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  1. DirtyDiana7
     
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    CITAZIONE (Black_Sunshine @ 22/8/2010, 10:19)
    Ricordo perfettamente le scenate di Bill da ubriaco.
    Quella al primo Comet in cui lui e Tom si erano presentati all’intervista completamente ubriachi.
    O a quella festa dove Saki aveva dovuto trascinarlo via perché era saltato addosso ad una P.R.
    O ancora quando in Svizzera aveva pianto per tutta la notte sulla spalla di una ragazza perché non voleva che lei pensasse di essere una puttana.
    Per non parlare di Amburgo, quando i due gemelli, completamente partiti, erano quasi finiti a letto insieme, non fosse stato per David che li aveva chiusi in camera.

    Ahahahaah stavo morendoooo dalle risate!! xD
    Sei bravissima, continua presto! (:
     
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  2. Black_Sunshine
     
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    grazie ragazze!
     
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  3. .Enigmatic
     
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    Scusami, avevo già letto il capitolo, appena riesco ti faccio un commento decente, non mi sono dimenticata! xD
     
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  4. dada_bastarda
     
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    up !!
     
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  5. dada_bastarda
     
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    up up !!!
     
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  6. Black_Sunshine
     
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    ed eccomi qui con il terzo capitolo!
    il quarto e' ancora in fase di scrittura ma lo avrete presto!
    un bacio a tutte!

    3. Capitolo
    (Tom POV)


    Bip – Bip.
    Merda.
    Bip – Bip.
    «Izzy…» biascicai nel sonno.
    Non ero abituato alle sveglie; non più, almeno.
    Non dovevo andare più a scuola, non dovevo svegliarmi alle 5:30 del mattino per prendere una corriera del cazzo.
    Dal mio fianco provenne soltanto un rantolo sommesso.
    Sbuffai, girandomi verso di lei. «Izzy, la sveglia, cazzo!».
    «Spegnila tu!» borbottò lei, infilando la testa sotto al cuscino.
    Come se fosse l’aspirazione della giornata…
    Avevo anche un’intervista e una riunione per organizzare il concerto del MTV World Stage in Malesia.
    Una scocciatura di sicuro.
    Non avevo voglia di alzarmi dal letto e sopportare i lunghi, lunghissimi, discorsi di Dave in cui per la maggior parte delle volte tornavo nel mondo dei sogni.
    Mi ripromisi di portare con me gli occhiali da sole, in modo che il nostro ‘amatissimo’ produttore/ schiavista/sfruttatore non si accorgesse che del suo discorso sugli introiti e sulla pubblicità non mi fregava un emerito cazzo.
    Mi girai verso di lei, dandole malamente una spinta sulla schiena. «Guarda che devi andare al lavoro, piccola» le ricordai.
    «Anche tu» rispose sottovoce lei con un rantolo di dolore.
    Impercettibilmente sorrisi.
    Isabel, la mia piccola Izzy, era sempre stata così.
    Aveva sempre la risposta pronta, anche quando ero io a demolirla a parole.
    Nei nostri sedici anni d’amicizia avevamo litigato parecchio.
    Entrambi avevamo un carattere irascibile e testardo, quasi quanto un mulo.
    A lei non avevo mai fatto paura, non si era mai sentita in soggezione con me.
    Semplicemente mi urlava contro e sapeva che io non l’avrei mai toccata, nemmeno con un dito.
    Volevo bene ad Izzy, l’unica ragazza a cui mi fossi affezionato, l’unica per la quale avrei scalato volentieri le montagne.
    E poi… era davvero brava a letto!
    Me lo dicevo ogni volta che mi trovavo a mordermi le labbra per non urlare.
    Mi piaceva quel modo per ‘approfondire’ l’amicizia.
    Era un modo per sapere tutto, ma proprio tutto, dell’altro.
    Ed Isabel non era nemmeno brutta; anzi, era una bellissima ragazza - come quel microcefalo di Georg ribadiva ogni volta -.
    Aveva aumentato la frequenza da quando si era fidanzato con la sua ragazza.
    “Perché non ti metti con Isabel? È perfetta per te”.
    Ma lo avevo sempre zittito.
    Per Isabel provavo un affetto diverso da quello che un ragazzo dovrebbe provare per una ragazza.
    O almeno, per quel che ne sapevo.
    Non mi tremavano le gambe quando la vedevo, il battito del mio cuore non aumentava quando mi sfiorava, non mi sudavano le mani quando era con me.
    Insomma, nonostante pensassi che tutte queste fossero cazzate, sapevo che Isabel non era la ragazza per me.

