Eppure un sorriso io l'ho regalato;

[NC-17] angst,lemon,drug use.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. ~ RadioHysteria
     
    .

    User deleted


    Raiting: NC-17
    Avvisi: Angst, AU, twincest, lemon, drug use
    Note: Prima twincest. Inesperta del genere, non ne ho neppure lette moltissime; comunque sia, spero che apprezzerete =)
    Disclaimer: No Kaulitz belong to me, infatti la storia è di pure invenzione della sottoscritta e preferirei evitare denunce et similia (:
    Capitoli: 1 (sotto) - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16


    Eppure un sorriso, io l’ho regalato
    SPOILER (click to view)

    (Thanks to Tomilicious)


    Prologo.


    Bill si svegliò nel suo letto al suono della sveglia. Per prima cosa, ancora prima di spegnerla, si mise una mano sulla fronte.
    - Che cazzo è questo…
    Infastidito dal monotono ripetersi del bip bip in sequenze di quattro, spense violentemente la sveglia con il pugno stretto dell’altra mano.
    Con le lunghe dita magre della mano sinistra continuò a sfiorarsi la fronte e a tentare di riconoscere a tatto che tipo di ferita avesse sulla testa.
    - Livido? Taglio? E soprattutto: come me lo sono fatto?
    Faceva male toccare troppo per poter stabilire bene l’entità della ferita, quindi il ragazzo decise di alzarsi e di barcollare fino al piccolo specchio che aveva dentro l’anta dell’armadio a muro, per studiarsi.
    Ormai Bill era abituato a quel genere di risvegli. Gli capitava spesso di non ricordare niente della serata precedente, o di avere ricordi ingarbugliati e confusi, nei quali le facce si confondevano e i luoghi pure. Solo che fino ad allora non gli era mai capitato di ritrovarsi contusioni o ferite addosso.
    Il ragazzo sì ispezionò la ferita.
    - Taglio, come immaginavo.
    Si spostò di pochi metri per giungere in ripostiglio e trovare la valigetta dei medicinali, dalla quale estrasse del cerotto ed alcune bende. Tornato nella sua camera, si rammendò al meglio la ferita giusto per non suscitare troppo la curiosità della madre, se mai si fosse accorta che aveva una benda in testa.
    Bill trascinò i piedi appesantiti dagli anfibi neri fino in cucina, per ingurgitare del latte con un po’ di cereali. Come sempre, si riempì la tazza ma se ne scolò metà, lasciando l’altra metà per il suo bastardino Willie. Dopodiché uscì di casa, con dieci minuti buoni d’anticipo sulla linea dell’autobus e un grosso sollievo per non aver svegliato sua madre che dormiva ancora ed essersi risparmiato dunque un sacco di discorsi inutili. Lo zaino nero era più vuoto del solito, forse perché si era semplicemente dimenticato di mettervi dentro i libri e non aveva alcuna intenzione di tornare indietro a farlo.
    Sulla strada per la fermata dell’autobus, si fermò al bar per comprare la sua droga preferita, il tabacco.
    - Chesterfield blu…
    Facevano quasi due anni che tutte le mattine si fermava a quel bar, tirava fuori il portafogli, estraeva i quattro euro, chiariva che le voleva in pacchetto morbido (perché possono stare nella tasca posteriore dei pantaloni), allungava la mano per afferrarle e mettersele, appunto, in tasca.
    - Non mi sono arrivati i rifornimenti, oggi, le ho finite…mi dispiace…
    Disse il tabaccaio con aria falsamente desolata.
    - Ah d’accordo…allora…Lucky Strike?
    - Certo, certo!
    Bill uscì dal bar particolarmente incazzato. Oltre a non avere le sue amate Chesterfield blu, non le aveva neanche prese in pacchetto morbido, ragion per cui era obbligato a tenerle nel taschino del giacchetto di pelle nero che indossava, il che creava un odiosissimo rigonfiamento antiestetico sul suo petto.
    - Sarà una giornata di merda.
    Pensò ad alta voce, salendo sull’autobus appena arrivato.
    - Ciao Bill! Parlavi con me?
    - Uhm? Ciao Karine, no…pensavo ad alta voce. - Ci mancava solo questa cozza adesso.
    - Che hai fatto alla testa?
    Bill si toccò istintivamente le bende che nascondevano il taglio sulla sua fronte.
    - Oh, sai…la mia ragazza è un po’ violenta quando si arrabbia!
    - Capisco…
    Karine era una di quelle che se non ce la facevi rimanere male, non ti mollava. E dover conversare con lei per mezz’ora prima di scendere dall’autobus, era inaccettabile per Bill, che sapeva benissimo di piacerle. In realtà Bill non aveva la ragazza, Bill fuggiva le donne, Bill odiava la compagnia femminile (e non che amasse particolarmente neanche quella maschile). Non aveva neanche troppo bisogno di loro dal punto di vista sessuale, sapeva controllare il suo corpo. E semplicemente, le rifuggiva psicologicamente, per cui non capiva perché avrebbe dovuto far finta di avere bisogno di loro.
    Per cui si appostò al primo posto singolo vuoto, togliendosi il leggero zaino dalle ossute spalle, tirò fuori il suo Ipod color antracite e lo avviò. Dopo qualche canzone cambiata dai brani casuali, fece assestare il lettore su Come as you are dei Nirvana.
    Stava albeggiando.
    - Non sopporto di dovermi svegliare alle sei di mattina…
    Bill poggiò la testa al freddo e appannato vetro dell’autobus e chiuse gli occhi, in cerca già di un po’ di quiete che, secondo il suo punto di vista, raramente riusciva veramente ad ottenere.



