BETA EDITORS per il DB Fan Fiction!! QUI per candidarsi!

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. sugar`
     
    .

    User deleted


    Okay Simo, ricevuto! Sì in effetti a volte tendo a non cambiare molto i testi XD
    Comunque ho capito cosa vuoi dirmi, e ho provato a betare il testo che hai postato (;

    SPOILER (click to view)
    - Ehi, vuoi qualcosa? Finito di fissarmi? - disse una ragazzina tutto pepe.
    - Scusa, ma non è normale vedere una che alla fermata dell’autobus s'infila una gonna a fiori sopra i jeans - proferì stupito un ragazzetto magro e un po' pallido. Aveva gli occhi scuri e furbetti e i capelli neri piuttosto spettinati.
    - Beh se non vuoi vedere voltati, perché adesso i jeans me li tolgo! - replicò l’altra con tono scortese.
    - Sei nuova? - aggiunse un ragazzetto dallo stile un po’ particolare, fino a quel momento rimasto in disparte. Indossava una felpa enorme per la sua taglia e dei pantaloni larghi a vita bassa, tanto che sembrava uscito da un video rap.
    - Acuto, il pastore bergamasco! - disse con tono acido e arrabbiato la ragazzina.
    - Senti bella, pastore bergamasco lo tieni per te, dato che ti sei messa quella specie di prato fiorito in testa. Ma come ti sei conciata? - chiese indispettito il ragazzetto con i dreadlocks.
    - Ma vedi di pensare al tuo guardaroba, che al mio ci penso io! – gli rispose con tono acido.
    - Su questo non ci piove - tagliò il ragazzo alquanto offeso.
    - Ma che paese di merda! Piove, fa freddo ed è il primo giorno di scuola, che palle! Senza contare che sono qui con due tipi strani come voi ad aspettare l’autobus sotto una pensilina di legno pidocchiosa in questo paesino disperso e dimenticato da Dio! -
    - Concordo sul paesino disperso, è una vera merda - disse il rasta.
    - E pure sul tempo. Ma hai un accento strano… - osservò il morettino, curioso.
    - Sono franco tedesca, mia madre è tedesca e mio padre è francese. Ci siamo trasferiti da poco in quell’enorme villa rossa.
    - Oddio!
    - Perché oddio?
    - Sei tu che ascolti quella musica deprimente e zompetti come un grillo? Comunque noi abitiamo in quella casa bianca laggiù, perciò ti vediamo.
    - Senti morettino, “zompetti come un grillo” lo dici a tua sorella, e casomai è tua nonna che ascolta musica deprimente. Ma in che senso "abitiamo"? Vivete insieme?
    - Sai com’è, siamo gemelli! - rise il moro.
    - Sì, certo. Se hai finito di prendermi in giro sali sull'autobus, se no ti spezzo quelle piccole gambe smilze che ti ritrovi e ci faccio uno xilofono, e magari suono la marcia Radetzky con il femore!
    - Senti bella, non abbiamo di certo voglia di prenderti in giro alle sette del mattino. Se ti va di crederci bene, se no non me ne frega niente - ribatté incavolato il rasta.

    L'autobus intanto era arrivato, ed erano saliti tutti e tre con la tristezza nel cuore. Non avevano la minima voglia di tornare a scuola, ma purtroppo le vacanze estive erano finite davvero e quella pioggia fine e fastidiosa annunciava l'inizio dell'autunno.

    - Che fai, ci segui?
    - No vi prego, ditemi che è un incubo, andiamo nella stessa scuola?
    - Temo di sì, è quel lager laggiù?
    - Allora sì, è la stessa.
    - In che classe sei?
    - La settima, sezione A.
    - Allora sappi che è una vera disgrazia, perché siamo in classe insieme.
    - Se il buon giorno si vede dal mattino non oso immaginare come finirà questa giornata! - sbuffò la ragazza.
    - Chi ben comincia è a metà dell'opera.
    - Dai, diciamo un'altra frase fatta... - e poi i tre si guardarono e scoppiarono a ridere; non si erano ancora presentati, ma sapevano che sarebbero diventati buoni amici.

    Nell'atrio della scuola i ragazzi erano felici di incontrarsi e si erano già formati molti gruppetti. Non si risparmiavano pacche sulla spalle, piccoli buffetti, baci e abbracci, tanto che il vociare era assordante.
    Quando quel trio un po’ strano fece la sua comparsa, molti si girarono a guardarlo curiosi, soprattutto i più grandi: di certo il cappellino di quella ragazzina era veramente singolare, per non parlare della gonna e della piccola giacca, ma lei portava il tutto con fierezza mentre i due ragazzini, così piccoli e magri, sembravano sfidare il mondo con il loro cipiglio fiero.

    - Ehi, bei capelli ragazzetto, sembrano le frange del tappeto di mia nonna! - incalzò uno dei bulli della scuola.
    - Ignorali, fratellino. Come vedi - cominciò rivolgendosi alla ragazza dal cappellino buffo - la nostra scuola è davvero uno sballo! C'è gente così simpatica da farti morire dalle risate.
    - Sfigato, dove l'avete trovata quella con un'aiuola sulla testa? - aggiunse un altro del gruppo.
    - Senti Nehandertal, perché non pensi a te e ai tuoi pantaloni color vomito di gatto? – gli disse l’altra.
    Tutti quelli intorno al ragazzo riuscirono a stento a trattenersi dal ridere. Il bullo stava per reagire quando suonò la campana.
    - Beh, sei salva per questa volta, ma sappi che ci ritroviamo.
    - Oh, ho così paura che me la sto facendo sotto, non so se resisterò, le mie gambe tremano!
    Si appoggiò ai suoi due compagni di sventura e fece finta di barcollare, aggiungendo con tono canzonatorio: - Oh, povera me, cosa farò? Mio Dio, tremo!
    - Ridi pure bella, ma ci rivedremo.

    - Complimenti fratellino, bell’inizio! - sussurrò il ragazzino magro con i capelli corti e neri.
    - Già, l'anno scorso ci sono toccati i "nazzi", mentre quest'anno a quanto pare dovremo vedercela con i motociclisti borchiati - ribatté il fratello. – Ringraziamo il prato fiorito qui accanto a noi! – aggiunse poi con tono mesto.
    - Senti ti ho chiesto di non chiamarmi così, nappa da tende!
    - Nappa da tenda, questa è buona! Sei un genio, mi piace! - il morettino cominciò a ridere divertito, mentre nella sua testa immaginava il fratello con la testa appesa ad una tenda.
    - Senti un po’, vuoi che ti spacchi la faccia adesso o casa? Magari ti allargo quel sorriso da ebete! – ringhiò il rasta.
    - Tu provaci e ti lancio la chitarra fuori dalla finestra, magari con tutta la tua collezione di boxer puzzolenti.

    Gli alunni pian piano raggiunsero le loro rispettive classi mentre i due ragazzi, salendo le scale per raggiungere la sezione A, si scambiavano tante frasi dolci.
    - Insomma - tuonò una voce, rivolta ai due fratelli che si stavano letteralmente trascinando su per le scale, senza la miniva voglia di andare in classe - cominciamo bene voi due! Dentro e tacete!
    Gli altri alunni avevano fatto a gara per sedersi in fondo all'aula e i due fratelli, giunti tra gli ultimi, si videro costretti a sedersi a un banco in prima fila accanto al muro e vicino alla finestra. L'ultima entrata era però la nuova ragazzetta che aveva assistito divertita allo scambio di "complimenti" tra i due fratelli, perciò a lei era rimasto il banco singolo accanto alla cattedra, il cosiddetto “banco della vergogna”.
    - Bene, facciamo l'appello - tuonò la professoressa di mezza età, alta, magra e con i capelli vagamente rossi. Aveva molte rughe d'espressione e un cipiglio arcigno e severo che bastava a far zittire tutti. - Lauren Bart - cominciò.
    - Presente - la ragazzetta dal buffo cappellino si era alzata e aveva risposto con voce squillante e, mentre i compagni cominciavano a ridere e a scambiarsi commenti, i due fratelli restarono fermi senza aprir bocca. Il morettino guardava fuori dalla finestra con aria sognante, e al suono di quella voce si era appena girato e aveva sorriso, per poi riprendere a volare con la fantasia; il ragazzetto con i dreadlocks, che già sonnecchiava con la testa appoggiata al muro, aveva invece guardato di sottecchi quella buffa ragazzina con la strana gonna a balze: sembrava proprio uscita da una casa di bambole dell'ottocento, con quella chioma di capelli lunghi e castani che le arrivava fino al sedere. Di certo lo aveva colpito, e non solo per l'abbigliamento. Con le sue parole e quel suo tener testa ai gradassi della scuola non era certo il suo tipo, ma i suoi occhi blu che lo scrutavano indagatori lo avevano incuriosito.
    - Non urlare come un'oca sguaiata, basta un semplice "presente" - ribatté la professoressa Rosencranz, proseguendo poi con l'appello.
    - Bill Kaulitz.
    - Seh... cioè sì – il ragazzo rispose con voce inizialmente poco convinta, poi squillante
    - Tom Kaulitz.
    - Uhm - accennò il ragazzo
    Lauren li guardò e pensò che avevano dei nomi davvero buffi, sembravano quelli di due cagnolini. E poi adesso aveva due nuovi soprannomi: grugnito e monosillabo. Viste le loro risposte calzavano a pennello.
     
