ma nonostante tutto svolgeva la vita di tutti i giorni, più per routine che per la voglia che aveva.Si grattò la fronte pensieroso quando la sentì improvvisamente bagnata, alzò lo sguardo e constatò con delusione che la pioggia cadeva di nuovo. Si affrettò a trovare un riparo ma nella foga del momento cadde e si ritrovò per terra con il sedere bagnato. Subito si alzò da terra cercando di non bagnarsi ulteriormente. Si strofinò i jeans scuri e alzando lo sguardo, proprio di fronte a lui, vide un' altra persona intenta a ripararsi da quel diluvio di pioggia.



    - Scusa, non ti ho visto. - cercò di scusarsi subito il ragazzo continuando a spolverarsi i pantaloni extra large, non curandosi di guardare in faccia a chi era andato addosso.


    Bill sgranò gli occhi e divenne improvvisamente rosso. - Tom..? -


    Il rasta, sentendo il suo nome, alzò subito lo sguardo e lo vide. O per lo meno lo rivide. Era...Bill. Si, lo stesso sguardo magnetico, la stessa bocca carnosa ma allo stesso tempo eccitante, lo stesso corpo curvilineo e magro. L’avrebbe riconosciuto ovunque. Non sapeva come comportarsi e rimase rigido a guardarlo con un sorriso da ebete in volto.



    - Ti trovo bene , come stai? - iniziò Bill felice come una pasqua.


    - Eh? Io? Bene, si si… molto bene grazie. – Aveva appena fatto una mega figuraccia. Il moro sorrise: era tenero quando una persona che parlava con lui si imbarazzava iniziando a balbettare, lo trovava... divertente. Vide le guance del rasta diventare piano piano color peperone e soffocò una risatina. Fecero alcuni passi e si ripararono sotto ad un porticato, attendendo che la pioggia cessasse di cadere. Ah, cara vecchia Berlino.


    - Dove andavi di bello? - Bill faceva domande e raffica e questo non aiutava Tom che si sentiva ancor più in imbarazzo.



    - A trovare lavoro, tu invece? -



    - Uh , l'hai trovato? Io da nessuna parte comunque, facevo un giro, e cercavo un riparo dalla pioggia!-



    Tom gli voleva rispondere che era stato assunto come magazziniere nel negozio dove lavorava anche lui, ma voleva fargli una sorpresa. Decise quindi di non dire nulla, lasciando che il moro lo scoprisse da solo. Voleva tenerlo sulle spine, gli divertiva quel comportamento. - In un negozio, sai… serviva un magazziniere part-time e io ero disponibile e quindi ecco qui! Assunto subito! -



    Il sorriso di Bill si allargò improvvisamente - Ottimo, allora vieni ti offro qualcosa! Dobbiamo festeggiare! - prese il rasta per un braccio e lo indirizzò verso il bar alla loro destra.Bill si stupì del suo stesso gesto. Era stato affrettato, istintivo… era stata la cosa giusta da fare se lo sentiva. Non sapeva bene da dove provenisse tutto quel coraggio ma lasciò perdere, davvero non gli importava. Sentiva solo le sue dita strette attorno al polso del rasta e no desiderava altro che quel contatto.


    Tom si sentì rigido , imbarazzato ...felice. - No maddai , non serve! -



    - Dovrò pur ripagarti per il favore fatto l'altra sera no? Su andiamo! - obbiettò il moro entrando definitivamente nel negozio.



    Si sedettero l'uno di fronte all'altro. La cameriera era arrivata immediatamente, avevano ordinato una bella tazza di cioccolata calda e stavano iniziando a parlare come due amici che si conoscevano da una vita. Bill stava parlando molto, forse troppo, e questo non stava aiutando Tom che invece era rimasto a guardarlo come incantato.







    Stavano parlando come se si conoscessero da tanto ...come se fossero ottimi amici.





    NoteFinali:
    Ecccomiiiiiiiiiiiiiiiii *.* Scusate l'attesa ma con l'inizio della scuola non riesco a scrivere velocemente come prima. Allora che ne dite? Vi è piaciuto? Apsetto commentii! :love: Un bacio , alla prossima! :wub:
     
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  4. •Kibi•ErOiNe•Kaulitz•
     
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    Nooo come non porti più sul Kaulitzestita? :ohcielooo!:
    Comunque da una parte è meglio così, almeno qui posso commentare! xD
    Comunque il padre di Tom non deve odiarlo. E' sempre suo figlio, che sia gay o meno, non fa differenza.
    Capitolo stupendo. posta presto

    Edit: Ho visto che stai postando i capitoli tutti insieme. Io ti consiglierei di postarli uno a uno.
    Non che a me dispiaccia, però secondo me è meglio...

    Comunque...Bill e Tom sono tenerissimi *-*

    Edited by •Kibi•ErOiNe•Kaulitz• - 21/11/2010, 15:11
     
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  5. Sophie1104
     
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    Chapter 5.





    Era passata ormai un' oretta buona e i due non facevano altro che parlare. Cioè, Bill parlava, Tom lo guardava estasiato con un sorriso dipinto in faccia e ogni volta riusciva a perdersi nella profondità degli occhi del moro. Erano così belli, contornati da una sottile linea di matita nera che contribuiva a far risaltare quello sguardo così limpido, così brillante. Aveva la carnagione bianca pallida, come un vero tedesco d'altronde. Si soffermò sulle guance, erano poco più paffute rispetto al resto del viso e avevano un colorito roseo acceso che rendeva Bill ancora più tenero. Di nuovo spostava lo sguardo e spesso si soffermava sulle sue labbra. Erano perfette, piene e bellissime. La voglia di possederle era grande, specialmente se il moro se le umettava di tanto in tanto. Aveva davvero osservato il moretto così a lungo? Smise di guardarlo e si accorse che Bill non stava più parlando ma, invece, lo stava fissando con sguardo leggermente confuso. Il suo cuore cominciò a battere ricordandogli che poteva scoppiare da un momento all'altro. Le sue gote erano diventate di un rosso acceso e scottavano, briciavano. Sentiva le fiamme espandersi per tutto il suo viso: si stava vergognando da morire. Lo sguardo del moro lo uccideva, ogni singola e fottutissima volta. Raramente vedeva volti così belli e, pensandoci bene, quello era forse il più bello che avesse mai visto. Nessuno era così bello, candido, malisiozo, perfetto... allo stesso tempo. Nessuno.




    Bill rise abbassando lo sguardo. - Sai a che pensavo Tom? -


    Il viso del rasta scattò verso l'alto e il ragazzo si fece improvvisamente interessato, facendo col far scivolare via la vergogna che l'aveva assalito poco prima.


    - Ehm, no, non saprei... - disse sincero il rasta.


    - Pensavo che sei veramente un bel ragazzo. Insomma avrai di certo decine di ragazze che ti corrono dietro, vero? - aggiunse Bill senza nessun pudore. In realtà non sapeva da dove uscissero quelle frasi. Di certo non dal solito Bill. Che stava succedendo? Perchè si stava mostrando così interessato?


    Tom abbassò nuovamente lo sguardo e si vergognò da morire. Era stato piacevole sentire quel complimento, ma allo stesso tempo era stato pervaso da una strana sensazione. Iniziò a sudare, sudare freddo. E merda. Non gli era mai successa una cosa del genere, non aveva mai vissuto una situazione davvero, davvero imbarazzante. Guardò spaesato Bill e sorrise intimidito.


    - G-grazie. Bè sì, sono molto ricercato. - concluse grattandosi la testa. Ma che cazzo di discorsi stai facendo, Tom?



    - Non ti devo vergonare, sai? - concluse il moretto portandosi nuovamente la tazza di cioccolata alla bocca. - Io ricevo a stento gli sguardi da uomini arrapati solo perchè mi scambiano per una donna, figurati! - scherzò Bill pulendosi il cacao che era rimasto sul labbro inferiore. Non sapeva dove diavolo trovava le parole, semplicmente uscivano dalla sua bocca in modo naturale, quasi in modo possessivo. Voleva far sapere a Tom alcune cose su di lui. Di certo, il vecchio e buono Bill non avrebbe detto certe cose. Oh, no di certo.Tom lo guardava esterefatto. Poteva una creatura come lui non accorgersi della bellezza di cui era dotato? Certo, aveva quei sottili linementi delicati che lo facevano sembrare femminile, ma era la perfezione. Il rasta scosse la testa sorridendo.


    - Perchè sorridi? Non è così ? -


    - Bill ... - iniziò ma le parole gli morirono in gola. - Secondo me hai troppi pregiudizi su te stesso, insomma si vede lontano un miglio che sei un ragazzo. - di questo non ne era molto sicuro, ma ora come ora non gli importava. - E poi, sei un bel ragazzo anche tu. - concluse facendo spallucce e lasciando che il suo sguardo tornasse alle sue ginocchia. Oh, com'erano interessanti.


    Gli occhi del moro si illumanorono. - Grazie Tom - disse accennando un altro sorriso mentre sorseggiava. Portò il suo sguardo fuori dalla vetrina del locale e vide che il buio stava calando sulla città. - Che dici di andare? - chiede infatti poco dopo.Il rasta annuì e insieme si incamminarono verso le piccole ma stupende vie di Berlino. Chi li incontrava poteva scambiarli facilmente per una coppietta di innamorati, erano così in sintonia tra loro, c' era un qualcosa di impressionante che li legava. Camminarono per un tempo indefinito durante il quale Tom non sime un secondo i osservare Bill. Di osservare di sbieco quel suo sorriso. Il tempo passò e si ritrovarono improvvisamente di fronto al vialetto di casa del moro.


    - E' stato un bel pomeriggio, mi sono divertito. - disse il rasta sfregandosi le mani dal freddo per poi infilarle nell'enorme giubotto. - Ah, e grazie di avermi offerto la cioccolata. - disse con un sorriso sincero.


    - E di che! E' stato un piacere, peccato che io lunedì debba tornare a lavorare, altrimenti potevamo uscire qualche altra volta insieme. - disse Bill dispiaciuto.


    Ok. Tom stava per svenire. O comunque qualcosa che gli si avvicinava molto. Aveva veramente aveva detto quelle parole? O stava sognando tutto? Il suo cuore inziò a battere velocemente, in un battito che sfiorava l'assurdo. Rimase immobile davanti alla figura snella di Bill, con gli occhi serrati, mentre si godeva quel momento di piacevole imbarazzo. - Io penso che ci vedremo molto spesso , sai? -


    - Ah si? - domandò Bill confuso. Che voleva dire Tom con quella affermazione?


    - Ne sono più che certo. - concluse salutando il moro che aveva già tirato fuori dalla borsa le sue chiavi di casa. Quello, per Tom, era stato un bellissimo pomeriggio. Si immaginava già le intere giornate che avrebbero passato insieme - perchè era sicuro, ne avrebbero passate tante insieme -. Una strana sensazione si fece spazio nel suo stomaco e il suo viso si tinse nuovamente di quel delizioso rosso fuoco. Da quando aveva conosciuto Bill, non sentiva il bisogno sessuale accendersi in lui. Sentiva di voler qualcosa di più dalla vita, dall'amore, dal sesso. Sentiva che avrebbe voluto tutte queste cose, unite in un'unica, sola, sensazione. Sospirò speranzoso... magari conoscendosi poteva nascere qualcosa di più. Era forse prematuro pensare a cose del genere, ma in cuori suo sentiva che tutto sarebbe filato liscio, sentiva che forse, per una volta nella sua vita, qualcosa stava cominciando a riordinare tuttii tasselli. Forse, quel qualcosa era proprio Bill.Tornò a casa, salutò Scotty e si mise ad accarezzarlo, come ogni singola volta che tornava a casa. Gli diede il cibo e nel mentre un'idea si fece largo tra i suoi pensieri. Voleva passeggiare con il suo cane. Guardò oltre i grandi vetri delle finestre e ritirò l'entusiasmo: pioveva. Si accovacciò sotto le coperte e si lasciò trasportare nel sonno dal piacevole ticchettio della pioggia sulle finestre. Sorrise felice, scivolando poi tra le braccia di Morfeo.



    ¤






    Natale era alle porte. Il periodo più trafficato per quanto riguarava le vie di Berlino, probabilmente. Bill si era alzato presto e stava già facendo colazione frettolosamente. Doveva uscire presto quella mattina. Le vacanze pre-festività natalizie erano appena terminate e Bill aspettava solo che il Natale arrivasse. Col suo calore, con la dolcezza e la gioia, ma anche - certamente - con le meritatissime vacanze che aspettava da tanto. Già, chi lavorava da Maggie faceva così, si prendeva una pausa da quelli che sarebbero stati dei giorni infernali. Leggasi anche come 22-23-24 dicembre; ogni anno il negozio traboccava di persone a cui dovevi far pacchetti, dovevi servire e dovevi sorridere, a volte anche forzatamente. Era il buisness, dovevi sorridere a qualunque cliente entrasse nel negozio. Maggie glielo aveva sempre ricordato. Il cliente prima di tutto. Era così che funzionava, più concedevi loro dei fantastici sorrisi, più quelli erano soddisfatti. Chissà che ci trovavano di interessante in un sorriso. Bill se l'aveva sempre chiesto. Il turno era finito e il ragazzo afferrò le chiavi di casa, assicurandosi di averla chiusa. Accese il motore della sua Audi, non la prendeva quasi mai, eccezion fatta per le volte in cui era in ritardo, proprio come quel giorno. Doveva muoversi.