    Credevo.
    Già… credevo.
    E quella piccola insicurezza mi aveva fatto tremare in due mesi di tour.
    Scossi la testa, allontanando quel piccolo pensiero.
    «Tommmmm!».
    Ed eccola lì: l’ottava piaga d’Egitto.
    In poco tempo la casa si riempì di tonfi, provocati da piedi che correvano veloci per il pianerottolo.
    La porta della mia camera si aprì con un calcio ben assestato e subito dopo la figura di mio fratello fu ben visibile, in penombra, sull’uscio.
    «Abbiamo un’intervista, vero?» miagolò dolorante, avvicinandosi al letto.
    «Sì» sbuffai, alzandomi dal letto e constatando che la mattinata di relax pre discorso di Dave Roth era andata a farsi fottere.
    Afferrai i primi boxer che trovai e me li infilai alla bell’e meglio.
    Saltai giù dal letto, afferrando il materasso, e scaraventai Isabel giù da esso.
    Un rantolo di dolore precedette una scarica di imprecazioni degne di uno scaricatore di porto messicano.
    «Già» commentai senza entusiasmo. «E dobbiamo anche decidere per quell’esibizione in Malesia. Devi incontrare Natasha per i costumi e Dave deve farci le ‘raccomandazioni’».
    Bill gemette sofferente. «Perché Dio mi odia tanto?».
    In effetti la vita di Bill era un delirio totale.
    Non avrei mai scambiato il mio posto nella band per il suo.
    Bill doveva affrontare ogni tipo di chiacchiera con un sorriso accondiscendente, Bill doveva sopportare lunghe ed estenuanti interviste in cui gli chiedevano solo ed esclusivamente il suo orientamento sessuale.
    Bill doveva essere quello perfetto del gruppo, quello senza una pecca.
    Si massaggiò le tempie con fare melodrammatico. «Ho bisogno di qualcosa di forte… MOLTO forte».
    «Eh, no!» saltò su Isabel, massaggiandosi la schiena dolorante.
    Mi scoccò uno sguardo assassino, poi tornò a concentrarsi su Bill. «Non sono nemmeno le otto del mattino, Bill! Vuoi già ubriacarti?».
    Bill inarcò un sopracciglio. «Vuoi per caso fare cambio, tesoro?» le domandò. «Forse non sai cosa significa dover ascoltare i deliri di un uomo in crisi di mezza età, mentre David ti inchioda al divano con uno dei suoi sguardi indispettiti perché quell’uomo in crisi di mezza età è il tuo capo ed è una delle capocce principali dell’Universal» sbuffò tutto d’un fiato. «E poi non avevo intenzione di ubriacarmi. Volevo soltanto un caffè amaro. Sai… di quelli italiani, che sembrano acido muriatico».
    Isabel sorrise.
    Era soddisfatta della risposta che Bill le aveva dato.
    Isabel, prima che a se stessa, pensava a noi.
    Lei era stata al mio fianco quando la voce di Bill aveva dato forfait e mi aveva aiutato a curarlo, nonostante avesse poco più di diciassette anni.
    Si era sempre imbestialita quando ci aveva visto esagerare con alcool e fumo.
    Lei stessa beveva raramente e, dopo averle fatto provare una sigaretta una volta, aveva iniziato una crociata contro la nicotina e le multinazionali, in particolare contro quelle che producevano Camel e Malboro, cioè le nostre marche preferite.