    Top
    .
  2. *HEILIG*
     
    .

    User deleted


    Così ti voglio!! *-*
    Ottimo lavoro *-*

    Ti aggiungo alle Beta e ti abilito alla sezione protetta.

    Tu un po' di quello che ti aspetta lo sai già...ma non basterà!! X°D

    Benvenuta in squadra *-*
     
    Top
    .
  3. empty‚
     
    .

    User deleted


    Complimenti zucchera! *O*
     
    Top
    .
  4. sugar`
     
    .

    User deleted


    Oh, grazie Simo! **

    CITAZIONE (*HEILIG* @ 20/3/2011, 15:21) 
    Tu un po' di quello che ti aspetta lo sai già...ma non basterà!! X°D

    Devo spaventarmi? XD

    E grazie anche a te empty! <3
     
    Top
    .
  5. *HEILIG*
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (sugar` @ 20/3/2011, 16:01) 
    Devo spaventarmi? XD

    direi
     
    Top
    .
  6. sugar`
     
    .

    User deleted


    Bene u.u
    *si fa coraggio*
     
    Top
    .
  7. Augenblick.
     
    .

    User deleted


    Mi candidooooo .___. Help, temo molto il vostro giudizio XD



    Profilo DB
    Profilo sito

    Quì sotto il testo originale. E’ una parte del primo chap, se ho contato bene dovrebbero essere all’incirca cento righe.
    SPOILER (click to view)
    https://tokio-hotel.forumcommunity.net/?t=44153047
    Le luci si spensero e automaticamente le urla dei fans si fanno sentire. L’adrenalina sale alle stelle e il cuore non smette di calmarsi per un istante:
    -tocca a te!-
    mi disse un uomo alto e robusto dello staff. Seguo l’uomo, non riesco a sentire le gambe da quanto sono carica e concentrata,ma continuo a camminare lo seguo senza fiatare non volevo sprecare energie, il mio respiro era irregolare e intanto nella mia testa c’era la mio “psicologo” che mi ripeteva:
    “stai calma Fede respira, andrà tutto bene respira, respira, pensa ad una spiaggia ….”
    Ma nonostante tutto questa auto psicanalisi non riuscivo a pensare ad altro, ero troppo agitata e per di più ero tutta sudata, non ho neanche cominciato a rockeggiare è già sudo come una capra?
    Questo è il massimo! Mi ero appena fatta la doccia, tanto valeva farsela dopo. L’entrata del palco si avvicina sempre di più come se fosse una porta che ti porta ad un altro mondo, non mi sono fatta strane sostanze, ma la sensazione era quella. Quello dello staff mi fa luce sulle scalette per evitare una delle mie tante figure. Una voce misteriosa e robotica si fa sentire nel palazzetto, è già il panico mi invade:
    - TOKIO HOTEL HUMANOID!-
    “ecco ora non mi ricordo più gli accordi!!!no calma , questo è il mio momento devo dimostrare chi sono!!!!!!!!!” pensai
    -è il segnale vai! è buona fortuna!!!!- disse Saky. Senza pensarci e pianificare la mia entrata,seguii l’istinto presi la mia chitarra al volo e andai verso il palco e cominciai con i primi accordi di NOISE.
    Le fans erano scalmanate e Gustav comparve dietro di me con i riflettori puntati, lui era su un punto strategico praticamente era in alto al centro, aveva una vista spettacolare, poteva vedere tutti quanti,era sulla vetta di controllo. Gustav è una forza con la batteria, il suo ritmo ci trascinava tutti, era tutt’uno! Lui era il nucleo di quella musica. Serio concentrato e sudato, robusto come tutti batteristi, biondo capelli corti con le vecchie cicatrici n testa, sembrava così serio ma in realtà era molto simpatico.
    Georg comparve verso la mia sinistra, il suo sound era così soft completava la cornice, ci dava anima e corpo con il suo basso.
    Era semplice, rappresentava lo stile del rock. lunghi capelli castano chiaro perfettamente lisci, il suo corpo scolpito come una statua greca, era puro sesso, e quei occhi verdi vedi la sua semplicità. Poi arrivò Tom il gemello di Bill, identici nello loro sguardo ma diversi allo stesso tempo. conosciuto come il Sexygot.
    Faceva ricordare a quei rapper della periferia di New York, capelli neri con lunghe treccine afro-americano ma in questo caso afro-tedesco, Già dal nome si può capire tutto,nel senso della parola. Quando lui suona e come se stesse facendo del sesso, ad ogni accordo , la sua espressione era pura in estasi, era come una droga per lui, ad ogni accordo era un brivido di ecitazione,per lui la chitarra è come una donna, bisogna prendersi cura, prenderla nei punti giusti, saperla prenderla nel momento giusto e se la prendi è una dolce melodia,la filosofia di Tom non cambierà mai. Quel ragazzo faceva impazzire tutte noi, sapeva come mandare in delirio le fans,quello sapeva come gestire una ragazza persino una donna di 40 anni.!!!! E infine compare lui, tra luci e ombra,la punta del diamante, il quadro completo, la mia musa d’ispirazione, la bellezza e perfezione in persona.. Bill Kaulitz il frontman dei Tokio Hotel. Bill arrivò con la sua camminata sicura e decisa, alto snello sembrava un modello, era perfetto,potevi dire che non ti piaceva un certo indumento ma a lui gli stava bene tutto, non c’era un diffetto. Il suo stile era unico, era mix tra punk e dark e rock, faceva ricordare gli inizi degli anni 80, con i suoi capelli corti neri che accennavano un po’ di cresta, non so quante volte ha cambiato pettinatura, quel ragazzo era sempre in continuo evoluzione. Nonostante i suoi lineamenti femminili, donne e uomini erano ai suoi piedi di qualsiasi età e aveva soltanto 20 anni.
    Il suo sguardo percorreva la folla e il suo sorriso diceva molto anche nei suoi occhi. il pubblico si scatenò. Gestiva le redine della situazione.
    Lui era il principe e noi eravamo la corte, e cominciò a cantare.
    “ There are days When you feel so small And you know You could be so tall You think you got no choice Look at the earth Look what we do Here and now We need you
    Silence can destroy Get up and raise your voice”

    La sua voce, è così così,non riesco a trovare un aggettivo per descriverla, troppe emozioni per descriverla. Posso solo dire che se un animale ha l’intenzione di attaccarlo, difficilmente lo farà, perché diventa innocuo. La sua voce poteva essere dolce,serena,provocante,sensuale ma allo stesso tempo aveva un energia infinita, ti dava lo stimolo di rialzare e di andare avanti.

    “Make some noise Here on earth Noise To the world Noise For all the things You belive in
    Noise Let them hear you Noise Let them feel you Noise Make them know
    That you care Make noise, noise”

    Ad ogni sua parola,lo accompagnavo con dei arpeggi, pizzicavo quelle corde che sembravano fili d’argento di raggi di luna. Mi sentivo completa, non ero più sola, eravamo tutt’uno, per la prima volta mi sentivo una di loro.

    “You were free You were innocent You belived In a happy end
    Days turned into years
    Now you're here With your broken mind While your dreams
    Are sleeping quietSilence can destroy Get up and raise your voice
    Make some noise Here on earth Noise To the world Noise For all the things You belive in Noise Let them hear you Noise Let them feel you Noise Make them know That you care
    Make noise, noise”

    Sentivo una strana sensazione , e come se qualcuno in particolare mi stesse fissando, c’erano i fans che puntavano gli occhi su di noi, ma non erano quel tipo di sensazione. Guardai chi mi stesse fissando, ed era Bill. Il suo sguardo può far mancare il respiro,ti senti nuda, quei occhi color nocciola-dorati contornati dalla matita nera così profondi che puoi perderti nel suo riflesso.

    “Can you feel it Can you feel it Can you feel it Can you feel it”

    Puoi sentire l’energia? Si la sento, ma tu puoi sentire quello che provo per te?
    “...Come on......Come on...”