    - Cazzo! - imprecò vedendo la fila esagerata che si era formata davanti a lui. Il moretto accostò la macchina nel primo parcherggio che trovò e iniziò a correre urtando qualche persona di tanto in tanto. Era in netto ritardo, Maggie l'avrebbe ucciso. " Anche peggio " pensò accelerando ulteriormente il passo.Arrivò al negozio e vide l'immensa fila di persone che arrivava perfino al di la della porta d'ingresso. Sgranò gli occhi e immaginò già il colore della bara che avrebbe voluto per la sua morte. Cominciò a spingersi tra la folla, cercando di entrare, ricevendo però in cambio solamente occhiatacce dai clienti, ignari del suo ruolo.


    Dopo vari tentativi, Bill riuscì finalmente ad entrare. - Eccoti finalmente! - disse Maggie prendendolo per un braccio, facendolo uscire da quell'orgia di gente. - Che fine avevi fatto mh? Meno male che giusto l'altro giorno ho assunto Tom e mi stà dando una mano! - concluse rivolgendosi al ragazzo che stava servendo una signora in fondo agli scaffali. Oddio. Oh, mio Dio. Quello era lui? Quello era Tom? Gli stessi rasta, stessi vestiti extra large...Spalancò la bocca e vide Tom voltarsi per regalargli un fantastico sorriso. Il moro, imbarazzato, corse a posare la sua roba per poi dedicarsi alle centinaia di persone che aveva davanti. Quella giornata stava trascorrendo perfettamente anche se Tom non aveva ancora accennato a parlargli. Lo osservava mentre piegava le maglie, mentre faceva gli scontrini e persino quando, per cinque minuti , si fermava a bere un sorso d'acqua. Bill non aveva mai pensato al fatto che lui stesso potesse essere omosessuale. Tutte quelle attenzioni verso quel ragazzo non erano però giustificate. Si stava decisamente ricredendo sui suoi guati personali. E anche molto , a dire la verità.


    - Bravo no? - Maggie comparì dal nulla e fece trasalire il moro, che si mise repentinamente una mano sul cuore.


    - Ah? Lui? Mmh si. Diciamo che se la cava. - Bill lo disse in modo altezzoso, gli era uscito spontaneo, non per cattiveria.


    L'anziana signora scoppiò a ridere dando una piccola pacca sulla spalla ossuta del ragazzo. Il moro le sorrise e si rimise ad riordinare i capi estivi dentro uno scatolone. Ogni tanto lanciava occhiate a Tom per vedere se la ricambiava, tornando a voltarsi deluso quando vedeva che il rasta era impegnato con diversi clienti. Deluso? Bill , quello è il suo lavoro. Saggio cervello.Bill cercava in tutti i modi possibili di attirare l'attenzione su di lui , ma era come invisibile agli occhi del rasta ; era come se pochi giorni fa non avessero mai chiacchierato amorevolmente , come se non fosse successo nulla. Sembravano estranei. Quasi deluso si ritirò nel magazzino per prendere dei capi d'abbigliamento , quando sentì una mano toccare la sua spalla. Si girò e si stupì di vedere Tom con un sorrisone a trecentosessanta gradi. Bill perse un battito , non era abituato a quel tipo di sorriso , specialmente se proveniva da un bel ragazzo ; specialmente de proveniva da Tom.


    - Allora? Piaciuta la sorpresa? - disse euforico. Il moro non capiva.


    - Eh? Quale sorpresa? - chiese dubbioso Bill.


    Tom ci rimase male. Non molto, ma si aspettava che il moro capisse. Lui l'avrebbe fatto al suo posto. - Ma come, vengo a lavorare nel tuo stesso negozio e tu non dici nulla! - disse come se fosse stato retorico. - Non ti vedo entusiasta. - continuò.


    - Oh ... - Perfetto, davvero perfetto. Bill non aveva capito nulla. Tom gli aveva fatto una sorpresa e lui cosa aveva fatto? Si era fatto mille - machè, duemila! - seghe mentali a riguardo, arrivando a pensare cose non molto positive sul rasta. L'unica cosa che rimaneva tra suoi pensieri era il fatto che il ragazzo l'avesse ignorato per tutto il giorno.- Io sono felice di vederi qui , ma visto che non mi hai rivolto parola tutto il giorno ... pensavo fossi deluso da... me. - concluse abbassando un po' la testa e il tono della voce.


    A Tom comparve un sorriso e di istinto lo abbracciò. Per un istante tutto l'imbarazzo che aveva avuto giorni prima scomparve e prevalse il coraggio e la voglia di farsi avanti. Bill inizialmente rimase rigido, di certo non se lo aspettava. Subito cambiò idea e ricambiò subito il gesto. Posò le sue lunga braccia attorno alla vita del rasta. Tom riprese a parlare. - Io ... non ti stavo ignorando. E' solo che... - Il moro lo interruppe sciogliendo l'abbraccio. - Tranquillo, ho afferrato il messaggio, anche a me fa molto piacere che tu sia venuto a lavorare qui, davvero. -


    - Hey voi due, qui ci sarebbero clienti da servire! - li riprese sarcastica Maggie. I due si guardarono sorridendo e tornarno a lavorare.




    ¤







    La giornata era stata dura, durissima. Non si erano fermati un attimo, non avevano nemmeno fatto la pausa pranzo.Erano stati molto impegnati per tutto il tempo, entrambi.
    Bill prese l'ultimo capo nello scatolone e lo infilò nella stampella per poi porgerlo a Tom. - Ecco, questo era l'ultimo. - disse portandosi le mani sulle tempie e massaggiandosele. Il rasta sorrise a quella visione e si sedette accanto a lui. - Dai, pensa che dovremo venire qui anche domani e dopodomani. - mormorò il biondo ridendo. Bill lo fulminò con lo sguardo dandogli una spinta. - Oh, sei molto d'aiuto Tom! - Lo riprese scherzando. Il rasta rise. Oh. Che. Visione.Si riprese in tempo, assicurandosi di non cadere nel più totale imbarazzo di fronte a tanta perfezione. - Mh, almeno poi c'è il Natale. - continuò con gli occhi illuminati.


    - Tu che fai a Natale, Tom? - Il rasta abbassò la testa. - Niente... - non voleva che Bill sapesse che non faceva mai niente quel giorno. Rimaneva a casa da solo senza nessuno che gli faceva compagnia. Era così da quando aveva lasciato i suoi genitori. Probabilmente l'aveva voluto lui, ma si disse montalmente che era meglio passare il Natale - e il resto dell'anno - da soli piuttosto che con persone che non ti amano. - A me il Natale non piace. - mentì, sempre con gli occhi puntati verso il basso. Ci fu una pausa, nessuno dei due parlò. Non voleva alzare la testa per vedere lo sguardo di Bill, magari preoccupato.


    - Perchè non ti piace? Se posso sapere... - continuò Bill. Voleva capire cosa non andava. Aveva notato lo sguardo vacuo del rasta e non sapeva perchè, ma vederlo così triste lo faceva sentire male. Aveva una morsa al cuore e voleva fargli tornare quel sorriso di prima. Voleva sapere per questo, non per sapere i fatti del biondino. In fondo il Natale era qualcosa che tutti amavano, perchè lui no?


    - Perchè no, non puoi saperlo nè tantomeno capirlo. E poi non ho voglia di parlarne con te. - disse brusco alzandosi dalla sedia e dirigerndosi verso il magazzino.


    Il rasta afferrò un pacchetto di Marlboro dalla tasca e ne accese una. Odiava le persone che si impicciavano troppo, non gli erano mai piaciute. Anche se queste persone avevano uno sguardo adorabile e un corpo eccitante. Questo, però, non permetteva loro di intromettersi nella sua vita privata, specialmente se questo indicava ricordare l'ultimo Natale passato con la sua famiglia; se così poteva chiamarla.



    Era il 25 Dicembre del 2001, aveva ormai 12 anni da due mesi e aveva chiesto a suo padre se per Natale poteva avere una chitarra, una di quelle classiche, come piacevano a lui. Jorg aveva acconsentito, glielo aveva promesso e il giorno di Natale Tom l'avrebbe ricevuta. Era tutto pronto, tutto perfetto, Simone aveva preparato una bellissima tavolata e tutti i parenti erano già ai loro posti. C'era anche Justin e per Tom non era un bene. Lui era innamorato di suo cugino, poteva farci niente. Aveva quei bellissimi capelli biondo cenere proprio come lui, quegli occhioni blu cielo e la pelle candida come la neve. Era un ragazzo fantastico. E non sapeva se era vero amore, ma sicuramente non aveva mai provato qualcoas di simile.Stavano tutti seduti e Tom si fece spazio tra i parenti, per mettersi accanto al biondino. Il pranzo andò alla grande, il cibo era ottimo e tutti si complementarono con Simone. Ad un certo punto del pranzo, quando ormai erano tutti troppo sazi anche solo per pensare di fare un discorso logico, Tom aveva preso per mano Justin e lo aveva portanto in camera. Tutto accadde velocemente, il rasta chiuse la porta dietro di loro e subito premette le sue piccole labbra su quelle del cugino. Quest'ultimo non se l'aspettava e in preda al panico scappò via, iniziando a piangere per le scale. Tom capiva che forse era stato troppo avventato, ma decisamente non si aspettava quella reazione. Il bambino spaventato urlò davanti a tutti i presenti l'accaduto; l'atmosfera era di ghiaccio. Jorg e Simone, imbarazzati fino alle punte dell'orecchie, corsero subito dal figlio, agitati. Agitatissimi. Tom stava seduto sul letto con le mani sugli occhi, mentre singhiozzava rumorosamente. I suoi genitori entrarono in camera. Simone, vedendo quella scena, si impietosì e corse subito ad abbracciare il figlio. Aveva bisogno di un appoggio e di certo non poteva trovarlo nelle grida di un genitore. Ma ovviamente nulla va mai come deve. Jorg infatti, vedendo quella scena, prese la moglie e l'attirò a se, allontanandola dal figlio.


    - Io .. pensavo di crescere un ragazzo, invece sei solo uno sporco frocetto. - gli ringhiò contro. Quelle parole ferirono il piccolo rasta come mai niente prima. Facevano male, molto male. Suo padre continuò a dirgli qualsiasi cosa passasse nella sua mente, quando Simone gli schiaffeggiò la guancia, con il volto fuoriso.


    - Non ti permettere mia più di dire queste cose a mio figlio! - iniziò ad urlargli contro. Jorg, furioso e fuori di senno, sbattè la donna violentemente a terra, facendole sanguinare il labbro. Tom accorse subito vicino a sua madre. Era una scena straziante, era un scena che un bambino di dodici anni non avrebe mai dovuto vedere, mai dovuto vivere. Simone, arrabbiata, lo scansò. - Vai immediatamente a chiedere scusa a tuo cugino. - gli disse.Da quel giorno Tom aveva iniziato ad avere dei brutti rapporti con i suoi genitori e con i suoi amici. Non riusciva a capire quale fosse il problema. In realtà lo capiva più che bene, a lui piacevano i ragazzi. Quello che non riuscia a comprendere, però, era l'atteggiamenteo degli altri verso di lui. In fondo aveva solamente gusti diversi. Era un ragazzino di dodici anni e come tale non capiva ancora come andava il mondo. Come andava di merda il mondo. A lui piacevano i ragazzi del suo stesso sesso, normale no? No, per Jorg e Simone - e non solo -, no. Infatti, all'età di 18 anni, la situazione cambiò. Tom e i suoi genitori non vivevano più insieme. Tom aveva ben capito come andavano le cose, sia con i genitori che con quelli che una volta erano suoi amici. Sapeva che quella decisione non era dovuta al fatto di diventare indipendente. Il problema: era omosessuale.



    Il rasta aspirò l'ultimo tiro della sua adorata sigaretta, poi la lanciò cadere a terra, ritornando dentro. Sapeva che doveva dare delle scuse a Bill, non doveva comportarsi così, ne pensare quelle cose, ma onestamente lui non sopportava le persone che si intromettevano.Il moro però non aveva chiesto nulla con cattiveria ed arroganza. Era stato gentile, cauto nel parlare e ora Tom si sentiva uno stronzo. Il moretto era stato discreto e lui l'aveva aggredito ferendolo con le parole. Tornò dentro il negozio, dove trovò Maggie che spazzava il pavimento; le sorrise, ma non era quello a cui stava pensando. Si concentrò invece su un moro completamente assente seduto sulla stessa sediolina dove l'aveva lasciato prima, con lo sguardo perso nel vuoto.