    «A proposito… quanto ho bevuto ieri sera?» chiese Bill, grattandosi la testa.
    I suoi capelli erano in uno stato pietoso e i suoi occhi si presentavano con sotto due occhiaie violacee, che donavano al suo viso un aspetto cadaverico.
    Sembrava uno zombie.
    Con quell’anello al naso, poi, l’effetto era quello di un morto vivente che aveva provato a sembrare più umano facendosi bucare il naso da parte a parte.
    «Tanto» commentò semplicemente Isabel, afferrando i suoi slip dal pavimento.
    Annuì convinto.
    «Volevi portarti a letto Matt!» sogghignai.
    Bill sbiancò di colpo.
    Il suo viso sembrava veramente quello di un cadavere.
    Gli occhi si sbarrarono di colpo e assunsero una forma rotonda che lo fecero sembrare un pesce palla.
    Isabel scoppiò a ridere davanti a quel viso.
    «Ditemi che state scherzando!» mormorò.
    Scuotemmo la testa e Bill si passò una mano sul viso, scuotendo la testa.
    E come sempre, Bill non ricordava niente.
    Sorrisi, posando una mano sulla sua spalla. «Tranquillo. Matt sapeva che eri partito e, gentilmente, ti ha respinto; tu però eri così ubriaco che l’hai quasi costretto. A volte preferisco la tua sbronza triste».
    Bill emise un basso gemito sofferente.
    Gemito che fece scattare l’ilarità di Isabel. «Dovevi vederti, Bill!».
    «Non infierire» esalò agonizzante mio fratello.
    Mi scappò da ridere, così posai la mano sulla bocca, nascondendo quel sorriso che prepotente allargava le mie labbra.
    «Vado a chiamarlo e a chiedergli scusa… Che figura di merda!» mormorò Bill, girandosi sulle punte. «E, Tom… dove cazzo hai messo le aspirine?».
    Mi posai la mano sul mento, pensando. «Boh!» commentai infine. «In bagno?».
    Bill mi guardò, incrociando le braccia. «Lì dovrebbero stare, invece, come sempre, in questa casa niente è al suo posto!».
    Fece uno dei suoi classici gesti melodrammatici per poi gemere di dolore. «La testa, cazzo!» imprecò, posandosi le mani sulle tempie.
    Isabel non riuscì a trattenersi: scoppiò in una risata scomposta, mentre si infilava un paio di jeans recuperati nel cassetto dei suoi vestiti dimenticati a casa Kaulitz.
    Bill la fulminò con lo sguardo e, ringhiando, se ne andò.
    «Prova in cucina, nella biscottiera!» gli urlai dietro.
    «Vaffanculo, Tom!» ricevetti come risposta. «Smettila di urlare, o i Tokio Hotel avranno bisogno di un nuovo chitarrista, ed io sarò finalmente figlio unico!».
    Lo ignorai, sbattendo subito dopo la porta della camera.
    Isabel ancora rideva mentre si infilava la maglietta del ‘Music Lab’ e scuoteva la testa.
    «Voi due dovreste pensare di fare una sit-com per famiglie. Siete perfetti e anche così buffi!».
    Incrociai le braccia al petto. «Ora sarei buffo?».
    Isabel annuì ridendo. «Sei più che buffo Tom. Tu e Bill quando litigate siete ridicoli. Vorrei avere una telecamera per riprendervi».
    «Ah, sì?» mi avvicinai a lei.
    Lei rise, abbassandosi per infilarsi le converse rovinate - sempre ‘made in casa Kaulitz’ -.
    Passai una mano sui suoi fianchi, spingendola verso di me.


    Il suo fondoschiena andò a posarsi contro il mio bacino.
    Sorrisi mentre lei si girava verso di me, scoccandomi un’occhiataccia fulminea e direi quasi scocciata.
    «Tom… lasciami» brontolò, cercando di divincolarsi.
    Ridacchiai mentre lei alzava un piede, cercando di colpirmi.
    «Smettila!». Riuscì a pestarmi un piede talmente forte da farmi balzare dall’altro lato della stanza.
    «Ma sei matta?!» esclamai dolorante. «Volevi uccidermi, per caso?».
    «Beh, sì. L’idea era quella» ghignò lei, avvicinandosi allo specchio. «Mi volevi violentare!».
    «Izzy?».
    «Sì?».
    «V.a.f.f.a.n.c.u.l.o!» articolai bene ogni singola lettera di quella parola.