    Eravamo tutti presi, eravamo al massimo. Eravamo all’ assolo, i fans erano impazziti e urlavano i nostri nomi, e io come tutti i comuni mortali,mi gasai al massimo ero sotto ad un ipnosi,non c’erano strane sostanze nell’aria ma solo quella musica,quella situazione era eccitante e quando mi girai mi trovai faccia a faccia con Bill e in quel momento, cantò quella frase molto sensualmente:
    “it’s everthing you’ever been, why don’t we share ,come take me there…”

    Ero spiazzata, non mi aspettavo Bill così vicino,potevo sentire il suo respiro, il suo profumo, il calore della pelle, il suo battito del cuore o mi confondo con il mio? Dio non guardarmi così, mi sento morire dal tuo sguardo:
    “Juston!Juston! abbiamo un problema i comandi non rispondono che facciamo?”
    il mio cervello non rispondeva c’era solo confusione anzi mi percorrevano delle immagini, tipo un vulcano in piena eruzione, un bomba atomica, il coro degli angeli, insomma sembrava il carnevale di Venezia. Intanto Bill si avvicina sempre di più, io rimasi come un imbecille a fissarlo invece di reagire il mio corpo si rifiutava di rispondere, lo so cosa state pensando: abbiamo perso la chitarrista!
    Tutto il resto non contava il tempo si era fermato, il mio sogno si stava realizzando, quindi potete immaginare la mia faccia da ebete,non so come ha fatto a non ridere della mia espressione, chiunque poteva ridere, magari le luci lo accecavano e non vedeva bene oppure era il fumo. Lui si avvicina sempre di più,sempre di più tanto da togliermi l’ossigeno, già non respiravo, le nostre labbra erano sempre più vicine si stavano fondendosi l’uno con l’altro come un eclisse e:

    -BUONGIORNOOOOOOOOOO SVEGLIATEVI QUI E’ RADIOROCK DOVE IL ROCK VIVE NEI GIOVANI RIBELLI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
    Mi svegliai di soprassalto dallo spavento della radio sveglia, che caddi per terra come una pera cotta, e mi trovai in una posizione assurda, avevo le lenzuola che si fasciavano sul mio corpo come una mummia, sembravo la brutta copia di Tutankamon che ha tentato di uscire dal suo sarcofago, non c’è niente da ridere!!!! Cercai di connettere i neuroni per azionare le mie funzioni del mio corpo se era tutto a posto tranne che ho preso una botta sul culo, che male! Cercai di capire dov’ero , ma la luce del sole filtrava nelle fessure della finestra e mi accecavano come un vampiro,poi capii dov’ero. Ero nella mia stanza, con i poster dei mie idoli, la scrivania, il computer, i vestiti sparsi ovunque come se ci avessi fatto sesso per tutta la notte!


    La versione betata:
    SPOILER (click to view)
    Le luci si spensero e automaticamente le urla dei fans si fecero sentire. L’adrenalina salì alle stelle e il cuore non smise di calmarsi per un istante:

    - Tocca a te! –

    Mi disse un uomo alto e robusto dello staff e io lo seguii. Non riuscendo nemmeno a sentire le mie stesse gambe da quanto ero carica e concentrata, continuai a camminare senza fiatare per non sprecare energie, il mio respiro era irregolare e intanto nella mia testa il mio “psicologo” mi ripeteva:

    “Stai calma Fede, respira, andrà tutto bene. Respira, respira e pensa ad una spiaggia ….”

    Nonostante questa auto-psicoanalisi non riuscivo a pensare ad altro, l’agitazione era troppa e per di più ero tutta sudata.
    “Non ho ancora cominciato a suonare e già sudo come una capra?”

    Questo è il massimo! Mi ero appena fatta la doccia, tanto valeva farsela dopo. L’entrata del palco si avvicinava sempre di più come se fosse una porta che ti conduce ad un altro mondo, non ho mai fatto uso di strane sostanze, ma la sensazione era quella. Il membro dello staff mi fa luce sulle scalette per evitare una delle mie solite figuracce.
    Una voce misteriosa e robotica si fa sentire nel palazzetto e il panico mi invade.

    - TOKIO HOTEL HUMANOID! -

    “Ecco ora non mi ricordo più gli accordi! No, calma, questo è il mio momento e devo dimostrare chi sono!” Pensai.

    - E’ il segnale, vai! E buona fortuna!- Disse Saki.

    Senza pensarci e pianificare la mia entrata, seguii l’istinto, presi la mia chitarra al volo e andai verso il palco cominciando con i primi accordi di Noise.
    Le fans erano scalmanate e Gustav comparve dietro di me con i riflettori puntati su di lui. Era in un punto strategico, in alto e al centro, da cui aveva una vista spettacolare che gli permetteva di osservare tutti quanti, poteva controllare ogni presente nell’arena.
    Gustav è una forza con la batteria e il suo ritmo ci trascinava tutti. Lui era il nucleo di quella musica. Serio, concentrato e sudato, robusto come tutti batteristi, un biondino con capelli corti e vecchie cicatrici in testa, sembrava così serio ma in realtà era molto simpatico.
    Georg comparve alla mia sinistra, il suo sound così soft completava la cornice, riusciva a darci anima e corpo con il suo basso.
    La sua semplicità rappresentava lo stile del rock. Lunghi capelli castani perfettamente lisci, il suo corpo scolpito come quello di una statua greca, era puro sesso, e quegli occhi verdi vedi la sua peculiarità.
    Poi arrivò Tom, il gemello di Bill, identici nello sguardo ma diversi allo stesso tempo, conosciuto come il Sexgott.
    Riportava alla mente quei rapper della periferia di New York con capelli neri e lunghe treccine afro. Già dal nome si poteva capire tutto, nel vero senso della parola. Ad ogni accordo era come se stesse facendo sesso, la sua espressione era di pura estasi, come una droga per lui, ogni nota era un brivido di eccitazione. Infatti per lui la chitarra è come una donna, bisogna prendersene cura, prenderla nei punti giusti e al momento giusto e se la prendi nel modo adatto è una dolce melodia: la filosofia di Tom non cambierà mai. Quel ragazzo faceva impazzire tutte noi, sapeva come mandare in delirio le fans, sapeva come gestire una ragazza e persino una donna di 40 anni.
    E infine compare lui, tra luci e ombre, la punta di diamante, il quadro completo, la mia musa d’ispirazione, la bellezza e perfezione in persona: Bill Kaulitz, il frontman dei Tokio Hotel.
    Bill comparve con la sua camminata sicura e decisa, così alto e snello da sembrare un modello. Era perfetto. Potevi dire che non ti piaceva un certo indumento ma vederlo su di lui ti avrebbe fatto dire il contrario. A lui donava tutto, non aveva un difetto. Il suo stile era unico, un mix tra punk, dark e rock, faceva ricordare gli inizi degli anni 80, con i suoi capelli corti e neri che accennavano una cresta, si è perso il conto di quante volte ha cambiato pettinatura, quel ragazzo era sempre in continua evoluzione. Nonostante i suoi lineamenti femminili, donne e uomini di qualsiasi età erano ai suoi piedi e lui aveva soltanto 20 anni.
    Il suo sguardo percorreva la folla e il suo sorriso diceva molto, anche nei suoi occhi. Il pubblico si scatenò ma lui aveva in mano le redini della situazione.

    Lui era il principe e noi la corte, cominciò a cantare.

    “There are days when you feel so small
    And you know you could be so tall
    You think you got no choice
    Look at the earth
    Look what we do here and now
    We need you
    Silence can destroy
    Get up and raise your voice”




    La sua voce è così… così… non riesco nemmeno a trovare un aggettivo per descriverla dalle troppe emozioni che mi fa provare. Posso solo dire che se un animale avesse intenzione di attaccarlo, difficilmente lo farebbe e diventerebbe innocuo. La sua voce poteva essere dolce, serena, provocante, sensuale, ma allo stesso tempo aveva un energia infinita, ti dava lo stimolo di rialzarti e di andare avanti.

    “Make some noise, here on earth
    Noise, to the world
    Noise, for all the things you believe in
    Noise, let them hear you
    Noise, let them feel you
    Noise, make them know that you care
    Make noise, noise”



    Ad ogni sua parola, lo accompagnavo con degli arpeggi, pizzicavo quelle corde che sembravano fili d’argento e raggi di luna. Mi sentivo completa, non ero più sola, eravamo un tutt’uno.
    Per la prima volta mi sentivo una di loro.

    “You were free
    You were innocent
    You believed in a happy end
    Days turned into years
    Now you're here with your broken mind
    While your dreams are sleeping quiet
    Silence can destroy
    Get up and raise your voice
    Make some noise
    Here on earth
    Noise, to the world
    Noise, for all the things you believe in
    Noise, let them hear you
    Noise, Let them feel you
    Noise, Make them know that you care
    Make noise, noise”



    Sentivo una strana sensazione, come se qualcuno in particolare mi stesse fissando. C’erano i fans che puntavano gli occhi su di noi ma non erano quel tipo di sensazione. Cercai chi mi stesse fissando ed era Bill. Il suo sguardo può far mancare il respiro, ti senti nuda, quegli occhi color nocciola-dorati contornati dalla matita nera, così profondi che puoi perderti nel loro riflesso.

    “Can you feel it
    Can you feel it
    Can you feel it
    Can you feel it”



    Puoi sentire l’energia? Sì la sento, ma tu? puoi sentire quello che provo per te?

    “Come on
    Come on”



    Eravamo tutti presi, stavamo dando il massimo. Eravamo all’assolo, i fans erano impazziti e urlavano i nostri nomi, e io come tutti i comuni mortali mi gasai al massimo come se fossi sotto ipnosi. Non c’erano strane sostanze nell’aria ma solo quella musica. Quella situazione era eccitante e quando mi girai mi trovai faccia a faccia con Bill e in quel momento, cantò quella frase molto sensualmente.

    “it’s everthing you’ever been
    why don’t we share
    come take me there”



    Ero spiazzata, non mi aspettavo Bill così vicino, potevo sentire il suo respiro e il suo profumo, il calore della pelle e il suo battito del cuore. O mi confondo con il mio? Dio, non guardarmi così, mi sento morire con quello sguardo addosso:

    “Houston! Houston! Abbiamo un problema, i comandi non rispondono, che cosa facciamo?”