    - Senti Bill... - cominciò lui abbassandosi con le ginocchia per arrivare all'altezza degli occhi di Bill. - Io, non volevo. Non era mia intenzione parlarti così, davvero. Ti chiedo scusa. -Il moro tirò sul il naso rumorosamente, strofinandosi l'occhio sinistro. Tom lo guardò meglio, aveva una scia di matita nera lungo la guancia. Aveva pianto. Il suo stomaco si contorse e il rasta si promise di non trattare mai più Bill in quel modo. Ci teneva, cazzo se ci teneva. Non parlava di un ragazzo qualunque ma di lui, di Bill. Si diede del cretino mentalmente e gli accarezzò una guancia. - Scusami, davvero. - concluse infine. Il moro lo guardò negli occhi e per quel nano secondo mille farfalle iniziarno a svolazzare nella sua pancia facendolo arrossire. Tom tolse la mano dal viso candido del ragazzo e si alzò. - Facciamo il tratto di casa insieme mh? - chiese raggiante.


    Bill sorrise asciugandosi l'occhio. - Certo. -








    NoteFinali:
    Awwwwww questo capitolo non è ammmore? :superlove: No vabbè, comunque scusate il ritardo, ma alla fine l'ho postato è questo che conta u.u
    Bacini :love:


    Chapter 6.





    Avevano fatto tutto il tratto di strada insieme. Chiacchieravano, si scambiavano qualche battuta, sorridevano ed erano in perfetta armonia. Tom aveva subito chiesto al moretto di fare la strada di ritorno insieme. L’aveva buttata lì, spontaneamente. Bill aveva accettato di buon grado, annuendo - forse anche troppo entusiasta - convinto. Solo dopo qualche centinaio di metri Bill si ricordò di avere la macchina. E parcheggiata perfettamente per poterla riprendere il mattino dopo. No, decisamente no. La sua auto era parcheggiata in seconda fila e questo voleva dire solo una cosa. Due, per la precisione. Multa, come prima e sequestro del veicolo, come seconda; stava ancora fermo sul marciapiede ragionando sulla questione quando si voltò verso Tom e decisamente la sua auto divenne l’ultimo dei suoi pensieri. Il rasta sorrideva e stava quasi trattenendo una risata della goffaggine di Bill. Stavano insieme, stavano parlando e Bill era dannatamente felice. Era in compagnia del rasta e tutto il resto fu presto dimenticato. Lo guardava e ogni tanto indugiava sul suo viso, di sottecchi. Iniziò a pensare al ragazzo come ad una sorta di angelo caduto dal cielo. Da quando era piombato nella sua vita, non faceva altro che sorridere ogni giorno. Sorrideva e pensava a lui e tutto ciò era confortante per Bill. Lo distraeva da tutti i suoi problemi e soprattutto dal ricordo di sua mamma. Era bello ricordare, si, ma era anche - e soprattutto - doloroso. Tom lo faceva svagare e Bill era davvero, davvero felice. Era una sorta di cura senza limite.Bill sorrise armonioso e si azzardò ad accarezzargli una spalla affettuosamente. Il rasta ebbe un sussulto che il moro non notò. Erano arrivati e nessuno dei due sembrava averci fatto caso. Fu Tom il primo a parlare.


    - Ci vediamo domani allora. - concluse il ragazzo facendogli cenno con la mano sinistra.


    - Certo, buon ritorno e grazie di avermi accompagnato. – Disse sorridendo sincero Bill.


    - E’ stato un piacere, mi piace stare in tua compagnia – le sue gote divennero rosse e Bill lo notò. Arrossì a sua volta e gli diede la buonanotte, ringraziandolo nuovamente.


    Il rasta si incamminò sorridendo verso casa. Passava sempre in vicoli brutti e stretti, erano decisamente più brevi che la via principale e sarebbe tornato a casa prima. Non era solo quello il motivo, però. Tom amava il senso di libertà, amava correre e quelle vie deserte erano perfette per sfogarsi e accelerare il passo. Dopo pochi minuti si ritrovava a correre verso casa, gli piaceva. Se solo quella sera l’avesse fatto. Era frastornato dalla naturale dolcezza di Bill. Gli unici pensieri che invadevano la sua mente erano per il moro e l’idea di tornare a casa ad un orario decente non aveva nemmeno sfiorato. Stava camminando tranquillamente,ricordando quella giornata. Pensandoci bene, l’unica cosa sbagliata era aver fatto piangere Bill. Lui era sempre schietto e coinciso quando si parlava di quel determinato argomento. Feriva spesso le persone, seppur involontariamente. Quando trovava quelle poche - pochissime - anime disposte ad ascoltarlo, capitava che le facesse piangere. Eccome se capitava. Lui non le ascoltava e andava avanti; capiva da solo che era un comportamento sbagliato e erano tante le volte in cui si fermava a pensare che si comportava da vero stronzo, in quelle occasioni.Però c’era stata una volta, una volta in cui aveva ceduto. Erano stati quegli occhi color nocciola tendenti al rosso ancora colmi di lacrime a cambiarlo. A volersi far perdonare. A voler far ritornare il sorriso su quel volto, quel volto davvero bellissimo - Fu un rumore a tagliare il corso dei suoi pensieri. Il rasta percepì una presenza dietro di sè, si fermò cercando si ascoltare qualcosa e si voltò, ma l’unico suono che riuscì a sentire fu il fruscio del vento. Poi il rumore di una bottiglia di vetro che cadeva a terra lo fece rabbrividire. Non si voltò e cercò inizialmente di correre ma subito due mani lo bloccarono. Si voltò pietrificato, non riusciva a muoversi. Aveva paura.


    - Tom...sei tu? - disse una voce dietro di lui. Il rasta si voltò e si ritrovò davanti un ragazzo alto con un capellino in testa. Aveva i capelli corti anche se si poteva ben vedere che erano color rosso fuoco, gli occhi non erano ben definiti ma potè scrutarli meglio quando gli si avvicinò. Il rasta deglutì rumorosamente e annuì.


    - Oh bene.- il tipo sorrideva. Tom non lo notò, era notte inoltrata e il buoi faceva il suo lavoro, oscurando tutto intorno a sé. - Che fai non ti ricordi neanche più dei tuoi amici ora?- disse la voce al suo orecchio. Tom lo guardò bene e un sorriso si aprì improvvisamente sul suo volto, era Sam! Il rosso lo abbracciò stretto e il rasta contraccambiò la presa felice.


    - Oh Sam fanculo, hai idea di che colpo mi hai fatto prendere? – disse Tom, l’agitazione scomparsa dalla sua voce. - Che ci fai da queste parti eh? Non eri in Italia? – continuò poi il biondo confuso.


    - Hai ragione, scusami. In realtà sono appena tornato e volevo farti una sorpresa. -


    Tom voleva dirgli che - cazzo! - poteva sorprenderlo anche di giorno con la luce del sole che li illuminava. Il rasta però tacque e ci mise dieci minuti per realizzare quello che il rosso gli aveva appena detto: era tornato. Il suo amico era tornato per lui, per fargli una sorpresa, non poteva crederci. Sam era uno dei pochi amici maschi che aveva, avevano frequentato le medie insieme, fino a quando lui non partì per l’Italia, trascinato lontano da suo padre e dal suo nuovo lavoro.Il rosso era gay come Tom, forse era per questo che andavano d'accordo. Erano subito andati d’accordo e mai avevano pensato di poter avere qualcosa che andasse oltre la loro amicizia. Erano davvero amici, il loro legame era fortissimo, anche se ultimamente non si erano visti molto. Quello che Sam si ricordava meglio era il fatto che Tom lo osservava sempre. In ogni suo movimento. L’aveva sempre preso come un suo “modello di riferimento”, da quando si scompigliava la sua chioma rossa a quando fumava Marlboro nel cortile della scuola. Si, poteva considerarlo il suo migliore amico. A Tom era davvero mancato.


    - Mi sei mancato, sono davvero contento di rivederti, Sam. Come hai fatto a trovarmi?-


    - So che abiti qui a Berlino e ho un mio amico che lavora all’anagrafe. Ho chiesto il tuo indirizzo ma a casa non c’eri, così ho pensato di riprovare, magari domani. Però poi mentre camminavo per tornare a casa (devi vedere, è messa leggermente male!Dovrò curarla un po’ mentre sono qui a Berlino) ti ho visto e ti ho subito riconosciuto -


    - Hai fatto bene a fermarmi, solo potevi essere decisamente meno sospetto!-


    - Scusami, di nuovo. – disse sinceramente il rosso.


    - Non preoccuparti, sono davvero felice di vederti. – Ed era vero, Tom sentiva di volergli davvero bene.


    - Dove stai andando? – continuò poi il biondino con le mani infilate dentro l'enorme felpa.


    - Adesso che ti ho trovato vorrei passare un po’ di tempo col mio migliore amico, ho sentito che lavori in una boutique. - disse sorridendo.


    Tom sorrise. – Si, è vero, come fai a saperlo? –


    - Diciamo che la portinaia del tuo palazzo non va a letto prima delle 22 e non esita a dare informazioni!-


    - Capisco! –


    - Ah, carino il ragazzo, comunque. -


    Tom si accigliò, di chi parlava? - Ma chi? -


    - Ti ho visto mentre lo salutavi e lui saliva a casa, quello che ha un culo pazzesco. –


    Tom capì subito. Non ci volle molto a ricollegare subito l'aggettivo al moro. Sentì una strana sensazione allo stomaco che risaliva fino alla gola. Era quasi un fastidio e probabilmente sapeva anche il motivo. “Bel culetto” è mio, pensò subito, arrossendo al suo stesso pensiero. Doveva però ammettere che anche lui lo aveva guardato bene quel culetto, eccome se lo aveva fatto.


    - Si chiama Bill e lavora con me. E non chiamarlo bel culetto. - lo contraddì.


    Il rosso gli diede una piccola pacca sulla spalla. - Ok ok tranquillo non te lo tocco il piccolo Bill. Anche se ha un culo veramente... -


    - Finiscila e andiamo a casa! – suo malgrado Tom sorrise.


    Iniziarono a camminare in silenzio. Tom non si spiegò fino in fondo il perché della sua reazione a quell’affermazione. Era stata una cosa istintiva. Certo, teneva a Bill, ma… fino a quel punto? Fino al punto di essere così palesemente geloso? Evidentemente…si. Era geloso si, geloso di Bill. Non andava bene che gli altri facessero commenti del genere, lo urtava e ora, pensandoci, pure tanto. Si stava affezionando al moretto e questi tipi di complimenti proprio non li reggeva.


    Arrivarono sotto il portone di casa del rasta e si accesero tranquillamente una sigaretta sedendosi sui primi gradini. - Mi sei mancato, tanto. - annunciò poi Sam posando la sua testa sulla spalla di Tom.Il rasta sorrise, mettendo da parte la questione Bill. Gli era mancato tanto anche a lui, forse era da quando era andato via lui che aveva iniziato a trascorrere il suo tempo facendo solo sesso. Doveva distrarsi, doveva cercare qualcosa di potente per non cadere in basso, più di quanto già non fosse. Sam era l'unico amico che aveva ed era stato terribile il giorno della sua partenza. Solo dopo qualche tempo conobbe Jane. Non era nata una grande amicizia all'inizio, però con il passar del tempo il rasta aveva cominciato a vedere in lei qualcosa di buono, qualcosa di dolce. Sbuffò pensieroso e si soffermò a guardare il cielo stellato.


    - Che fai domani? - chiese il rosso annoiato.


    - Lavoro. - rispose atono Tom.


    - Ah, posso venire a trovarti? - disse speranzoso.


    - Vuoi venirmi a vedere, o vuoi venire a vedere il mio amico? -


    Sam iniziò a ridere e si alzò. - Non fare il cretino, dai. - gli afferrò un polso e lo tirò su definitivamente. Sam chiese il permesso di restare da lui, per la notte. Non aveva voglia di tornare a casa e voleva passare del tempo con lui, come da tanto non succedeva. Fecero a gara per chi raggiungeva per primo le scale, si spingevano l'uno con l'altro come facevano da bambini. Sembrava di tornare come ai vecchi tempi. Ridevano insieme ed erano felici. Ad entrambi mancavano quelle cose e per una sera decisero di non pensare al passato, ma di divertirsi come facevano un tempo.Tom fece vedere la stanza al rosso e una volta raggiunta la sua, di camera, sprofondò sotto le coperte e il sonno lo prevalse subito. Era stata una giornata lunga, ma piacevole.