    ﴾…﴿



    Aggrottai le sopracciglia. «Che cosa?!» esclamai, attirando l’attenzione di tutti. «Che cosa significa che dobbiamo diminuire il tempo della nostra esibizione per quella cacca di Katy Perry?!».
    «Tom…» mi richiamò David, indicandomi il computer su cui un faccione stava vedendo tramontare il sorriso bonario che proprio prima sembrava pronto a frantumargli la mandibola.
    La ragazza era al suo fianco e spalancò gli occhi.
    Mi voltai ancora di più verso lo schermo del computer. «Non mi frega un emerito cazzo se quella zoccoletta e il suo manager mi stanno ascoltando! Non me ne può fregar di meno se miss siluro agli Ema vuole a tutti i costi far venire quell’altro gruppetto di deficienti a suonare con lei! MTV ha stipulato noi!». Con un ampio gesto della mano abbracciai la stanza, indicando i miei compagni. «I Tokio Hotel! Avessimo un’ora e mezza d’esibizione... E poi la scaletta è già stata decisa e preparata!».
    «Capisco le sue ragioni, signorino Listing-».
    Sgranai gli occhi appena in tempo per bloccare la risata di Georg che stava per uscire incontrollata dalle sue labbra.


    «Sono Kaulitz, gran pezzo d’idiota con la testa pelata! Tom Kaulitz!» sbottai infervorato. «Come può pretendere lei di decidere per noi, se non sa nemmeno come cazzo ci chiamiamo?!».
    «Mio fratello ha ragione» soggiunse calmo Bill dall’altro lato del tavolo, vicino al computer. «Anche se in modo molto colorito, quello che mio fratello intendeva dire è che noi ci rifiutiamo di perdere mezz’ora di show per un gruppetto di cui non ho mai sentito il nome. Sa bene anche lei quanto ci vuole per scegliere le canzoni di una scaletta e prepararle a dovere, con effetti e costumi. Noi abbiamo già deciso e quindi è chiaro che lo spazio non lo cederemo».
    David annuì compiaciuto.
    Almeno Bill si era espresso senza volgarità come invece io avevo appena fatto.
    La rabbia mi stava salendo incontrollata lungo il corpo; tremavo dalla voglia di scannare quell’ochetta mora.
    Non l’avevo mai sopportata, fin da quando si era permessa di dedicarci una cazzo di canzone a Berlino.
    E il mio odio era cresciuto a dismisura, premiazione dopo premiazione.
    «Signor Jost, mi rivolgo a lei-».
    «Eh, certo! Perché si sta cagando sotto, giusto?» esplosi ironico. «Ha bisogno della carta igienica, Signor Mason? Perché non parla con noi? Ha paura che la mordiamo?».
    «Sono questioni che si discutono da manager a manager, buzzurro!» saltò su la mora.
    «Certo, visto che il tuo cervello da gallina sa solo partorire canzonette in cui ti comporti da puttana!» sbottai, facendo rigirare David all’istante. «Perché non te ne torni sulla nuvoletta a leccare il lecca-lecca?».
    «Tom…» mi richiamarono in coro.
    «Che cazzo vorresti dire, eh?» strillò lei, sporgendosi verso quella che avrebbe dovuto essere una webcam e guardandomi minacciosa.
    Come se io avessi paura, eh?
    «Quello che ho detto!».
    «Ma io ti uccido!» ringhiò lei, spostando bruscamente il suo manager. «Almeno io non ho bisogno di aiutini per farlo alzare!».
    «Perché, ce l’hai?» commentai insofferente. Non sapeva cosa avessi dovuto sopportare dopo quella storia. Le sue parole mi scivolarono addosso senza farmi male.
    Sbarrò gli occhi. «Sei morto, Kaulitz».
    «Oh, che paura!». Finsi di tremare, posando gli occhi su di lei. «Vorrei tanto vedere cosa potresti farmi. Magari soltanto un bel pompino!».
    I volti di metà sala, che comprendeva alcune guardie del corpo, i produttori e alcuni addetti al Management, oltre a noi, passarono ad ogni tipo di tonalità del rosso, mentre Bill si batteva una mano sulla faccia, scuotendo la testa.
    L’inconfondibile risata di Georg si diffuse per la stanza, mentre io inclinavo la testa sorridendo sornione.