    Il mio cervello non rispondeva, c’era solo una gran confusione. Anzi, alcune immagini attraversavano la mia mente: un vulcano in piena eruzione, un bomba atomica, il coro degli angeli, il carnevale di Venezia.
    Intanto Bill si avvicina sempre di più, io rimasi come un’imbecille a fissarlo e invece di reagire il mio corpo si rifiutava di rispondere. So cosa state pensando: abbiamo perso la chitarrista!
    Tutto il resto non contava, il tempo si era fermato. Il mio sogno si stava realizzando, quindi potete immaginare la mia faccia da ebete, non so come abbia fatto a non ridere della mia espressione, chiunque avrebbe potuto ridere, magari le luci lo stavano accecando e non vedeva bene oppure era il fumo. Si avvicinava sempre di più, sempre di più tanto da togliermi l’ossigeno, già non respiravo, le nostre labbra erano sempre più vicine e stavano per fondersi l’uno con l’altro, come un’eclissi e…

    - Buongiorno! Svegliatevi! Quì è RadioRock, dove il rock vive nei giovani ribelli. –

    Mi svegliai di soprassalto dallo spavento causato dalla radio sveglia tanto che volai per terra come una pera cotta. Mi trovai in una posizione assurda con le lenzuola che fasciavano sul mio corpo facendomi assomigliare ad una mummia, sembravo la brutta copia di Tutankhamon che tentava di uscire dal suo sarcofago. E no, non c’è niente da ridere. Cercai di connettere i neuroni tra di loro per far funzionare il mio corpo, controllando se era tutto a posto, tranne per la botta sul sedere Ahia, che male! Cercai di capire dove mi trovassi ma la luce del sole filtrava nelle fessure della finestra e mi accecavano come se fossi un vampiro, poi capii. Ero nella mia stanza, con i poster dei miei idoli, la scrivania, il computer, i vestiti sparsi ovunque.

     
    Top
    .
  8. *HEILIG*
     
    .

    User deleted


    Manu *-* macciaomachegioiacheseiqui *-*

    Aehm...

    *tossice e si ricompone

    Ok, scherzi a parte e goia a parte. Non c'è male.
    Per essere un centinaio di righe, di errorini ce ne sono parecchi.

    C'è qualche tempo verbale dissonante, e qualche errore di distrazione.

    Ti faccio vedere dove come ho fatto alle altre:

    CITAZIONE
    Le luci si spensero e automaticamente le urla dei fans si fecero sentire. L’adrenalina salì alle stelle e il cuore non smise di calmarsi per un istante:

    - Tocca a te! –

    Mi disse un uomo alto e robusto dello staff e io lo seguii. Non riuscendo nemmeno a sentire le mie stesse gambe da quanto ero carica e concentrata, continuai a camminare senza fiatare per non sprecare energie, il mio respiro era irregolare e intanto nella mia testa il mio “psicologo” mi ripeteva:

    “Stai calma Fede, respira, andrà tutto bene. Respira, respira e pensa ad una spiaggia ….”

    Nonostante questa auto-psicoanalisi non riuscivo a pensare ad altro, l’agitazione era troppa e per di più ero tutta sudata.
    “Non ho ancora cominciato a suonare e già sudo come una capra? (qui l'espressione mi sembra un po' da camionistae allegherei l'esclamazione al dialogo interiore) Questo è il massimo! Tanto valeva farsi la doccia dopo e non prima"

    (qui cominciamo con i balli verbali; prima c'era il remoto, qui troviamo l'imperfetto anche nella narrazione, che addirittura sfocia al presente....)
    L’entrata del palco si avvicinava avvicinò sempre di più come se fosse una porta che ti conduce conducesse ad un altro mondo. Non ho mai fatto uso di strane sostanze, ma la sensazione credo fu simile era quella. Il membro dello staff mi fa fece luce sulle scalette per evitare una delle mie solite figuracce.
    Una voce misteriosa e robotica si fa sentire alzò nel palazzetto e il panico mi invadeinvase.

    - TOKIO HOTEL! HUMANOID! -

    “Ecco ora non mi ricordo più gli accordi! No, calma, questo è il mio momento e devo dimostrare chi sono!” Pensai.
    (anche qua: che vogliamo fare? ha uno psicologo che le parla in terza persona, o si parla da sola in prima? starebbe meglio deciderlo e usare sempre quella voce interiore ;)

    - E’ il segnale, vai! E buona fortuna! (lo spazio qui manca) - Disse Saki.

    (ed ecco che qua infatti torna il remoto XD)

    Senza pensarci e pianificare la mia entrata, seguii l’istinto, presi la mia chitarra al volo e andai verso il palco cominciando con i primi accordi di Noise.
    Le fans erano scalmanate e Gustav comparve dietro di me con i riflettori puntati su di lui. Era in un punto strategico, in alto e al centro, da cui aveva una vista spettacolare che gli permetteva di osservare tutti quanti, poteva controllare ogni presente nell’arena.
    Gustav è una forza con la batteria e il suo ritmo ci trascinava tutti. Lui era il nucleo di quella musica. Serio, concentrato e sudato, robusto come tutti batteristi, un biondino con capelli corti e vecchie cicatrici in testa, sembrava così serio. In realtà invece, era molto simpatico.(qui ho sistemato l'effetto delle sue considerazione e mancava la virgola prima o dopo il ma, e ci va sempre.)

    Da qui parte un punto in cui non ci sono necessariamente molti errori, ma non mi piace la delirante visione di fan che ha qui. Deve sembrare una del gruppo, sta "lavorando" i continui rimandi al "puro sesso" li toglierei, semmai si rimettono in punti più opportuni (o è una os?? XD)


    Georg comparve alla mia sinistra, il suo sound così soft completava la cornice, riusciva a darci anima e corpo con il suo basso.
    La sua semplicità rappresentava lo stile del rock. Lunghi capelli castani perfettamente lisci, il suo corpo scolpito come quello di una statua greca, ed occhi verdi intenso che erano la sua peculiarità.
    Poi arrivò Tom, il gemello di Bill, identici nello sguardo ma diversi allo stesso tempo. Riportava alla mente quei rapper della periferia di New York con capelli neri e lunghe treccine afro. Già dal nome (????) si poteva capire tutto, nel vero senso della parola. Ad ogni accordo era come se stesse facendo sesso, la sua espressione era di pura estasi, come una droga per lui, ogni nota era un brivido di eccitazione. Per lui la chitarra è come una donna: bisogna prendersene cura, prenderla nei punti giusti e al momento giusto . Questa era la sua filosofia. (qui ho tagliato un bel pezzo)

    E infine compare lui, tra luci e ombre, la punta di diamante, il quadro completo, la mia musa d’ispirazione, la bellezza e perfezione in persona: Bill Kaulitz, il frontman dei Tokio Hotel.
    Bill comparve (allora? remoto o presente???? ^^') con la sua camminata sicura e decisa, così alto e snello da sembrare un modello. Era perfetto.

    Non vado oltre, perchè avrai capito quello che ho visto e che intendo.

    Mi beti altre 100 righe?
    Un testo difficile, te lo do io.
    La Scala degli Angeli, è una storia che tu conosci bene.
    La sto rieditando e me la beto quasi tutta.