    Il motore rombava forte ad ogni colpo di acceleratore e mangiava sotto di sé metri e metri di asfalto freddo. Il ragazzo a bordo sentiva il vento scaraventarglisi forte in faccia e penetrare dal fondo dei suoi larghi pantaloni mentre stava per mandare tutto a fanculo ed entrare nel primo bar. Ma ormai era fatta, visto che si stagliava alla sua sinistra un’imponente costruzione in stile moderno. Avanzò nell’ampio parcheggio adiacente e fermò la moto in uno spiazzo poco lontano dall’ingresso. Si sfilò dolcemente il casco e sciolse sulle ampie spalle le treccine nere prima raccolte dietro la nuca. Si rese conto di non avere più sensibilità al viso a causa del vento gelido che l’aveva battuto fino a quel momento.
    - Poco male.
    Dopo aver chiuso il sottosella con il casco al suo interno, si infilò al collo la tracolla verde bottiglia e sospirò, incamminandosi verso l’ingresso affollato di ragazzi tutti uguali della sua nuova scuola.




    Questo era il prologo, se vi interessa posto il 1° altrimenti cancellate o non so (:

    Edited by ~ RadioHysteria - 13/7/2010, 03:06
     
    Top
    .
  2. martha.
     
    .

    User deleted


    Oh, carina! Mi piacerebbe sapere il continuo *-*
     
    Top
    .
  3. lastay
     
    .

    User deleted


    sisis mi piace stò bill sbandato leggiamo il seguito!
     
    Top
    .
  4. ( giò ` la honey )
     
    .

    User deleted


    Sì, vorrei sapere qualcosa di più (:
     
    Top
    .
  5. fromTOKIOtoMARS
     
    .

    User deleted


    Interessante il prologo, davvero!
    Bill sbandato lo adoro! *_*
    Scrivi molto bene, continua presto!
    Giulia
     
    Top
    .
  6. ~ RadioHysteria
     
    .

    User deleted


    Grazie ragazze dei commenti! Nel pomeriggio o in serata allora posto il 1° capitolo.
    Vi avverto che i capitoli saranno abbastanza lunghi e noiosi, per cui se già mi odiate vi capisco bene xD
    Loove!
     
    Top
    .
  7. fromTOKIOtoMARS
     
    .

    User deleted


    Adoro i capitoli lunghi e noiosi...*__*
     
    Top
    .
  8. Me_Against_The_Music
     
    .