    «Tipica battuta alla Tom» commentò sottovoce Gustav, sistemandosi gli occhiali.
    Sospirò guardandomi.
    La vidi passare dal colore cadaverico che aveva la sua pelle ad una sfumatura rossastra che mi fece scappare una risatina.
    «Noi non molleremo mai quella mezzora. Non ci sono repliche» conclusi nel silenzio totale. «Se qualcuno avrà qualcosa da ridire, vengano direttamente da me e non ad elemosinare tempo all’Universal».
    «Quello che Tom cerca di dire…» sospirò rassegnato David, cercando di salvare la situazione. «…è che ormai è tutto già pronto. Manca così poco tempo e riorganizzare orari, scalette e palco sarebbe soltanto uno spreco di soldi e tempo».
    «Capisco quello che lei intende, ma per Katy è importante che i 3OH!3 siano presenti all’esibizione. Hanno scritto una delle canzoni di punta!».
    «Oh, davvero?» saltai su, sfuggendo allo sguardo assassino di David. «Perché non l’ha detto prima? Posso anche lasciargli la camera che io e Bill dobbiamo condividere per infilarci l’entourage di Miss Perry! Staremo da Gustav e Georg!».
    Il manager sembrò illuminarsi. «Davvero?».
    «No» conclusi con un sorriso. «Abbiamo già sacrificato parte di quello che ci spettava e, pur avendo rinunciato a due camere, abbiamo ottenuto soltanto mezz’ora di show. Ora, io mi chiedo… cos’altro volete da noi? I nostri strumenti, i nostri vestiti, il nostro staff?».
    Bill annuì convinto. «Di solito noi abbiamo un’ala riservata in ogni albergo, invece, per questa trasferta, abbiamo due camere da dividere e non ci siamo neanche lamentati».
    «Non verremo a cacciare a calci nel culo le persone che si sono presi le nostre fottutissime stanze e non le reclameremo nemmeno» appoggiai mio fratello.
    «Stiamo soltanto chiedendo di avere un po’ di più per aggiungere-».
    Okay, stavo veramente perdendo la pazienza.
    Posai pesantemente una mano sul tavolo, facendo tremare qualche bicchiere d’acqua. «Mi sono rotto davvero i coglioni di questa discussione! Le cose rimarranno come sono!».
    «Ma io-» balbettò Katy, facendomi salire i nevi.
    «‘Tu’ un cazzo!» sbottai. «Mi sono davvero rotto le palle di te e di quella faccia da culo del tuo manager, che sorride a oltranza e che presto avrà una paralisi facciale!». La guardai male attraverso la webcam. «Ho ceduto la mia stanza per quello scorfano del tuo fidanzato, e non solo io, ma anche David e Georg. Non cederò altro a te, brutta viziata del cazzo!».
    Katy fece per aprir bocca, ma il mio cellulare iniziò a suonare.
    Infilai una mano nella tasca con violenza e dopo sperai che non si fosse scucita in qualche punto; mi portai l’apparecchio all’orecchio.
    «Pronto?».


    «Hai finito di fare casino?» mi chiese una voce che conoscevo bene.
    Sgranai gli occhi. «Isabel?».
    «Si, sono io. Bill mi ha detto che stai combinando un mezzo casino per mezzora di show».
    Scoccai un’occhiataccia a Bill, che fece spallucce, sorridendomi angelico.
    Stupido gemello pacifista.
    «Non voglio che-».
    «Hai pienamente ragione, ma non devi per forza buttare giù mezzo mondo, eh? Basta dire un semplice ‘no’ e chiudere. So che Tom Kaulitz non è un tipo diplomatico, ma… beh, calmati, respira e non accettare».
    Sorrisi.
    Bill sapeva che l’unico sedativo che funzionava con me era lei.
    Per quanto Bill cercasse di calmarmi, soltanto Izzy sapeva prendermi per le orecchie e castigarmi.
    Aveva sempre ragione, anche se non le avrei mai dato la soddisfazione di saperlo.
    La stimavo ed era per quel motivo che rimaneva sempre la mia migliore amica, litigi e incomprensioni a parte.
    Una strana stretta mi prese lo stomaco, calda, sconosciuta.
    «Lo so che non me lo dirai mai, ma si, lo so, ho sempre ragione» saltò su lei. «Ora va’ e imponiti senza fare scenate o insultare. So che sai usare le parole in modo giusto».
    «Ehm… sì, Izzy. Grazie» balbettai.
    Mi girai di spalle, conscio di essere arrossito.
    Cosa cazzo stava succedendo?
    Io che arrossivo? Da quando?
    «Di niente, Sex Gott! Ti voglio bene».
    «Anch’io, piattola».
    Chiusi la chiamata, riponendo il cellulare nella grande tasca.
    Guardai Bill, che mi sorrise scuotendo la testa.
    Tirai un sospiro e mi avvicinai al tavolo.
    Mi sedetti con lentezza e guardai lo schermo dove Katy e il suo manager mi stavano guardando increduli e spaesati.
    Non avevano capito mezza parola del discorso e ne fui felice.
    Presi un altro profondo respiro e sorrisi. «Mi dispiace per prima. Continuiamo?».

