Let Me Love You

There's a fine line between love and hate

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  1. ~ NaNaNà.
     
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    Waaaaa
    che fiQuata di ff!
    Posta presto sono curiossssa ù.ù
     
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  2. Phantom Rose
     
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    Scusate per l'enorme ritardo ma sono stata presa coi concerti, il lavoro, ecc. ecc.
    Il capitolo non è molto bello ma certe frasi, certi comportamenti sono fondamentali per il continuo della storia. Detto questo....buona lettura! :D

    Capitolo 9

    1 febbraio 2009.
    Finalmente il giorno della festa era arrivato.
    Lexie aveva finito di prepararsi e stava guardando il risultato allo specchio.
    Alla fine aveva messo il vestito che le aveva consigliato Lauren, semplice ma carino.
    Era senza maniche ne spalline e le lasciava scoperte spalle e scapole. Arrivava appena sopra il ginocchio ed era color blu navy.
    Lexie lo aveva impreziosito mettendo una piccola cintura color oro, intonata alla borsetta; ai piedi calzava un paio di sandali con tacco, anch’essi color oro con dei ricami fatti con del filo blu come il vestito.
    Aveva pettinato i capelli con la riga in parte e aveva arricciato le punte, in modo che dei morbidi boccoli le ricadevano su spalle e schiena.
    Al collo portava una catenina di oro con un pendaglio a forma di cuore, uno dei tanti regali che le aveva fatto Gustav.
    Venne avvicinata dal ragazzo, che la abbracciò da dietro baciandole una spalla.
    -Sei bellissima!- disse guardandola attraverso lo specchio.
    -Dici sul serio?-
    Gustav si limitò a sorriderle.
    -Grazie- rispose Lexie sorridendo al ragazzo e arrossendo appena.
    Si rigirò tra le sue braccia fino a trovarselo di fronte. Lo guardò dalla testa ai piedi, incrociando le braccia dietro al suo collo mentre gli baciava la punta del naso.
    -Anche tu sei molto carino- disse la ragazza sorridendo.
    -Sai una cosa….starei volentieri qui….noi due soli….Potremmo festeggiare cosi-
    -Prima andiamo alla festa- disse la ragazza sorridendo.
    Gustav la guardò contrariato, mettendo su un finto broncio.
    -Ci dobbiamo andare- disse lei in tono rassegnato.
    -Ok, allora sarà meglio muoverci. Dobbiamo passare a prendere Georg e i gemelli. E scommetto che Bill non è ancora pronto!- disse Gustav con fare teatrale.
    I due ragazzi si guardarono un attimo, prima di mettersi a ridere. Infilarono i cappotti ed uscirono dall’appartamento.

    -Bill sei pronto?- urlò Tom dal salotto.
    -Quasi, faccio in un attimo- rispose il moro dal bagno.
    -E’ da stamattina che si prepara. E’ peggio di una donna!- sbottò Georg, seduto sul divano a fare zapping.
    -Lo sai che è fatto così- rispose Tom.
    -Eccomi, sono pronto- annunciò Bill facendo capolino in salotto.
    -Meno male! Tra poco Gustav e Lexie saranno qui- disse il bassista voltandosi in direzione del ragazzo.
    -Quanto la fate lunga!- disse Bill rivolto ai due con fare scocciato –Sono stato veloce e sono pure in orario. Perfettamente puntuale-
    -Per chi ti sei infighettato a quel modo?!- chiese Georg con un ghigno stampato sul viso.
    -Per nessuno! Che domande idiote fai?- rispose Bill.
    -Hobbit, lasciagli una qualche vana speranza di rimorchiare qualcuna stasera- disse Tom divertito.
    Georg rise di gusto e Bill lanciò un’occhiataccia ad entrambi.
    -Tanto si illude- continuò Tom –Dovrebbe sapere che le ragazze cadono tutte ai miei piedi!- disse Tom con aria di superiorità.
    -Ehi, lasciane qualcuna anche a me- disse Georg rivolto al rasta.
    -Ti illudi anche tu, Hobbit?- rispose Tom, punzecchiando il bassista –Tu hai meno possibilità di mio fratello di rimorchiare, stasera-
    -Invece ci riuscirò, vuoi scommettere?- rispose sicuro Georg.
    -Quello che vuoi- disse Tom accettando la sfida.
    Nel frattempo Bill si era avvicinato alla finestra e nonostante l’oscurità, stava guardando l’orizzonte. Così sembrava.
    Fece finta di sistemarsi i capelli.
    Aveva cambiato pettinatura. Si era fatto acconciare i capelli in elaborati dreadlock, alcuni dei quali ossigenati nella parte finale. Il ciuffo era piastrato e ricadeva davanti ad un occhio.
    Sospirò debolmente. Quei due giorni per lui erano stati un vero supplizio. Non riusciva a capire perché quella festa gli mettesse così ansia.
    In fin dei conti non era lui il festeggiato, era un semplice invitato.
    Eppure….
    Si sentiva così sottosopra, aveva lo stomaco in subbuglio.
    Forse aveva mangiato qualcosa che gli aveva fatto male.
    Oppure si stava ammalando.
    La voce di Tom lo fece ritornare sul pianeta Terra.
    -Bill, muoviti, Gustav e Lexie sono giù che ci aspettano. Andiamo!-
    -Sì, è meglio andare- disse Bill infilando il giubbetto di pelle ed uscendo senza aspettare gli altri due.
    Georg e Tom si guardarono perplessi, Bill aveva qualcosa che non andava. Decisero, però, di ignorare deliberatamente il suo comportamento ed uscirono.

    *

    Il locale scelto per la festa, il Cherish, era uno tra i più grandi in città.
    Al piano terra c’erano due sale con annesse piste da ballo.
    Lexie aveva prenotato la sala che si trovava al primo piano, un po’ più grande rispetto alle altre due.
    Il pavimento era di marmo bianco e nero, con delle pagliuzze argentate. Le pareti erano in arenaria, decorate a stucco. I lampadari, in vetro di Murano, erano neri e gettavano nella stanza una luce che dava all’atmosfera un alone di mistero. Posizionati qua e la c’erano dei divanetti con alternati cuscini bianchi e neri.
    La sala dava su un’ampia terrazza, al centro della quale si trovava una piscina rettangolare con delle statue raffiguranti dei leoni alati. Ai lati della piscina si estendevano due corridoi coperti dove ci si poteva rilassare in uno dei tanti divanetti identici a quelli dentro alla sala.
    Gli invitati erano quasi tutti arrivati e Lexie aveva momentaneamente abbandonato Gustav per finire di salutare tutti.
    Dopo aver ricevuto baci, abbracci e auguri da un numero esagerato di persone, Lexie recuperò Gustav e si avvicinò ai suoi amici, alcuni dei componenti della crew.
    -Ciao ragazzi- disse loro.
    Dopo i saluti e gli auguri di rito, Lexie si guardò un attimo intorno.
    -Dov’è Lauren?- chiese la ragazza a Glenn, preoccupata dal fatto di non aver ancora visto la sua migliore amica.
    -La mia cara cuginetta è scesa un attimo- rispose il ragazzo con un misterioso sorriso sulle labbra.
    -E cos’è andata a fare?-
    -Non ti preoccupare, tornerà a momenti. Anzi, eccola- disse Glenn accompagnando le parole con un cenno della testa.
    Lexie si girò e vide Lauren in compagnia di un’altra ragazza. La cosa le sembrò un po’ sospetta.
    Oddio! Era forse quello il suo segreto? Era diventata….lesbica?
    Decise di andare loro incontro.
    -Lauren, ciao!-
    -Ciao. Tanti auguri vecchiona!- disse la ragazza abbracciando l’amica.
    -Ashley, sei proprio tu?- chiese Lexie alla bionda arrivata con Lauren.
    -Certo che sono io, non mi sarei persa il tuo compleanno per nessun motivo al mondo.-
    -Sono felice che tu sia riuscita a venire. Quanto ti fermi?-
    -Beh….- disse la bionda lanciando un’occhiata d’intesa con Lauren – diciamo che mi fermo per un po’-
    -Bene, mi fa proprio piacere- disse Lexie sorridendo.
    -Già. E ora scusami, vado a salutare anche gli altri- disse Ashley allontanandosi e lasciando le due ragazze da sole.
    Lexie guardò Lauren dalla testa ai piedi. Era vestita completamente di nero, con un paio di jeans aderenti che finivano dentro ad un paio di stivali in pelle nera, col tacco. Una maglia con le maniche a pipistrello, collo a barchetta che le scopriva appena una spalla e che terminava con una fascia all’altezza del bacino. In testa un cappello stile Neyo calato sugli occhi. E al collo il suo inseparabile ciondolo.
    Lauren si guardò un attimo intorno fino a che il suo sguardo non si fermò sul fratello, che parlava e rideva con Bill come se si conoscessero da sempre. Abbassò appena le palpebre.
    Quella scena le fece ribollire il sangue nelle vene.
    -Scusami, ho bisogno di un po’ d’aria- disse rivolta a Lexie incamminandosi verso la terrazza.
    Una volta fuori, venne colpita dall’aria gelida che le sferzava il viso.
    -Tutto bene?- chiese ad un tratto Lexie, che l’aveva seguita.
    -Sì- disse Lauren con un tono di voce che faceva trapelare un sentimento di rabbia.
    -Non mi convinci per niente, lo sai?- disse Lexie.
    -Da quanto si conoscono?- chiese Lauren continuando a dare le spalle all’amica.
    -Di chi parli?-
    -Di Ryan e quello lì….Bill-
    Lexie abbassò appena lo sguardo –Da qualche mese-
    -Magnifico- fu la risposta sarcastica di Lauren.
    -Lauren ascolta-
    Ma la ragazza alzò la mano per zittire l’amica.
    -Non dire niente, starò buona. Ma permettimi di dirti che mi dà fastidio il fatto che mi abbia tenuto nascosta questa cosa. Sia chiaro…..non me ne frega niente se è amico di quella sottospecie di Predator. Se lo può anche portare a letto!- disse Lauren girandosi per guardare in faccia Lexie.
    Ma quello che vide non le piacque affatto. Bill era uscito per fumare e ora stava lì, a pochi passi da loro due, la sigaretta stretta tra le dita e un’espressione indecifrabile in viso.
    Lauren deglutì a fatica quando i loro sguardi si incrociarono.
    La ragazza capì immediatamente che Bill aveva sentito tutto e ….si sentì uno schifo totale.
    Distolse lo sguardo da quello di lui e si avviò a passo di carica verso la porta passandogli accanto.
    Bill rimase immobile.
    Lexie, che aveva guardato tutta la scena in silenzio, si avvicinò a Bill.
    -Sono tutte così le tue amiche?- chiese il ragazzo con amarezza.
    -Lei non è così-
    -Ah no? Però si diverte a parlar male di persone che nemmeno conosce-
    -Se potessi leggere nel suo cuore potresti capire cosa realmente nasconde la sua freddezza- rispose la ragazza in tono triste.
    Bill guardò Lexie confuso. Lei gli sorrise e rientrò, lasciandolo solo.
    Bill finì di fumare la sua sigaretta con estrema lentezza ripesando alle parole di Lexie.
    Come poteva capire quella ragazza se non riusciva nemmeno a dirle ciao?
    Se per lei, lui era alla stregua di un mostro di un film?
    Come si permetteva di parlare così?
    Come si permetteva di comportarsi così?
    Eppure….quando i loro sguardi si erano incontrati….non vi aveva visto tutto quell’odio che sembrava provare nei suoi confronti. Era qualcosa di diverso. Ma cosa?
    Inspirò ed espirò a fondo.
    Le parole di quella ragazza lo avevano ferito. Gettò la sigaretta e rientrò.

    Lauren voleva andarsene ma Lexie l’aveva bloccata e le aveva presentato il signor Jost, col quale si erano intrattenute un po’ a parlare. La stava portando a conoscere Georg, giusto per accontentare il ragazzo, quando Tom si parò loro davanti.
    -Lexie hai scelto davvero un ottimo posto per la festa-
    -Grazie, sono felice che piaccia-
    -Oh, che maleducato, non mi sono presentato. Piacere sono-
    -Tom- disse Lauren senza lasciargli il tempo di ultimare la frase –So benissimo chi sei, la tua fama ti precede!-
    Tom sorrise –Credo di non aver capito il tuo nome-
    -Lauren- rispose lei in tono gelido.
    -Bel nome! E non solo- disse il rasta osservandola da testa a piedi. Quando fissò lo sguardo in quello della ragazza, notò che lo stava incenerendo con gli occhi.
    -Non ho nessuna intenzione di farti da scaldaletto!- disse Laure, allontanandosi subito dopo.
    Tom sorrise e non potè fare a meno di fissare il fondoschiena della ragazza.
    Lexie, invece, desiderò di scomparire all’istante.
    Tom la guardò e le sorrise –Il binomio bella e stronza esiste davvero!-
    Lexie abbassò lo sguardo.
    -Però mi piace!- disse Tom sorridendo e andando incontro a Bill.
    Lexie andò alla disperata ricerca di Lauren e la trovò dopo mezz’ora in bagno, seduta sul ripiano del lavandino. La guardò in faccia, aveva gli occhi lucidi e arrossati.
    -Scusa Lexie, ti ho rovinato il compleanno. E’ meglio se me ne vado.- disse Lauren guardando l’amica e scendendo dalla sua scomoda posizione.
    Lexie le prese il viso fra le mani guardandola dritto negli occhi e le sorrise.
    -Tu rimani qui con me. E non ti preoccupare….lo so che non lo fai apposta. Però, non voglio che passi il resto della serata chiusa in bagno con la compagnia di un lavandino!-
    Lauren sorrise.
    -Ora asciugati gli occhi e torniamo di la, ok?-
    Lauren annuì.
    Il resto della serata trascorse tranquillo.
    Georg, finalmente, riuscì a conoscere Lauren e, complice l’alcool, confessò a Gustav di essersi follemente innamorato della ragazza.
    Bill fu quello che si divertì meno degli altri. In primo luogo perché non riusciva a distogliere lo sguardo da Lauren e continuava a ripensare alle parole dette dalla ragazza. E in secondo luogo perché Ashley si era appiccicata a lui e al fratello come una sanguisuga.
    Per il resto non ci furono altri intoppi e tutto filò liscio come l’olio.

    *

    La mattina seguente alla festa, Lauren se ne stava seduta in cucina sorseggiando il suo solito litro di caffè. Quella mattina ne aveva particolarmente bisogno.
    Ryan fece capolino pochi minuti dopo col suo solito sorriso stampato sulle labbra.
    -Ciao sorellina!-
    Lauren, però, non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
    Il ragazzo aprì il frigorifero in cerca della bottiglia del latte, senza però trovarla.
    -E’ dietro di te- disse Lauren atona.
    Ryan richiuse il frigorifero, si girò ed afferrò la bottiglia.
    Dopo aver versato latte e cereali in una scodella si sedette vicino alla ragazza.
    -Hai dormito bene?- le chiese.
    -Da quando ti interessa?-
    -Da quando sei così acida?- rispose lui guardandola.
    -Senti da che pulpito arriva la predica- disse Lauren sorridendo ironica –Parla uno che fa le cose di nascosto!-
    Ryan aggrottò la fronte e le sopracciglia.
    –Di che parli?- le chiese.
    -Lo sai benissimo- rispose lei piuttosto arrabbiata.
    -No che non lo so, altrimenti non te l’avrei chiesto-
    -Parlo di te e Predator-
    -Chi??- chiese Ryan voltandosi a guardare la sorella.
    -Mi riferisco a Bill. E a tutti gli altri, ovvio. Da quanto vi conoscete?-
    Ryan riportò l’attenzione sui suoi cereali e Lauren gli spostò la scodella, poggiandola lontano da lui.
    Il ragazzo sospirò.
    -Da settembre, li ho conosciuti al compleanno di Gustav. Se fossi venuta li avresti conosciuti anche tu-
    -Siete….amici?-
    -Sì, perché? La cosa ti crea qualche problema? Sono simpatici, sono dei ragazzi normalissimi e la fama non gli ha dato alla testa. Ci si diverte parecchio con loro-
    Lauren incrociò le braccia al petto e l’espressione del suo viso si indurì parecchio.
    -Non parlarmi mai più, chiaro?- sibilò lei tra i denti.
    -Oh andiamo! Cos’è….adesso mi dirai di scegliere tra te e loro?- disse Ryan quasi deridendo la sorella.
    -Lo hai già fatto!- rispose Lauren alzandosi di scatto e allontanandosi alla velocità della luce.
    Ryan la osservò sbigottito per qualche secondo, prima di sbattere violentemente il pugno sul tavolo.