    ¤







    Mercoledì mattino, una debole luce del sole oltrepassò la tendina che si trovava in camera di Bill, illuminandogli il viso. Aprì gli occhi e li sbattè due volte, per poi alzarsi piano. Erano le sette e mezzo, era abbastanza presto e quindi quel giorno poteva rilassarsi e prepararsi tranquillamente. La sera prima si era addormentato appena Tom lo aveva riaccompagnato a casa, si era poggiato lentamente sul letto e poi, come in balia di un sonnifero, era sprofondato tra le braccia di Morfeo.Si stiracchiò piano e prese a togliersi i residui di trucco che gli erano rimasti dalla sera prima. Afferrò una maglia, un paio di jeans e a piedi scalsi scese a prepararsi la colazione. Amava fare colazione, era l'unico dei pasti che amava fare sempre. Capitava che a volte, per la fretta o per gli impegni, si dimenticava di pranzare, di cenare di fare lo spuntino a metà pomeriggio, ma la colazione non la dimenticava mai. Forse perchè quando era più piccolo la mamma gli faceva sempre trovare una bellissima tavolata piena di squisitezze. Adorava specialmente fare colazione con il latte e qualche biscotto, se ricordava di comprarlo. Amava specialmente quando gli rimaneva la schiuma sul labbro superiore e sua mamma che diceva sempre che assomigliava ad un gattino. Sospirò e prese un paio di scarpe da ginnastica. Le infilò e afferrò il suo cappotto mentre prendeva le chiavi, uscendo poi da casa. Fuori il tempo era perfetto. Non pioveva, non stava nevicando, non tirava vento ed era anche il suo ultimo giorno di lavoro. Il giorno seguente sarebbe stata la vigilia di Natale e con Georg sarebbero andati a divertirsi. Era una giornata davvero bellissima. Camminando verso il negozio, vide la sua macchina ancora parcheggiata in seconda fila e sorrise. Non c'era traccia di multa sul vetro. Ne tanto meno di sequestro, a quanto pare. Soddisfatto prese le chiavi dell'Audi e si diresse verso il negozio.


    - Buongiorno Maggie! - esclamò felice alla vecchia sessantenne.


    - Hey Bill, buongiorno a te. Oggi siamo felici? -


    - Ma io sono sempre felice. - disse contraddittorio, con un pizzico di divertimento nella voce.


    - Non riguarda per caso il signorino Tom? - continuò lei sorridendo.


    Il moro arrossì fino alla punta delle orecchie e scosse la testa abbassando lo sguardo. - Ma che dici ... ti pare ? -


    Proprio in quell'esatto istante fece ingresso il rasta. Aveva indosso un felpone enorme rosso, dei pantaloni neri e un cappellino anch'esso nero. Tom sorrise armonioso a Bill e il lui accennò un mini sorriso impacciato. Maggie li osservava divertita, pensava che fossero davvero carini, insieme. Chissà, sarebbe potuto nascere qualcosa - pensava. Lanciò uno sguardo al moretto che scosse la testa sorridendo. Adorava quella donna, ma a volte non si regolava proprio su certi argomenti! Anche se... diamine se aveva ragione!


    - Ci aspetta una lunga giornata mio caro. - annunciò Tom iniziando a prendere due scatoloni.


    - Dai, almeno oggi è l'ultimo giorno prima delle vacanze di Nata.. - si bloccò ricordando quello che il rasta aveva detto. - Scusa. - continuò.


    Il biondo sorrise e scosse la testa. - Tranquillo, va tutto bene. -


    Bill però non voleva che il rasta dovesse passare un Natale tutto da solo e fu in quel momento che gli venne in mente una cosa. - Senti io e il mio amico forse andiamo a bere qualcosa domani sera... - il rasta alzò il viso verso di lui. - Che ne pensi, magari ti unisci a noi.. no? - Tom sembrò non rispondere. - E poi domani non è Natale, insomma è la vigila, dai ti prego. Mi dispiace che tu debba rimanere a casa da solo ... -


    - Non lo so. - disse mogio. - E poi è venuto a trovarmi il mio amico Sam e non vorrei lasciarlo solo. -


    Il moro si illuminò. - Perfetto, porti anche lui! Dai, vi passiamo a prendere domani sera! - esclamò emozionato Bill battendo ferneticamente le mani. Tom sorrise e continuò con il suo lavoro. Doveva ammetterlo, era veramente una persona straordinaria.


    La giornata volò via velocemente. I due non fecero altro che parlare, parlavano di tutto, ridevano e scherzavano insieme. Stava nascendo una profonda amicizia. Il rasta era contentissimo, anche se non mancavano mai quei momenti di imbarazzo in cui Bill gli si avvicinava. Ogni singola volta arrossiva fino alle punte delle orecchie. Conclusa la giornata lavorativa, si salutarono e Bill gli ricordò di farsi trovare "bello vestito e profumato" per la sera seguente. Il rasta aveva semplicemente risposo con un sorriso, mentre nel suo stomaco milioni di farfalle svolazzavano felici nei bei campi primaverili con gli usignoli che cantano e...Quel ragazzo gli faceva davvero uno strano, ma veramente piacevole effetto.


    Quella sera Bill aveva chiamato Georg e gli aveva esplicitamente detto - ordinato - di non fargli fare figuracce davanti ai due amici che avrebbe conosciuto. Prese i suoi pantaloni bianchi attillatissimi e ci abbinò una maglia nera con un giacchino bianco ornato di strass. Si era truccato poco, voleva lasciare il viso pulito. Pettinò i suoi capelli accuratamente,ma meno del solito. Voleva lasciarli più mossi rispetto al solito. Afferrò le chiavi e scese in strada, salendo in auto. Accese il motore della sua Audi e partì. Passò a prendere Georg, che si fece trovare in abiti splendidi e che risaltavano il suo fisico, pronto per far conquiste - così gli aveva detto per telefono.


    - Cazzo amico, quasi quasi divento gay ! - disse fissando l'altro e il modo in cui si era vestito.


    - Cretino! Invece di guardare me, vedi di conquistare qualche bella donzella invece di ubriacarti! -


    - Non sei spiritoso. Comunque... ok lo farò. - pigolò piano quello.


    L'Audi si fermò davanti al posto prefissato dai ragazzi il giorno precedente. Cercava Tom e Sam e sperava li aspettassero già pronti. E così fu, vi trovò due ragazzi vestiti di tutto punto. Erano davvero carini. Specialmente uno dei due...Specialmente il rasta. Era bello come il sole quella sera, portava una giacchetta più stretta rispetto al solito e paio di jeans chiari e larghi. Aveca una maglia bianca che faceva risaltare la perfezione dei suoi pettorali. Era favoloso.Appena entrarono in macchina una scia di profumo oltrepassò le sue narici.


    - Ciao ragazzi. - disse Bill sorridendo ad entrambi. Tom rispose con un sorriso, Sam era rimasto pietrificato. Guardava - ammirava - il moro dallo specchietto retrovisore. Dio, che figa pazzesca, pensò il ragazzo, ben consapevole che fosse un maschio.


    - Lui è il mio amico Sam. - disse poi il rasta.


    Georg e Bill sorrisero voltandosi. - Piacere nostro. Stasera ci divertiamo. -


    Sam guardò Tom e sorrise. Il rasta aveva capito e decisamente avrebbe preferito non farlo. Quel sorriso non prometteva niente di buono. Oh no.







    Note Finali:
    Eccomi gente non sono morta tranquilli! ;)
    Queeeesto capitolo sarà l'inizio di un .. grande amore! Nel senso che ... vabbè poi lo leggerete :rolleyes: Ci vediamo al prossimo capitolo, spero di postarlo presto! Un bacione , ringrazio sempre la mia beta! Tschuss :wub:


    Chapter 7.






    Dopo dieci minuti di auto arrivarono al locale. Era carino, fuori c'era molta gente e la maggior parte erano donne. Tuttavia non era difficile vedere anche un bel gruppetto di uomini collocati all'estrema destra, intenti a fumarsi una sigaretta o a pagare l'entrata. Durante il tragitto Georg aveva iniziato a parlare con il rasta, che invece più timido ed introverso sembrava solo accennare qualche parola e annuire ogni tanto. Sam era ancora immobile, impietrito e ogni tanto sorrideva al biondo sfregandosi le mani per il freddo.


    - Eccoci, siamo arrivati. - annunciò fiero il moretto sistemandosi la giacca. Aveva recuperato le chiavi dell’auto e le stava accuratamente posando all’interno della sua borsa, dando modo agli altri di osservare le sue mani perfette. Il rosso da dietro lo ammirava estasiato.


    Tom gli diede una gomitata infastidito. - Ehi finiscila, te lo stai scopando con gli occhi. - bisbigliò.


    Sam roteò gli occhi sbuffando. - Tomi Tomi Tomi. Qualcuno qui è un po' geloso? -


    - No, non sono affatto geloso. E non chiamarmi Tomi, odio con tutto me stesso questo nomignolo. -


    Il rosso rise di gusto, Tom era rimasto lo stesso permaloso di sempre. Ma era per questo - e non solo ovviamente - che alla fine gli voleva bene, un gran bene. Raggiunsero il moretto che intanto pagava l'entrata e Sam gli sfoderò un enorme sorriso che Bill ricambiò senza mezzi termini. Il rosso non sapeva, però, che il moretto intanto con gli occhi cercava Tom, che sembrava essersi mimetizzato in mezzo alla folla. Entrarono dirigendosi subito verso il loro tavolo già prenotato. Si sederono e immediatamente Georg iniziò ad ordinare. - Allora Vodka per tutti? -


    - Hey già inizi? - Rise cristallino il moretto. - Comunque per me va bene,voi? -


    - Si si perfetto. - risposero all'unisono Sam e Tom.


    Appena Georg se ne andò verso il bancone il rosso prese il suo posto vicino al moro, che ricambiò lo sguardo incuriosito. Si voltò verso il biondo e gli sorrise, era felice che anche lui fosse lì, quella sera. Era bello stare in compagnia, in sua compagnia. Sam cominciò a parlare e a gesticolare da perfetto italiano che non era e la cosa durò a lungo. Il rosso continuava a parlare di qualsiasi cosa con Bill, la cui attenzione era invece totalmente estranea ai discorsi di Sam. Bill osservava Tom, Bill si era perso nel guardare i lineamenti di Tom, Bill era perso di Tom. No, un momento. Il moretto si accorse dei suoi pensieri e dovette frenarli, arrossendo. Le parole di Sam scivolavano via dalla sua bocca senza che Bill capisse nulla, troppo occupato a fare ben altro. E che altro...

    Georg tornò al tavolo con le bibite e le distribuì ai ragazzi. Tom ne prese due e bevve entrambe in un solo sorso. Era agitato, era dannatamente agitato per quella splendida serata, per tutta quella fantastica atmosfera che si era creata.Solo per quello, Tom? Fottuta coscienza.Sam lo guardò scandalizzato una volta essersi reso conto che Tom si era scolato anche il suo drink. Il rasta aveva risposto semplicemente alzando un pochino le spalle e dicendogli che sarebbe andato a prendergli un altro bicchiere di vodka. Si alzò, deciso ad andare verso il bancone quasi pieno del bar.

    - Aspettami, vengo con te. - aveva aggiunto Bill afferrandogli il polso. Il rasta percepì piccole scosse elettriche del tutto piacevoli, lungo tutto il suo corpo. Si incamminarono insieme.


    C'era molta fila al piano bar, erano tutti in coda per farsi riempire il bicchiere con qualsiasi forma di alcolico potesse esistere. Il moro lo guardava estasiato, quella sera era veramente bellissimo. Non solo si era vestito estremamente elegante ma aveva anche un profumo fantastico, e ad ogni sua mossa questo odore lo invadeva completamente, fondendogli anche i pochi neuroni rimasti sani.


    - Allora? Ci sei mai venuto qui? - chiese poi il moro per spezzare quel silenzio imbarazzante, alquanto imbarazzante.


    - Ehm in realtà no. Però mi piace molto. - rispose raggiante. Dio, aveva un sorriso mozzafiato, gli ormoni del moro erano completamente andati.Chissà dove poi, alla Vigilia di Natale.Si picchiò mentalmente per i suoi stessi pensieri idioti, davvero molto, molto idioti.


    Ordinarono i loro drink e Tom si dimenticò presto di Sam. Era già il terzo che si scolava e il suo viso aveva assunto un colorito rosso fuoco a dir poco adorabile. Bill lo guardava divertito. - Un mojito grazie! - chiese lui al barman. Il rasta - ormai andato - iniziò a ballare come un pazzo di fronte al moro che si stava piegando in due dal ridere. - Su dai vieniii, la notte è giovaaane! - urlava.

    Due, tre, quattro, cinque, sei bicchieri di vodka, tanto che il barista stesso stentava a porgergliene altri. Entrambi erano ormai incoscienti e iniziarono a muoversi freneticamente sulla pista da ballo. La pista era davvero grande. C’erano tantissime persone che si strusciavano e impazzivano ballando, in quell’orgia umana. Tutto ciò era positivo, nè Gerog nè Sam potevano riconoscerli in mezzo a tutta quella gente. La musica era alta e l'acool stava facendo effetto.

    Bill stava iniziando a lanciare urletti di pura felicità, si divertiva e sembrava quasi impazzito; Tom imitava una scimmia in calore e il moretto, non essendo un ballerino provetta e ringraziando l’alcool per avere tali effetti su di lui, gli si strusciava addosso con il sedere, facendolo ridere.


    -Uhm... oddio Bill... - sussurrò il rasta sentendo un piacevole fastidio nel basso ventre. Il moretto non gli dava ascolto, avvicinandosi di volta in volta a Tom. Erano ubriachi e Bill non si fermava più. Era completamente sudato e i capelli gli si erano appiccicati al viso, facendolo sembrare ancora più sexy agli occhi di Tom.


    - Che ti prende? - chiese assumendo una faccia molto confusa.


    - Niente... forse ho bevuto troppo. Torniamo al tavolo? - lo supplicò Tom. Se sarebbero rimasti sulla pista da ballo, di certo non si sarebbe contenuto. La sua erezione stava scoppiando nei suoi pantaloni, doveva fare assolutamente qualcosa e Bill non lo aiutava. Anzi, peggiorava le cose. Cazzo se le peggiorava, in quello stato.