    User deleted


    Come inizio non c'è male,la storia sembra promettente.
    Mi piaciono molto le storie 'diverse' come questa,dove è Bill lo sbandato e non Tom,come è al solito.
    CITAZIONE
    Adoro i capitoli lunghi e noiosi...*__*

    Stra-quoto *-*
    Posta presto ^_^
     
    Top
    .
  9. lady tokio 483
     
    .

    User deleted


    Mi piaceeeeeeeeeeeeeee posta posta!!!
     
    Top
    .
  10. ~ RadioHysteria
     
    .

    User deleted


    Ho cercato di postare ma mi postava metà capitolo .-. Posto più tardi, quando online c'è meno gente e la connessione è migliore :D
    SPOILER (click to view)
    Sì, lo so, neanche abitassi in burundi
     
    Top
    .
  11. fromTOKIOtoMARS
     
    .

    User deleted


    Uh..ok!...aspetto!^^
     
    Top
    .
  12. ~ RadioHysteria
     
    .

    User deleted


    Riproviamo adesso xD

    Io ve l'ho detto che i capitoli erano lunghi eh...
    Fatemi sapere che ne pensate!




    Capitolo 1.



    Bill arrivò sull’ingresso della scuola poco dopo. Si sistemò una ciocca dei suoi capelli neri e ribelli dietro l’orecchio, dopodiché si avvicinò ad un ragazzo biondo che armeggiava con una bicicletta, cercando invano di metterla in sicurezza con una catena.
    - Ciao, Idiota!
    Disse Bill dandogli una pacca sulla nuca nuda, e scappando immediatamente dopo suscitando le risate copiose di un altro ragazzo che stava poco più in là, che portava dei lunghi e lisci capelli castani.
    - Hai sentito che suono tondo ha dato quella collottola da toro che si ritrova l’Idiota?
    Bill si limitò a sogghignare guardando il biondo solitamente vittima degli scherzi di tutti che lo chiamavano semplicemente Idiota. A Bill pareva di ricordare che il suo vero nome fosse Gustav, o qualcosa di simile. Ma non gli interessava veramente; in fin dei conti quando ti affibbiano un soprannome il tuo nome può anche andare a farsi benedire: non lo sentirai mai più pronunciare da qualcuno di esterno alla tua famiglia.
    Georg, il ragazzo coi capelli lunghi, salutò Bill prima di entrare nella sua classe. Bill proseguì dritto fino alla rampa di scale, visto che la sua classe stava al primo piano dell’edificio. Frugandosi nelle tasche dei jeans riuscì a trovare venti centesimi, necessari per fargli ingranare la giornata con un caffè. In realtà quello del distributore automatico della scuola faceva abbastanza schifo, ma Bill lo ingurgitava lo stesso, e amaro, non tanto per il suo sapore quanto per le sue proprietà eccitanti. Sempre col caffè bollente in mano, si diresse sul balconcino del primo piano in attesa del suono della campanella ed estrasse una sigaretta dal suo nuovo pacchetto.
    - Cazzo, l’accendino.
    Proprio in quel momento stava uscendo sullo stesso balconcino un ragazzo, e Bill sperò vivamente che questo fumasse.
    Il ragazzo, che portava delle lunghe treccine nere che a Bill ricordavano tanto quell’essere ridicolo di Sean Paul, estrasse dai larghissimi pantaloni un pacchetto di Chesterfield blu. A Bill stava sul cazzo solo perché in quel momento aveva le sue sigarette tanto agognate e se ne stava per accendere una.
    - Mi presti un attimo l’accendino?
    Chiese Bill senza preoccuparsi di essere tanto cortese. L’altro glielo tese silenziosamente e, dopo che Bill ebbe acceso la sua Lucky Strike, altrettanto silenziosamente se lo riprese.
    Il ragazzo con le treccine finì la sigaretta molto più velocemente di Bill e proprio quando stava gettando dal balcone il mozzicone, suonò la campanella.