    Bill continuava a rigirarsi nel letto. Era sveglio già da un po’ ma non aveva nessuna voglia di alzarsi. Sentiva Tom e Georg ridere in salotto, ma lui voleva rimanere solo.
    Continuava a ripensare alle parole che Lauren aveva usato la sera prima per descriverlo.
    Predator.
    L’aveva chiamato Predator!
    E poi….si era permessa di dire che lui e Ryan potevano anche andare a letto insieme. Ma che razza di persona è una che dà dell’omosessuale al suo ragazzo?
    Già, ragazzo, perché nessuno, esclusi Lexie e Gustav, sapeva che Ryan e Lauren erano fratello e sorella.
    Sbuffò sonoramente.
    Quella ragazza era proprio stronza!
    Stronza con la S maiuscola.
    Era maleducata!
    Era….era….
    Carina!
    Era carina anche se non sorrideva mai.
    Anche se aveva sempre lo sguardo triste.
    E aveva due occhi magnifici.
    Sospirò per l’ennesima volta, quella mattina.
    Ma che diavolo gli stava succedendo?
    La odiava e nel contempo la incuriosiva.
    Gli tornarono in mente le parole di Lexie.
    “Se potessi leggere nel suo cuore potresti capire cosa realmente nasconde la sua freddezza”.
    Cosa significava?
    Forse lei non era sempre stata così stronza e antipatica.
    Magari era successo qualcosa di poco gradevole che l’aveva fatta cambiare. In peggio.
    Poteva essere ma….lui che colpa ne aveva?
    Perché se la prendeva con lui, deridendolo e prendendolo in giro?
    Si passò una mano sulla faccia.
    Doveva smetterla di pensare a lei.
    Sì sì. E allora perché non ci riusciva?
    Stava impazzendo. Quella era l’unica spiegazione.
    Con un colpo di reni si mise a sedere sul letto. Decise di farsi una doccia e di raggiungere Tom e Georg. Due risate gli avrebbero fatto dimenticare tutto.




    Continua….
     
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  3. Phantom Rose
     
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    Nuovo chappy! Buona lettura!

    Capitolo 10

    I giorni passarono veloci e San Valentino arrivò in un baleno.
    Tom e Bill se ne stavano comodamente seduti sul divano alla disperata ricerca di qualcosa di interessante da guardare in tv.
    -Ma ti rendi conto di quanto è ingiusta la vita?- sbottò Tom.
    -A che proposito?- chiese Bill.
    -Oggi è San Valentino e noi due staremo qui….a casa. Gustav uscirà con Lexie e chissà cosa combineranno dopo- disse Tom ghignando.
    -Beh, non hai nessun motivo per lamentarti. E’ la festa degli innamorati e mi risulta che tu non lo sia affatto- disse Bill in tono stanco, tenendo gli occhi fissi sullo schermo della tv.
    -Quello che volevo dire è che….perfino l’Hobbit ha un appuntamento questa sera, ti sembra giusto?- continuò Tom gesticolando con le mani.
    Bill sbuffò appena –Se ti dà così fastidio rimanere a casa chiami una delle tante ragazze che conosci, ci esci insieme, te la scopi e la pianti di rompermi le palle- disse piuttosto spazientito.
    Tom guardò il gemello per un paio di minuti piuttosto sbalordito.
    Che diavolo gli stava succedendo?
    Era dalla festa di Lexie che si comportava in modo strano, era sempre serio, imbronciato, come se ci fosse qualcosa che lo tormentava.
    -Bill, avanti, mi vuoi dire cosa c’è che non va? E’ da un po’ che sei strano. Cioè….più strano del solito-
    Bill si voltò a guardarlo solo per un attimo, spostando lo sguardo subito dopo.
    Doveva parlare col gemello, dirgli cosa lo turbava? Cosa lo faceva star male?
    Doveva riferirgli le parole derisorie e offensive che Lauren gli aveva rivolto?
    O doveva tacere?
    Scelse la seconda opzione.
    -Non ho niente Tomi, veramente- disse cercando di rassicurare il fratello, un sorriso tirato sulle labbra.
    -Mmh….se lo dici tu….-
    Rimasero in silenzio per qualche minuto poi Tom sembrò illuminarsi. Afferrò il cellulare, cercò un numero in rubrica e fece partire la chiamata.
    Aspettò solo un paio di squilli.
    -Pronto Ryan, ciao sono Tom. Volevo sapere, hai impegni per questa sera?....Perfetto….Che ne dici di passare da noi….Sì, poi decidiamo cosa fare….Benissimo. Facciamo verso le otto?....Ottimo, a dopo-
    Tom chiuse la chiamata e si girò in direzione del fratello, che lo guardava sbigottito.
    -Che hai da guardare in quel modo?-
    -Ti rendi conto di quello che hai appena fatto?- chiese Bill incredulo.
    -Certo che lo so. Più siamo e più ci divertiamo.-
    Bill continuava a fissarlo incredulo.
    -Avanti Bill, non vorrai startene chiuso qui tutto il giorno!?-
    -E quali sarebbero i tuoi programmi?- chiese Bill incrociando le braccia al petto.
    -Quando arriva Ryan decidiamo dove andare. Possibilmente in un locale dove ci siano ragazze, molte e soprattutto libere. Così ci divertiamo. Semplice no?-
    -Certo, come no?- disse Bill in tono poco convinto –Ma lo sai che Ryan ha una ragazza?-
    -Ti riferisci a Lauren? Se ha accettato il mio invito vuol dire che non gliene frega niente di lei. E avrebbe tutte le ragioni, è veramente stronza quella! Anche se una botta gliela darei volentieri- disse Tom sorridendo malizioso mentre si leccava il piercing.
    Bill preferì non rispondere, si guardò in giro con fare annoiato mentre giocherellava con i capelli.
    -Dai impiastro, comincia a prepararti o domani mattina siamo ancora qui!- disse Tom ridendo.
    -Vacci tu, Tomi. Io preferisco rimanere a casa-
    -Non fare il guastafeste, Bill!-
    -Parlo sul serio. Esci, divertiti e non ti preoccupare per me-
    -Ok, vorrà dire che rimarrò qui a farti compagnia- disse Tom incrociando le braccia al petto e mettendo su un broncio degno di premio Oscar.
    Bill sbuffò sonoramente.
    -Va bene, va bene, vado!- disse il moro alzandosi controvoglia dal divano, dirigendosi verso il bagno.
    Tom si alzò di scatto e si avviò tutto contento verso la camera da letto. Si sfregò le mani soddisfatto: si sarebbero divertiti da morire, se lo sentiva.

    *

    Gustav era rientrato presto quel pomeriggio.
    Appena varcata la soglia di casa, Lexie gli era andata incontro come al solito con un sorriso enorme stampato sulle labbra. Gli aveva gettato le braccia al collo stringendolo dolcemente.
    -Tesoro è successo qualcosa? Ti vedo particolarmente felice oggi!-
    -Non è successo niente- rispose la ragazza alzando le spalle.
    Gustav le sorrise e lei lo prese per mano guidandolo lungo il corridoio. Si fermarono di fronte alla porta chiusa di una stanza che non veniva quasi mai usata, se non per metterci qualcosa che non serviva.
    Lexie si girò verso il ragazzo.
    -Chiudi gli occhi-
    Gustav la guardò con un sopracciglio alzato.
    -Per favore, è una sorpresa- disse Lexie sfoderando un sorriso molto convincente.
    -Ok- disse il ragazzo mentre eseguiva l’azione richiesta dalla ragazza.
    Sentì il rumore di una porta che veniva aperta, poi Lexie riafferrò la sua mano conducendolo all’interno della stanza.
    -Sei pronto?- chiese lei un po’ agitata.
    -Sono nato pronto!- rispose Gustav sorridendo.
    -Allora puoi aprire gli occhi-
    Gustav fece come gli aveva detto la ragazza e una volta ripreso possesso della vista, restò parecchio sbalordito da quello che vide.
    Davanti ai suoi occhi c’era una batteria nuova e luccicante, tra l’altro la migliore sul mercato.
    Gustav si girò a guardare la ragazza.
    -E’ il tuo regalo, spero ti piaccia- disse lei facendosi piccola piccola.
    -Se mi piace? Ma è una favola!- disse il biondino sorridendo felice –Ma….come mai questa scelta?-
    -Ho pensato che così avresti potuto suonare anche a casa….solo per me- disse la ragazza arrossendo appena e puntando lo sguardo in basso.
    Gustav si sciolse come neve al sole. Si avvicinò alla ragazza, le sollevò il mento e incrociò il suo sguardo. La abbracciò, stringendola piano.
    -Dovresti saperlo che mi basta averti accanto per essere felice. Ogni tuo passo verso di me equivale ad un battito del mio cuore che batte per la persona più stupenda del mondo. E quella persona sei tu. Comunque grazie, è veramente un bel regalo- le sussurrò all’orecchio.
    Lexie lo strinse maggiormente a sé.
    -E suonerò per te ogni volta che lo vorrai- continuò il biondino.
    Lexie si staccò quel tanto che bastava per guardarla negli occhi.
    -Grazie Gus. Sei la cosa più speciale della mia vita ed è per questo che ti amo-disse sorridendo dolcemente al ragazzo.
    Gustav le sorrise di rimando e le accarezzò una guancia.
    -Anche io ti amo!- le disse prima di posare le labbra sulle sue.

    *

    Lauren se ne stava chiusa in camera, al buio. Un senso claustrofobico di angoscia la pervadeva. Qualche ora prima il ciondolo che portava sempre al collo si era rotto. E da quel momento lei era andata nel panico più assoluto. Forse non significava niente, ma le aveva fatto un certo effetto. L’aveva perfino detto a Ryan, nonostante fossero giorni che non si parlavano. Lui aveva cercato di calmarla, dicendole che le cose si rompono, che non significava niente.
    Lei un po’ si era calmata, tuttavia….aveva una terribile sensazione.
    Si spaventò da morire quando sentì bussare alla porta.
    -Avanti-
    Ryan fece capolino nella stanza ed accese la luce, sedendosi poi sul letto accanto alla sorella.
    -Piccola, io esco. Per qualsiasi cosa chiamami, ok?- le disse, baciandole la testa.
    -Ok-
    -Stai tranquilla. Domani mattina andiamo in ospedale insieme, ti va?-
    Lauren annuì.
    -Bene, allora io vado. Ciao-
    -Ciao. E divertiti- disse la ragazza mentre Ryan usciva dalla camera lasciandola sola.
    Dopo un paio di minuti spesi a pensare, decise di andare a trovare suo padre. Non sarebbe riuscita ad aspettare fino al giorno successivo e non voleva lasciarlo solo la sera di San Valentino. Ormai conosceva tutti i medici e gli infermieri ed era certa che non avrebbero fatto storie anche se era un po’ tardi. Si alzò dal letto, infilò le scarpe, il giubbotto e scese le scale di corsa.
    Guidò tranquillamente fino all’ospedale, ignorando deliberatamente il cellulare che continuava a squillare.
    Una volta arrivata si attardò per qualche minuto a parlare con un’infermiera che stava smontando dal turno. Dopo averla salutata, Lauren camminò fino agli ascensori, premette il pulsante ed attese che le porte si aprissero. Salì e pigiò il tasto che avrebbe fatto salire l’ascensore fino al piano dove era ricoverato suo padre.
    L’ascensore cominciò la sua salita, fermandosi al piano prenotato ed aprendo le porte.
    Quelle porte che l’avevano portata direttamente all’inferno.

    *

    Gustav aveva scelto un ristorante piccolo ma molto romantico per portare a cena Lexie. Avevano cenato a lume di candela e lui non aveva perso occasione per tenerle la mano e stringergliela dolcemente. Adorava quelle mani, così morbide, così delicate. Adorava il modo in cui gesticolava quando si arrabbiava. E adorava sentire quelle mani su di sé quando lo accarezzava, quando lo abbracciava, quando facevano l’amore.
    E non aveva smesso un istante di guardare quel viso angelico, di incrociare quegli occhi dolci e al contempo dannatamente sensuali.
    Lei aveva passato gran parte della serata a sorridergli timidamente, quasi avesse paura di rompere l’incantesimo che si era creato tra di loro.
    Finita la cena erano tornati a casa, l’indomani mattina Gustav doveva alzarsi presto per una riunione con David, i ragazzi e il resto del team.
    Gustav aveva dato a Lexie il suo regalo, un braccialetto formato da un unico filo di diamanti che lei aveva apprezzato molto.
    Il ragazzo, finito di sistemarsi per la notte, uscì dal bagno ed entrò in camera, meravigliandosi che Lexie non fosse già a letto. Si mise a cercarla e la trovò in salotto, intenta a fissare il buio oltre la finestra. Sorrise intenerito vedendola in pigiama, a piedi scalzi, i capelli sciolti che le ricadevano scomposti su spalle e schiena.
    Si avvicinò a lei senza far rumore.
    Lexie, però, si accorse della sua presenza e si girò trovandosi di fronte al ragazzo. Agganciò le mani dietro al suo collo, sfiorandogli le labbra con un casto bacio.
    Si fissarono per qualche secondo e Gustav si ritrovò a pensare a quanto fosse bella anche senza un filo di trucco.
    Lexie sorrise.
    -A cosa stai pensando?- chiese lei dolcemente.
    -A niente- rispose il ragazzo sorridendo appena.
    -Sei un bugiardo. La verità è che non me lo vuoi dire-
    -Pensavo che sei molto bella anche in pigiama e senza trucco- rispose Gustav baciandole la punta del naso.
    Lexie arrossì, abbassando appena lo sguardo.
    Il ragazzo sorrise intenerito e le posò un bacio sulla fronte. Poi scese a baciarle entrambe le guance e poi fu la volta delle sue labbra, che si limitò a sfiorare appena.
    Lei gli accarezzò una guancia, scendendo poi a sfiorargli il collo con la punta delle dita. Intrecciò nuovamente le mani dietro al collo del ragazzo mentre le loro labbra si cercavano.
    Il loro era un bacio dolce e lento, che si fece via via più passionale e profondo. Quando il bisogno di ossigeno fu troppo, si staccarono lentamente, quasi controvoglia. Gustav le spostò i capelli baciandole il collo. Dopo averla presa in braccio la condusse fino in camera da letto. Appena varcata la soglia, le fece appoggiare i piedi per terra, riprendendo a baciarla. I loro indumenti raggiunsero il pavimento mentre si dirigevano verso il letto. Il materasso cigolò appena sotto il loro peso.
    Gustav osservò la ragazza estasiato: i lunghi capelli sparsi sul cuscino, lo sguardo languido, le labbra leggermente gonfie.
    Si rituffò sul suo collo, baciandolo, mordendolo, senza tralasciare nessun centimetro di quella pelle vellutata. Scese lungo le clavicole, i seni, poi fu la volta del suo ventre piatto dove si divertì a solleticare quell’ombelico che adorava.
    Lei continuava ad accarezzargli la testa e le spalle, a passargli le dita tra i capelli.
    Gustav risalì lentamente, continuando a baciarla, mentre sentiva la ragazza muoversi appena sotto di sé.
    Incatenò il suo sguardo con quello della ragazza e lei gli sorrise maliziosa. Gustav le posò le mani sui fianchi, facendole scivolare verso il basso fino ad arrivare al suo fondoschiena ed entrò in lei.
    Lexie sospirò rumorosamente, mordendosi il labbro inferiore.
    Entrambi sentivano le guance andare a fuoco e il ventre ribollire mentre si baciavano avidamente. Gustav sentì la ragazza gemere in sospiri appagati, mentre gli graffiava la schiena con le unghie. Aumentò la velocità delle spinte, sentendo i muscoli tendersi.
    I loro gemiti riempivano il silenzio che regnava nella stanza.
    Gustav diede le ultime spinte e venne qualche secondo prima di lei, che continuava a baciargli le guance e il collo.
    Si sdraiò accanto alla ragazza, voltandosi per guardarla. Incrociò i suoi occhi e le sembrò ancora più bella, gli occhi velati dal piacere, le guance leggermente tinte di rosso.
    Lexie si ritrovò a pensare la stessa cosa del ragazzo e gli sorrise dolcemente prima di sporgersi appena per catturare le labbra con le sue. Posò la testa contro il petto del ragazzo, facendo intrecciare le loro dita e rimasero così a coccolarsi finché Morfeo non li fece cadere in un sonno profondo.