    Tornarono al tavolo un po' barcollanti ma salvi. C'era solo Georg che si limonava una biondina. Il moretto rise e si mise vicino al rasta prendendo un sorso d'acqua. Iniziò a scrutare Tom, si era un attimo appoggiato sul bracciolo del divano e Bill lo trovava terribilmente carino. La sua testa iniziava a fargli male, forse già erano iniziati i dolori e i sintomi post sbornia. Senza forse, pensò poi, facendo una smorfia sul viso. Indietreggiò un po' con la testa per poi sfiorare il petto del rasta. Lo fece d'istinto, non voleva farlo di proposito. Era stanco e Tom era così comodo. Si accovacciò per bene sul suo petto e iniziò a inspirare quel dolce profumo che portava. Dopo qualche secondo sentì le mani del biondo sfiorargli il fianco; si imbarazzò ma non si mosse di un centimetro. Socchiuse piano gli occhi e si lasciò prendere dal sonno, che lo aveva del tutto travolto. Quel momento era perfetto e nessuno doveva interromperlo.
    Era ubriaco si, ma una cosa la capiva.Era un momento davvero, davvero magico.



    ¤




    - Porca puttana! - reazione più che normale di primo mattino, dopo una serata piena di alcool. - Sono in ritardo Sam, perchè non mi hai svegliato? - disse ad alta voce il rasta, senza però ricevere alcuna risposta. Iniziò ad uralare dire il nome del rosso per tutta la casa, ma nulla. Riordinò di corsa il letto e la camera e si lavò il viso. Prese un paio di pantaloni e scese al piano di sotto dove trovò un foglietto piegato, lo aprì e ne lesse il contenuto.


    "Sono andato a farti la spesa, non ti ho svegliato perché non devi lavorare, se non te lo fossi ricordato. Ah Buon Natale amico. Sam."




    Tom si portò una mano sul cuore e sospirò. Già, era Natale. Sbuffò dirigendosi nuovamente verso il bagno per finire di sistemarsi, non si ricordava niente della sera prima. Improvvisamente si ricordò della serata trascorsa con i suoi amici e in compagnia di Bill e fu solo un piccolo particolare che gli tornò in mente: il moretto si era addormentato sul suo petto.


    Sorrise sghembo e con la velocità di un bradipo si sdraiò nuovamente sul letto. Mille pensieri vagavano per la sua mente riguardo la sera prima. Poi si ricordò il fatto che fosse Natale e si ricordò di Bill. Non ci volle molto a ricollegare le due cose. Effettivamente per un Tom in quello stato era estremamente difficile collegare due pensieri differenti, ma di Bill si ricordava sempre. Si tastò le tasche alla ricerca del suo Blackberry. - Oh cazzo! – imprecò, constatando che non ci fosse nulla. - Il cellulare, mi hanno fottuto il cellulare! -


    Fece mente locale e cercò disperatamente di ricordarsi dove aveva appoggiato l'ultima volta quel cavolo di aggeggio. Ce lo aveva avuto in tasca tutta la sera, se non ricordava male. Gli venne in mente poi che lo aveva dato un attimo a Bill. Si spiaccicò una mano sulla fronte, e ora? Doveva andare da lui? Il giorno di Natale? Farsi vedere in questa condizione? No no, glielo avrebbe regalato volentieri.


    Si alzò e iniziò a camminare su e giù per il salotto, quando poi bussarono alla porta.Forse era Sam,si disse. L'aprì senza guardare e la visione che si ritrovò di fronte fu la più piacevole che potesse trovare: Bill.


    - Buongiorno e Buon Natale Tom. - disse raggiante il moretto. Il rasta rimase 10 minuti a fissarlo: aveva una maglia rossa e un pantalone bianco con delle decorazioni carinissime. Portava i capelli sciolti e si era messo il berretto di Babbo Natale. Fuori stava nevicando e Bill aveva le labbra viola a causa del freddo. Gli fece una tenerezza assurda.


    - Ah, questo deve esser tuo. - gli disse mostrandogli un Blackberry grigio. Tom non rispose, era rimasto incantato, pietrificato, immobile, statico, merav-...
    Ah, già il telefono. Neanche l'aveva guardato.


    - Buongiorno anche a te Bill. Grazie mille per il telefonino...vieni, entra! Ti stai congelando qui fuori! - disse vedendolo tremare leggermente.

    Il moretto accettò quell'invito sorridendo ed entrò iniziando a scrutare l'enorme casa. Era bella, molto bella; alla sua destra un enorme salotto era adornato con diversi mobili di legno e subito affianco una scalinata con un tappeto tutto rosso si innalzava verso il piano superiore. Incantevole.


    - Che bella casa che hai -


    - Grazie, vuoi qualcosa? - disse il rasta velocemente, troppo, troppo imbarazzato.


    - No grazie, sono apposto. – sorrise Bill.


    Iniziarono a parlare tranquillamente, evitando però quanto fosse successo la scorsa serata. Non sapeva perchè il moro volesse non parlarne, forse non si ricordava niente , oppure era meglio non ricordare. Si fecero gli auguri e il rasta mostrò parte dell’intera casa al moretto.Improvvisamente a Tom venne in mente che pochi giorni prima aveva preso una piccola cosa da regalare a Bill, non era gran che ma gli piaceva.

    - Oh, quasi mi dimenticavo! Torno subito! - disse poi salendo le scale a due a due.

    Passarono neanche cinque secondi che il rasta scese in salotto con un piccolo pacchetto tra le mani. - Tieni, questo è per te. -


    Bill si portò le mani alla bocca. - Cosa? Per me? Davvero? - il rasta annuì fiero. Il moro indugiò per un solo secondo e si ritrovò ad aprire il pacchetto tutto eccitato. Aprì il piccolo contenitore e ne estrasse una spilla. Era tutta d'oro scintillante e sul retro c'era incisa una piccola frase:


    "Al mio amico Bill. Buon Natale. "




    Il moretto rimase senza fiato, esterefatto. Le parole non gli uscivano, solo piccole lacrime riuscirono a descrivere quello che stava provando. Il rasta si intenerì a quella scena, aveva fatto bene a dar retta a Sam e prenderla.

    - Tom cazzo, non dovevi! - disse poi abbracciandolo più stretto che potè. Il quell'istante il loro cuori erano in perfetta sincronia, pulsavano insieme, velocissimi.

    - E' stato un piacere, davvero. – aggiunse Tom, sciogliendosi dall'abbraccio, sorridendo.


    Bill però, in quel momento si sentì stupido. Lui non gli aveva fatto niente poiché veramente non si aspettava quella sorpresa. Tom era stato dolcissimo, si era ricordato di lui, perfino a Natale. Sospirò, continuando a rigirarsi la spilla tra le mani. I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce del rasta.

    - Qualcosa non va? -

    Bill seppe cosa fare. Non era mai stato bravo con le parole, ma non poteva lasciare Tom senza niente, senza un ricordo, senza un simbolo che ricordasse quel Natale meraviglioso.

    - No, niente, è tutto ok. E' stupenda Tom, grazie. Anch'io ho un regalo per te. – disse con decisione, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra. Il rasta non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo che sentì la lingua di Bill esplorargli il palato. Sentì le sue labbra, la sua bocca che si apriva sulla sua e la sua lingua entrare quasi violentemente. Per un attimo si sentì come terrorizzato e non seppe cosa fare. Fu una sensazione che svanì subito, quando vide che Bill gli stava facendo capire che non si voleva fermare li. E Tom capì. Sorrise nel bacio inaspettato e gli cinse i fianchi con le mani, facendolo aderire completamente al suo petto, come la scorsa sera.

    Anche quel momento era magico, dannatamente magico. Continuarono a baciarsi e a Tom non restò altro da fare che credere, per la prima volta nella sua vita, nella magia.



    Note Finali:
    Uhhhh *.* Finalmentee é.è amatemi. :rox:
    Ok a voi il giudizio. :wub:

    Chapter 8.



    I due erano stati una decina di minuti incollati senza mai staccarsi. Sembrava che se le loro bocche si conoscessero da una vita e che i loro corpi fossero stati progettati per stare uniti. Tom era molto confuso, non se l'aspettava, quel bacio era piombato all’improvviso su di lui e non aveva avuto tempo di ragionare. Non che volesse farlo, in quel momento. Si, lui provava un sentimento molto forte verso Bill ma ora non sapeva come comportarsi.
    Sarebbe diventato il suo ragazzo?
    Lo doveva chiamare amore?
    Lui, quelle cose, proprio non le sapeva fare. Non era mai stato con un ragazzo per più di una notte. E ora ?
    Tom si staccò abbassando lo sguardo, iniziando a guardarsi le punte delle scarpe. Cadde un silenzio imbarazzante, troppo imbarazzante. – Ehm io non so che dire... – disse poi il ragazzo diventando tutto rosso. Bill lo guardava sorridente, alzandogli poi il mento con l’indice.


    -Io...scusami, non dovevo. – disse portandosi una mano alla bocca prima di alzarsi. – Ora devo andare, ciao Tom. – concluse uscendo dall’enorme portone.


    Il rasta si fermò un attimo riflettere, sdraiandosi. Per il nervosismo, iniziò a battere i piedi a terra come un bimbo a cui è stato tolto il proprio giocattolo. Fanculo, non sapeva come fare e come comportarsi. Si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro per tutto il salone. Il campanello suonò e Tom sorrise nel vedere il suo amico con tremila buste in mano e il naso completamente congelato.


    - Hai fatto la spesa per un esercito? -


    Il rosso lo guardò malissimo. - Ma ti sei visto quanto sei magro? Questo è perché non ti va di fare la spesa e quindi non mangi. - disse poggiando le buste in cucina. - E poi io avevo fame e il tuo frigo sembrava a dieta. Non c’era nulla! -


    Il rasta sorrise poggiandosi alla colonna. Era vero, non mangiava mai e quelle poche volte che mangiava si accontentava delle poche cose che aveva in frigo. Il suo cuore si strinse alla vista di Sam che si preoccupava per lui. Non poté non pensare al fatto che fosse Natale e che Sam era lì e non con la sua famiglia. Sapeva che Tom odiava il Natale ma nonostante tutto lui era lì, per tenergli compagnia, per non farlo sentire solo in uno dei più bei giorni dell’anno. Mentre i suoi pensieri affollavano la sua mente, Tom continuava a girarsi i pollici senza mai smettere di pensare a ciò che era successo venti minuti prima.


    – Sam, Bill mi ha baciato. – disse poi spezzando quel silenzio irritante. L’amico lo guardò con gli occhi a cuoricino. E poi successe tutto in un istante. Sam si voltò, posò la bottiglia dell’acqua e si fiondò letteralmente sul ragazzo, ignaro di tutto.


    – Cooosa? Davvero? Oddio Tomi! – urlò eccitato il rosso battendo le mani e abbracciandolo stretto.


    - Si ma ora… che faccio?– barcollò all’indietro Tom, aggrappandosi per pura fortuna al mobile di fianco al divano.


    - In che senso scusa? Mi sembra ovvio, no? –


    - No, Sam. Non è ovvio, io non so che fare, come comportarmi. Ci siamo baciati e un attimo dopo lui è sparito. Ora? Devo cercarlo? Telefonarlo? Mandargli un fax? –


    Sam scoppiò a ridere di gusto e appoggiò una mano sulla spalla del rasta. – Vedo che il tuo senso dell’umorismo non è cambiato. –


    Era vero, Tom riusciva a tirare fuori frasi idiote in qualsiasi situazione. Era buffo, era Tom. Il rosso poi continuò - Ma come? Il mitico Tom non sa come comportarsi con un ragazzo? – era leggermente allibito ma allo stesso tempo se la rideva .
    - Dimmi che stai scherzando amico, sei sempre stato una bomba con tutti quelli che ti capitavano. – concluse.


    Il biondo sbuffò portandosi una mano sulla fronte. – Vedi… lui non è come tutti gli altri. –


    Sam sorrise, dandosi dello stupido per non averlo capito subito.
    Tom non aveva mai detto cose del genere. Potevano risultare frasi normali, ma non per lui, che si era scopato circa i tre quarti dei ragazzi sotto i 30 anni di Berlino. Sam pensò che era cambiato. Che era bastato un ragazzo con uno splendido sorriso e con il cuore d’oro e per giunta cotto di Tom, (ne era sicuro) a farlo cambiare. Si era innamorato, facile.


    - Ahhh ora mi torna tutto! E’ tutto cosi talmente chiaro, amico!–


    Tom rifletté e spalancò li occhi. - Non dire quella parola. Potrei ucciderti e... poi non sarebbe vero. – disse allarmato il rasta, capendo.


    - Ah no? A me sembra tanto che tu ti sia… - alzò gli occhi per vedere lo sguardo allarmato di Tom. - innamorando.-



    ***






    Stava nevicando, atmosfera perfetta. Bill era accanto alla finestra intento ad ammirare quel bellissimo spettacolo quando Georg gli si avvicinò, posandogli una mano su una spalla. – Dai, è Natale. Non voglio vederti così. – disse in tono supplichevole. Odiava vedere l’amico con quegli sguardi tristi e pensierosi. – Mia madre ti ha cucinato il tuo piatto preferito. – continuò per poi vedere un piccolo sorriso comparirgli sule labbra.