    Bill imprecò fra sé e sé e buttò via quasi metà sigaretta, riaprendo con veemenza la porta che era stata sbattuta poco prima dall’altro.
    Gettò nel primo cestino il bicchierino di plastica e la paletta del caffè ed entrò nella sua aula, la terzultima del corridoio, intravedendo alla fine di esso il professor Hulm, di chimica e biologia, che si dirigeva verso la sua classe perché il lunedì la prima ora era sua.
    Bill si diresse velocemente al suo posto in penultima fila, accanto alla finestra, ma rimase non poco contraddetto quando lo trovò già occupato, e dal ragazzo con le treccine dell’accendino di poco prima.
    - Ehm, scusami?
    Disse Bill con tono il più pacato possibile, cercando di richiamare l’attenzione dell’ospite non gradito, che sembrava assorto nella contemplazione del paesaggio invernale fuori dalla finestra. Il ragazzo si voltò con aria dubitativa, come se fosse appena stato risvegliato dal coma.
    - Questo, bè, sì…questo dove sei seduto, sarebbe il mio posto, amico. E preferirei rimanesse mio, non so se mi spiego…
    Pensando di essere stato abbastanza esplicativo, Bill poggiò lo zaino nero sul banco e attese che il ragazzo al suo posto si muovesse.
    - C’è scritto il tuo nome, per caso?
    Rispose invece quello, arrogantemente.
    - Bè, no, in realtà ma…o, diavolo, è il mio posto, ci sono altri due posti liberi nell’aula! Puoi lasciarmi il mio posto, per cortesia, o devo scriverci seriamente il nome?
    - Troppo tardi…
    Il ragazzo con le treccine incise con il lapis tre lettere sul banco di Bill. Ti – O – Emme.
    - Tom?
    - Sì, molto piacere, e questo è il mio banco, come puoi ben notare; adesso se vuoi puoi anche smetterla di importunarmi e sederti qui, accanto a me, sempre che tu non abbia qualcosa in contrario.
    Bill strabuzzò gli occhi. Chi era questo per venirgli a dire che cosa doveva fare?
    - Molto divertente…
    Disse Bill a mezza bocca buttandosi rumorosamente a sedere nel posto accanto al suo.
    Il professor Hulm era già nell’aula e stava recitando il solito appello.
    - Kaulitz?
    Bill sollevò la mano e aspettando di essere visto dal prof, per la poca voglia di aprir bocca e dire “presente”.
    - E’ uno scherzo, per caso?
    Disse il prof con aria di sfida. Bill, confuso, si guardò intorno e notò che anche quel Tom accanto a lui aveva sollevato la mano e lo guardava probabilmente con la sua stessa aria sconcertata e confusa.
    Bill e Tom si guardarono negli occhi per un paio di secondi, per poi iniziare a parlare insieme per discolparsi davanti al professore.
    Tom ebbe la meglio.
    - Io in realtà sono nuovo qua, questo è il mio primo giorno, non è stato avvisato dalla presidenza? Mi chiamo Kaulitz, Tom Kaulitz.
    Il professore guardò l’appunto che sembrava aver ignorato all’inizio del registro.
    - Certo, certo, adesso mi era sfuggito di mente questo particolare. Quindi siete fratelli, voi due?
    - Assolutamente no! Non l’ho mai visto prima d’ora!
    Esclamò Bill, sconvolto dalle parole del professore, il quale ridacchiò e continuò a scorrere l’appello.
    - Ehi, tranquillizzati, amico, sembra che tu abbia visto un fantasma…
    Disse Tom a Bill, ma non ricevette risposta, solo uno sguardo tagliente che lasciava presagire miliardi di parole, di frasi, prima tra tutte: che cazzo vuoi da me.
    Bill si alzò riprendendosi il suo zaino vuoto e si andò a sedere nell’altro banco vuoto, al primo banco, mentre Tom scuoteva il capo.
    - Questo sta completamente fuori di cervello.
    - Ma guarda tu ‘sto bastardo chi si crede di essere…