    Continua….
     
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  4. Phantom Rose
     
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    E così siamo arrivati all'undicesimo capitolo....non credevo di farcela. Davvero. E diciamo che da qui comincia il bello (spero!) della storia. Mi auguro di cuore che il nuovo chappy piaccia a qualcuno. Buona lettura a tutte!

    Capitolo 11

    La mattina seguente Lexie venne svegliata dall’incessante squillare del cellulare. Aprì un occhio e guardò la sveglia posizionata sul comodino.
    Erano le otto e dieci.
    Sgranò gli occhi.
    Chi diavolo la chiamava a quell’ora?
    -Hai intenzione di farlo suonare ancora tanto?- chiese Gustav con la voce impastata dal sonno. Lexie afferrò il cellulare, che nel frattempo smise di squillare. Decise di guardare nelle chiamate perse chi era il criminale che l’aveva svegliata a quell’ora. Rimase parecchio stupita nel constatare che era stato Ryan a cercarla. Alzò le spalle rimettendo il cellulare sul comodino, girandosi poi a guardare il ragazzo accanto a lei.
    Gustav se ne stava disteso su un fianco, la testa sorretta da una mano. Le sorrise e si spostò verso di lei per baciarla. Dopo aver torturato a sufficienza le sue labbra, si spostò sul suo collo. Lexie ridacchiò divertita.
    -Gus piantala!- disse in tono poco convincente.
    -Perché? Pensavo di continuare da dove abbiamo lasciato ieri sera- disse il biondino continuando a baciare il collo della ragazza.
    -Scemo!- lo apostrofò lei.
    Gustav si sollevò piazzando il viso davanti a quello della ragazza.
    -Credevo fossi d’accordo!- disse Gustav guardandola malizioso.
    Lexie fece per rispondergli ma il cellulare ricominciò a squillare.
    Gustav sbuffò piuttosto contrariato, tornando a stendersi accanto alla ragazza.
    Lexie afferrò il cellulare, vide che era ancora Ryan e rispose.
    -Pronto?....Ciao Ryan….Sì, non ti preoccupare, dimmi….CHE COSA?- disse la ragazza scattando seduta sul letto –Arrivo!-
    Chiuse la telefonata, si liberò delle coperte a suon di calci, balzò in piedi e corse in bagno rischiando di cadere dopo aver inciampato nella maglia di Gustav.
    Il biondino la guardava perplesso: che le era preso? Era forse arrivata la fine del mondo?
    Si alzò dal letto sbuffando nuovamente, legandosi il lenzuolo attorno ai fianchi e raggiungendo la ragazza in bagno.
    -Tesoro, si può sapere cosa ti prende?-
    -Devo raggiungere subito Ryan in ospedale- rispose la ragazza da dentro la doccia.
    Gustav corrugò la fronte –Che gli è successo? E perché ci devi andare tu?-
    Lexie aprì appena un’anta della doccia, sporgendo la testa e guardando il ragazzo negli occhi.
    -Non è successo niente, a lui- disse seria.
    Gustav capì al volo e spalancò la bocca. Dopo qualche secondo si riprese dalla notizia –Ti accompagno-
    -Ma non avevi degli impegni di lavoro, oggi?- chiese la ragazza.
    -Chiamerò David, non ti preoccupare-
    -Grazie, cerca di fare presto però-

    *

    Arrivarono in ospedale un po’ trafelati. La prima persona che videro fu proprio Ryan. Era fermo in mezzo al corridoio, le braccia incrociate al petto, lo sguardo basso, mentre un medico gli parlava. Lui si limitava ad annuire ogni tanto e alla fine della conversazione il medico gli posò una mano sulla spalla, allontanandosi poco dopo e lasciando il ragazzo da solo.
    Ryan rimase con lo sguardo puntato sul pavimento, finché non sentì una mano più piccola e delicata posarsi sul suo braccio. Sollevò lo sguardo da terra, ritrovandosi davanti Gustav e Lexie.
    -Ragazzi….scusate, non vi avevo visto arrivare- disse Ryan cercando di assumere un’espressione meno vacua.
    -Ryan non sai quanto mi dispiace- disse Lexie abbracciando il ragazzo.
    -Ti ringrazio-
    -Quand’è successo?- chiese Gustav.
    -Ieri sera-
    -Lauren dov’è?- chiese preoccupata Lexie guardandosi in giro.
    Ryan girò la testa in direzione della stanza dove era stato ricoverato suo padre fino a qualche ora prima.
    -E’ lì dentro. Non vuole uscire- disse il ragazzo sospirando –E’ da ieri sera che è in quella stanza-
    -Che cosa? Vuoi dire che l’hai lasciata venire da sola?- chiese Lexie.
    Ryan guardò negli occhi la ragazza –Dovevamo venire stamattina, insieme. Io ieri sera sono uscito coi gemelli e da quelle poche parole che sono riuscito a farmi dire lei è venuta qui perché non voleva lasciarlo solo la sera di San Valentino. Solo che quando lei è arrivata lui era….morto da qualche minuto. Mi ha chiamato subito, ma non vuole vedere nessuno. Mi ha mandato fuori dalla stanza perché vuole rimanere da sola- disse il ragazzo, gli occhi lucidi.
    -Senti….vai a prendere un po’ d’aria, io vado da lei e cerco di farla ragionare, ok?- disse Lexie incamminandosi poi verso la stanza.
    Prima di entrare respirò a fondo un paio di volte. Poi si decise ad aprire la porta e la scena che le si presentò davanti agli occhi le strinse il cuore.
    Le tapparelle erano un po’ abbassate e creavano una strana penombra all’interno della stanza. Il letto vuoto e sul comodino un mazzo di calle. I macchinari erano ancora tutti lì, ormai spenti.
    Lauren se ne stava seduta su una sedia al fianco di quel letto ormai vuoto. Continuava a fissare il cuscino ed era così immobile che sembrava non respirasse più.
    Lexie si avvicinò piano, chiamandola –Lauren-
    Nessuna risposta, nessun cenno.
    -Lauren- provò a chiamarla una seconda volta.
    La ragazza mosse impercettibilmente la testa in direzione dell’amica.
    -Vai via- le disse atona e con un filo di voce.
    -Lauren, ti prego ascoltami-
    -Vai via. Voglio rimanere da sola-
    -Ascoltami solo un momento-
    -Voglio rimanere da sola. Per favore!- disse Lauren girandosi a guardare l’amica.
    Lexie avrebbe preferito ingoiare una scatola di puntine piuttosto che vedere il suo viso. Non stava piangendo, ma la sua espressione era qualcosa di indecifrabile.
    Emanava sofferenza, dolore da ogni singolo poro. Era pallida, in modo anomalo, come se le forze, la vita la stessero abbandonando.
    Aveva delle profonde occhiaie e lo sguardo vuoto, spento.
    Lexie fu costretta ad abbassare lo sguardo per non gettarle le braccia al collo e consolarla.
    -Va bene, come vuoi. Ti lascio sola- e così dicendo uscì da quella stanza lasciando Lauren sola, in balia della tristezza, della solitudine che regnavano nel suo cuore.

    Nel frattempo Ryan aveva seguito il consiglio di Lexie ed era uscito a prendere una boccata d’aria, accompagnato da Gustav.
    Faceva piuttosto freddo quel giorno, ma Ryan non sembrava farci caso. Appena varcate le porte dell’ospedale, appoggiò le spalle al muro passandosi una mano sul volto stanco. Gustav lo guardava preoccupato, aveva veramente un aspetto orribile: gli occhi lucidi, il viso tirato, gli angoli della bocca rivolti verso giù.
    -Ryan….ti senti bene?- chiese Gustav un po’ allarmato.
    -No, non va bene per niente- rispose il ragazzo, mentre una lacrima scendeva sulla sua guancia arrossata per il freddo. –Vorrei che fosse un brutto sogno ma purtroppo so che non è così-
    -Non sai quanto mi dispiace. Veramente- disse il biondino in tono sincero.
    -Ti ringrazio- rispose Ryan girandosi a guardare il ragazzo.
    Passarono un paio di minuti durante i quali nessuno dei due aprì bocca.
    -Fai le mie condoglianze anche a Lauren. Vorrei fargliele di persona ma credo non mi voglia vedere- disse ad un tratto il batterista.
    -Credo non voglia vedere nemmeno me. E ad essere sinceri non ho nemmeno il coraggio di guardarla in faccia-
    -So che è un momento difficile ma ricordati che sei l’unica persona che le è rimasta-
    -Lo so ma….tu sai quanto fosse legata a nostro padre. Faceva finta di essere ottimista, cercava di auto convincersi che tutto sarebbe andato per il verso giusto anche quando sapeva che da un coma di quarto grado non ci si può svegliare- disse Ryan. Sospirò, prima di proseguire –Dopo quello che è successo e che abbiamo passato-
    -Non potevate fare niente- lo interruppe Gustav -L’unica cosa che potete fare ora è sostenervi a vicenda-
    -Forse hai ragione. Vorrei poterla proteggere ma il fatto è che io sono il più debole e non riesco a difendere nemmeno me stesso- rispose Ryan sconsolato.
    -Tutti al tuo posto si sentirebbero inutili e indifesi. Ma non ti devi scoraggiare. Ci vorrà tempo ma riuscirete a superare anche quest’avversità- disse il biondino dandogli una pacca d’incoraggiamento sulla spalla.
    -Spero tu abbia ragione. Comunque grazie, sei veramente un amico- disse Ryan guardando il ragazzo con sguardo riconoscente.
    Gustav gli sorrise e i due rimasero in silenzio per qualche minuto a guardare la pioggia che aveva cominciato a scendere. Poi rientrarono.

    *

    I funerali ebbero luogo qualche giorno dopo.
    Quel pomeriggio Lauren se ne stava chiusa in camera, non era in grado di sopportare il via vai di gente che c’era ormai da un’ora.
    Se ne stava ferma immobile, seduta di fronte al pianoforte che aveva in camera.
    I balconi erano chiusi e la camera era avvolta dall’oscurità. Ma le tenebre che si celavano dentro quella stanza buia non erano nemmeno paragonabili a quelle che si celavano dentro la sua anima.
    Il suo cuore era schiacciato dalla sofferenza.
    Sentiva la tristezza come se fosse un velo sottile e trasparente che le avvolgeva l’anima e che la stringeva così stretta da impedirle di respirare.
    Era così immersa nei suoi pensieri e sopraffatta dal dolore che non si era accorta che sua zia, dopo aver bussato alla porta per diverso tempo, era entrata nella stanza. La donna si avvicinò piano alla ragazza, sfiorandole delicatamente una spalla.
    -Lauren, tesoro, è ora di andare- disse tristemente.
    La ragazza annuì e si alzò dallo sgabello. La stanza cominciò a girare e fu costretta a chiudere per un attimo gli occhi. Non le importava stare mele, ormai non le importava più niente. Riaprì gli occhi e seguì sua zia fino al piano inferiore, salendo subito in macchina, senza guardare nessuno. Aveva già attraversato un periodo come quello e se c’era una cosa che proprio non sopportava era fare pena alla gente.
    La cerimonia funebre non si dilungò troppo.
    Verso la fine, però, il sacerdote chiese se qualcuno voleva spendere qualche parola sul defunto.
    Nella chiesa calò il silenzio.
    Ryan strinse la mano della sorella, che però allentò la presa e si alzò in piedi, raggiungendo l’altare.
    Era come se la chiesa fosse vuota, non riusciva a vedere nessuno, non percepiva nessun suono se non il battito straziato del suo cuore.
    Si sistemò il microfono davanti alla bocca e respirò a fondo prima di cominciare a parlare.
    “Quello che sto per dire di mio padre rappresenta ciò che lui era, quello che rappresentava per me….e per mio fratello.”
    Ryan la guardò, accennando un consenso con la testa.
    “Non ho avuto il tempo di salutarlo, quando sono arrivata era già troppo tardi. E? stato come un fulmine a ciel sereno e lui non c’era più. Avrei voluto dirgli tante cose….abbracciarlo e dirgli un’ultima volta che gli volevo bene….che gli voglio bene e gliene vorrò per sempre”.
    Lauren fece una pausa cercando da dietro le lenti scure degli occhiali lo sguardo di suo fratello.
    “Papà ha sempre dato senza mai chiedere nulla. Mi ha portato in capo al mondo per farmi felice. Mi amava in silenzio ma con tante dimostrazioni. Era la luce dei miei giorni e gli dava colore. Lui sarà per sempre l’uomo della mia vita….l’unico ed insostituibile papà”.
    Fece un’altra pausa, respirando a fondo.
    “Anche se lui non può più sentirmi, voglio dirgli….grazie. grazie papà! Grazie per ogni momento a me dedicato con amore….grazie per ogni rimprovero….per ogni abbraccio e carezza ricevuta. Grazie di ciò che mi hai dato e di ciò che non hai voluto darmi. In questa vita mi terranno compagnia i ricordi che mi hai donato e il tanto che mi hai insegnato. Ti voglio bene papà”.
    Lauren si allontanò dall’altare, tornando verso il suo posto, mentre il silenzio regnava sovrano, rotto solo da qualche singhiozzo che si levava lieve. Si avvicinò al suo posto accorgendosi che Lexie, seduta dietro di lei, era un mare di lacrime e a nulla servivano i tentativi di Gustav di consolarla. D’altronde….erano amiche da una vita e per Lexie il padre di Lauren era come un secondo papà. Quando raggiunse il suo posto, Lauren venne abbracciata da un Ryan visibilmente commosso.
    Bill, seduto accanto a Gustav, voleva scappare. Le parole pronunciate dalla ragazza lo avevano toccato nel profondo dell’anima. La guardò mentre scioglieva l’abbraccio con Ryan e una lacrima solitaria, bruciante, si liberò dai suoi occhi scendendo lungo quella guancia candida e precipitando verso il basso. Fu costretto a distogliere lo sguardo, e ringraziò Dio che la cerimonia funebre fosse finita.