    - Grazie amico, ti devo tutto. – rispose abbracciandolo stretto.


    - Guarda. – continuò estraendo la piccola spilla d’oro. – Questa me l’ha fatta Tom. – Georg, sorpreso, la prese in mano e iniziò a scrutarla. Era veramente bella, un bellissimo pensiero.


    - Georg … è stato dolcissimo con me. Davvero molto, ho paura di essermi innamorato però... –


    - Bill… non è una brutta cosa, se anche fosse. – disse alzando un po’ gli occhi. – Andiamo, ci penseremo poi a pancia piena. – concluse sorridendo.
    Non era sicuro del perché Bill fosse preoccupato per essersi innamorato. Era una bella cosa innamorarsi e di certo non era motivo di occhi tristi e desolati. Cercò di non pensarci molto, dopotutto era Natale e voleva far sorridere Bill.


    Il pranzo durò molto, c’erano molte cose buonissime e il moro non seppe da dove iniziare. I genitori di Georg erano come una sorta di padrini per il moro. Non solo lo trattavano come se fosse loro figlio ma, il più delle volte, lo ospitavano a casa per la notte, sapendo che viveva in quel piccolo appartamento tutto solo. Il padre di Georg, Karl, era un uomo gentilissimo che lavorava in banca e sua madre, Stephanie, una dolcissima donna che faceva la venditrice di immobili. Erano una bella famiglia e Bill si sentiva sempre di troppo. Sbuffò senza vedere e mandò giù un altro boccone di carne.


    Dopo che anche Bill, di sua sorpresa, ricevette un regalo da parte della mamma di Georg, salutò quella bellissima famiglia. Era Natale, un giorno che si passa in famiglia e lui si sentiva – per quanto amato – un estraneo.

    – Grazie del pranzo, era tutto speciale, ora però devo scappare. Ci vediamo e grazie ancora – concluse salutando l’amico e salendo in macchina. Accese il motore, si sentiva estremamente solo e in quel giorno, proprio in quel giorno,non doveva esserlo.
    Parcheggiò l’auto di fronte al laghetto dove era solito andare. Uscì e si sedette sopra un muretto dondolandosi con le lunghe gambe magre. Iniziò a canticchiare una canzoncina che lui stesso adorava. Era di un rapper americano e ogni volta che la trasmettevano in radio la canticchiava insieme a sua madre.
    “Baby you could have whatever you like…” cominciò a canticchiare muovendo la testa avanti e indietro. Non era il suo genere, ma questa canzone gli faceva venire in mente sua madre, quando sorridendo cominciava a cantarla per tutta la casa, dicendo che si sarebbe sposata Snoop Dogg.

    Estrasse un pacchetto di Camel dalla tasca del giubbotto e iniziò a godersi una sana sigaretta in santa pace. Era una vita che non lo faceva, tornava tardi dal lavoro e questo non gli permetteva di stare un po’ tranquillo da solo.


    Era lì seduto e mille pensieri lo attraversavano. In particolare uno, però, catturava la sua intera attenzione. Era un pensiero coinciso e ben nitido nella sua mente.
    Aveva baciato Tom.
    Lo aveva fatto perché gli sembrava un modo carino per ringraziarlo della spilla.

    Ok, forse non solo per quello. Ma per il momento preferiva pensare che fosse stato solo un ringraziamento. Più per vergogna, che per verità.
    Si diede dello stupido mentalmente – che razza di ringraziamento era quello. Pensandoci, però… il rasta non si era rifiutato. Anzi, aveva anche contraccambiato al bacio. Sbuffò nuovamente e si alzò. Appena si voltò, il suo cuore iniziò a battere velocemente, le gambe tremavano e il cervello non rispondeva più ai comandi.


    ***






    - Sam, allora, che facciamo? – disse il rasta buttandosi sul divano.


    - Io devo fare le valigie! –


    Il rasta strabuzzò gli occhi. – Ora? –


    - Già, mi ha chiamato mio padre poco fa e mi ha detto che mamma si è sentita poco bene e devo andare da lei. Mi ha prenotato un aereo privato per poter arrivare prima e mi ha detto di fare il prima possibile. Scusami, sarei rimasto volentieri. -


    - Oh…- disse un po’ dispiaciuto. – Quando hai l’aereo? –


    - Tra mezz’ora circa. –


    - Cazzo, allora muoviti demente che ci fai ancora così! – lo spintonò verso le scale.


    Appena Sam fu pronto, lo accompagnò a piedi verso l’aeroporto, data la minima distanza che lo separava da casa sua. Durante il tragitto parlarono poco, promettendosi però di rivedersi presto. Tom salutò l’amico con un abbraccio dicendogli di passare a Berlino più spesso.Tornando indietro, sorrise fermandosi in una panchina vuota, iniziando poi a mangiare uno snack, di quelli che si comprano alle macchinette automatiche. Si alzò il cappuccio e con le cuffie nelle orecchie tornò a camminare, decidendo di passeggiare. Non gli andava di tornare a casa, si sarebbe addormentato sicuramente, non avendo nulla da fare. Camminò fino al parco di Berlino, il più grande, dove solitamente ci si sentiva al centro del mondo. Berlino era così, il massimo della vita notturna, la vita frenetica quotidiana e la bellissima sensazione di libertà dei parchi. Andavi lì e svuotavi la mente, sentendo il freddo secco e per niente fastidioso che caratterizza la Germania.


    Si fermò vicino ad un laghetto. Alzò un po’ le spalle e decise di avvicinarsi, cominciando a tirare piccoli sassolini che si infrangevano sulla superficie dell’acqua per poche volte, per poi sprofondare nel blu del lago, stranamente non ghiacciato. Un gioco stupido, si, ma che lo divertiva fin da quando era più piccolo.


    Camminò per il perimetro del lago e dopo essersi beccato due ramoscelli nell’occhio e uno nelle parti basse, vide quella bellissima distesa. Da quel punto poteva vedere completamente il piccolo lago. Era magnifico. C’era solamente una piccola parte ghiacciata, proprio dove aveva deciso di sedersi. Sbuffò e decise che sarebbe rimasta a guardarla lo stesso. Scese giù sulla discesa di erba e sassi e rimase immobile. C’era un ragazzo, era alto, moro e …cazzo, ma quello era Bill!

    Il moretto lo guardò fermo, era statico e sembrava una statua. Poi, abbassando lo sguardo, vide un piccolo sorriso comparirgli sul viso. – Ciao…che fai qui?- domandò il biondo, vedendolo solo.


    Bill alzò le spalle. – Niente, mi godo il paesaggio…tu? –


    - Effettivamente niente, ho accompagnato Sam all’aeroporto perché è dovuto partire e, ritornando a casa, ho deciso di passare qui. – concluse, dandosi dello stupido per aver parlato tutto d’un fiato. – Posso farti compagnia se vuoi. –


    A Bill si illuminarono gli occhi e, sorridendo, accettò di buon grado. Il rasta lo raggiunse e nuovamente si sedette su quel prato anch’esso congelato. – Non eri a casa di Georg? –


    - Si, ma sono andato via. Mi sentivo di troppo, vedere quella bella famiglia mi faceva ricordare quella che io non ho mai avuto… - disse abbassando la testa.


    Al rasta si strinse forte il cuore e istintivamente portò un braccio attorno alla spalla di Bill, facendolo avvicinare. - Hey… - gli carezzò dolcemente i capelli. – Neanche io ho una famiglia con cui passare il Natale. Ma come vedi, in questo momento sono felice lo stesso. – disse quelle parole con tutta la dolcezza che aveva in corpo. Bill lo guardò con gli occhi rossastri ma felicissimi. Si accovacciò stretto a lui, come ora era solito fare.


    Che bel Natale.


    NoteFinali:
    Eccomi, scusate l'attesa...ne sarà valsa la pena? Un bacione! :love:

    Chapter 9.



    Erano passati due mesi da Natale. Le vacanze erano finite da un po’, il freddo si faceva più fitto e le piogge erano diventate quotidiane. Già, non c’era mai una volta in cui non pioveva. Dopotutto Berlino era così, fredda e piovosa. Ma era anche tutto quello che donava il fascino alla città.
    L’aspetto negativo era lo smog, come in ogni capitale europea. Berlino però ne risentiva di più, in quanto la neve non era bianca. Cadeva e si infrangeva al suolo, rimanendo sempre e costantemente di un colore scuro. Di un bianco sporco. La città era adornata da vie grigie e spente e l’atmosfera invernale rendeva sempre tutto più scuro e misterioso.Ognuno era quindi costretto a viaggiare in auto o in bus. Le belle giornate erano rare e di certo non a gennaio.

    L’atmosfera, in quel gennaio, era però cupa. La crisi internazionale era arrivata ovunque e tutti avevano risentito la sua potenza. Chi più, chi meno. Le vacanze natalizie erano state l’ultimo periodo di vendita, come ogni anno. Solitamente le vendite diminuivano e a febbraio tornava tutto come sempre. Quell’anno no. Come successe a Maggie.
    La chiusura improvvisa della boutique aveva lasciato senza parole sia Maggie che i suoi dipendenti. L’anziana signora aveva deciso di andare in pensione. Sarebbe stato sconveniente aprire una nuova attività e di certo con gli anni che aveva non poteva permettersi lavori pesanti. Vendette il negozio, ricavando un ulteriore guadagno che, seppur minimo, avrebbe sicuramente fatto comodo.

    Aveva rimasto alcuni vestiti e aveva deciso di regalarne a Tom, consapevole del fatto che indossasse quei tipi di abito. Il ragazzo aveva accettato volentieri. La donna si era scusata in ogni modo con i ragazzi, ma purtroppo non avrebbe potuto fare altrimenti.

    Come di certo sarebbe successo, Bill ci rimase molto male…quello era stato il suo primo vero lavoro. Non era colpa di Maggie e questo lo sapeva, ma il dispiacere era comunque evidente.
    E ora? Che avrebbe fatto? Di certo non poteva permettersi di avere una famiglia che lo mantenesse, questo era chiaro.

    Sbuffò amareggiato mentre sistemava le sue cose nell’armadio. Le conseguenze sarebbero state molteplici. Conseguenze economiche, conseguenze di impegno, impiego del tempo, cercare altri lavori e mille cose in più. Non riusciva però a togliersi dalla mente una delle cose che lo rattristavano maggiormente. Poteva vedere Tom pochissime volte. Aveva pensato spesso a questo fatto, parlandone anche con lui.Aveva cercato soluzioni che non portassero problemi con i futuri lavori che - magari - avrebbero avuto. Ne avevano parlato e Bill in quel momento aveva capito la decisione di Tom.

    Il rasta sarebbe tornato a scuola. Gli aveva detto che parlando con sua madre era arrivato alla conclusione che affrontare l’ultimo anno scolastico per prendere questo benedetto diploma non fosse una cattiva idea. Bill non capiva il suo gesto. Era chiaro che avere un diploma poteva rappresentare molte più vie per una carriera lavorativa, ma non si spiegava come mai Tom ci avesse pensato solo in quel momento.Poi il ragazzo gli aveva raccontato dei rapporti con i suoi genitori e di come non avesse mai voluto chiedere nulla a loro, nemmeno per un ultimo anno scolastico. Gli aveva poi detto che in quel momento non aveva però altre vie di uscita. Lavori non se ne trovavano molti, data soprattutto la gravità delle conseguenze della crisi. La disoccupazione era aumentata, anche di molto e lui si trovava esattamente in quella situazione.
    Bill lo aveva capito e gli aveva sorriso. Era per il bene di Tom, sarebbe stata una buona idea, sicuramente.


    ***




    Il moro afferrò la cornetta del telefono, voleva chiamare Georg. Voleva fare due chiacchiere con un amico; si sentiva estremamente solo quel giorno, come tutti gli altri, d’altronde. Era contento per Tom, era vero. Ma ciò non lo faceva sentire meno solo di quanto già non fosse. Non aveva un lavoro ne qualcosa da fare. Eccome se si sentiva solo.

    Compose il numero dell’amico ma poi rifletté un attimo - il suo amico lavorava, aveva le sue cose da fare, non poteva star sempre appresso a lui. Afferrò il suo giubbotto e decise di uscire, dopotutto non sapeva cosa fare. Prese la sciarpa e se la sistemò bene attorno a collo e iniziò a camminare per le vie deserte di Berlino. Facevano probabilmente 2 gradi, o forse di meno. Arrivò in piazza, quella bellissima piazza. Erano miliardi le volte in cui ci aveva passeggiato, da solo o in compagnia, ma mai si era fermato così tanto tempo ad osservarla. Era meravigliosa. Svettavano in aria dei bellissimi palazzi di vetro, che si nascondevano per metà dietro ad altre strutture. Il cielo era cupo e il grigio veniva riflesso nelle ampie vetrate nei negozi e degli uffici ai piani alti. Quello stesso grigio che potevi trovare in ogni angolo di Berlino.