    Suonò finalmente la ricreazione e a Bill sembrò di aver passato le tre ore più lunghe della sua vita, e non perché esse fossero di chimica e latino. L’arrabbiatura non gli era passata neanche un po’ ed era deciso ad andare a fumare una sigaretta fuori e scambiare quattro chiacchiere con Georg.
    All’aria fredda e invernale Bill reagì con una pesante scrollata di spalle, anche perché nella foga di fuggire dall’aula si era dimenticato di prendere il suo giacchetto. Cazzo! Le sigarette stavano proprio lì dentro!
    Bill aprì la porta a vetri del cortile esterno e fu uno dei primi studenti a uscire fuori per la ricreazione, vista la sua fuga dalla classe. Poco dopo arrivò Georg.
    - Georg, hai una sigaretta? Le ho dimenticate di sopra.
    - Ti sei dimenticato che io ho smesso? Alle ragazze non piace che i ragazzi fumino, Bill, a meno che tu non voglia trovartene una tossicodipendente…
    - Me ne fotto delle donne.
    - Be’ io preferirei dire me le fotto, le donne!
    Georg rise della sua battuta ma Bill lo guardò di traverso: non era quello il momento giusto per delle battutine a sfondo sessuale.
    - Hey, amico, c’è qualcosa che non va?
    Chiese Georg posandogli una mano sulla spalla.
    - No, è tutto più o meno a posto. Sono un po’ indisposto per un nuovo tipo in classe mia, ma roba da niente. In un paio di giorni lo vedrà chi comanda, qui.
    - E chi sarebbe questo tipo?
    - Boh, è il sosia di Sean Paul, un cretino assoluto, quando mi capita a tiro te lo indico almeno ti rendi conto di che razza d’idiota è…
    - Hey, aspetta aspetta…Sean Paul hai detto?! Shake that thing miss, gotta gotta shake that thing miss…
    Georg si mise a fare il verso al rapper giamaicano ballando in modo piuttosto ridicolo e strappando un sogghigno a Bill.
    In quel momento un mozzicone di sigaretta passò dal campo visivo di Bill, fra l’altro vicinissimo a lui. Istintivamente il ragazzo guardò da dove era caduta, e non si stupì alla fin fine più di tanto nel vedere, appoggiato al terrazzino del piano di sopra, che contemplava le mura della scuola, Tom.
    - Ehi, coglione, ma che cazzo stai facendo? Per poco non mi beccavi in pieno!
    Tom abbassò lo sguardo fino a incrociare quello di Bill, arroventato dalla seccatura nei suoi confronti. Velocemente come l’aveva abbassato, voltò lo sguardo al cielo scrollando le spalle e voltandosi, per appoggiarsi sul terrazzino.
    - Sean Paul, parlo con te eh! E’ inutile che tu faccia tanto il bono, ma chi ti credi di essere?!
    Gli occhi di tutti erano puntati addosso a Bill, e molti neanche avevano capito contro chi stesse urlando. Georg se la rideva di sottecchi.
    - Amico, mi sa che ho capito chi è il coglione, a questo punto…
    Disse Georg con una sottile ironia, prima che Bill lo incenerisse nuovamente con lo sguardo.



    Tom aveva un sorriso appena accennato sul volto. Sentiva, pochi metri sotto di lui, quel tipo strano che stava in classe con lui urlargli contro ogni cosa. Ma gli scivolava addosso. E anzi, gli suscitava quasi una leggera ilarità.
    - Coglione, sto parlando con te!
    Tom spinse con garbatezza il maniglione antipanico della porta del terrazzino e se la richiuse alle spalle, avviandosi verso la sua nuova aula, fra l’altro, l’unico posto in cui sarebbe stato capace di arrivare in tutto quel complesso dispersivo che era la scuola.