    testo
    SPOILER (click to view)
    Sbarrò gli occhi di scatto nel buio.
    Un rumore. Aveva sentito un rumore.
    - Tom………. – un sussurro.
    In un istante accese la luce sul comodino e vide suo fratello, seduto sulla sedia ai piedi del suo letto.
    - Bill….ma..che diavolo ci fai lì?? ..Che ore….. – mentre gli poneva la domanda aveva già preso in mano il cellulare per rispondersi da solo - ..cazzo, Bill! Sono le tre e mezza di notte!!
    Guardò attonito il suo gemello che se ne stava lì, con una faccia…una faccia…strana…
    - sei tornato adesso? – gli chiese sollevandosi a fatica e mettendosi seduto
    - …sì!...sono tornato adesso!...e sono venuto subito qui da te!...
    Ma che diavolo aveva fatto Bill?
    Sembrava un bambino tornato da una gita.
    Si era alzato dalla sedia e gli era piombato con un salto, vestito e con tanto di scarpe, in ginocchio sulla metà libera del materasso.
    Aveva un’espressione contagiosa, era radioso e Tom d’istinto si mise a ridere a sua volta.
    - Ahahahaha….Bill…ma che hai fatto? Cosa ti sei fumato??..
    Bill non stava fermo un attimo, dondolava sulle gambe e se Tom lo conosceva bene….moriva dalla voglia di dirgli qualcosa.
    - Tom…Tom…Tom….non so come dirtelo, non so come spiegartelo…..è stato tutto….Tom…come un sogno…e forse…non è neanche vero…così bello, così bello Tom….ho quasi paura che non sia successo veramente…..a me…a me…Tom…
    Bill era passato dal riso…al sorriso..all’agitazione.
    Tom si sollevò meglio e gli mise una mano sul ginocchio, per tentare almeno di calmare quel dondolamento che gli stava facendo venire il mal di mare.
    - Pensi di dirmi di cosa stai parlando Bill…o devo chiamare il manicomio?...Ma che ti è successo??..dove sei stato?...e perché stai così?...Sembri pazzo…!!
    Suo fratello alzò lo sguardo su di lui, e lo fissò così a lungo che Tom pensò che si fosse incantato, ma poi Bill parlò.
    - …sono stato…Tom…..sono stato…...in Paradiso……
    Dopo tre ore, parlavano ancora.
    Fuori albeggiava.
    Tom era seduto sul letto con le gambe rannicchiate al petto e Bill steso sulla pancia, puntellato sui gomiti, con le gambe per aria che non smettevano di oscillare e la bocca che non smetteva di parlare, di raccontare, di sorridere.
    In tanti momenti del racconto di Bill, Tom avrebbe voluto interromperlo….chiedere, domandare…avrebbe voluto arrabbiarsi...intervenire in qualche modo.
    Ma in fondo, perché avrebbe dovuto?
    Lui…lui li conosceva bene gli inverni che Bill aveva passato nel suo cuore.
    E adesso Bill, per tutto quel tempo, era stato lì di fronte a lui.
    Il ritratto della gioia.
    Sì…..gli aveva fatto impressione…e sì…sì...gli aveva provocato una stretta allo stomaco il pensiero di mani estranee sul corpo di suo fratello.
    Il pensiero che Bill lo avesse fatto…con un ragazzo…con un ragazzo che lui neanche aveva mai visto…che lo avesse fatto..per la prima volta..per tante volte..quel giorno….sì, faceva fatica solo a pensarlo.
    Ma niente, alla fine, aveva superato il primo pensiero, il più importante.
    Tom voleva una sola cosa nella vita.
    Che suo fratello fosse felice.
    E Bill, il suo gemellino bellissimo…adesso, lo guardava con l’aria più felice che Tom gli avesse mai visto addosso.
    E allora gli aveva fatto solo domande, nessun rimprovero…si era tenuto per sé ogni perplessità e lo aveva ascoltato.
    Felice che anche quella volta, alla fine, Bill fosse corso da lui.
    A condividere tutto con lui.
    Bill gli stava raccontando della pizza che avevano mangiato sul divano, della birra, del cartone animato demenziale che avevano beccato sul satellite e che si capiva anche senza capire le parole….gli raccontava della vista dal terrazzo di quella casa…gli raccontava come era fatto lui, questo Justin….gli raccontava come lo aveva abbracciato…come lo aveva tenuto stretto…gli aveva ripetuto migliaia di volte quanto era dolce..
    - …non voleva che andassi via..Tom..mi avrebbe tenuto con sé, capisci?...siamo stati così bene Tom…ci impampinavamo a parlare…più io eh…ma anche lui…sai Tom..mi parlava lentamente, per farmi capire…e poi si dimenticava cosa voleva dirmi! – rideva, Bill rideva.
    - Beh mi sembra di capire che alla fine dei discorsi “seri” ci sia arrivato benissimo……..tutte e cinque le volte!!
    - Aahahah Tom quanto sei cretino!...sempre a pensare al sesso tu……no….invece…
    Bill si era fatto serio, e si era portato le mani, tutte e due, strette sul petto.
    - …Tom…invece alla fine dell’unica cosa seria di tutto questo…..qui…. – aveva le mani sul cuore – qui….Tom…qui Justin ci è arrivato veramente.
    Sì. Tom lo aveva capito.
    Lo conosceva suo fratello.
    Lo aveva capito che si sarebbe portato dietro quella giornata per sempre.
    E aveva una paura tremenda che Bill non avesse realizzato.
    Che non si fosse protetto dal dolore, che avrebbe sofferto.
    Ancora.
    - Bill… - gli aveva preso una mano e gliela teneva stretta, scuotendolo -… Bill…è un casino….lo capisci..vero?...è un casino questa cosa con Justin….che cosa pensi di fare adesso?....che cosa intendi fare?.....
    Bill stava ad occhi bassi, fissava il copriletto a righe ed era ammutolito.
    - Non lo so Tom. Io……non ci ho neanche pensato. Lui…non mi ha chiesto niente. Mi ha tenuto stretto così tanto prima che me ne andassi…mi ha dato il suo cellulare...ma …lui non mi ha chiesto niente. Lo so….che devo…che posso decidere io anche per lui…che lui non pretende niente da me…..ma..io non ci ho pensato..non lo so……credimi Tom….me ne sono andato da lì senza pensare che avrei potuto non rivederlo più……
    Bill aveva lo sguardo chino, non lo stava guardando, ma Tom capiva benissimo che lottava contro le lacrime che gli salivano negli occhi.
    - …non lo so perché…sapevo che dovevo tornare qui, che tu ti saresti preoccupato, che dovevo tornare in albergo perché era mio dovere essere qui stamattina…….ma Tom…io….non ci posso pensare a non vederlo più….non ci voglio pensare Tom…adesso non ci voglio pensare…
    Poi Bill alzò lo sguardo e riprese a parlare, di nuovo con l’espressione felice.
    - in fondo ho ancora oggi, no?…..per pensare….e per vederlo…..e voglio stare con lui Tom…non te la prendere se non sto con voi anche oggi mati prego, capisci!…..devo tornare da lui, devo stare con Justin!…ho ancora oggi…ho ancora stanotte!..mi inventerò qualcosa ma…
    P-o-r-c-a….p-u-t-t-a-n-a.
    Ma certo, Bill non sapeva niente!
    - No…Bill…..


    Fammi vedere come sistemeresti questo pezzo, pieno zeppo della mia primordiale ossessione per i puntini di sospensione e non solo ;)


     
    Top
    .
  9. Augenblick.
     
    .

    User deleted


    Minchia cotta! Questa sì che è tosta *O*

    Te la farò avere as soon as possible (:
     
    Top
    .
  10. *HEILIG*
     
    .

    User deleted


    E' un modo carino di mettere il dito nella piaga???? XD madonna Manu fa ribrezzo a rileggerla, pensare che vi sia piaciuta così tanto all'epoca la dice lunga sullo stato dell'arte delle ff quando la scrissi ^^'

    Comunque, sì, conoscendomi non dovrebbero esserci strafalcioni grammaticali, ma sintattici sì. E qui ti voglio.
    Vediamo un po' ;) e fai con calma, con molta calma. Betare di fretta significa errori assicurati, ci vuole un tempo almeno doppio alla stesura di un testo.
     
    Top
    .
  11. Augenblick.
     
    .

    User deleted


    Non pensavo sarebbe stato così difficile mettere le mani su una tua storia çOç Avevo una specie di barriera psicologica addosso e mi sono dovuta fare veramente della violenza per riuscire a cominciare çOç
    Comunque mi sembra di aver modificato poco (mi sembra di aver tolto solo i puntini di sospensione .__.), non lo so, sarà perchè è la tua storia ma mi sento poco convinta.

    SPOILER (click to view)
    Sbarrò gli occhi di scatto nel buio.
    Aveva sentito un rumore.
    - Tom! – un sussurro.
    In un istante accese la luce sul comodino e vide suo fratello, seduto sulla sedia ai piedi del suo letto.
    - Bill, ma che diavolo ci fai lì? Che ore… – mentre gli poneva la domanda aveva già preso in mano il cellulare per rispondersi da solo - Cazzo, Bill! Sono le tre e mezza di notte!
    Guardò attonito il suo gemello che se ne stava lì, con una faccia strana.
    - Sei tornato adesso? – gli chiese, sollevandosi a fatica e mettendosi seduto.
    - Sì, sono tornato adesso e sono venuto subito da te -
    Ma che diavolo aveva fatto Bill? Sembrava un bambino appena tornato da una gita.
    Improvvisamente si era alzato dalla sedia e con un salto gli era piombato addosso, nonostante fosse ancora vestito e con tanto di scarpe, in ginocchio sulla metà libera del materasso.
    Aveva un’espressione contagiosa, era radioso e Tom d’istinto si mise a sorridere a sua volta.
    - Bill ma che hai fatto? Hai fumato qualcosa? -
    Il ragazzo non stava fermo un attimo, faceva dondolare le gambe e Tom poteva vedere che moriva dalla voglia di dirgli qualcosa.
    - Tom, non so come dirtelo, non so come spiegartelo! E’ stato tutto come un sogno e forse non è neanche vero – tentennò – E’ stato così bello che ho quasi paura che non sia successo veramente a me. A me! –
    Bill era passato dal riso, al sorriso, all’agitazione.
    Tom si sollevò meglio e gli mise una mano sul ginocchio, per tentare almeno di calmare quel dondolio che lo stava facendo sentir male.
    - Pensi di dirmi di cosa stai parlando o devo chiamare il manicomio? Ma che ti è successo? Dove sei stato? E perché sei ridotto così? Sembri pazzo. -
    Suo fratello alzò lo sguardo su di lui e lo fissò così a lungo che Tom pensò che si fosse incantato, poi Bill parlò.
    - Sono stato in Paradiso. –

    Dopo tre ore, mentre fuori albeggiava, parlavano ancora.
    Tom era seduto sul letto con le gambe rannicchiate al petto e Bill steso sulla pancia, puntellato sui gomiti, con le gambe per aria che non smettevano di oscillare e la bocca che non smetteva di parlare, di raccontare, di sorridere.
    In tanti momenti del racconto di Bill, Tom avrebbe voluto interromperlo e chiedere, domandare, avrebbe voluto arrabbiarsi o intervenire in qualche modo.
    Ma in fondo, perché avrebbe dovuto?
    Lui conosceva bene gli inverni che Bill aveva passato nel suo cuore.
    E adesso, per tutto quel tempo di fronte a lui, era il ritratto della gioia.
    Sì. Gli aveva fatto impressione. E sì. Gli aveva provocato una stretta allo stomaco il pensiero di mani estranee sul suo.
    Il pensiero che Bill lo avesse fatto con un ragazzo che lui neanche aveva mai visto e che lo avesse fatto per la prima volta e per tante volte quel giorno, sì, faceva fatica solo a pensarlo.
    Ma niente, alla fine, solo una cosa era importante per lui, Tom voleva solo una cosa nella sua vita.
    Che suo fratello fosse felice.
    E Bill, il suo gemellino bellissimo, adesso lo guardava con l’aria più felice che Tom gli avesse mai visto.
    E allora gli aveva fatto solo domande, nessun rimprovero. Si era tenuto per sé ogni perplessità e lo aveva ascoltato, felice che anche quella volta Bill fosse corso da lui per condividere tutto.