    Solo una volta giunta in cimitero Lauren si accorse di quante persone c’erano: i parenti, i colleghi di lavoro di suo padre, i vicini, gli amici dei suoi genitori, la crew al completo….
    E poi loro, Bill, Tom e Georg che avevano deciso di esserci in quanto amici di Ryan.
    Quando l’ultimo granello di terra coprì la bara, la gente cominciò a congedarsi, non prima di aver abbracciato i due ragazzi.
    Non era rimasto quasi più nessuno.
    Lauren si avvicinò alla tomba del padre, si chinò appoggiandovi sopra un mazzo di calle bianche come la neve, i suoi fiori preferiti. Rimase imbambolata a fissare quei fiori, mentre la solitudine, la rabbia, il dolore si facevano spazio nel suo cuore.
    Come avrebbe fatto ad andare avanti senza la luce del suo sorriso?
    Chi l’avrebbe salvata, aiutata?
    Nessuno. L’unica persona capace di un simile miracolo non c’era più.
    Aveva sperato ogni giorno che suo padre si risvegliasse dal coma.
    Ogni singolo giorno.
    Ma aveva sperato invano.
    Lui che era il suo sole.
    Il suo muro d’appoggio.
    L’uomo della sua vita.
    Il padre perfetto, anche con i suoi difetti.
    C’era sempre stato per lei, per loro.
    Ma ora che non c’era più….come avrebbe fatto a vivere senza di lui?
    Come avrebbero fatto lei e Ryan?
    Avrebbe dato la sua vita pur di riaverlo, perché senza di lui non aveva senso rimanere al mondo.
    E invece….
    Le erano rimasti solo i ricordi, era tutto finito.
    Cominciò a scendere una lenta pioggia e le sembrò che tutto intorno a lei parlasse….che tutto si avvolgesse di un’acuta tristezza.
    Si alzò in piedi lentamente ed alzò il viso verso il cielo, incurante della pioggia che le stava bagnando i vestiti.
    Aveva lo sguardo vuoto, fisso sulla pioggia che scendeva. Niente in quel momento poteva scuoterla dal torpore, niente poteva rallegrarla….solo il suo dolore la nutriva, la aiutava a non dimenticare.
    Abbassò il viso e si girò lentamente a guardare l’unica persona che le era rimasta.
    Suo fratello si trovava in fondo al vialetto, accanto a Bill.
    Lauren si mosse in quella direzione e quando fu vicino ai due ragazzi Ryan le sorrise dolcemente.
    -Andiamo a casa- le disse –Ti aspetto in macchina- e si allontanò.
    Lauren rimase ferma a fissarlo, poi lo seguì.
    -Lauren- disse Bill.
    Lei si girò a guardarlo e il ragazzo avrebbe preferito essere insultato altre mille volte piuttosto che vederla così.
    -Lo so che le parole sono futili in un momento come questo. Non si sa mai cosa dire in queste occasioni, qualsiasi parola appare vuota di senso di fronte ad un dolore così grande. Mi dispiace tanto per quello che è successo- disse Bill guardandola negli occhi –Ma se posso fare qualcosa….se e quando avrai voglia di sfogarti e parlare….io sarò qui. Puoi contare su di me.-
    Lauren lo guardò per qualche secondo, poi si voltò e mosse un passo in direzione della macchina.
    Bill sospirò, lasciando cadere le spalle e abbassando lo sguardo.
    Quando, pochi attimi dopo lo rialzò, vide che la ragazza era ancora lì e gli dava le spalle. Rimase parecchio stupito quando la vide girarsi verso di lui.
    Bill si preparò mentalmente ad essere mandato al diavolo o peggio, ma la ragazza si limitò a guardarlo negli occhi.
    -Grazie Bill- gli disse dopo qualche attimo di silenzio.
    Bill la osservò dargli le spalle e salire in macchina. Rimase lì, sotto la pioggia ad osservare la vettura che si allontanava.

    Lauren inforcò gli occhiali da sole e posò la fronte sul finestrino, fissando la pioggia che non smetteva di scendere. Continuava a trattenere le lacrime ma il cielo piangeva per lei.



    Continua….



    Edited by Phantom Rose - 21/6/2010, 22:20
     
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  5. billintheheart
     
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    Allora, eccomi.
    Ti dico la verità, non sono riuscita a leggerla tutta, sono arrivata al 5 capitolo.
    Il motivo è che ho iniziato tardi e come puoi notare ...ora è molto tardi^^
    I capitoli inoltre sono molto lunghi, e nonostante la lettura sia scorrevole e piacevole, dopo un po' non vedevo più le lettere! ecco perchè mi sono fermata.
    E' ovvio che il resto lo leggerò e commenterò domani.
    Che dire?!
    Sono rimasta sconvolta dal fatto che tu abbia così pochi commenti.
    Ma d'alronde, anche Nacht aveva pochi commenti, è una strana sorteXD
    Meriti un sacco di lettrici, e spero che col mio commento se ne aggiunga presto qualche altra .
    Le narrazini sono molto descrittive ed entrano nei particolari, i personaggi sono ben delineati e trovo che il tuo stile sia semplice e lineare ma estramemente comunicativo.
    La storia mi piace, ha un che di mistrioso sotto.. e la fine di ogni capitolo è molto ben pensata per incuriosire ed invogliare il lettore a seguirti.
    Mi piace tanto in definitiva.
    Dicevi di non scrivere bene, ma io qui vedo una bella stora, con belle scene ed idee brillanii.
    Va letta,si. La consiglierò se me lo chiederanno.
    ...Domani continuo il commento^^
    <un bacio tesoro e complimenti.


     
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  6. morgana17_69
     
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    ma ma ma il seguito dov'èèèèèè???so stata ingannataaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa io pensavo fosse finitaaa!!!...ok, allora intanto commento questi 11 capitoli: il primo non mi è piaciuto molto..non so forse eri tesa e nervosa per l'inizio...ma appunto è troppo "sbruzzoloso" si inceppa un pò...poi invece tutto il resto lo trovo fantastico!si, sembra proprio che tu abbia preso il via ed è tutto diverso: scorre che è una meraviglia, va come il vento! è davvero molto piacevole leggere questa storia!mi sono piaciute moltissimo le due lettere che si sono scambiate le ragazze: davvero una bellissima amicizia, parole molto toccanti che mi hanno commossa sul serio! e allo stesso modo mi sono piaciute le foto che hai scelto per i personaggi(ottima scelta)! altra cosa che mi ha incuriosita parecchio è il fatto che tu racconti prevalentemente di gustav e la sua ragazza: che cosa insoita...vabbeh che non sono una grandissima lettrice di ff, ma fin ora avevo "assistito" solo a storie incentrate interamente su bill (e al max su tom)...invece qui ecco la news: si parla di gustavvvv...cioè, io a malapena so che fa parte del gruppo! (^^)...ecco la cosa è molto mlto interessante!...una nota un pò così sulle scene di sessoooo:su su erikuzza osa di piùùù, sono certa che sai fare di meglio!...non "accennarle" entra nel vivo della questione....lo dico solo perchè sembra che tu abbia paura a lasciarti andare: osi e non osi..descrivi tutto per bene, ti lanci....e poi finisce tutto !no no noooo, dicci bene ogni paricolare, conquistaci con le tue parole(sono certa che sai/vuoi farlo assolutamente bene) o mi sbaglio???......concordo pienamente con ilina sul fatto della chiusura dei capitoli: sai incuriosire perfettamente il lettore...e lo intrappoli per la lettura del capitolo successivo! ottimo! mi piace moltissimo anche questa cosa!...coem il carattere dei personaggi e tutta la trama che mi sembra accattivante ed interessante!...bene allora atetnderò, ormai intrappolata, i prossimi capitoliiiiiiiiiiiiiiii!!!!*abbraccia*

    ps. ma in effetti, come mai questa storia meravigliosa ha davvero così pochi commenti/lettori???cioè non ho parole....cmq ti ho messo i link diretti in firma, così magari tutti sapranno dove andare per poterti leggere ...perchè lo meriti erikina!(consiglio: sposta i link prima delle altre frasi così le persone vedono che hai scritto ff...o rimpicciolisci la scritta blù)
     
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  7. billintheheart
     
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    Eccomiiii anzi, rieccomi.
    Ho finito di leggere ieri notte..
    Questa storia è sempre più bella *o*
    E la cosa che stupisce tanto sono i personaggi ..
    Hanno tutti una ben precisa personalità..che alla fine non è descritta..ma viene estrapolata dal lettore automaticamente.
    Bellissima questa cosa..
    Anche il fatto che sia più in rielievo Gustav, mi piace, è una novità (almeno per me).
    E' come se lo conoscessi attraverso la tua storia... Insomma mi ci sto accanendo!
    Ci sono molti punti particolari e originali e questo non fa che incuriosirmi sempre di più..
    La morte del padre .... anche se non è uno dei protagonisti.. mi ha lasciata triste...e mi ha colpita parecchio.
    Anche nelle scene più Hot ti sei spinta dove non pensavo, hai un ottimo appiglio ...anche se come dice Sil... NON LASCIARCI SUL PIù BELLO !!!
    Addentrati nella perversione
    Mi hai stupita ancora di più in questi ultimi.
    Sei migliorata un sacco a distanza di poco tempo e questo ti fa onore!
    Mi piaci...spero di leggere presto il prossimo chappy!
     
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  8. Phantom Rose
     
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    Grazie tesoro!
    Tu e Sil sarete accontentate, promesso
    Spero di riuscire a postare il nuovo capitolo già nei prossimi giorni.
    Grazie di cuore .
     
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  9. Phantom Rose
     
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    Per chi avesse letto il capitolo 11 secoli fa....l'ho modificato, dateci un'occhiata. Ed ora il nuovo chappy. Spero vi piaccia. Buona lettura

    Capitolo 12

    Era trascorso qualche giorno dal funerale.
    Ryan doveva uscire con Bill e si trovava in camera sua per ultimare di vestirsi.
    Lauren era in salotto, seduta sul divano. Aveva la tv accesa ma era intenta a guardarsi le unghie delle mani con fare annoiato.
    Il campanello di casa suonò.
    -Lauren puoi andare tu ad aprire per favore?- urlò Ryan dal piano di sopra.
    -Va bene- rispose la ragazza, alzandosi controvoglia dal divano.
    Quando aprì la porta si trovò di fronte un Bill alquanto imbarazzato.
    -Ciao- le disse accennando un sorriso.
    -Ciao- rispose lei seria, spostandosi per farlo entrare.
    Appena Bill mise piede nella casa si accorse che era veramente enorme come appariva da fuori.
    L’entrata era un quadrato perfetto, al centro del quale spiccava un tavolino rotondo, in vetro, con sopra un vaso di rose bianche. I muri erano tinteggiati di bianco, il pavimento era di marmo anch’esso bianco. Guardando dritto di fronte a sé, Bill notò un’enorme scala dello stesso materiale del pavimento, che saliva compiendo, verso metà, un angolo di 90°.
    Il corrimano era in ferro battuto con degli strani disegni. Sembrava proprio una di quelle ville hollywoodiane che si vedevano nei telefilm.
    -Seguimi- disse la ragazza.
    Bill non se lo fece ripetere due volte. Attraversò l’entrata, passando sotto ad un grande arco che portava in salotto.
    -Accomodati- gli disse la ragazza mentre si sedeva sul divano.
    Bill si guardò un attimo intorno.
    C’erano tre divani, bianchi e neri, posizionati a ferro di cavallo al centro dei quali si trovava un enorme tappeto e un basso tavolino di cristallo. La tv a schermo piatto era di fronte ai divani, appesa al muro. C’era un bellissimo caminetto acceso, che dava all’ambiente un’atmosfera accogliente e familiare. Di fronte alla porta c’era una grande vetrata che dava sul giardino mentre sulla sinistra c’era un’ampia porta a scomparsa dalla quale si intravedeva la cucina.
    Bill si accomodò su un angolo del divano, rimanendo seduto sul bordo del cuscino.
    Si sentiva parecchio a disagio, sia per il fatto che si trovava lì e soprattutto perché voleva dirle qualcosa ma non sapeva da dove iniziare.
    -Ehm….come stai?- buttò lì tanto per rompere il ghiaccio.
    -Te lo lascio immaginare. Comunque cerco di andare avanti- disse lei senza degnarlo di uno sguardo.
    -Non è rimasto nessuno qui a farti compagnia? Che ne so….qualche parente?-
    -No- rispose lei brevemente.
    -Non è un po’ difficile rimanere da sola con Ryan?-
    Lauren si girò a guardarlo. –E’ anche casa sua non posso buttarlo fuori a calci!-
    “Ed è anche il tuo ragazzo” pensò Bill dandosi subito dell’idiota per aver fatto una domanda così stupida.
    -Non ti aspettavi una cosa del genere, vero?- continuò Bill.
    Lauren sospirò, quel ragazzo la stava innervosendo parecchio con tutte quelle domande.
    -Diciamo che speravo finisse diversamente –
    -Forse ti sei illusa ed ora è per questo che soffri così tanto- disse Bill.
    -Può darsi-
    -Capisco- disse Bill abbassando lo sguardo.
    -Se capissi davvero non faresti tante domande, non vorresti tante risposte, mi stringeresti e senza guardarmi negli occhi ascolteresti il mio pianto- disse Lauren tutto d’un fiato alquanto spazientita.
    I due si guardarono per qualche secondo, poi Lauren distolse lo sguardo.
    -Scusami, ho delle cose da fare- disse subito dopo la ragazza, alzandosi ed uscendo dal salotto, lasciando Bill da solo e alquanto spaesato.
    Si diresse verso le scale dove incrociò suo fratello.
    -C’è Bill di là, credo ti stia aspettando-
    -Sì, grazie- rispose Ryan raggiungendo il ragazzo in salotto.
    Lauren salì le scale di corsa andando a chiudersi nella sua camera. Si lasciò cadere sul letto a pancia in giù, incrociando le braccia e posandovi sopra la fronte.
    Ripensò alle ultime parole che aveva detto a Bill.
    Era diventata pazza?
    Ma che le era preso?
    Piangere tra le sue braccia?
    La ragione l’aveva proprio abbandonata.
    Si diede mentalmente della stupida per quello che aveva detto.
    Eppure….
    Qualcosa dentro di lei era cambiato da quel giorno al cimitero.
    Qualcosa era cambiato dopo le parole pronunciate dal ragazzo.
    Sembrava veramente sincero e disposto a starla ad ascoltare.
    E allora perché lo trattava così?
    Perché non riusciva ad essere un po’ gentile con lui o almeno a considerarlo come qualsiasi altro essere umano?
    Forse perché attribuiva a loro la colpa di quello che era successo, anche se sapeva benissimo che era sbagliato. Era un errore madornale, perché loro non c’entravano niente con quanto era accaduto.
    Sospirò.
    Era veramente stanca. Fisicamente e soprattutto mentalmente.
    Non riusciva a mangiare. Non riusciva a dormire. Non voleva vedere né sentire nessuno, nemmeno Lexie. Voleva soltanto rimanere da sola, cosa alquanto autodistruttiva perché così non faceva altro che pensare. E pensare. E pensare ancora, finché la testa sembrava scoppiare. E non riusciva nemmeno a sfogare il suo dolore piangendo. Le lacrime si rifiutavano di scendere dai suoi occhi. E questo non faceva altro che peggiorare il suo già cattivo umore.
    Si sentiva dilaniata dentro, trafitta da migliaia di lame che colpivano, affondavano incessantemente.
    Doveva trovare al più presto una soluzione o sarebbe veramente impazzita.