    - Ma te guarda ‘sta testa di cazzo…
    Imprecò Bill, stavolta a bassa voce.
    - Dai, Bill, non inizierai a fare il bullo come al tuo solito! Non è un dovere che tu incuta terrore in tutti i nuovi arrivati della scuola!
    - Non è un fatto di dovere, è un fatto di coerenza, Georg, sono due cose ben diverse.
    La campanella interruppe la conversazione dei due amici, e Bill salì dalle scale esterne passando dalla stessa porta di Tom. Lo trovò fuori dalla classe, appoggiato al muro adiacente al termosifone. Alla sua vista, un fastidioso brivido di rabbia gli percorse la schiena.
    Bill cercò di ignorarlo ma a quanto pareva Tom non era disposto a farsi ignorare.
    - Hey, amico, posso parlarti un secondo?
    Disse Tom quando Bill passò accanto a lui, richiamando la sua attenzione stringendogli il braccio.
    Bill si voltò di scatto come se quel tocco fosse quello di un ferro arroventato.
    - Sì, ma non toccarmi, se non vuoi farmi indisporre da morire, più di quel che già sono.
    - Ah, certo, d’accordo…
    Tom mollò la presa sul braccio di Bill, il quale sembrò rasserenato dal non dover più condividere parti del suo corpo con il ragazzo con le treccine.
    - Parla, non abbiamo l’eternità.
    - Be’, amico, mi sembra che siamo partiti col piede sbagliato, tutto qui.
    - Intanto eviterei di chiamarmi amico, visto che ciò che ti sto mostrando è tutto fuorché la parte amichevole di me, e secondariamente, non vi è motivo per cui io e te dobbiamo parlarci. Questa conversazione è inutile.
    - Be’, in realtà, sei tu che parli con me.
    - Come, scusa?
    - Prima mi hai preso a insulti, e anche stamattina, sei tu che hai attaccato bottone.
    Bill diventò rosso in faccia dall’arrabbiatura.
    - Ma che cazzo vuol dire, scusa? Prima fra poco mi butti una sigaretta in testa e stamattina ti sei seduto al mio posto, quindi, se permetti, cerco di difendere le mie ragioni!
    - Ah, e ho tralasciato stamattina sul terrazzino, che mi hai chiesto l’accendino; per cui siamo tre a uno per te che attacchi bottone a parlare con me.
    - Ma vaffanculo, idiota!
    - Kaulitz, moderiamo i termini, eh!
    Si intromise la professoressa di filosofia, che stava sopraggiungendo in quel preciso istante.
    - Scusi, prof.
    Dicendo questo, Bill non si trattenne tuttavia dal lanciare uno sguardo assassino al suo omonimo, il quale gli rispose facendo cenno di entrare nell’aula.
    Entrambi ripresero i posti che avevano lasciato prima della ricreazione, ovvero Tom al posto accanto alla finestra di Bill e Bill nel primo banco, di fronte alla cattedra.


    - Toh, dunque abbiamo un nuovo Kaulitz fra noi…siete parenti?
    Chiese curiosa la professoressa Langeneck.
    Bill tacque onde evitare ulteriori richiami da parte della prof, e Tom prese la parola:
    - In realtà non ci conosciamo. Io non sono neanche di questa città e, inoltre, sto due anni indietro…
    - Anche il Kaulitz qui davanti a me, se non erro, è indietro di due anni, giusto?
    Bill annuì semplicemente col capo, mentre Tom si stupì del fatto che quel ragazzo mingherlino e sicuramente un po’ infantile potesse avere la sua stessa età di diciotto anni.
    - Parlando di cose serie, Kaulitz nuovo, a che punto sei col programma di filosofia? Ti rendi conto che arrivare così, a metà del quinto anno, richiede un impegno enorme da parte tua?
    - Certo, professoressa, me ne rendo perfettamente conto. Infatti, mi sono permesso di avvantaggiarmi un poco sulla programmazione che ha depositato a inizio anno corrente in segreteria didattica, secondo la quale dovreste essere a Marx: io sono arrivato al Nichilismo.
    - Quindi non dovresti avere problemi se ti chiedessi il contenuto del Manifesto del partito Comunista scritto con Engels…
    - No, in effetti, il Manifesto, del 1848, è tripartito: nella prima parte si analizza la funzione storica della borghesia, nella seconda si esprime la concezione di storia come lotta di classe e nella terza è mossa una critica ai così detti “falsi socialismi”, che sono…
    - D’accordo, d’accordo, Kaulitz. Ti metterò una nota positiva da riconfermare in voto, per ora…
    Tom sogghignò prendendo il diario per appuntarsi il voto. Mentre Bill si voltò impercettibilmente e si stupì pensando che probabilmente avesse assunto un’espressione veramente ferocissima.
    - Non dovrebbe semplicemente fottermene un cazzo di quel coglione con le treccine…
    Una mezz’ora dopo, la campanella suonò, come faceva sempre. Ma a Bill sembrò più crudele, non gli risollevò per niente l’umore il pensiero che anche un’altra ora fosse scivolata via. Anzi, aveva decisamente bisogno di un’altra sigaretta. Non che prima ne avesse fumata una, in effetti. Si infilò, stavolta, il giacchetto di pelle e si premurò di chiedere l’accendino a una sua compagna fumatrice (e, secondo la mentalità di Georg, tossicodipendente); dopodiché sgattaiolò fuori dall’aula senza dirigersi sul terrazzino, per il quale sapeva che sarebbe passato il prof dell’ora seguente, bensì tornò di sotto, nel cortile interno dove nessuno l’avrebbe potuto beccare.