    Bill gli stava raccontando della pizza che avevano mangiato sul divano, della birra, del cartone animato demenziale che avevano beccato sul satellite e che era riuscito a capire anche senza conoscere il significato delle parole. Gli descriveva della vista che si scorgeva dal terrazzo di quella casa, gli parlava di come era fatto questo Justin, di come lo aveva abbracciato e come lo aveva tenuto stretto, di come gli aveva ripetuto migliaia di volte quanto era dolce. [qui non ho capito/non ricordo se è Justin che dice a Bill quanto è dolce o se è una descrizione di Justin che Bill fa a Tom]
    - Non voleva che andassi via Tom. Mi avrebbe tenuto con sé, capisci? Siamo stati così bene anche se ci impappinavamo a parlare. Beh, più io di lui eh, ma anche lui. Sai, parlava lentamente per farmi capire e poi si dimenticava cosa voleva dirmi! – Bill rideva.
    - Beh mi sembra di capire che, alla fine, ai discorsi “seri” tu ci sia arrivato benissimo. Tutte e cinque le volte! -
    - Ahahah Tom quanto sei cretino! Sempre a pensare al sesso tu. No. – Bill si era fatto serio e si era portato le mani al petto, stringendole. - Invece alla fine di tutto questo, qui, Justin ci è arrivato veramente nel mio cuore.
    Sì. Tom lo aveva capito. Conosceva suo fratello e aveva capito che si sarebbe portato dentro quella giornata per sempre.
    Tuttavia aveva una paura tremenda che Bill non avesse realizzato, che non si fosse protetto dal dolore e che avrebbe sofferto ancora.
    - Bill - gli aveva preso una mano e gliela teneva stretta, scuotendolo – Bill è un casino, lo capisci vero? E’ un casino questa cosa con Justin. Che cosa pensi di fare adesso? Cosa intendi fare? -
    Bill stava ad occhi bassi, fissava il copriletto a righe ammutolito.
    - Non lo so Tom. Io non ci ho neanche pensato. Lui non mi ha chiesto niente. Mi ha tenuto stretto così tanto prima che me ne andassi, mi ha dato il suo cellulare ma non mi ha chiesto niente. Lo so che posso decidere io anche per lui, che lui non pretende niente da me, ma io non ci ho pensato. Non lo so, credimi, me ne sono andato da lì senza pensare che avrei potuto non rivederlo più. -
    Bill aveva lo sguardo chino, non lo stava guardando, ma Tom capiva benissimo che lottava contro le lacrime che gli salivano negli occhi.
    - Non lo so perché ma sapevo di dover tornare qui, che tu ti saresti preoccupato, che dovevo tornare in albergo perché era mio dovere essere qui stamattina. Ma, Tom. Io non posso pensare di non vederlo più… non ci voglio pensare adesso… -
    Poi Bill alzò lo sguardo e riprese a parlare, di nuovo con l’espressione felice.
    - In fondo ho ancora oggi, no? Per pensare e per vederlo. Voglio stare con lui Tom, non te la prendere se non sto con voi anche oggi ma ti prego, cerca di capire! Devo tornare da lui, devo stare con Justin! Ho ancora oggi, avrò ancora stanotte. Mi inventerò qualcosa. -
    Oh, cazzo. Ma certo, Bill non sapeva niente ancora!
    - No, aspetta! -
     
    Top
    .
  12. *HEILIG*
     
    .

    User deleted


    Ok Manu sono qua.
    La risposta l'avevo scritta tutta ieri mattina, direttamente in forum, poi non so che tasti ho spinto, sta di fatto che la pagina si è aggiornata completamente tornando indietro ad altra schermata e ho perso tutto il post. Mi è salito un incazzo tale che non l'ho più riscritto. Scusa -.-'

    In ogni caso: so di averti dato un compito ingrato, un po' perchè la Scala è molto particolare (quel capitolo neanche più di tanto) un po' perchè non c'erano chissà quali faci,i strafalcioni da correggere. Poi, effettivamente il fatto che sia una storia mia e che sia quella storia credo, soprattutto, sicuramente ti ha messo pressione e più nello specifico ti ha frenato dal modificare dove avresti magari modificato se fosse stata un'altra storia qualunque.

    Sinceramente "Uhm..." è il verso che ho fatto quando ho letto la betatura. Non sono completamente soddisfatta, forse soprattutto perchè c'è un errore all'inizio e credetemi, gli errori all'inizio fregano, rovinano molto e si notano tremendamente di più di errori scappati da metà testo in poi; perchè interviene la partecipazione nella narrazione, e cala l'attenzione ai difetti, con l'andare della lettura.

    La Scala è un sempio lampante di storia scritta molto tempo prima della betatura e in cui una potenziale autrice (la sottoscritta) desidera correggerla e migliorarla. La storia quindi deve “crescere”, non può mantenere moltissime infantilità della prima stesura piena di inesperienza e di stile (il mio, almeno s’è creato con questa storia che è la prima assoluta; quindi in questi primi capitoli, non ne avevo di certo ;))

    Per essere chiara, ti faccio vedere in corsivo cosa penso, partendo dal tuo testo:

    CITAZIONE
    Sbarrò gli occhi di scatto nel buio.
    Aveva sentito un rumore.
    - Tom! – un sussurro. Questo è quello che considero un errore (di betatura); il pnto esclamativo cozza con il suono di un sussurro. Non credi? Avreebbe reso meglio con “Tom.” secco, oppure “Tom…?” come di qualcuno che cerca attenzione svegliando gentilmente l’interlocutore. Forse, in alternativa, era una delle poche frasi in cui lasciare la sospensione
    In un istante accese la luce sul comodino e vide suo fratello, seduto sulla sedia ai piedi del suo letto. qui avrei spostato la virgola dopo comodino, togliendola dalla parte finale
    - Bill, ma che diavolo ci fai lì? Che ore… – mentre gli poneva la domanda aveva già preso in mano il cellulare per rispondersi da solo - Cazzo, Bill! Sono le tre e mezza di notte!
    Guardò attonito il suo gemello che se ne stava lì, con una faccia strana. avrei voluto che tu mi togliessi quel se ne stava lì, è parecchio bruttino. Più una cosa tipo “Guardò attonito il suo gemello, e si rese conto immediatamente che Bill aveva una faccia strana. Diversa dal solito in qualche modo.”
    - Sei tornato adesso? – gli chiese, sollevandosi a fatica e mettendosi seduto.
    - Sì, sono tornato adesso e sono venuto subito da te - qua avrei lasciato l’esclamativo. Bill comincia già ad andare in iperventilazione XD
    Ma che diavolo aveva fatto Bill? Sembrava un bambino appena tornato da una gita. in reprise a quanto detto sopra, anche qui avrei voluto che il dialogo maturasse un po’. Faccio parlare la testa dei personaggi che di volta in volta agiscono, in questa storia, ma di solito non così, e questo comunque è una tipologia di dialogo interiore che o viene mantenuta sempre, o è meglio smorzare tornando alla voce narrante e pace. Tipo: “Sì, Bill era decisamente strano. Aveva negli occhi un brillìo degno di un bambino appena tornato da una gita fantastica.”
    Improvvisamente si era alzato dalla sedia e con un salto gli era piombato addosso, nonostante fosse ancora vestito e con tanto di scarpe, in ginocchio sulla metà libera del materasso.
    Aveva un’espressione contagiosa, era radioso e Tom d’istinto si mise a sorridere a sua volta.
    - Bill ma che hai fatto? Hai fumato qualcosa? - ora come ora io non chiudo più i dialoghi con un altro trattino, se vado a capo. Quindi qui avrei messo il punto, però vabbè, niente di che… >>
    Il ragazzo non stava fermo un attimo, faceva dondolare le gambe e Tom poteva vedere che moriva dalla voglia di dirgli qualcosa.
    - Tom, non so come dirtelo, non so come spiegartelo! E’ stato tutto come un sogno e forse non è neanche vero – tentennò – E’ stato così bello che ho quasi paura che non sia successo veramente a me. A me! –
    Bill era passato dal riso, al sorriso, all’agitazione.
    Tom si sollevò meglio e gli mise una mano sul ginocchio, per tentare almeno di calmare quel dondolio che lo stava facendo sentir male.
    - Pensi di dirmi di cosa stai parlando o devo chiamare il manicomio? Ma che ti è successo? Dove sei stato? E perché sei ridotto così? Sembri pazzo. - ecco, questo dialogo lo avrei cambiato parecchio. Tom per essersi appena svegliato e non sapere nulla, gli fa troppe domande tutte in una volta. Non dimentichiamoci (io tra l’altro me ne sono dimenticata, appunto, quando l’ho scritta, che Tom s’è preso uno spavento terribile nel non trovare più Bill quel pomeriggio al telefono. Sarà stato un po’ in ansia sto ragazzo? E’ un po’ troppo tranquillo, qui. Quando la beterò io cambierò parecchio questa cosa, perché Tom non è che può andarsene a letto a dormire beat e svegliarsi beato col fratello che non sa neanche con chi è… Comunque, lo avrei riorganizzato tipo così: “Va bene ma calmati, una cosa alla volta. Intanto dimmi dove diavolo sei stato. Si può sapere??”
    Suo fratello alzò lo sguardo su di lui e lo fissò così a lungo che Tom pensò che si fosse incantato, poi Bill parlò.
    - Sono stato in Paradiso. – qui, avrei decisamente lasciato i puntini di sospensione a sto Bill completamente andato di testa XD