    *

    Il giorno seguente Bill era uscito col pretesto di avere delle commissioni da sbrigare. In realtà aveva voglia di rimanere da solo e vagava per la città senza una meta precisa. I suoi progetti, però, cambiarono quando, arrivato in prossimità della migliore fioreria di Amburgo, vide parcheggiata lì fuori una macchina che conosceva fin troppo bene. Senza pensarci due volte, mise la freccia fermandosi a bordo strada e attese. Dopo qualche minuto la vide uscire. Era proprio lei. Lauren.
    La osservò mentre caricava nel bagagliaio dei mazzi di fiori, per poi salire in macchina ed immettersi nel traffico.
    Fu in quel momento che Bill decise di seguirla. Riuscì a non farsi seminare e quando la ragazza arrivò a destinazione, lui rimase un po’ indietro per non farsi vedere.
    Lauren scese dalla macchina, recuperò i fiori ed entrò in cimitero.
    Bill, seduto nella sua auto, indeciso sul da farsi, continuava a tamburellare le dita sul volante. Decise di raggiungerla, sganciò la cintura di sicurezza, scese dall’auto, la chiuse e si avviò verso la tomba del padre della ragazza. Dopo aver camminato per qualche minuto, la vide. Se ne stava in piedi, immobile, di fronte alla tomba del padre. Le si avvicinò piano, guardandola.
    Perché doveva essere così maledettamente bella e misteriosa? Era come una calamita. Non voleva avere niente a che fare con lei eppure….non riusciva a togliersela dalla testa.
    Si avvicinò ancora di più alla ragazza.
    Lauren si accorse di non essere sola e si girò in direzione del ragazzo.
    -Ciao. Passavo di qui e ho pensato di fermarmi. Non pensavo ci fosse qualcuno- disse Bill piuttosto imbarazzato.
    Lauren lo guardò per qualche secondo, poi riportò lo sguardo fisso di fronte a sé.
    -Beh, allora io vado. Immagino vorrai rimanere da sola-
    -Puoi rimanere….non mi dai fastidio- rispose la ragazza in tono tranquillo.
    Bill rimase parecchio stupito dalle sue parole e decise di restare ancora per un pò.
    Ci furono dei lunghi ed interminabili minuti di silenzio.
    -Ti chiedo scusa per ieri, non avrei dovuto assillarti con le mie domande- disse il ragazzo in tono dispiaciuto.
    Lauren alzò le spalle –Fa niente-
    Bill abbassò lo sguardo. Si era illuso di sentirsi porgere delle scuse? Che stupido. Ma in fin dei conti lei gli aveva risposto malissimo, avrebbe anche potuto dirgli qualcosa. Se non proprio delle scuse….almeno ammettere di aver esagerato. Quella ragazza era veramente impossibile!
    -Mi dispiace di averti risposto male- disse lei ad un tratto.
    Bill, alquanto sorpreso, alzò di colpo la testa, tanto velocemente da farsi male al collo.
    -Il fatto è….che non mi va di parlarne, per il momento- continuò lei.
    -Ti capisco. Non preoccuparti- le rispose calmo il moretto.
    Calò nuovamente il silenzio.
    Bill la osservava intensamente, con curiosità, quasi volesse leggerle nella mente. I lunghi capelli, divisi da una riga in mezzo, vaporosi e sensuali, cadevano sulle spalle con una naturalezza da fare invidia. Il viso acqua e sapone, la bocca carnosa. Un accenno di lentiggini su un nasino adorabile. I suoi occhi color oceano, incorniciati da sopracciglia sapientemente delineate e perfette erano….tristi. Solo allora Bill si accorse dello sguardo triste e malinconico della ragazza e dei suoi occhi pericolosamente rossi e lucidi.
    Dopo pochi secondi, e assolutamente in silenzio, Lauren iniziò a piangere, in un modo che Bill trovò bellissimo. Piangeva solo con gli occhi, come se fossero due bicchieri colmi fino all’orlo di tristezza, impassibili mentre quella goccia di troppo alla fine li vince e scivola giù dai bordi, seguita poi da altre mille.
    Bill rimase un attimo interdetto ma decise che doveva fare o dire qualcosa. Alzò lentamente un braccio, posando il pollice sulla guancia della ragazza, asciugando una lacrima.
    Lauren girò la testa verso il ragazzo, senza però guardarlo in viso.
    Bill le posò una mano sulla schiena, attirandola verso di sé, abbracciandola dolcemente, quasi avesse paura di essere di troppo in un frangente così delicato. Lauren si limitò a posare la fronte al petto del moretto, inspirando il suo profumo.
    Dopo qualche secondo di silenzio, lei cominciò a parlare. –Aveva giurato che sarebbe stato sempre con me….che mi avrebbe protetta….che non mi avrebbe abbandonata….eppure non c’è….non lo vedo e non potrò più rivederlo perché se n’è andato. Per sempre.-
    Bill la lasciò piangere per un po’. In fondo le sue lacrime non erano altro che piccole gocce d’amore. Il suo pianto un modo per dire che avrebbe voluto fosse ancora con lei. Era il suo modo per urlare al mondo intero che non l’avrebbe mai dimenticato.
    -Non ho la presunzione di dire che capisco il tuo dolore, ma ti starò vicino- le disse Bill dolcemente.
    Lauren si allontanò di poco dal ragazzo, asciugando le lacrime con la punta delle dita. Alzò il viso, fissando Bill dritto negli occhi. Lo stava veramente guardando in faccia, forse per la prima volta da quando si erano conosciuti. Bill sentì una strana morsa allo stomaco e il cuore accelerare i suoi battiti.
    Nessuno dei due parlava. Nessuno si muoveva.
    Gli unici movimenti erano dati dallo sbattere delle palpebre e dai loro toraci che si gonfiavano e sgonfiavano ad ogni respiro.
    Bill le sorrise dolcemente.
    -Arriverà il giorno in cui tutto cesserà di tormentarti- le disse il moretto.
    Le lacrime spuntarono di nuovo negli occhi della ragazza, non si decidevano ancora a scendere ma luccicavano come stelle in prigione.
    Lauren alzò piano le braccia posando le mani sul petto di Bill e posando la fronte all’altezza del suo cuore.
    Lui la abbracciò teneramente, accarezzandole piano i capelli.
    Lauren alzò lo sguardo verso il volto del ragazzo, senza staccare le mani dal suo corpo.
    -Grazie- gli disse piano.
    Il vento gelido che aveva soffiato fino a quel momento si fermò, come se quell’unica parola pronunciata dovesse rimanere imprigionata in quel luogo di morte, tristezza e sofferenza. Quasi fosse un segreto da custodire e che il mondo non doveva conoscere.
    Lauren si posò di nuovo a lui e Bill la strinse a sé, per farle capire che lui c’era veramente, che le sue non erano solo parole pronunciate al vento.
    E non gli interessava se lei lo odiava o meno. Le sarebbe stato accanto come meglio poteva.

    *

    Una volta tornato a casa, Bill andò dritto nella sua camera, lasciandosi cadere di peso sul materasso che cigolò appena.
    Era rimasto molto colpito dal comportamento di Lauren, quel pomeriggio. Sembrava avere una doppia faccia. Quella da stronza che aveva conosciuto alla festa di compleanno di Lexie. E quella debole, indifesa che aveva visto poche ore prima.
    Non riusciva a dimenticare quell’abbraccio. E soprattutto non riusciva a dimenticare quegli occhi azzurri che fissavano i suoi. Che lo guardavano quasi implorando aiuto, come se lui fosse un faro nella tempesta, un’àncora di salvezza.
    D’altronde si era offerto lui di aiutarla, di starle vicino, di ascoltarla. E forse era venuto il momento di mantenere quelle promesse fatte.
    Sospirò.
    Non era innamorato di lei. No.
    Eppure….pensare a quelle piccole mani dalle dita affusolate appoggiate al suo petto, lo faceva sorridere. Forse si stava affezionando a lei perché la paragonava ad un piccolo cucciolo indifeso.
    Sì, doveva essere proprio così.
    Sorrise tra sé e sé, ma dopo pochi secondi la sua espressione cambiò improvvisamente, facendosi seria. Di lì a pochi giorni sarebbero partiti per gli U.S.A., per iniziare a lavorare al nuovo album. E questo significava solo una cosa: non avrebbe più potuto starle vicino. Gli era proprio passato dalla mente. Si schiaffeggiò la fronte con una mano.
    Come si può aiutare una persona a km e km di distanza?
    Sicuramente Lauren avrebbe ricominciato ad odiarlo e a trattarlo male. E forse più di prima.
    Perfetto. Si era tirato la zappa sui piedi da solo.
    Questa volta aveva combinato proprio un bel casino!



    Continua….
     
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  10. morgana17_69
     
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    nooooo...è troppo corto questo capitoloooo.................ne voglio di piùùùù non mi bastaaaa!....mi è piaciuta tantissimo la descrizione delle lacrime e della tristezza...
    CITAZIONE
    Piangeva solo con gli occhi, come se fossero due bicchieri colmi fino all’orlo di tristezza, impassibili mentre quella goccia di troppo alla fine li vince e scivola giù dai bordi, seguita poi da altre mille.

    e anche il resto è molto triste ma allo stesso tempo tenerissimo....brava erikuzza....la cosa che meno mi piace è quando arrivo al punto dove leggo "continua...." ^^ *ok, come promesso attenderò paziente!*
     
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  11. billintheheart
     
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    ooooooooh eccomi*o*
    E' un capitolo bellissimo e devo dire che scrivi sempre meglio *O*
    Che triste che è ...molto commovente, e ho trovato delicatissima la presenza di Bill.
    Sa dire sempre la cosa giusta, come nella reltò poi *O*
    Non vedo l'ora di leggere il prossimo... sono stracuriosa *-*
    Bravissima tesò^^
     
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  12. Phantom Rose
     
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    Finalmente riesco a postare il nuovo capitolo! Spero che vi piaccia....è un pò più "leggero" rispetto agli altri. Non mi resta che augurarvi buona lettura!

    Capitolo 13

    I giorni trascorsero veloci, l’indomani i ragazzi avrebbero preso l’aereo diretti negli U.S.A.
    Gustav stava ultimando la preparazione dei bagagli.
    -Tesoro hai preso tutto?- chiese Lexie affacciandosi alla camera da letto.
    -Sì, mi sembra di aver preso tutto- disse il ragazzo passando in rassegna le varie valigie sparse per la stanza.
    Lexie si avvicinò al biondino e gli accarezzò una guancia.
    Lui si girò per guardarla in viso e le sorrise dolcemente.
    -Cosa c’è piccola?- le chiese vedendo l’espressione malinconica della ragazza.
    -Sto pensando a come farò a stare senza di te- rispose la ragazza cingendogli il collo con le braccia.
    Gustav la strinse dolcemente a sé, baciandole la fronte.
    -Ti chiamerò ogni giorno, te lo prometto.-
    Lexie annuì con la testa.
    Gustav la guardò negli occhi, notando che erano rossi e lucidi.
    -Amore, dai, non fare così!- disse il biondino stringendo maggiormente la ragazza.
    -Mi manchi già….e sei ancora qui. Non riuscirò a sopravvivere senza di te!-
    Gustav sorrise intenerito dalla sincerità di Lexie.
    -Ce la farai, stai tranquilla.-
    -Ci proverò- disse la ragazza in tono poco convinto.
    -Perché non vai da Lauren già da stasera?- chiese il ragazzo.
    Lexie lo guardò un po’ confusa, prima di colpirsi la fronte con la mano –E’ vero, mi ero dimenticata che tu stasera raggiungi i ragazzi!-
    -La solita smemorata. Ti appunterò ogni cosa che ti dico su un post-it, se continui così!- disse Gustav prendendo in giro la ragazza.
    Lexie gli fece la linguaccia, sciolse l’abbraccio e andò a sedersi sul letto.
    -Guarda che scherzavo- disse Gustav, ma la ragazza non gli rispose, così andò a sedersi sul letto accanto a lei.
    -Sentiamo….oltre al fatto che senti già la mancanza del tuo irresistibile ragazzo, che altro c’è che non va?-
    Lexie lo guardò accennando un sorriso.
    -Tu credi che sia una buona idea?-
    -Cosa?- chiese Gustav, non capendo.
    -Andare da Lauren.-
    -Sarà solo per un periodo, dov’è il problema?-
    -Non lo so- disse lei alzando le spalle –E’ solo che le cose tra noi non vanno molto bene….e non vorrei peggiorarle.-
    -Vuoi che ti dica veramente come la penso?- chiese Gustav serio.
    -Sì-
    -Io credo che sia la cosa migliore che puoi fare per lei in questo momento. Non vuole ammetterlo nemmeno a sé stessa ma in questo momento quella ragazza ha solo bisogno di affetto e di qualcuno che le stia accanto. E tu sei la persona ideale. In fin dei conti sei la sua migliore amica, giusto?-
    -Il tuo ragionamento non fa una piega. Ma ti sei accorto anche tu che la conosci da poco che si è chiusa a riccio. Non vuole vedere né parlare con nessuno, me compresa. Passa ore e ore chiusa in camera da sola.-
    -Frena un secondo- la interruppe Gustav –Ma le hai detto che starai da lei per un po’?-
    -Certo! Anche se a dire il vero ne ho parlato prima con Ryan e poi l’ho proposto a lei.-
    -E cosa ti hanno detto?-
    -Beh….Ryan mi ha risposto più o meno come te, mi ha detto che la mia presenza può farle solo bene. E lei mi ha risposto che non ci sono problemi.-
    -E allora di che ti preoccupi?- chiese il ragazzo sorridendo.
    Lexie sospirò, poi sorrise di rimando.
    -Hai ragione, scusami- disse guardando il ragazzo –Mi sto fasciando la testa prima di rompermela.-
    Gustav l’abbracciò, accarezzandole piano la schiena.
    -Non serve che chiedi scusa. Lo so che ti manco già e che la mia lontananza ti manda in tilt i neuroni!- disse il biondino divertito.
    -Sei veramente scemo!- disse Lexie dandogli un pizzicotto, mentre Gustav scoppiava a ridere.
    Dopo qualche secondo, Lexie si staccò leggermente dal ragazzo guardandolo negli occhi.
    -Ti è rimasto un posticino dentro ad una valigia?-
    -Perché? Vuoi intrufolarti dentro e venire a Los Angeles con me?- disse Gustav ridacchiando appena.
    Lexie sbuffò roteando gli occhi al soffitto.
    -Ok basta battute- disse il biondino tornando serio.
    -Aspettami qui, torno subito- disse la ragazza alzandosi dal letto ed uscendo dalla stanza.
    Tornò poco dopo con una specie di libricino in mano. Tese le braccia porgendolo a Gustav e sorrise timidamente.
    -Che cos’è?- chiese il ragazzo incuriosito.
    -Una specie di regalo….per quando sentirai tanto la mia mancanza e avrà voglia di vedermi.-
    Gustav prese il libricino, cominciando a sfogliarlo. Era un piccolo album di foto: ce n’erano tantissime di Lexie da sola e qualcuna di loro due insieme.
    -Ma queste sono….-
    -Sì. So che ci sono delle mie foto che a te piacciono particolarmente e così ho deciso di raggrupparle e di darle a te da portarti in America.-
    Gustav sorrideva intenerito guardando le foto, si era quasi commosso.
    -Non ci posso credere! Hai messo anche questa!- disse ad un certo punto il biondino indicando una foto che ritraeva Lexie con Lauren.
    -Mi hai sempre detto che la trovi adorabile-
    -Infatti è vero- disse il ragazzo continuando a fissare la foto –Lauren sembra un’altra persona in questa foto.-
    -Perché era felice. Lei era sempre così. Anche se non sorrideva era come guardare un raggio di sole. Capisci cosa intendo dire?-
    -Sì, ho capito cosa vuoi dire- disse Gustav mentre richiudeva l’album –Le conserverò con cura-
    -Ti conviene- disse la ragazza abbassando appena le palpebre –Quelle non sono copie, quindi se le perdi peggio per te! Soprattutto….non dire ad anima viva di quella foto con Lauren, fai quasi finta di non averla! –
    -Le custodirò col massimo riguardo- disse il ragazzo mentre riponeva l’album all’interno del bagaglio a mano.
    -Però a dire il vero ci avevo già pensato-
    -A cosa?- chiese Lexie.
    Gustav aprì una delle valigie tirandone fuori una cornice e mostrandola alla ragazza.
    -E’ quella che tieni sul comodino!- disse la ragazza guardando la foto che ritraeva lei e Gustav.
    -Già. Abbiamo avuto lo stesso pensiero- disse il batterista riponendo la cornice nella valigia, per poi richiuderla.
    -Bene, direi che ho proprio tutto- disse guardandosi intorno.
    Lexie lo raggiunse e lo abbracciò forte.
    -Mi mancherai!-
    -Anche tu. E mi devi promettere che domani mattina verrai in aeroporto a salutarmi.-
    -Sarei venuta comunque- disse lei sorridendo contro la spalla del ragazzo.
    -Perfetto. Beh, direi che è ora di andare- disse il biondino un po’ sconfortato.
    -Ti accompagno-
    E così i due ragazzi, recuperati tutti i bagagli, uscirono di casa diretti al loft dei Tokio Hotel.