    Non c’era un’anima, eppure era lunedì. “Che bello, quanta gente” pensò sarcastico il moretto soffermandosi su una vetrina. Stava passeggiando ancora di fronte a qualche negozietto quando da dietro udì due donne che bisbigliavano troppo ad alta voce.


    - E’ perfetto, lui… lui è perfetto! – dicevano. Il moretto non si era girato e aveva continuato a camminare svelto, per la sua strada. La ragazza biondina che parlava, però, frenò le sue aspettative, trattenendolo per un braccio.


    - Ehm..si? – disse lui inarcando un sopracciglio.


    - Ragazzo..ma tu sei bellissimo! – disse la ragazza senza farsi scrupoli. Bill sgranò gli occhi e diventò fuxia per la vergogna. Sibilò un “grazie”. Non capiva il filo logico del discorso.


    – Ti piacerebbe lavorare per noi? – disse poi convintissima. Il moretto drizzò le orecchie, ora capiva. Un lavoro era ciò che desiderava, decisamente.


    - Non so… di che si tratta? – chiese cominciando ad interessarsi al discorso.


    La ragazza felice gli fece vedere un modulo. – Vedi… noi cerchiamo nuovi volti per un nuovo servizio fotografico maschile per la H&M. Sai, l’ultimo modello si è licenziato poiché ha dovuto cambiare paese. Ma… vedi? – disse lei mostrandogli le ultime collezioni - Notando le nuove tendenze di oggi, penso che tu vada benissimo. Mi faresti un gran favore se accettassi e poi hai un fisico perfetto, non credo ci saranno problemi!– continuò tutto d’un fiato. Bill era esterrefatto, incredulo, felice ed emozionato!


    La ragazza continuò - La paga…è 1.500€ a settimana, si è pochina ma…- il moro la bloccò.

    Pochina?

    - Accetto! Ditemi quando e dove! – rispose raggiante. La ragazza sorrise, pronta a tirar fuori ogni minimo dettaglio del lavoro.


    ***




    L’aula era enorme e aveva delle pareti bianche leggermente sbiadite. Sembrava di stare in paradiso. Ok, forse come affermazione non era il massimo, ma decise di sorvolare. Era il suo primo giorno dopo tanto e lasciò scorrere. Non c’era ancora nessuno, era presto ed era arrivato molto in anticipo. Per lui tornare a scuola era come fare un tuffo nel passato e di certo non era una delle cose migliori da fare. Si fece coraggio, constatando che la scuola era effettivamente l’ultima scelta.
    Prese posto all’ultimo banco, non era il caso di mettersi al primo e sembrare l’alunno modello che ascoltava volentieri le lezioni. Sbuffò estraendo il cellulare, inviando un messaggio a Bill.


    “ Buongiorno... già odio andare a scuola. ”





    La risposta non tardò ad arrivare. Tom era però nel fantastico mondo del dormiveglia, cadendo quasi dalla sedia quando il cellulare vibrò davanti a lui.


    “ Hey ..buongiorno a te. Dai, su segui bene che dopo ti interrogo! ”





    La sua mente era malata andò subito a pensare al moretto nelle vesti di insegnante sexy. Si diede dello stupido da solo e rispose.
    Beh, però…
    Tom, smettila.


    “ Ahaha grazie. Piuttosto, perché non ti fai trovare qui fuori verso le due, così pranziamo insieme?”




    Il cellulare vibrò ancora.

    “ Uhm…si, ti concedo la mia presenza Ci vediamo dopo, un bacio!”




    Anche il bacio.
    Sospirò posando la testa sul banco e iniziò a sognare ad occhi aperti – il fatto che poi li aveva chiusi era un altro discorso. Quello che Sam gli aveva detto era palesemente vero. Si era innamorato, e anche tanto. Non smetteva di pensare a lui, era diventato un chiodo fisso nella propria mente. Ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo. Si destò dai suoi pensieri, decidendo che forse cercare di non dormire e soprattutto di non pensare a Bill l’avrebbe indotto ad ascoltare almeno un po’ le lezioni. Alzò lo sguardo e vide un altro ragazzo: avrà avuto all’incirca la sua età, era biondo, ma un biondo molto più acceso del suo, quasi platinato. Era magro e con gli occhi color del cielo. Stava fermo davanti a Tom con le cuffiette dell’ I-pod nelle orecchie. Allungò improvvisamente una mano davanti al viso del rasta e urlò un “ciao” decisamente troppo forte, evidente segno della musica troppo alta. Il rasta sobbalzò e si portò una mano al petto per lo spavento, accennando un mezzo sorriso. Il ragazzo si sedette togliendosi una cuffia.


    - Scusami, non volevo spaventarti – disse sincero.


    - No macché, ero solo sovrappensiero, tutto qui. Ah, piacere Tom! –


    - Andreas, ma ti prego chiamami Andi. –


    Si strinsero la mano e iniziarono a parlare fino all’inizio delle lezioni. Il biondo sembrava un ragazzo per bene – pensò il rasta – d era piuttosto simpatico. Lo squillo della campanella annunciò l’inizio delle lezioni e i due dovettero smettere di chiacchierare. Le ore passarono in fretta e Tom neanche se ne rese conto. Era stato tutto il tempo a pensare a Bill. Non se lo spiegava, ma era come se qualcosa di lui, anche il più stupido particolare, lo attraeva. Ripensava alla sua pelle candida color della neve, ai suoi capelli nero corvino morbidissimi, al tatto e a quelle labbra. Quelle labbra, così maledettamente morbide e arrapanti. Si diede dello stupido mentalmente per tutte quelle seghe mentali ma dopotutto, cosa ci poteva fare? Era cotto.


    Le lezioni giunsero alla fine e il rasta salutò Andi, dicendogli che il giorno seguente avrebbe dovuto sedersi accanto a lui. Prese la tracolla e se la fece scivolare lungo il petto, da perfetto scolaro. Attraversò la folla e una volta arrivato al cancello, lo notò subito. Sembrava uscito da un film: jeans stretti che facevano risaltare ancora di più le sue perfette gambe magre e un giubbotto nero di pelle sopra ad una maglia bianca. Il rasta prese fiato e lo raggiunse. Il moretto lo vide e sorrise raggiante, agguantandolo in un abbraccio mozzafiato. Salirono in macchina e raggiunsero subito il posto dove Tom aveva prenotato per il pranzo. Era carino come luogo, allegro, tranquillo, ma più che altro silenzioso. Il più delle volte si trovava a mangiare in qui posti confusionari, dove le voci di tutti si mescolavano alle voci quasi supplicanti di camerieri sfiniti.
    Bill ordinò pochissime cose, sapeva che Tom avrebbe insistito per pagare e non voleva gravare la sua situazione economica. Per tutto il pranzo Tom non fece altro che parlare. Parlava a raffica e spesso si perdeva nelle sue stesse parole. Bill lo osservava sorridendo.
    Il rasta, di tanto in tanto, si fermava però a prendere fiato, incontrando sempre gli occhi di Bill. Si scambiavano uno sguardo dolce, che faceva tornare in mente ad entrambi la timidezza dei primi giorni. E, in quei momenti, era inevitabile notare il rossore sulle loro guance.

    Passò all’in circa un’ora e i due uscirono. Il rasta prese il suo pacchetto di Marlboro, ne estrasse una e se la portò dritta alla bocca. Si era appoggiato al muretto fuori dal locale, e aveva iniziato a puntare il suo sguardo verso il cielo, nero e cupo, come sempre. Faceva freddo quel giorno e fu Bill a notarlo per primo. O meglio a sentirlo per primo. Il moretto stava tremando come una foglia e Tom se ne accorse subito. Gli venne istintivo. Senza pensarci due volte si tolse il giubbotto e lo posò sulle sue piccole spalle. Bill lo guardò meravigliato, ma accettò il pensiero mostrandogli un sorriso.


    - Prossima meta? – domandò poi il rasta buttando la cicca per terra.


    - Andiamo, ti devo portare in un posto. – rispose Bill entrando in macchina.
    Percorsero un bel tratto di strada, in macchina il moretto aveva acceso lo stereo e stava canticchiando un motivetto tedesco, che lui stesso sentiva sempre alla radio.
    Arrivarono di fronte ad un enorme cancello bianco. In alto una scritta dominava sui loro capi.

    “Berlin Friedhof ”.




    Il rasta rimase un po’ perplesso, non riusciva a capire il perché di quel luogo. Un cimitero, che diavolo dovevano andare a fare in un cimitero? Bill parcheggiò proprio accanto al cancello e poi uscì subito.


    - Vieni. – gli disse prendendolo per la maglia, avvicinandoselo un po’ a sé.


    Quel posto di certo non era il più romantico che potesse esistere, ma c’era una spiegazione.Il moretto lo portò di fronte ad una lapide. Era bianca come la neve e sopra di essa c’era la foto di una donna. Era bella, aveva i capelli neri corvino il viso candido come un angelo. Il suo sorriso era magnifico e non poté non provocare un groppo allo stomaco di entrambi.Poco al di sotto della foto c’era il nome della donna. La cosa che fece raggelare Tom fu l’incisone vicino ad esso.

    Un giorno torneremo a guardare la neve insieme.
    Per ora le neve sei tu. Io la guardo sempre ed è bellissima.
    Sei bellissima.
    Ti voglio bene, mamma.


    Tom rimase un attimo in silenzio, il cuore che non cessava di battere. Sentì il moro appoggiarsi sulla sua spalla e sospirare. Capì.

    - Vedi Tom…lei era mia mamma. – disse Bill con il gelo nella voce. Stava versando alcune lacrime, che si asciugavano sul suo viso con il freddo.
    Anche la neve era fredda.
    Il rasta ancora non parlava, non ci riusciva. Era rimasto scosso da tutto questo. Di certo non se l’aspettava. Non si aspettava che Bill lo portasse proprio lì, dove giaceva la sua mamma.


    - Sai… di solito ci vengo sempre solo. Non mi piace che gli altri mi vedano quando sono triste, neanche Georg è mai venuto qui. Solo al funerale. –


    Tom stentava a credere alle sue parole. Quel luogo doveva essere uno dei luoghi più tristi per Bill, se non il primo. Lì giaceva sua mamma, così come tutti i suoi ricordi e la sua infanzia. Il suo essere bambino, l’affetto familiare, il calore delle braccia che solo una mamma può darti. Tom non capiva, non credeva che Bill avesse confidato una parte così intima di se stesso proprio a lui.


    – E come mai hai portato me? –


    Bill sussultò. – Sai, non ho mai avuto amici con cui condividere queste emozioni, questa parte della mia vita. Ero sempre solo e il più delle volte mi rinchiudevo in camera a piangere. E solo ora sto capendo quanto tu sia straordinario e dolce con me e poi … volevo qualcuno di importante, non una persona qualunque. –
    Il rasta perse un battito. Timidamente Bill cercò la mano di Tom e la sfiorò. Il rasta sobbalzò e si voltò verso di lui, capendo le sue intenzioni. Non avrebbe mai rifiutato un contatto del genere, soprattutto in un momento come quello, in cui il cuore di Bill era aperto davanti a lui. Provava un sentimento che faceva quasi male per Bill.
    …afferrò la sua mano e la intrecciò con la sua.

    - Se cerchi qualcuno che sia pronto a confortarti nei brutti momenti, una spalla su cui piangere, un amico sincero io ci sarò. Ci sarò sempre, se è quello che vuoi. – Tom era sincero, quelle parole non l’aveva mai dette a nessuno. – E non lo dico per compassione. – concluse portando una mano attorno a fianco magro del moro. Bill si lasciò stringere.

    – Andiamo, inizia a nevicare.


    ***



    Il sole stava per tramontare, la neve aveva smesso di scendere dal cielo e nonostante il freddo, il gelato per Bill andava sempre bene. Dopo esser tornati dal cimitero si erano fermati in una gelateria. Il moretto aveva insistito tanto e Tom non gli aveva certo detto di no.

    - Guarda che hai in faccia, non sei capace neanche a mangiare un cono! – lo prese in giro Bill vedendo il rasta sporco di cioccolata sul bordo della bocca. Tom lo fulminò con lo sguardo e continuò a gustarsi il gelato, lanciando di tanto in tanto occhiate divertite al moretto.


    - Posso assaggiarlo? – chiese Bill con gli occhi da cerbiatto.


    - Si, cert… - Tom non fece in tempo a capire cosa fosse successo, che sentì le labbra morbide di Bill unirsi alle sue. Chiese il permesso all’altro insinuando di poco la lingua tra le sue labbra. Divenne presto un gioco di lingue. Il moretto cominciò a leccare il palato del rasta come se fosse da sempre il suo gelato preferito. Si staccarono guardandosi sorridenti in faccia. Il volto di Tom era diventato rosso peperone e Bill lo trovò ancora più adorabile.


    - Mi piace molto il gelato. – concluse armonioso tornando al suo cono.




    Note Finali:
    Ok siamo arrivati a fine capitolo. Ok Ok. ... :superlove:
    Ma io amo questo capitolo porco budda! :evil-laugh: E un grazie enorme va alla mia bravissima beta che riesce sempre a migliorarmi i capitoli!
    Un bacio e alla prossima!