    Dopo tre ore, mentre fuori albeggiava, parlavano ancora.
    Tom era seduto sul letto con le gambe rannicchiate al petto e Bill steso sulla pancia, puntellato sui gomiti, con le gambe per aria che non smettevano di oscillare e la bocca che non smetteva di parlare, di raccontare, di sorridere. qui avrei chiuso la frase al parlare; le parti dopo qui sono superflue, Tom lo pensa dopo a come è felice Bill, è un’anticipazione ridondante
    In tanti momenti del racconto di Bill, Tom avrebbe voluto interromperlo e chiedere, domandare, avrebbe voluto arrabbiarsi o intervenire in qualche modo. qui forse avrei dato più incisività, spezzando con un punto. Tipo “
    Ma in fondo, perché avrebbe dovuto?
    Lui conosceva bene gli inverni che Bill aveva passato nel suo cuore.
    E adesso, per tutto quel tempo di fronte a lui, era il ritratto della gioia.
    Sì. Gli aveva fatto impressione. E sì. Gli aveva provocato una stretta allo stomaco il pensiero di mani estranee sul suo corpo. <i> qua le virgole, non i punti, invece
    Il pensiero che Bill lo avesse fatto con un ragazzo che lui neanche aveva mai visto e che lo avesse fatto per la prima volta e per tante volte quel giorno, sì, faceva fatica solo a pensarlo.
    Ma niente, alla fine, solo una cosa era importante per lui, Tom voleva solo una cosa nella sua vita.
    <i>q Tutta questa parte, invece, la trovo sbagliata e da riscrivere, invece.
    “Mentre ora, invece, aveva davanti a sé un Bill che incarnava gioia pura.”
    Oh, sì. Era stato un racconto affatto facile da digerire. Bill parlava con entusiasmo alle stelle di un pomeriggio passato a fare l’amore con un ragazzo che lui non aveva neanche mai visto. La sola idea di mani estranee addosso a suo fratello gli aveva provocato strette allo stomaco come mai prima d’ora. Bill l’amore non l’aveva mai fatto, prima. Era stata la prima volta. La prima volta di Bill. Lui lo veniva a sapere solo dopo. Lui non aveva la più pallida idea di chi fosse questo Justin. Erano pensieri inconcepibili. Eppure non era stato in grado di dire niente, né di arrabbiarsi né di obiettare nulla. Era stregato dagli occhi di Bill. Non l’aveva mai visto così in diciassette anni, forse solo al lancio di Schrei, e questo la diceva lunga. In fondo a lui non importava nulla, nulla se non di una cosa sola.

    Che suo fratello fosse felice.
    E Bill, il suo gemellino bellissimo, adesso lo guardava con l’aria più felice che Tom gli avesse mai visto.
    E allora gli aveva fatto solo domande, nessun rimprovero. Si era tenuto per sé ogni perplessità e lo aveva ascoltato, felice che anche quella volta Bill fosse corso da lui per condividere tutto. avrei allungato un po’ anche qua. Cioè, mettendosi nei panni di Tom, sarebbe seriamente sconvolto^^’ .

    Ok, basta così, sono stata abbastanza cattivella direi.

    Non lo so, Manu; che vuoi fare? La prima betatura non mi ha lasciata convinta, la seconda neanche ma ne ammetto tutte le difficoltà. Se ti chiedo di farmene una terza, su testo completamente anonimo, me la fai? O ne hai avuta abbastanza di me?? ^-^

    Dimmelo tu, io se ti prendo adesso dovrei farlo con riserva, e starti addosso parecchio; preferirei prenderti dopo una betatura che mi convinca. Che ne dici?

    Se sì, il testo te lo do comunque io come da seconda prova delle altre, ma lo prendo a caso da una storia che non conosco, ma di quelle che dalla betatura obbligatoria dovrebbero passarci a costo della mia vita prima di rivederle in forum:


    SPOILER (click to view)
    Capitolo 1

    Mandy: Lexi possibile che prima di uscire di casa devi sempre fare pipì due volte di fila? Sei fissata!
    Di solito sono io la ritardataria, ma stavolta sono stranamente in orario rispetto al mio puntuale ritardo di mezzora… Forse perché ho più voglia del solito di evadere, la monotonia ultimamente mi sta uccidendo.
    Mentre la aspetto in camera sua mi do un’ultima sistemata allo specchio, lei arriva correndo e sbattendo le porte e comincia a buttare di tutto nella borsetta, quando è di fretta fa sempre un gran trambusto.
    Lexi: Dove sono le sigarette?? Cazzo non le trovo!
    Mandy: Te le avrà nascoste tua madre…
    Lexi: La ammazzo guarda! La ammazzo!
    Lexi Evans, la mia migliore amica da dieci anni a questa parte.
    Mandy: Ecco schizofrenica, erano sotto il letto. Fai volare le cose per aria… Sai com’è!
    Gliele raccolgo e me le strappa di mano per metterle al sicuro.
    Tre colpi di clacson sotto casa ci avvisano che Brianna è arrivata, controlliamo di avere tutto e scendiamo velocemente. Saliamo in taxi pronte per una serata all’insegna della spensieratezza più assoluta e ci avviamo per le strade di Londra.
    Qui la vita notturna non manca di certo, la città pullula di locali all’ultima moda e grazie ai diversi agganci di zio Frank in campo musicale, ho la fortuna di poter entrare gratis nelle discoteche che frequento più spesso e che guarda caso sono anche tra le più famose del posto.
    Mandy: Allora destinazione?
    Lexi&Bri: Fabric!
    Mandy: Aggiudicato!
    77a Charterhouse Street, arriviamo verso mezzanotte, il tassista ci fa scendere davanti all’ingresso, lo paghiamo e ci avviamo. Essendo il Fabric una delle più belle e grandi discoteche di Londra, c’è sempre molta gente che forma code interminabili e rischia di non poter entrare, ma noi come abitudine sorpassiamo tutti e scaturendo l’invidia comune entriamo subito senza problemi.
    Dietro l’ingresso un po’ anonimo e le fattezze di una vecchia fabbrica, il Fabric conta tre piani interrati e cinque sale con differenti generi musicali.