    *

    Era mercoledì.
    Quella mattina i ragazzi sarebbero finalmente partiti per Los Angeles, dove li attendevano giorni di duro lavoro per la realizzazione del loro nuovo CD.
    Georg aprì un occhio cercando di capire che ora fosse. Si girò mettendosi supino e si stiracchiò. Aprì entrambi gli occhi, voltando la testa per guardare la sveglia posizionata sul comodino, che segnava le dieci.
    -Sono le dieci- disse tra sé e sé tornando a chiudere gli occhi.
    Dopo un paio di secondi li riaprì di scatto.
    -Come le dieci?- disse il ragazzo mettendosi seduto sul letto e afferrando la sveglia tra le mani. Ricontrollò nuovamente l’ora e si rese conto che erano veramente le dieci.
    -Merda! E’ tardissimo! Aggeggio infernale perché non hai suonato?- disse il ragazzo scuotendo la sveglia energicamente.
    Balzò giù dal letto, tirando qualche calcio per liberarsi del lenzuolo che gli si era attorcigliato attorno a un piede e corse verso la stanza del batterista.
    Aprì la porta e si avvicinò al letto, sollevando con uno strattone le coperte.
    -Gustav svegliati! E’ tardi!-
    -Voglio dormire ancora un po’- disse il biondino cercando di riappropriarsi delle coperte.
    -Non è ora di dormire! David sarà qui tra un’ora e stavolta ci scortica vivi se non ci trova pronti!-
    Gustav sbuffò mettendosi seduto sul letto e passandosi una mano sul viso ancora mezzo addormentato.
    Georg si avvicinò alla porta per uscire, lo aspettava un’ardua impresa: svegliare i gemelli.
    Ma una volta sulla soglia, si fermò girandosi a guardare il batterista.
    -Gustav, scusa ma….di solito tu non sei il mattiniero di turno? Quello che si sveglia due ore prima di tutti?- chiese Georg.
    Gustav si girò guardandolo in malo modo.
    Georg scosse la testa, poi un sorriso malizioso si dipinse sulle sue labbra –Quella ragazza ti stanca troppo. Ti toglie tutte le energie!-
    Gustav, in tutta risposta, afferrò una scarpa lanciandogliela addosso, ma il bassista riuscì a scansarsi giusto in tempo per non essere colpito in pieno volto.
    Georg, uscito dalla stanza, camminò velocemente fino alla porta della stanza di Tom. Prima di aprirla si fece il segno della croce sperando vivamente di non trovare il chitarrista a letto con qualche ragazza. Aprì la porta e cominciò a chiamarlo a gran voce.
    -Tom. Tom svegliati, è quasi ora di andare!-
    -Piantala di gridare Hobbit! Mi fai venire mal di testa!- ringhiò quasi Tom.
    Georg si avvicinò al letto del ragazzo, strappandogli il cuscino da sotto la testa e cominciando a scappare.
    Tom si alzò in piedi sul letto, saltò giù e cominciò a rincorrere il ragazzo per tutta la casa.
    Nel frattempo Gustav era andato a svegliare Bill ed ora i due si trovavano in cucina per una colazione veloce. Videro arrivare di corsa Georg, seguito da Tom che sbraitava.
    Gustav e Bill scossero la testa: quei due erano peggio dei bambini dell’asilo!
    -Tom smettila- disse Bill rivolto al gemello.
    -Ma è stato lui a cominciare!- cercò di giustificarsi il chitarrista.
    -Smettetela tutti e due. David sarà qui tra pochi minuti e noi siamo in condizioni pietose!- disse Gustav guardando gli altri tre.
    -Parla per te- disse Bill piuttosto contrariato.
    -Adesso ti preoccupi di David!? Quando te l’ho detto io dove avevi la testa?- chiese Georg, sorridendo in modo allusivo, tornando subito serio visto che Gustav lo stava incenerendo con lo sguardo.
    -Se vuoi posso tirarti dietro anche l’altra scarpa- disse il batterista.
    Georg scosse energicamente la testa, sedendosi accanto a Bill e versandosi una tazza di caffè fumante.
    Gustav finì la colazione per primo, si alzò, lavò la sua tazza riponendola nello scolapiatti e si diresse in bagno.
    Dopo pochi secondi venne raggiunto da Tom e Georg che nella fretta di passare contemporaneamente dalla porta, finirono quasi per incastrarsi.
    -Che diavolo ci fate qui?- chiese il biondino contrariato.
    -Devo farmi la doccia- disse il rasta.
    -Devo farmi la piastra- disse il bassista.
    Gustav alzò gli occhi al cielo: ma perché non era rimasto a casa di Lexie?
    Dopo un paio di minuti Bill fece il suo ingresso nella stanza e trovò Tom, Gustav e Georg intenti a discutere sull’ordine di utilizzo del bagno.
    -Siete ancora qui? Fuori tutti, devo farmi un bagno rilassante e mi devo truccare- disse Bill posizionandosi di fronte allo specchio e guardando il proprio riflesso.
    -Ehi, c’ero prima io!- dissero all’unisono gli altri tre.
    I ragazzi si guardarono un po’ in cagnesco.
    -Lo sapete che senza il mio bagno, io alla mattina non ingrano- disse Bill gesticolando.
    -Peccato che non ci sei solo tu in questa casa. E si dà il caso che io sia stato il primo ad entrare qui- disse Gustav incrociando le braccia al petto.
    -E allora?- disse Bill –Se vuoi puoi anche essere il primo ad uscire-
    Gustav scansò il ragazzo da davanti il lavandino, aprendo poi il rubinetto.
    Bill lo guardò esterefatto, mentre Georg attaccava la piastra alla presa della corrente.
    -Ok, fermi tutti- disse ad un tratto Tom –Troviamo un accordo o da qui non ci schiodiamo più. Ed è tardissimo!-
    Dopo un paio di secondi di silenzio i ragazzi cominciarono a parlare tutti insieme piuttosto animatamente. Furono interrotti solo dal cellulare di Georg che iniziò a squillare.
    -E’ David- disse il bassista continuando a fissare il display che si illuminava ad intermittenza.
    -E rispondi!- disse Tom colpendolo ad un braccio.
    -Pronto? Ciao David….sì certo, qui va tutto bene….perfetto, a dopo.-
    Georg chiuse la chiamata e restò immobile a fissare il telefono.
    -Allora?- chiese Bill.
    Georg alzò il viso guardando gli altri tre.
    Tom, Bill e Gustav si protesero verso di lui aspettando che emettesse qualche suono.
    -Era David- disse Georg.
    -Fin qui ci eravamo arrivati!- disse Tom spalancando le braccia.
    -Ha detto che sarà qui tra venti minuti, massimo mezz’ora-
    I quattro ragazzi rimasero imbambolati, poi il panico prese il sopravvento: David li avrebbe uccisi!
    Tom, nel tentativo di raggiungere la doccia, urtò il braccio di Georg che, persa la presa del cellulare lo vide finire dentro al water. Bill, nella foga di riempire la vasca di acqua, fece cadere la piastra di Georg. Dimenticandosi di avere le mani bagnate, la raccolse facendo saltare la corrente in tutta la casa e rischiando di rimanere fulminato.
    Gustav, spinto da Tom, aveva urtato la pochette con i trucchi di Bill che si trovava sul ripiano del lavandino, seminando matite, ombretti e quant’altro sul pavimento. Bill aveva cominciato ad urlare istericamente e il batterista, per non essere ucciso, era scappato in camera sua dove era finalmente riuscito a vestirsi.
    Dopo una ventina di minuti il campanello di casa squillò.
    Tom andò ad aprire trovandosi davanti un David sorridente.
    -Ciao David- disse il rasta mentre David entrava in casa.
    -Buongiorno ragazzi!- disse David con tono entusiasta.
    I ragazzi lo salutarono quasi controvoglia. David si accomodò sul divano e li osservò uno ad uno.
    -Avete un aspetto orribile stamattina- disse rivolto ai quattro.
    I ragazzi cercavano di sviare lo sguardo per non guardare in faccia il manager.
    Georg non era riuscito a farsi la piastra ed aveva raccolto i capelli in una coda il più possibile ordinata. Bill non aveva fatto il suo bagno rilassante e non si era truccato e se ne stava seduto in un angolo col broncio, borbottando tra sé. Gli unici due che avevano un aspetto decente erano Gustav e Tom, avevano solo un po’ un’espressione assonnata.
    -Bene, che ne dite di andare?- chiese loro David alzandosi dal divano.
    I ragazzi presero le loro valigie e lo seguirono fuori, dove due berline nere li stavano aspettando. David era stato previdente, sapeva che cinque persone e relativi bagagli non sarebbero entrati in una sola auto, soprattutto se una delle persone in questione era Bill.
    David salì nella prima auto con Tom e Georg, mentre Gustav e Bill salirono nella seconda.
    Quando le vetture partirono, Gustav posò la fronte al finestrino sospirando.
    Bill si girò a guardarlo.
    -Qualcosa non va?- chiese rivolto al biondino.
    -E’ tutto ok-
    -Non è vero- disse il moretto –Andiamo, a me puoi dirlo-
    Gustav si girò a guardarlo –Non c’è niente- disse alzando le spalle.
    -Si tratta di Lexie, vero?-
    Gustav non rispose, abbassò appena lo sguardo spostandolo poi oltre il finestrino.
    Bill sorrise – Lo sapevo!-
    -Cretino!- rispose Gustav, sorridendo a sua volta.
    -Cos’è che ti preoccupa di preciso?- chiese Bill all’amico.
    Gustav sospirò –Non lo so. A dire il vero….non si tratta di preoccupazione vera e propria. E’ solo che….non sapere fra quanto la rivedrò mi fa impazzire-
    -E oltre a questo c’è qualcos’altro che ti turba?-
    -Direi di no. Anche se….ad essere sincero sento già la sua mancanza-
    -Secondo me puoi stare tranquillo. Lexie ti ama e vedrai che la lontananza non farà altro che rafforzare la vostra storia.-
    Gustav sorrise –Lo spero. Mi ha promesso che stamattina verrà all’aeroporto per salutarmi. Sai….stanotte ha dormito a casa di Lauren e starà lì per un po’, per starle vicino.-
    -Credo sia una cosa positiva. Non lo pensi anche tu?-
    -Sì. E mi auguro con tutto il cuore che le cose tra loro due tornino come un tempo. Vedi, Lexie ci tiene moltissimo a Lauren. In quanto a Lauren….gli ultimi mesi della sua vita non sono stati dei migliori. Lei non è la ragazza acida che avete conosciuto tu e gli altri. In realtà è una persona eccezionale. E Lexie vuole starle vicino perché rivuole la sua amica. Quella autentica.-
    Bill aveva ascoltato con attenzione le parole di Gustav: si vedeva che lui la conosceva bene.
    E un po’ lo invidiava.
    Forse.
    Sicuramente le parole del batterista lo avevano incuriosito molto.
    Chissà se lui sarebbe mai riuscito a parlare civilmente con quella ragazza.