    Chapter 10.





    L’atmosfera natalizia aveva portato via la pioggia, lasciando una piccola tregua alla città di Berlino. Il cielo era sempre coperto di un accumulo di nuvole grigie, sempre pronte ad esplodere da un momento all’altro. Il freddo era insopportabile, non si poteva restare per più di un’ora fuori, altrimenti si rischiava di diventare un piccolo cubetto di giacchio. La neve sui marciapiedi era fredda e molto scivolosa, dovevi star anche attento, se non volevi trovarti con il sedere bagnato. E Bill quella mattina proprio non voleva, era il suo primo giorno di lavoro ed era emozionatissimo; entrò dentro un edificio blu con tanti specchi e una quantità quasi infinita di scale. Appena la porta automatica si aprì di fronte a lui, una sensazione di caldo lo attraversò. Si guardò un attimo attorno per poi arrivare di fronte ad un bancone. Iniziò a picchettare le unghie rumorosamente, segno di puro nervosismo. Dopo circa un minuto gli si avvicinò un ragazzo con un blocco di fogli in mano.


    -Tu sei Bill giusto?– disse serio.



    - Si si, sono io. – annuì sicuro.


    - Piacere Bill, sono Adam e da questo instante sarò la tuo coordinatore. Ti fisserò tutti gli appuntamenti, ti scriverò quando avrai da fare set fotografici o quando dovrai fare le prime sfilate … se le farai. – rispose lui con tono freddo.


    Il moretto stette fermo e non rispose. Era rimasto a fissarlo per quanto la sua presenza lo inquietasse. La pelle era rosea, come i bambini. Aveva un fisico bello e slanciato ed i suoi capelli castano dorato un po’ a spazzola risaltavano con gli occhi color del ghiaccio. Portava un gilet bianco e un paio di jeans neri attillati, rimase affascinato ad osservarlo. Contieniti Bill, contieniti. Deglutì cercando di scacciar via i brutti pensieri che gli avevano attraversato la testa e mostrò un piccolo sorriso, alquanto imbarazzato.


    - P- piacere mio. – balbettò. Si senti stupido in quel momento, ma non poteva fare altrimenti. Adam lo prese dolcemente per un braccio e lo trascinò fino ad un camerino. – Questo sarà il posto dove ti potrai cambiare, vestire, truccare e fare quello che vuoi. – continuò con sguardo deciso.


    – Ah Bill, amiamo la puntualità, quindi vedi di non deluderci. – concluse lasciandolo così come un salame con la bocca semi aperta, inclinando un po’ la testa. Il moro scrollò le spalle sospirando, era solo il primo giorno no? Cosa poteva capitargli di male?


    ***





    Era già la terza volta che sbadigliava quella mattina. Brutto segno. Si stiracchiò sul banco per poi poggiarci la testa chiudendo di poco le palpebre. La notte non aveva dormito, era stato male di stomaco e aveva passato la circa totalità del tempo stando seduto in bagno. Una cosa che di certo non avrebbe più fatto, sarebbe stato mangiare il Kebab prima di andare a dormire. Andreas fece il suo ingresso in classe, apparendo in uno stato peggiore di quello del rasta. Aveva due occhiaie profondissime e portava i capelli arruffati, senza un minimo di piega o anche solo pettinatura.


    - Non stai meglio di me. – lo precedette il platinato capendo quello che volesse dire Tom.


    Il rasta rise e si portò una mano sul viso assonnato. – Nottata piccante? – infierì.


    - Mmmh, si, diciamo. – disse prendendo posto accanto a lui. – Anche se poteva andar meglio. –


    - Che è successo, lei non ha avuto l’orgasmo? – si interessò Tom sghignazzando verso di lui. Il biondo lo fulminò con lo sguardo, ma divenne improvvisamente rosso. – No, io. E si è anche incazzata. –


    Il rasta iniziò a ridere e il biondo insieme a lui. Si era creata un piacevole armonia, potevano diventare ottimi amici, con il tempo. – Andi, sei un caso perso! –


    - Kaulitz non mi sfidare, io sono il re delle donne! Evidentemente quella non mi stimolava abbastanza! – disse gonfiando di poco il petto e sorridendo. – Ah…sei capace ad andare con lo skate? – disse cambiando totalmente discorso.


    - Ehm… no, a dire la verità. –


    - Perfetto, allora oggi pomeriggio vieni con me alla pista e ti insegno se vuoi! –


    - Certo, facciamo alle 6 e poi una birra insieme? –


    - Anche due se le reggi! – concluse dandogli una leggera pacca sul braccio.


    Se per tutto il corso della mattina non aveva piovuto, era stato bello e aveva fatto anche meno freddo, il pomeriggio si rivelò del tutto contrario. Aveva iniziato a piovere ininterrottamente dall’ora di pranzo e la pioggia non dava segni di cedimento. Cadeva incessantemente sul terreno e sui vetri, producendo un fastidioso quanto continuo rumore. Il rasta amareggiato si buttò a peso morto sul divano, legermente deluso. Afferrò il cellulare e strabuzzò gli occhi.
    Dieci chiamate.
    Oh, merda. Erano le chiamate di Bill e lui non se ne era minimamente accorto. Spinse il tasto verde per poterlo chiamare, ma il suo cellulare non dava segni di vita. Guardò poi meglio quel piccolo infame di un telefono e si spiaccicò una mano sulla fronte. Come faceva a chiamare senza credito? Iniziò ad agitarsi, erano due giorni che non sentiva il moretto. Cominciò a camminare avanti e indietro per tutto il soggiorno, nervosissimo. Bussarono alla porta e quasi non sentì il rumore dei battiti, tanta era l’agitazione. Continuarono a bussare due o tre volte e il rasta, accortosi finalmente dei colpi, andò ad aprire. Quasi non cadde per terra per quanto fosse bella la sorpresa che lo attendeva fuori dalla porta.


    C’era Bill completamene bagnato che stava tremando come un cagnolino abbandonato. Lo giardò e d’impulso lo abbracciò stretto, fregandosene se si stava bagnando anche lui. Si staccarono da quell’abbraccio umidiccio, guardandosi un attimo negli occhi. Qualcosa nello stomaco del rasta iniziò a svolazzare e il cuore iniziò freneticamente a battere. Le labbra di Bill erano semplicemente rosse e gonfie, lo voleva, voleva di nuovo assaporarle. Si avvicinò, ma il moretto capendo le sue intensioni si scansò e il rasta andò a baciargli di poco l’angolo della bocca.
    Tom sospirò nell’incavo del suo collo, magari non voleva
    Si salutarono con un semplice ‘ciao’ ed entrarono in casa.


    -Oddio guarda, ti sto bagnando tutto il pavimento, scusami. – disse Bill continuando a tremare. Tom lo trovò adorabile, semplicemente adorabile e sorrise.


    - Tranquillo, non importa. Vieni pure di qua, ti presto una mia tuta. – rispose.


    Il rasta lo fece salire al piano di sopra, aprendo poi l’armadio. Ne estrasse una felpa e un paio di pantaloni comodi. Bill intanto curiosava per la sua camera divertito. Dimenticò per poco quello che era successo sulla porta, pensando solo a far sentire bene e di nuovo al caldo Bill.


    - Ti diverte così tanto la mia stanza? – chiese poi sorridendo.


    - Si. E’ buffa, ma allo stesso tempo adorabile. E’ piena di foto, cd musicali e bè … vestiti per terra! – concluse ridendo. Poi prese in mano una cornice dal suo comodino e la osservò curioso. Quella foto rappresentava Tom con i propri genitori, il giorno del suo compleanno.


    - Sono i tuoi genitori questi, Tom? – chiese. Il rasta annuì cambiando del tutto espressione. Il moretto se ne accorse dopo e capì di aver toccato un tasto dolente. Cercò in qualche modo di fargli tornare il sorriso. – Non ci pensare dai. – disse automaticamente accarezzandogli una guancia, come se già sapesse che non era un bel ricordo per lui. La mano di Bill tremò, portava ancora i vestiti bagnati e si stava congelando.


    - Tieni, senti come sei freddo. – gli sorrise porgendogli i panni asciutti.


    ***





    Tom aveva acceso il caminetto quel pomeriggio, faceva parecchio freddo e aveva ripreso a nevicare forte, lasciando da parte la pioggia incessantemente di prima. Andò in cucina e iniziò a cercare qualcosa da mettere sotto i denti, visto che Sam gli aveva fatto accuratamente la spesa, da brava mammina. Afferrò un pacchetto di marshmallow e un pacco di quelle caramelle gommose a forma di orsetto. Iniziò a ridere vendendo quante stupidaggine poteva avergli comprato quello stupido. Tornò al salotto dove c’era Bill a gambe incrociate di fronte al caminetto, intento a riscaldarsi. Trovò quella scena estremamente adorabile.


    Si sistemò vicino al moretto porgendogli un pacchetto di caramelle. – Ho trovato solo queste. – disse alzando di poco le spalle. Gli occhi di Bill si illuminarono appena vide gli orsetti gommosi, sorrise e Tom, iniziando il pacchetto, accennò un sorriso. – Scusami, ma mi fanno un brutto effetto questi cosi, ne vado pazzo! Mia mamma me ne comprava sempre! – continuò felice iniziando a mangiucchiarne qualcuno. Il rasta sorrise di fronte a quella scena ancora più bella. Non sapeva cosa stesse succedendo dentro di lui, ma ogni volta che aveva Bill accanto si sentiva felice, una felicità mai vissuta e del tutto nuova per lui. Lo faceva sentire bene, lo faceva sorridere. Era un ragazzo d'oro. Forse gli voleva solo bene, forse lo amava, non lo sapeva. Ma una cosa invece la sapeva. Non voleva abbandonarlo. Sapeva come Bill soffrisse e come si sentisse solo e tutto questo lo faceva sentire estremamente triste. Prima di conoscere il moro non aveva mai avuto il bisogno di aiutare una persona, pensava che ogni singolo individuo dovesse risolvere i propri problemi da solo, invece con lui era stato tutto diverso fin dall’inizio. Voleva aiutarlo a stare meglio, voleva farlo sorridere in ogni momento e farlo sentire bene. E poi, vederlo sorridere, lo rendeva in qualche modo... orgoglioso.



    ***





    Il moro si stiracchiò appoggiandosi al grembo del rasta, iniziando a giocare con i lacci dell'enorme felpa di Tom. Il rasta iniziò dolcemente a carezzargli i folti capelli corvini. Stavano guardando uno dei film della collezione di Tom, anche se in realtà il film era stato presto abbandonato. Bill aveva chiuso gli occhi dopo neanche 10 minuti. Tom guardandolo, iniziò a pensare a come fosse possibile che un ragazzo di una dolcezza come la sua, avesse vissuto tutti i suoi anni da solo. Non gli aveva mai chiesto con chi avesse trascorso gli anni dopo la morte della madre ... forse il padre, anche se non l'aveva mai nominato da quando si conoscevano. Più faceva questi pensieri e più pensava che Bill per tutti questi anni era stato solo, senza nessuno che gli trasmettesse calore, dolcezza, ma sopratutto amore. Sbuffò tristemente, continuando ad accarezzargli la guancia. Lo osservò in ogni suo particolare, era così bello e così piccolo nello stesso momento. Sobbalzò quando vide le sue palpebre aprirsi poco, poi completamente. Il moro sorrise e si alzò da Tom.


    - Tomi.. - disse stropicciandosi gli occhi rossi. - Sei tanto comodo. - continuò ancora con la voce impastata di sonno. Il battito del cuore di Tom si fermò per diversi istanti. Come l'aveva chiamato? Arrossì violentemente, evidentemente l'aveva sentito da Sam, quel brutto figlio…
    oh, l'aveva chiamato Tomi. Quanto lo adorava.




    Note Finali:
    Eccomi, non ero morta! :rox: Scusate per l'attesa ma Mary la staa finendo di betare! -_-
    Spero comunque che vi piaccia!
     
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  6. _Alien;
     
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    Nuova lettrice : )
    Questa FanFiction è magnifica davvero!
    Farò un commento fatto meglio al prossimo capitolo xD posta presto!
     
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  7. Pink Sniper96
     
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    perchè non posti più? ç__ç
     
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  8. DiANaReN
     
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    up
     
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  9. ;traumer
     
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    Nuova lettrice ^^
    Mi piace questa FF ed è davvero strano perchè ho dei gusti abbastanza particolare (:
    Spero solo che posterai presto per poter leggere il continuo *w*
     
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  10. Me_Against_The_Music
     
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    Anche io nuova lettrice!
    Per quanto ho letto finora, posso dire che mi piace molto questa twc, è dolce e simpatica senza risultare melensa e diabetica: è scritta bene, in modo chiaro, e si legge scorrevolmente.
    Mi piace l'idea che sia Tom il ragazzo omosessuale mentre Bill, che di solito riveste quel 'ruolo', è etero: non si trovano molte ff con questa visione dei due protagonisti, ma la cosa mi intriga parecchio u.u
    Altro non dico, aspetto il prossimo capitolo.
    Posta presto!
     
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9 replies since 20/11/2010, 21:19   230 views
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