    Non siamo neanche dentro che mi fanno già male i piedi, odio i tacchi, probabilmente non imparerò mai a camminarci sopra.
    I minuti trascorrono e diventano ore, noi non stiamo mai ferme, alla fine di ogni canzone cambiamo sala e grazie anche all’ alcool ci carichiamo come delle molle, a forza di camminare e ballare ormai ho totalmente perso la sensibilità degli arti inferiori che non mi lamento già più per il dolore.
    Ogni mezzora Lexi va a rifornirsi di cocktail, è già al quinto in due ore che siamo qui e sta per dire addio all’ultimo briciolo di lucidità rimasto in lei.
    Mandy: Lexi che palle! Te l’avevo detto di aspettare a bere, sempre sta fretta! Adesso ti reggi da sola, io non ti aiuto…
    Lexi: No! No! Non sono ubriaca! Dai mi accompagnate al bagno??
    Bri: Ancora?? Ma ci sei stata cinque minuti fa!
    Mandy: È tutta la sera che fa avanti e indietro… Ha bevuto troppo e la sua vescica protesta.
    Bri: La prossima volta veniamo poi con il pannolone eh Evans...
    La accompagniamo per l’ennesima volta, mentre entra si mette a delirare convinta della presenza di elefanti rosa che svolazzano per il soffitto del bagno, è devastante l’effetto che le fa l’alcool. La aspettiamo fuori.
    Io ho ancora il secondo drink in mano e sono sicura che se non mi sbrigo a berlo, quando uscirà dal bagno la pisciona me lo finirà lei. Mentre prendo un sorso, Lexi è già fuori e sente il richiamo di Lady Gaga sulla pista da ballo.
    Lexi: C’è la Gaga Briiiiiiiiiiiiiiii!
    Si esalta più che mai e ci tira correndo giù per le scale. Non faccio in tempo ad alzare la testa dal bicchiere che mi strattona per un braccio e senza guardare minimamente dove va, ci fa sbattere contro tutti quelli che intralciano il suo cammino.
    A forza di strattoni, prima ancora di scendere le scale, finisco addosso ad un tizio seduto al bancone del bar, mi scivola la pochette di mano e cade ai suoi piedi aprendosi.
    Io: Oddio scusami! Non volevo! Cazzo la borsa… Mi puoi tenere un attimo il drink?
    Dalla fretta non lo guardo neanche in faccia, l’unica cosa che noto è la sua mano che afferra il mio bicchiere, lunghe dita affusolate, unghie curate e smalto nero.
    Ma è un uomo?
    Mi fiondo sulla pochette e comincio a raccogliere tutto ciò che si è disperso, faccio in fretta, chissà dove sono andate a finire le altre. Riemergo dal pavimento e mi riprendo il drink ringraziandolo con un sorriso.
    Sì, è un uomo.
    Sarà un ragazzo sulla ventina, dall’aspetto molto androgino e con un’ enorme cresta nera in testa, se avesse avuto i capelli lunghi quasi sicuramente l’avrei scambiato per una donna. Truccato e con lo smalto… Insolito, ma ci sta.
    Non che non abbia mai visto ragazzi truccati, Londra brulica di ragazzetti emo, punk o metal nel pieno delle loro crisi adolescenziali, ma non ho mai incontrato nessuno di così particolare, probabilmente non sarà neanche inglese, qui ci vengono tanti di quei turisti…
    Ricambia il sorriso facendomene uno molto dolce che crea un forte contrasto con quel suo look così aggressivo, mi fa uno strano effetto, ma non so spiegarmi il perché.
    Sta per aprire bocca quando io mi volto di scatto e scappo via, venendo inghiottita completamente dalla folla urlante.
    Non so perché l’ho fatto, forse per la fretta di ritrovare le altre o forse molto più semplicemente volevo scappare da lui.
    Non ho molta voglia di intrattenermi con gente stasera, specialmente se si tratta di uomini, visto che ultimamente con loro sto utilizzando il metodo Va de retro Satana. Lui però a primo impatto sembrava diverso…
    Qualcuno mi salta in spalla facendomi perdere l’equilibrio ed anche il filo logico dei miei pensieri. Bestemmio.
    Lexi: Preso paura eh? Eh? Eh?
    Mandy: Lexi bada bene che ti spezzo le gambine! Scendi!
    Lexi: Ma era uno scherzo daiiiiiii!
    Mandy: Adesso basta con questo bicchiere, dammi qua che lo butto via. Per stasera hai finito i tuoi bonus.
    Lexi: Uffaaaaaa!
    Bri: Non ce la menare Evans! Non ce la menare! Volevi ballare la Gaga? Eccola adesso siamo qui e la canzone è quasi finita, balla sù!
    Le prendo il bicchiere e glielo faccio sparire, dopo qualche inutile protesta, sentendosi ignorata da entrambe, si accorge dell’inconfondibile richiamo di Lady Gaga e si riprende all’istante.



    Fammi sapere tu ;)
     
    Top
    .
  13. Augenblick.
     
    .

    User deleted


    Allur, sul primo problema, cioè quello del sussurro ti dirò che effettivamente non mi convinceva e ho pensato per un bel po' se cancellarlo del tutto o no xD Quindi direi che ho fatto la scelta sbagliata XD

    Adesso leggo quest'ultimo testo che mi hai messo e vedo di decidere se farlo o no, mi piacerebbe betare e darvi una mano perchè ora ho molto tempo libero ma il mio problema è che questo non è il modo di betare più adatto a me, credo. Preferisco dare consigli mirati e lasciare appunti in giro, poi se c'è la necessità di riscrivere pezzi di storia per dare un'idea di quello che si dovrebbe raggiungere ovviamente lo si fa. Forse i problemi li sto incontrando anche per questo, non è un sistema che mi piace! Perlomeno, non so se tutti i beta che agiscono in giro lo fanno in questo modo, io ho sempre pensato che non fosse così XD
     
    Top
    .
  14. *HEILIG*
     
    .

    User deleted


    Non ho capito, tu intendi prendere una storia e dire dove ci sono gli errori e basta? Quale sarebbe il sistema che non ti piace quello che io intendo completo anche del rivedere frasi che non vanno? Non è obbligatorio, cioè, io credo che per migliorare una storia si siano da mettere in campo tutti i fattori, ma ci sono moltissime beta che non intervengono affatto sulle strutture, mettono solo a posto errori e brutture. Ma quella è solo correzione a casa mia, non betatura.

    Tu puoi anche decidere di fare la beta come pare a te, non c'è problema, mi dici ok io beto ma in questo modo:................. ovviamente le incongruenze che ci sono nella storia, le devi comunque vedere.

    Diversamente, ti do un'altra opzione: entrare nel gruppo delle Beta ma non betare. Le Beta hanno 2 compiti principali (betare e valutare sul sito) e uno una tantum (la giuria nei contest).
    Puoi assolvere alla valutazione e giuria e non fare betatura. Serviresti comunque ^-^ magari anzi sgraveresti eventuali beta che preferiscano principalmente betare, poi quando ti va o linkando su una storia richiesta, vuoi betare, lo fai, anche in base a com'è quella storia.
     
    Top
    .
  15. Augenblick.
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE
    io credo che per migliorare una storia si siano da mettere in campo tutti i fattori, ma ci sono moltissime beta che non intervengono affatto sulle strutture, mettono solo a posto errori e brutture. Ma quella è solo correzione a casa mia, non betatura.

    Mi sa che allora io intendo proprio correzione, nel senso che posso comunque dare una mia opinione su come dovrebbe essere meglio scritto un paragrafo una frase, sistemare le incongruenze ecc, ma stravolgere completamente un pezzo di storia non lo so, probabilmente non fa per me. Ogni pezzo che io leggo di una qualsiasi FF potrebbe essere scritto in modo diverso, io posso dire all'autrice come vorrei vederla e come potrebbe essere messa giù meglio, ma non so se stravolgerla completamente sia quello che voglio fare.
    Ad esempio questa parte che tu hai ricorretto, di come vorresti fosse la Scala
    SPOILER (click to view)
    “Mentre ora, invece, aveva davanti a sé un Bill che incarnava gioia pura.”
    Oh, sì. Era stato un racconto affatto facile da digerire. Bill parlava con entusiasmo alle stelle di un pomeriggio passato a fare l’amore con un ragazzo che lui non aveva neanche mai visto. La sola idea di mani estranee addosso a suo fratello gli aveva provocato strette allo stomaco come mai prima d’ora. Bill l’amore non l’aveva mai fatto, prima. Era stata la prima volta. La prima volta di Bill. Lui lo veniva a sapere solo dopo. Lui non aveva la più pallida idea di chi fosse questo Justin. Erano pensieri inconcepibili. Eppure non era stato in grado di dire niente, né di arrabbiarsi né di obiettare nulla. Era stregato dagli occhi di Bill. Non l’aveva mai visto così in diciassette anni, forse solo al lancio di Schrei, e questo la diceva lunga. In fondo a lui non importava nulla, nulla se non di una cosa sola.

    secondo me così è molto più sviluppata e chiaramente più completa ma io non avrei mai pensato di scrivere così, perchè per me a questo punto è sostituirmi al lavoro dell'autrice. Poi lei chiaramente potrebbe non ascoltare i miei consigli e modificarla ancora o renderla diversa e più vicina al suo stile. Ma io non vorrei imporre un mio pezzo ad un'autrice, e se lei volesse pubblicare il pezzo da me betato ma non riuscisse ad adeguare tutto il resto della storia? Posterebbe un capitolo in cui lei ha messo l'idea e io la grammatica e la sintassi? Non lo so, non mi convince. Mi sembra veramente di volerle inculcare il mio pensiero °-° Betare sarà anche questo sicuramente ma allora mi sentirei più una co-autrice e mi sembrerebbe di dare meriti ad una persona che in realtà non sa scrivere.

    Direi che a questo punto ho anche capito perchè mi ero candidata la prima volta e basta! Probabilmente me lo sentivo poco mio come "mestiere" e provando a farlo questa volta mi sono effettivamente resa conto di com'è °-°


    CITAZIONE
    Diversamente, ti do un'altra opzione: entrare nel gruppo delle Beta ma non betare. Le Beta hanno 2 compiti principali (betare e valutare sul sito) e uno una tantum (la giuria nei contest).
    Puoi assolvere alla valutazione e giuria e non fare betatura. Serviresti comunque ^-^ magari anzi sgraveresti eventuali beta che preferiscano principalmente betare, poi quando ti va o linkando su una storia richiesta, vuoi betare, lo fai, anche in base a com'è quella storia.

    Volendo questo si potrebbe fare, nel caso dovresti chiedere alle altre Beta, perchè non vorrei che qualcuna dicesse - ah, è anche lei nel gruppo ma fa solo metà del lavoro - Mi fa piacere aiutarvi ma non voglio mettervi casini o dare fastidio a qualcuno!
     
    Top
    .
49 replies since 6/3/2011, 18:37   1414 views
  Share  
.