     
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  7. .Enigmatic
     
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    Oddio, che tenero che è Tom... Secondo me è molto attratto da lei, non solo fisicamente. Magari non sarà già innamorato... Ma molto preso. Altrimenti come si spiega il fatto che è arrossito. Lo trovo dolcissimo, soprattutto perchè cerca di negarlo, ma alla fine anche i suoi pensieri pongono dubbi, contro il suo volere. Mi piace come stai descrivendo tutta la situazione e sopratutto il loro rapporto. Sarà "strano", ma a me piace parecchio e credo starebero benissimo insieme come coppia ufficiale, si completerebbero. Ovviamente è ancora presto e le cose sono più belle se gustate lentamente, qundi non mi aspetto un cambio di sentimenti immediato, sarebbe anche deludente. Quindi mi piace come stai scrivendo tutto quanto. Bravissima.
     
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  8. Black_Sunshine
     
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    Tranquilla, neanche a me piace il cambio immediato... ho in servo per loro due molte sorprese... e saro' anche parecchio cattiva!
     
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  9. .Enigmatic
     
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    Questo mi preoccupa xD
     
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  10. Black_Sunshine
     
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    ahahahahah... non preoccuparti!
     
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  11. dada_bastarda
     
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    CITAZIONE (Black_Sunshine @ 30/8/2010, 17:53)
    «Pronto?».
    «Hai finito di fare casino?» mi chiese una voce che conoscevo bene.
    Sgranai gli occhi. «Isabel?».
    «Si, sono io. Bill mi ha detto che stai combinando un mezzo casino per mezzora di show».
    Scoccai un’occhiataccia a Bill, che fece spallucce, sorridendomi angelico.
    Stupido gemello pacifista.
    «Non voglio che-».
    «Hai pienamente ragione, ma non devi per forza buttare giù mezzo mondo, eh? Basta dire un semplice ‘no’ e chiudere. So che Tom Kaulitz non è un tipo diplomatico, ma… beh, calmati, respira e non accettare».
    Sorrisi.
    Bill sapeva che l’unico sedativo che funzionava con me era lei.
    Per quanto Bill cercasse di calmarmi, soltanto Izzy sapeva prendermi per le orecchie e castigarmi.
    Aveva sempre ragione, anche se non le avrei mai dato la soddisfazione di saperlo.
    La stimavo ed era per quel motivo che rimaneva sempre la mia migliore amica, litigi e incomprensioni a parte.
    Una strana stretta mi prese lo stomaco, calda, sconosciuta.
    «Lo so che non me lo dirai mai, ma si, lo so, ho sempre ragione» saltò su lei. «Ora va’ e imponiti senza fare scenate o insultare. So che sai usare le parole in modo giusto».
    «Ehm… sì, Izzy. Grazie» balbettai.
    Mi girai di spalle, conscio di essere arrossito.
    Cosa cazzo stava succedendo?
    Io che arrossivo? Da quando?
    «Di niente, Sex Gott! Ti voglio bene».
    «Anch’io, piattola».
    Chiusi la chiamata, riponendo il cellulare nella grande tasca.
    Guardai Bill, che mi sorrise scuotendo la testa.

    questo è il mio pezzo preferito in assoluto ....izzy sa esattamente dove andare a parare con tom sa i suoi punti eccecc
    mi piace tantissimo questa capitolo tom insomma sta sentendo che qualcosa con izzy è cambiato ma chi lo sa ....
    continua presto !!!!
     
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  12. Black_Sunshine
     
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    Danke!
     
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  13. caro483
     
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    continuaaaaaaaaaaaaa
     
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  14. Black_Sunshine
     
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    sto scrivendo! :)
     
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  15. **Pazoiid**
     
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    Bene bene ;)
     
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91 replies since 15/8/2010, 09:30   1960 views
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