    Dopo pochi minuti i ragazzi raggiunsero l’aeroporto. Scesero dalle rispettive auto e cominciarono a recuperare i bagagli posizionandoli negli appositi carrelli. Mentre cercavano di non far crollare quella piramide di valigie, videro avvicinarsi un’auto nera.
    Gustav sorrise.
    -E’ arrivata Lexie- disse rivolto a Bill che si trovava vicino a lui.
    Il moretto drizzò la testa e si voltò, ma il suo cuore perse un battito quando vide che l’auto appena arrivata era quella di Lauren. Cercò di riprendere il controllo dei suoi pensieri, magari Lexie si era fatta prestare l’auto dall’amica.
    Bill cercò di convincersi che era così ma i suoi buoni propositi andarono in fumo quando vide Lexie scendere dal lato passeggero.
    La ragazza raggiunse il gruppetto con un’espressione sorridente. Si avvicinò a Gustav abbracciandolo dolcemente e posandogli un leggero bacio sulle labbra.
    -Buongiorno tesoro- gli disse sempre sorridendo.
    -Buongiorno a te- disse il biondino –Hai dormito bene?-
    -Mi mancava il tuo russare ma direi di sì. E tu?-
    -Diciamo di sì, anche se il risveglio è stato traumatico e la mattinata movimentata- disse Gustav grattandosi una guancia.
    Lexie sorrise divertita: poteva solo immaginare cos’erano in grado di combinare quei quattro quando si trovavano sotto lo stesso tetto.
    -Ha intenzione di scendere?- chiese Gustav a Lexie indicando l’auto con la testa.
    -Credo di no- rispose lei in tono rassegnato.
    -Non ti spiace se vado a salutarla, vero?-
    -Se ci tieni ad essere mandato al diavolo di prima mattina….fai pure- rispose la ragazza alzando le spalle.
    -Non succederà- disse il batterista superandola ed avvicinandosi all’auto.
    Lauren, seduta in macchina, era così presa dai suoi pensieri che non si era accorta che Gustav si era avvicinato. Trasalì appena quando sentì “bussare” al finestrino. Si voltò e vide che si trattava del biondino, così decise di scendere. Si richiuse la portiera alle spalle, appoggiando la schiena alla macchina e ficcando le mani nelle tasche del cappotto nero.
    -Ciao- la salutò Gustav sorridendo.
    -Buongiorno- disse lei seria.
    I due si guardarono in faccia, anche se Lauren aveva gli occhi nascosti da un’enorme paio di occhiali neri.
    -Entri con noi o vuoi rimanere qui al freddo?-
    -In macchina si stava bene, è qui fuori che si gela- disse contrariata la ragazza.
    -Come mai sei qui?-
    -Ho accompagnato Lexie, credevo l’avessi capito-
    -Tutto qui?-
    Lauren si abbassò appena gli occhiali, incenerendo il ragazzo sul posto.
    -Messaggio recepito- disse il biondino distogliendo lo sguardo mentre la ragazza si risistemava gli occhiali.
    -Piuttosto….ti ha detto niente?- chiese lei dopo qualche attimo di silenzio.
    -A che riguardo?-
    -Ha detto che vuole rimanere da me per un po’-
    -Sì, me l’aveva detto- disse Gustav sorridendo –A te non dispiace vero?-
    -Credo di no- rispose la ragazza stringendosi nelle spalle.
    -L’unica cosa che vuole in questo momento è starti vicina- disse Gustav posandole una mano sulla spalla.
    -Lo so- disse la ragazza abbassando la testa, gesto che, però, non bastò a nascondere la sua espressione triste.
    -La chiamo?- chiese lui premuroso.
    Lauren scosse energicamente la testa. Non voleva che Lexie la vedesse in quelle condizioni, era già abbastanza preoccupata. Inoltre le cose tra loro non andavano poi così bene, c’era una specie di muro che le divideva.
    Girò la testa nella sua direzione e la vide ridere e parlare con Tom, Georg e David. Il suo sguardo si posò poi su Bill, che era rimasto tutto il tempo a fissare lei e Gustav parlare. Lauren lo salutò con un cenno della mano. Bill, dopo qualche secondo di puro imbarazzo, le sorrise e la salutò.
    -Perché non entri?- chiese all’improvviso Gustav –Faresti sicuramente la felicità di qualcuno.-
    -Ah sì? E di chi? Quel maniaco di Tom?-
    Gustav scoppiò a ridere –Anche. Ma io parlavo di Lexie- mentì il ragazzo.
    Lauren esitò per qualche attimo.
    -E va bene- disse la ragazza in tono rassegnato –Prendo la borsa e arrivo.-
    Lauren risalì in macchina, spense la radio, recuperò la borsa, ridiscese, chiuse la macchina e si avviò con Gustav verso il gruppetto. Lexie rimase colpita nel vederla arrivare e le andò incontro, prendendola a braccetto.
    Dopo i saluti, David si incamminò verso l’entrata dell’aeroporto seguito dai ragazzi.
    Lexie rimase un po’ indietro con Lauren.
    -Come mai hai deciso di scendere ed entrare?-
    -Il tuo ragazzo era preoccupato- disse Lauren guardandosi in giro.
    -Preoccupato? Di cosa?-
    -Che tu non riuscissi a trovare l’uscita-
    -Gustav!- esclamò Lexie.
    Il ragazzo, che si trovava appena davanti a loro, si girò di scatto –Non è vero, non ho detto niente!-
    Lexie guardò Lauren e la colpì ad un braccio.
    -Ahia, mi hai fatto male- disse Lauren massaggiandosi la parte dolorante.
    -Scema!-
    Gustav sorrise, non sapeva perché ma quelle due insieme gli ricordavano Tom e Bill. Sempre a scherzare, a punzecchiarsi.
    -Sei veramente stronza!- continuò Lexie.
    -No, sono perfida, è diverso-
    Lexie aggrottò la fronte con aria interrogativa.
    -Come? Dopo tutti questi anni non hai ancora imparato che perfidia è il mio secondo nome?- disse Lauren –Anzi….ad essere precisi terzo nome- concluse la ragazza con aria sconfortata.
    Bill, che aveva ascoltato tutta la conversazione, all’ultima affermazione della ragazza si girò verso Gustav.
    Il batterista sorrise –Sì, hai capito bene. Lauren ha due nomi. Ma se vuoi conoscere l’altro, lo devi chiedere a lei- sussurrò al moretto.
    -Lasciamo perdere. Sarebbe capace di rispondermi tirandomi un calcio su uno stinco!- disse Bill scuotendo la testa.
    Arrivarono al check-in, consegnarono i bagagli che vennero depositati sui nastri trasportatori ed espletarono le procedure di accettazione. Mancava circa un’ora alla partenza dell’aereo.
    Lauren se ne stava in disparte e si guardava in giro con fare annoiato, mentre gli altri parlavano e ridevano allegramente.
    Ma perché diavolo era entrata? Perché non era rimasta ad aspettare Lexie in macchina? Non lo sapeva nemmeno lei. E la cosa la faceva innervosire ancora di più.
    Bill, ogni tanto, la guardava di sottecchi. Avrebbe tanto voluto avvicinarla, chiederle come stava, ma c’era troppa gente per i suoi gusti. Soprattutto gente che non si faceva i fatti propri.
    Dopo una mezz’ora scarsa, una voce annunciò il volo diretto a Los Angeles e il gruppetto si avvicinò al gate per l’imbarco.
    -Ho un déjà vu in questo momento- disse Lexie guardando il suo ragazzo e l’amica.
    Gustav inclinò appena la testa di lato non capendo. Lauren, che aveva capito a cosa si riferisse la ragazza, accennò un sorriso.
    -Ti metterai a piangere come quella volta?- chiese rivolta a Lexie.
    Lexie sporse appena il labbro inferiore.
    -Continuo a non capire- disse Gustav.
    -Ho vissuto quasi tre anni a Los Angeles e il giorno che sono partita Lexie mi ha accompagnato qui in aeroporto. E il gate era lo stesso- spiegò brevemente Lauren.
    Gustav sgranò gli occhi –Non lo sapevo. Quando torno mi devi raccontare tutto!-
    Lauren lo guardò un po’ sorpresa, ma preferì rimanere in silenzio e non rispondergli.
    Lexie abbracciò tutti, compreso David, lasciando per ultimo Gustav, dal quale non riusciva più a staccarsi a causa dello sconforto più assoluto.
    Lauren la tirò delicatamente per un braccio, facendola allontanare.
    -Lexie, deve andare- le disse il più dolcemente possibile, tono che non passò inosservato alle orecchie di Bill.
    -Vi auguro buon viaggio- disse Lauren ai cinque.
    David e Georg la ringraziarono, mentre Tom le mandò un bacio, gesto che infastidì un po’ la ragazza, provocandole una leggera smorfia che fece sorridere Gustav e Lexie. Bill si girò a guardare le due ragazze, sorridendo ad entrambe.
    -Ci vediamo presto!- disse loro.
    Gustav baciò un’ultima volta Lexie, che lo salutò alzando la mano e guardandolo con un visino triste che faceva tenerezza.
    Pochi attimi dopo erano spariti.
    Le due ragazze, rimaste sole, si avvicinarono alle grandi vetrate per vedere decollare l’aereo. Quando questo cominciò a muoversi, Lauren si girò a guardare Lexie: aveva gli occhi molto lucidi e gli angoli della bocca rivolti verso giù. Lauren non sapeva se era il caso di dirle qualcosa. Si limitò a prenderle la mano e a stringergliela. Lexie non potè non sorridere a quel gesto.
    Quando l’aereo fu scomparso le due ragazze si avviarono verso l’uscita. Continuavano a tenersi per mano e Lexie, nonostante la tristezza, si sentiva sollevata: tornare a vivere con Lauren, anche se solo per un periodo, non si prospettava così male come lei pensava.




    Continua….

    Edited by Phantom Rose - 6/9/2010, 18:18
     
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  13. billintheheart
     
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    WOW cioè scrivi davvero sempre meglio, fai dei passi da gigante ogni volta che ti leggo!
    E' stato leggero ma davvero molto ben descritto e sentito questo chappy!
    L'ho trovato tenerissimo nella prima parte e malinconico... divertente e spiritoso nella parte centrale ed intrigante nell'ultima.
    Il risultato è che aspetto impaziente il prossimo!
    Come ho fatto a dimenticare questo?!
     
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  14. Phantom Rose
     
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    E dopo un secolo riesco a postare il nuovo capitolo. Non è molto lungo, è un capitolo di passaggio. Spero che vi piaccia lo stesso. Buona lettura a tutte!

    Capitolo 14

    Una pioggia sottile cadeva di traverso da un cielo senza luna.
    Lauren se ne stava in piedi davanti alla grande finestra della sua camera. Fissava l’orizzonte ma non lo vedeva veramente.
    Il suo sguardo sembrava vuoto. Anzi, lo era. Era come se nel corso della giornata fosse stata scossa da un terremoto interno, mentale, che aveva aperto crepacci bui e senza fondo, grandi abbastanza da inghiottirla.
    Socchiuse le palpebre e si mise ad ascoltare il rumore della pioggia.
    Era come illudersi di trovarsi in un sogno. Ed era lì che voleva rimanere, perché la realtà le trafiggeva il cuore, il vuoto piano piano si stava impadronendo di lei, iniziava a non essere più padrona di sé stessa.
    Il sangue scorreva nelle sue vene, l’ossigeno entrava nei suoi polmoni e l’anidride carbonica usciva, e nonostante camminasse, parlasse, piangesse….lei si sentiva morta.
    Toc toc.
    Lauren riaprì gli occhi lentamente e sospirò.
    -Avanti- disse atona.
    Lexie entrò nella stanza e si avvicinò alla ragazza guardandola in viso.
    -Mi avevi detto che volevi rimanere sola-
    Lauren annuì.
    -Allora permettimi che io diventi la tua solitudine. Ti prometto che non sarò crudele e spietata quanto lei, e se mi permetterai di diventarlo magari scoprirai che vorresti essere più spesso sola- disse Lexie.
    Lauren si girò a guardare l’amica e sorrise. Un sorriso appena accennato e malinconico.
    -Grazie- le disse quasi sussurrando.
    Rimasero in silenzio per alcuni minuti, guardando la pioggia che aumentava e grossi nuvoloni scuri che si abbassavano.
    -Il dolore che sto provando mi toglie il respiro, è insopportabile. Non riesco a controllare la mia mente e nemmeno il mio corpo. Questa forza oscura e misteriosa dentro di me ormai ha preso il sopravvento e continua ad indebolirmi- disse Lauren.
    -Beh….quando si sta male le scelte sono due: il buio, le lacrime, la solitudine, l’infelicità….oppure gli amici, un amico, un abbraccio, qualcosa per cui valga la pena vivere-
    -Che cosa vuoi dire?- chiese Lauren non capendo dove voleva arrivare Lexie.
    -Che è giunta l’ora di lasciarsi il passato alle spalle. Devi smetterla di piangerti addosso, devi reagire. Dov’è finita la Lauren che conosco io? Quella che non si arrende davanti a niente?-
    Lauren abbassò lo sguardo e sospirò pesantemente.
    -A volte ho l’impressione che queste notti non finiscano mai- disse dopo poco.
    -Dovresti provare a dormire un po’. Sinceramente, non hai un bell’aspetto- le disse Lexie.
    -Non posso addormentarmi. Non voglio.-
    Lexie la guardò perplessa –Perché?-
    -Ho paura del risveglio….ho paura di quell’attimo di totale, assoluta vulnerabilità. L’attimo in cui il sonno mi priva di tutte le difese e riapro gli occhi e allora quella bastarda dell’angoscia sale con il coltello brandito nelle mani adunche e colpisce….colpisce….giù, senza pietà, affondando….e a me manca il respiro- disse Lauren.
    Lexie rimase parecchio colpita dalle parole che aveva appena udito. Si avvicinò di più a Lauren e l’abbracciò.
    -Rimarrò io qui con te, va bene?- disse Lexie parecchio preoccupata.
    -Ok- disse Lauren accennando un sorriso.
    -Dai andiamo a dormire- propose Lexie sorridendo.
    Le due ragazze raggiunsero il grande letto matrimoniale, prendendo posto sotto le coperte. Lexie si addormentò dopo pochi minuti, mentre Lauren rimase sveglia. Doveva cercare di capire che cosa fosse quel terrore che serpeggiava negli angoli più bui della sua mente.
    E doveva capirlo al più presto.
    In quel momento era ciò che voleva di più al mondo.