    Un ragazzo magrissimo avvolto in una striminzita giacchettina di pelle nera attraversava a passi decisi l’atrio principale dell’edificio scolastico, verso l’uscita. Le lezioni erano finite per quel giorno e gli studenti erano liberi di tornare a casa. Tom si stava sistemando la fascetta sopra le sue treccine nere, e guardava il suo omonimo – di cui tuttavia conosceva solo il cognome – ancheggiare poco davanti a lui.
    - Sembra proprio una ragazza – Pensò, riconfermando ciò che gli era passato per la testa poche ore prima, quando aveva visto per la prima volta il moro.
    Bill aveva sicuramente un non so ché di femminile: forse i capelli lunghi, forse il modo di camminare, o la totale assenza di muscolatura. O forse quegli occhi a cerbiatto.
    Tom si riscosse dai suoi pensieri, dal momento in cui Bill gli si piantò davanti.
    - Comunque, Tom Kaulitz, se non vuoi passare seri guai, ti conviene girarmi piuttosto alla larga.
    - Oh, che paura…
    - Hai capito quello che ti ho detto?
    Tom si divertiva a irritare Bill mostrandogli un sorrisetto sghembo e volutamente idiota, senza rispondergli.
    - Ma tu come ti chiami?
    Chiese Tom d’un tratto.
    - Non penso che la conoscenza del mio nome ti sarà di qualche utilità nel tentare di sviare il discorso. Prima rispondimi.
    - Sì, ho capito quello che hai detto, ti ho ascoltato, non sono idiota. Come ti chiami?
    - Bill.
    Tom sorrise.
    - Che cazzo ridi? Ti fa ridere?
    Dissentì col capo, sempre sorridendo. Bill lo abbassò, chiudendo la conversazione.
    - Per la cronaca, questa è la quarta volta che attacchi a parlare con me in esattamente cinque ore.
    - Vaffanculo, Kaulitz.
    Tom sorrise di nuovo, passando oltre Bill, che percepì un intenso odore di acqua di colonia che lo fece per un attimo inebriare e incazzare da morire. Era lo stesso profumo che usava lui.



    Edited by ~ RadioHysteria - 4/4/2010, 00:18
     
    Top
    .
  13. fromTOKIOtoMARS
     
    .

    User deleted


    Credo che non sia intero...per quello che ho letto però mi piace molto!^^
     
    Top
    .
  14. ~ RadioHysteria
     
    .

    User deleted


    Wiiii è finalmente interooo!xD
     
    Top
    .
  15. fromTOKIOtoMARS
     
    .

    User deleted


    Oh, wow!
    Mi piace molto questo primo capitolo!...Bill è così stronzo...
    Credo che la presenza di Tom lo faccia migliorare..o almeno lo spero!
    Confermo il primo commento: è interessante, e anche se i capitoli sono lunghi (awwww*__*) scorrono molto facilmente!
    Complimenti ancora!
     
    Top
    .
488 replies since 2/4/2010, 23:10   14343 views
  Share  
.