    *

    Un’altra faticosa giornata di lavoro era giunta al termine.
    I ragazzi avevano deciso di uscire quella sera e di andare a divertirsi. Ma una volta giunti a casa, la stanchezza aveva preso il sopravvento ed avevano deciso di rimandare l’uscita ad un’altra volta.
    In quel momento si trovavano in salotto. Tom e Georg erano seduti sul tappeto e stavano giocando con la xBox, Bill era seduto comodamente sul divano e sfogliava distrattamente una rivista di moda. Gustav si trovava fuori, in giardino, unico posto dove poteva parlare tranquillamente al telefono con Lexie senza essere preso in giro da Tom e Georg.
    Dopo un’interminabile telefonata, il batterista rientrò avvicinandosi ai ragazzi e prendendo posto sul divano, accanto a Bill.
    Il moretto posò la rivista accanto a sé e si girò in direzione del batterista.
    -Come sta Lexie?- gli chiese.
    -Sta bene. Anzi, mi ha detto di salutare tutti- rispose il biondino.
    I ragazzi ringraziarono.
    -A volte mi chiedo com’è possibile che possano accadere certe cose!- esclamò d’un tratto Tom.
    -Di che stai parlando?- gli chiese Georg.
    -Sto parlando di Lexie. Com’è possibile che una gnocca come lei stia con uno come lui?- disse il rasta indicando il batterista con un dito.
    -Guarda che sono qui. E ti sento!- disse il biondino piuttosto contrariato.
    Tom si girò a guardarlo –Dì la verità….era una tua fan e ne hai approfittato-
    Gustav sgranò gli occhi: non credeva alle sue orecchie.
    -Ma come ti permetti? Dubitavi del fatto che potessi trovarmi una ragazza?- disse il biondino colpendo il rasta sulla schiena con la punta della scarpa.
    -No….però….pensavo che magari ne avresti trovata una più racchia. Tutto qui- disse il chitarrista facendo spallucce.
    -Sei solo geloso, ecco la verità!-
    -E perché dovrei essere geloso?- chiese Tom sorridendo con aria di superiorità –In fin dei conti stai parlando col Sex Gott della situazione!-
    -Sei geloso perché nonostante la tua fama di Sex Gott, quando le ragazze capiscono che genere di persona sei fuggono via a gambe levate. Quello che si troverà una racchia sei tu, caro mio!-
    Bill e Georg scoppiarono a ridere vedendo l’espressione incredula che si era dipinta sul volto di Tom.
    -Staremo a vedere- disse il rasta incrociando le braccia al petto ed abbassando le palpebre –E comunque resto dell’idea che Lexie stia con te per un motivo preciso. Magari perché sei ricco!-
    -Ti posso assicurare che Lexie non ha bisogno dei miei soldi- disse sicuro Gustav.
    -E allora perché sei famoso- lo rimbeccò Tom.
    -Non gliene frega niente della mia notorietà- rispose il batterista con un sorriso.
    -E allora era una tua fan! Oppure l’hai drogata o ipnotizzata ed ora è in tuo potere. L’hai soggiogata!-
    Georg si mise a ridere –Certo che ne dici di scemenze Tom!- esclamò asciugandosi le lacrime agli occhi.
    -Dai Hobbit, ho ragione o no? Sicuramente non sta con lui perché è bello. Sembrano la Bella e la Bestia!- disse Tom facendo ridere i presenti, tranne Gustav.
    -Non ti sto più ad ascoltare. Anzi….faccio finta che tu proprio non sia in questa stanza!- disse il biondino con aria offesa, incrociando le braccia al petto.
    -Io rimango dell’idea che se Lexie sta con te deve esserci un perché- disse il rasta.
    -Perché lo ama- si intromise Bill.
    Gli altri tre si girarono a guardarlo.
    -Bill, piantala, non ti ci mettere anche tu!- disse Tom rivolto al gemello.
    -E invece è così Tom, che ti piaccia o no. Non si può decidere di chi innamorarsi….succede e basta. Arriva un momento nella vita in cui ti trovi davanti ad una persona che per te è speciale….ed è con quella persona che vuoi passare il resto della tua esistenza- disse il moretto fissando il paesaggio oltre la vetrata –Prima o poi capiterà anche a te e poi mi dirai che avevo ragione-
    Gustav sorrise a quelle parole: aveva capito benissimo cosa intendeva Bill. Georg, dopo qualche secondo di riflessione, annuì con la testa: era pienamente d’accordo col vocalist.
    -Ok, ti concedo che Lexie ti ami- disse ad un tratto il rasta –Ma….posso farti una domanda?-
    -Che genere di domanda?- chiese Gustav, che già cominciava a preoccuparsi.
    -Com’è stare con una ballerina?-
    Gustav sospirò sollevato –E’ esattamente come stare con qualsiasi altra ragazza. Non c’è niente di diverso-
    -Non hai capito- disse Tom scuotendo la testa –Io intendevo….sessualmente parlando….com’è?-
    -Tomi!- lo richiamò Bill.
    -E’ solo una curiosità!- si difese il rasta –In fin dei conti sono snodate e quindi….pensavo che a letto fossero migliori- disse sorridendo malizioso.
    -Non risponderò mai ad una domanda così scema!- disse il biondino piuttosto arrabbiato.
    -Ah….ho capito.- disse Tom –Non mi rispondi perché non ci hai ancora fatto niente. A che ti serve allora avere una ragazza fissa?-
    Gustav aveva una gran voglia di ucciderlo, in quel momento: lo stava veramente facendo incazzare.
    -A parte il fatto che non sono affari tuoi quello che faccio o non faccio con Lexie! Ma se sei così curioso una cosa te la posso dire- disse il biondino.
    Tom annuì energicamente, cominciando a sorridere e a sgranare gli occhi –Sono tutto orecchi!-
    -Trovati una ragazza che sappia ballare, vacci a letto e poi mi dici!- urlò Gustav un po’ alterato.
    Tom rimase spiazzato, si aspettava tutt’altra risposta, magari una confessione piccante, e invece….
    Bill e Georg risero divertiti vedendo l’espressione incredula sul volto del rasta. La risposta di Gustav lo aveva lasciato di sasso!
    Quando smisero di ridere Tom li fulminò con lo sguardo, poi fissò il batterista dritto in faccia
    –Allora? Non mi vuoi proprio rispondere?- chiese serio.
    Gustav sbuffò alzando gli occhi verso il soffitto: quel ragazzo era veramente impossibile!
    -Tom adesso piantala, stai esagerando- disse Georg.
    -Ma stiamo solo parlando!- si giustificò il rasta.
    -No. Stai facendo l’idiota- disse Bill –E poi non sono affari che ti riguardano!-
    Tom sbuffò sonoramente, tornando a concentrarsi sulla partita che era stata momentaneamente sospesa.
    Dopo un po’ si girò a guardare il batterista –Scusa, ho proprio esagerato stasera- disse con aria mortificata.
    -Scuse accettate- disse il batterista –Lo sappiamo che l’astinenza ti dà alla testa!-
    -Eh?....Ma no….ti sbagli….è che….-disse Tom alquanto imbarazzato.
    Bill, Gustav e Georg scoppiarono a ridere.
    -Tom direi che per stasera hai superato te stesso- disse Georg tenendosi la pancia per le troppe risate.
    Il rasta borbottò qualcosa tra sé e riprese a giocare con evidente foga: doveva assolutamente sconfiggere Georg. Una specie di vendetta per non avergli dato man forte contro Gustav.

    *

    I giorni passavano in fretta.
    Lauren si era resa conto presto che la convivenza con Lexie si stava rivelando più difficile del previsto.
    Cercava di parlarle il meno possibile ma in cuor suo sapeva che prima o poi sarebbe arrivata la resa dei conti.
    Il destino volle che quella sera le due ragazze fossero sole in casa.
    -Lauren dove sei?- chiese Lexie dalla scala.
    -Sono in salotto- rispose quella continuando a spostare i cuscini del divano da una parte all’altra.
    Lexie raggiunse l’amica ed andò a sedersi sul ripiano in marmo del caminetto. -Possiamo parlare?- chiese ad un tratto visto che Lauren non la degnava nemmeno di uno sguardo.
    -Certo- rispose la mora sedendosi sul divano, le mani unite strette tra le ginocchia.
    -Posso sapere cosa c’è che non va?- chiese Lexie andando subito al punto.
    -Niente- rispose Lauren stringendosi nelle spalle.
    -Mi stai evitando-
    -Ti sbagli-
    Lexie la fissò dritto negli occhi –E’ per via di Gustav?-
    -O per favore!- disse Lauren spostando lo sguardo di lato.
    -Se il motivo del tuo comportamento è lui, gradirei saperlo!-
    -Di quale comportamento stai parlando?-
    -Non mi parli. E cerchi di evitarmi-
    -Non si tratta di Gustav-
    -Quindi?-
    Lauren si grattò la fronte.
    -Non me ne andrò da qui fino a quando non mi avrai risposto- disse Lexie seria.
    -Lo sai benissimo perché mi comporto così-
    -Smettila di usare come scusa quello che ti è successo negli ultimi mesi! Voglio la verità-
    -Vuoi sapere cosa c’e?- chiese Lauren spazientita –Lo vuoi sapere? Io….non ti capisco!-
    -Cosa?-
    -Sì proprio così, non ti capisco-
    -Spiegati meglio-
    -Ci sono giorni in cui sparisci dalla circolazione, troppo presa a fare la diva coi tuoi nuovi amici. Poi torni da me e pretendi che le cose tra noi vadano come sempre. La chiami amicizia questa?-
    Lexie la fissava in silenzio –Non è che non voglio coinvolgerti nella mia vita….-
    -E allora cos’è?- chiese Lauren piuttosto arrabbiata.
    -E’ solo che….tu li odi! E abbiamo interessi diversi-
    -Brava, bella scusa- disse Lauren applaudendo un paio di volte.
    -Non è una scusa- disse Lexie tristemente, abbassando lo sguardo.
    -Sì che lo è!- disse Lauren infervorandosi –Anche se abbiamo gusti e interessi diversi io verrei ovunque con te. Sarei disposta anche ad annoiarmi a morte pur di trascorrere qualche momento insieme alla mia migliore amica!-
    Lexie rimase senza parole, si sentiva colpevole e dispiaciuta.
    -A volte sembra quasi che ci siano delle forze esterne che ci impediscano di essere amiche. O forse sei tu che dai un significato diverso alla nostra amicizia- disse Lauren in tono più tranquillo, mentre una lacrima scendeva lungo la sua guancia.
    -E’ così frustrante!- disse Lexie passandosi le mani tra i capelli.
    -Lo so-
    -Io….non credevo di darti questa impressione. Non volevo ferirti, né farti star male. E’ brutto sapere che hai dei dubbi sulla nostra amicizia-
    -Non è brutto. E’ orribile!- precisò Lauren –Ho già perso troppe persone che amavo. Non sopporterei l’idea di perdere anche te-
    Lexie lasciò cadere le spalle e sorrise dolcemente a Lauren. Si alzò ed andò a sedersi sul divano accanto a lei, stringendola in un abbraccio affettuoso.
    -Ti voglio bene- disse Lauren.
    -Anch’io te ne voglio. Tanto. E ti prometto che ti porterò con me ad annoiarti ogni volta che vorrai-
    Lauren sorrise –Grazie, ci conto-
    Lexie si allontanò di poco per poter guardare negli occhi l’amica –Sei sicura che non c’entri Gustav?-
    -Certo che no. Ti ho sempre detto che sono felice che tu abbia trovato un ragazzo come lui. Mi devi credere, lo penso veramente-
    -Lo so….e ti credo. Anche perché me l’hai detto un miliardo di volte- disse Lexie sorridendo –Però….li odi ancora, vero?- chiese facendosi seria.
    Lauren sciolse l’abbraccio sospirando e fissando il pavimento.
    -A me lo puoi dire, non lo saprà nessuno-
    Lauren sapeva che di lei poteva fidarsi e forse era arrivato il momento di togliersi quel macigno di dosso.
    -Non li odio più. Anzi….credo di non averli mai odiati veramente-
    -Però davi l’impressione opposta- disse Lexie.
    -Lo so- disse Lauren sospirando –E’ che….davo la colpa a loro di quanto era successo, come se fossero i diretti interessati. Ho sbagliato, mi sono comportata male. Ti chiedo scusa-
    Lexie sorrise –Ti capisco. Ma credo che tu debba delle scuse anche a qualcun altro. Mmh?-
    Lauren la guardò qualche secondo –Non stai parlando seriamente….vero?-
    -E invece sono serissima-
    Lauren la guardava incredula –No, aspetta un attimo….dovrei andare da loro e chiedere scusa?-
    Lexie annuì –Non vorrai che pensino che sei una stronza, acida, insensibile!?-
    -Ehi, piano coi complimenti!-
    -Ti sto solo mettendo in guardia. E’ questa l’impressione che hai dato-
    Lauren aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito dopo, mordendosi il labbro inferiore.
    -Hai ragione….purtroppo- disse la mora con uno sbuffo.
    -Perché purtroppo?- chiese Lexie perplessa.
    -Perché….credo che dopo aver ascoltato le mie scuse mi scaglieranno addosso un’orda di fan inferocite che mi metteranno sul patibolo!-
    Lexie scoppiò a ridere –Non esagerare, non sono così crudeli. E se imparerai a conoscerli ti renderai conto che non sono poi così male-
    Lauren la guardò scettica –Se lo dici tu….-
    -Bene, fin che aspettiamo che tu venga messa sul patibolo, che ne dici di andarci a mangiare qualcosa?- disse Lexie sorridendo –Magari, che ne so….ristorante cinese?-
    -Ottima idea-
    E così le due ragazze si prepararono velocemente ed uscirono anche se Lauren trascorse tutta la serata a ripensare alle parole di Lexie.

    *

    Era già passato quasi un mese.
    Quella sera David aveva proposto ai ragazzi di fare un barbecue in giardino. L’idea era stata accolta con entusiasmo dai ragazzi, che però ne avevano approfittato mettendo proprio il manager davanti alle piastre bollenti.
    Gustav stava apparecchiando la tavola e Tom si era stranamente offerto di aiutarlo. Georg si era messo all’opera per preparare qualche leccornia da gustare insieme con la carne. Mentre Bill….se ne stava tranquillamente seduto sul divano davanti alla tv: non voleva rovinarsi la manicure fatta solo il giorno prima. Ogni tanto faceva qualche critica o impartiva ordini a destra e a manca. E ciò gli procurava un sacco di occhiatacce da parte degli altri tre.
    -Ragazzi, come siete messi lì?- urlò David dal giardino.
    -La tavola è apparecchiata- rispose Gustav.
    -Direi che è una piccola opera d’arte- aggiunse Tom.
    -Solo perché mi hai dato una mano non significa che sia una meraviglia!- disse il batterista demoralizzando il rasta.
    -Anch’io sono quasi pronto!- esclamò Georg.
    Dopo pochi minuti David entrò in casa con un vassoio di succulenta carne cotta alla brace e lo posò sul tavolo.
    -Cazzo!- imprecò Georg.
    Gli altri si girarono nella sua direzione.
    Si sparse per la casa un forte odore di bruciato.
    -Hobbit, stai dando fuoco alla casa?- chiese il rasta avvicinandosi al ragazzo, intento a trafficare nella pentola dell’olio delle patatine.
    Dopo una frazione di secondo, Tom scoppiò a ridere.
    -Che diavolo gli è preso?- chiese Gustav guardando David e Bill.
    -Mah!- disse il manager stringendosi nelle spalle.
    Dopo pochi attimi Georg si girò verso di loro: teneva stretta in una lunga pinza di acciaio una forchetta col manico di plastica. O meglio, quello che rimaneva del manico. Già, perché la forchetta in questione, usata dal bassista, era accidentalmente caduta nell’olio bollente e ora il manico penzolava mezzo colato.
    Georg fissò i ragazzi e David con un’espressione piuttosto sconfortata. Ma dopo l’imbarazzo iniziale, sentì gli angoli della bocca tirare pericolosamente verso l’alto, fino a quando scoppiò a ridere seguito a ruota da tutti gli altri.
    Dopo alcuni minuti David e i ragazzi riuscirono finalmente a sedersi a tavola per cenare.
    -Ragazzi, devo comunicarvi una bella notizia- disse ad un tratto David.
    -Ci porti in qualche locale di striptease?- chiese Georg speranzoso.
    David alzò gli occhi al soffitto –Certo che no! Volevo solo dirvi che per Pasqua torniamo a casa qualche giorno-
    -Casa dolce casa- disse Gustav sorridendo. Già pensava che avrebbe rivisto Lexie.
    -A proposito di casa….- disse Bill –Come facciamo a tornare dopo quello che è successo prima della partenza?-
    Georg rimase con la forchetta sospesa a mezz’aria, Gustav si grattò una guancia e Tom si schiaffò una mano sulla fronte.
    -Mi spiegate qual è il problema?- chiese loro David che non ci stava capendo niente.
    -Ecco, devi sapere- iniziò Bill –che il giorno della partenza c’è stato qualche piccolo incidente in casa. In poche parole….credo che si sia fulminato l’impianto elettrico-
    -Esagerato! Avete provato con l’interruttore del contatore?- chiese il manager.
    -Purtroppo credo che Bill abbia ragione.- disse il bassista –Quando è saltata la corrente abbiamo cercato di ripristinarla ma non ci siamo riusciti-
    -Siete delle frane!- disse David guardando i suoi quattro prediletti –Non si può lasciarvi da soli due minuti che ne combinate una delle vostre!- aggiunse scuotendo la testa.
    -Dovremo trovare un posto in cui stare. Dubito che a Pasqua ci sia un elettricista disponibile a venire a rimediare al casino che abbiamo fatto!- disse Tom serio.
    -Potete stare da me- si offrì David-
    I ragazzi storsero il naso.
    -Io preferirei stare da Gustav- disse Georg.
    -Giusto- disse Tom
    -A parte il fatto che l’appartamento di Lexie non è grande abbastanza….Il problema è che io starò qualche giorno da Ryan- rispose il batterista.
    -Ancora meglio!- esclamò Tom, gli occhi che brillavano –Possiamo farci ospitare tutti da lui, ha una casa talmente grande!-
    Georg annuì sorridendo. Mentre Bill, a quelle parole, rischiò di soffocarsi con l’acqua che stava bevendo.
    Sì, era vero, Ryan viveva in una casa enorme ma purtroppo non era solo. In quella casa viveva anche un’altra persona.
    E non era una persona qualunque.
    Era lei.
    Lauren.
    Satana reincarnato in una persona vivente.
    Bill sentì l’ansia crescere dentro di sé, sperava con tutto il cuore che suo fratello stesse scherzando. E soprattutto che non passasse dalle parole ai fatti.
    Sì perché lui non era pronto per una convivenza forzata sotto lo stesso tetto con quella ragazza. Una situazione del genere l’avrebbe distrutto. E lui ci teneva alla sua integrità fisica e psicologica.




    Continua….
     
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  15. DiANaReN
     
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    mi ero persa dei chappyyyy accidentiiiii
     
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39 replies since 26/7/2009, 17:10   1799 views
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