Mayday.

« Se le tue labbra si sentono sole e secche, bacia la pioggia. »

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  1. ‚savannah
     
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    Titolo: Mayday.
    Autore: ,savannah
    Genere: romantico - malinconico - triste
    Raiting: PG-13
    Avvisi: angst / crackfic / violence
    Disclaimer: non possiedo nessun diritto sulla band e sui personaggi citati. Questa FF non è stata scritta a scopo di lucro ed è tutta opera mia.
    Note: per il titolo (e non, quindi, per l'intera storia) ho preso ispirazione dalla canzone " Mayday " degli The Icarus Account, che sarà, probabilmente, la canzone che utilizzerò per realizzare il video finale di questa FF. E' la prima volta che ne scrivo una, quindi spero tanto di migliorare mano a mano che il tempo passa. Inutile dire che mi auguro con tutta me stessa di non deludere nessuno.

    CAP: 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6



    CREDITS: chánel.
    (Grazie mille, amore mio.)





    Prologo



    " Questa, è l'ultima notte in cui le nostre mani si stringeranno.
    Questa, è l'ultima volta in cui vedrò il vento scompigliare i tuoi capelli.
    L'ultima volta che vedrò l'aria accarezzare la tua pelle.
    Questa, è l'ultima volta che le mie dita verranno a contatto con le tue labbra.
    Ero solito a zittirti, mentre ora darei via il cuore per sentirti parlare per un'ultima volta.
    Le onde mi stanno portando via.
    Sto infrangendo la promessa, come le onde si infrangono sugli scogli.
    Su cui sbatte anche il mio amore, accompagnato dal senso di smarrimento che è ora in me.
    Affogherò, mi perderò, scomparirò.
    Me ne andrò via.
    Mi hai dato l'anima, e me ne andrò con essa.
    Così da essere ancora insieme, oltre la fine di noi.
    "


    L’ultima riga di quella lettera era sbiadita. La calligrafia oramai indecifrabile. La carta sciupata.
    Tutto era andato perso dopo quella tempesta. Le palpitazioni cardiache, le carezze, le intese.
    Di noi non era rimasto nulla. Fu così, che divenimmo collezionisti d’amore.
    Quando ti privano del tuo eroe, la vita cos’è?
    Vuoto, terrore e una sola lettera da rileggere.





    Capitolo # 1




    Sotto ad un cielo terso e sereno, contemplavo l’acqua cristallina e limpida che si stendeva di fronte a me.
    L’aria mi pizzicava lievemente le gote del viso, facendomi subentrare in corpo un’ incantevole sensazione di leggerezza e libertà.
    Il lembo del leggero copri abito bianco che indossavo, danzava fioco nell’aria che, se pur calma, donava all’atmosfera un tocco di freschezza e perfezione. Erano queste, le tipiche giornate che trascorrevo sulla prua di una lussuosa Allure Of The Seas errante nell’imponente e prodigioso Oceano Pacifico. Mille tempeste sarebbero potute avventarsi nel frattempo, ma a quella inverosimile vista non avrei mai potuto rinunciare. Non avrei mai potuto oscurare attimi di così tanta pace e spensieratezza. In quegli attimi, sfogliavo le pagine della mia vita ricongiungendo il passato con l’immediato presente. Vivevo un’esistenza a 360° gradi, alla quale aggiungevo piccole prospettive sull’avvenire. Quella circostanza, costituiva anche la sola scorciatoia per sentire la presenza di mio padre più vicina. Erano ormai ventun giorni dalla mia partenza e, fin dai primi momenti della mia vita, allontanarmi da lui costituiva per me un enorme sacrificio. E’ sempre stato un uomo pacato e tranquillo, ed immergermi in quel silenzio dal profumo marino mi permetteva di sentire la sua calma voce darmi il buongiorno la mattina. Vivevo sempre nella speranza che sentisse il mio richiamo a distanza di mille miglia, confidando sulla forte intesa che intercorreva tra noi, la quale ero sicura mi fosse d’aiuto. Il sole si levava da Oriente al mattino cominciando a baciare i volti assonnati di tutti noi passeggeri, abbandonandoci sul tardo pomeriggio lasciandoci spogli di quel calore di cui la nostra pelle necessitava. Appoggiavo gli avambracci alla balaustra, osservando con occhi attenti come le onde si infrangevano contro la chiglia della nave. Avrei riportato come la bianca schiuma sovrastava il nitido blu scuro dell’acqua e gli ornamenti che si creavano all’interno di essa, sulle pagine riciclate della mia moleskine color porpora. Ero solita appuntare qualsiasi avvenimento, qualsiasi sensazione mi trapassasse l’anima per timore di vederla perdersi nell’aria e non averla più mia. La mia vita dovevo averla sotto controllo, non dovevo permetterle di abbandonarmi, nemmeno se si fosse trattato di un insieme di disgrazie e dolori. Io sono un’amante della vita, in tutte le sue sfumature. Avevo lo sguardo assorto verso l’orizzonte lontano, l’udito non troppo incurante del brusio che proveniva alle mie spalle. Le labbra dei passeggeri lasciavano trasparire un grosso segno di serenità, accompagnato da una lieve impronta di amarezza. La consuetudinaria quotidianità di tutti noi, ci stava attendendo dalla parte opposta del luogo in cui, la maggioranza di noi, aveva sicuramente lasciato il proprio cuore. Il timbro di voce dei signori di mezza età, dopo qualche calice di vino di troppo, diventava ogni giorno più assordante e fastidioso. I discorsi delle donne difficilmente abbandonavano la tematica uomini, dando così segno di aver trascorso quindici giorni di sano e puro spasso, trovandosi lontane dalle grinfie dei mariti forse su di loro troppo vigilanti. Le donne di giovane età, invece, tentavano di godersi gli ultimi attimi prima di riprendere in mano la difficile vita familiare e le sofferenti notti in bianco a causa delle urla dei loro piccoli, temporaneamente affidati a tutori e baby sitter. Le partite a poker degli uomini dall’età più avanzata e gli schiamazzi dei bambini erano, infine, il solo rumore che non definivo realmente tale. Era un rumore pacifico e sereno, che non creava eccessivi disturbi all’udito. Gli ambienti affollati non erano di certo la mia più grande passione, ma in quel momento, quella chiassosa atmosfera mi stuzzicava l’umore di allegria. Di quelle migliaia di persone a bordo, con la maggior parte mi scambiavo il saluto mattutino e qualche lieve risata. Il capitano, venne un giorno persino a complimentarsi per le mie buone maniere e per la mia infinita trasparenza che dimostravo di conservare in corpo. Mi definiva " la ragazza di vetro fine " . Forse, notò fin dai primi momenti la mia eccessiva sensibilità e timidezza, seguita da quel tocco di estrema personalità che in molti attribuivano alla facilità con cui il mio carattere pacato veniva svelato senza timore dai miei occhi e dal viso angelico che con nulla, arrossiva. Era un uomo con un’ottima padronanza di linguaggio, e la sua bianca barba folta che si muoveva non appena pronunciava parola, mi rimandava ad un senso di immensa delicatezza. Occorrevano sette giorni, ma ne mancavano solo cinque allo sbarco a Rotterdam. Per raggiungere la punta estrema della prua, era stato sistemato a terra un lungo tappeto bianco panna dai bordi rossi lievemente colorati, il quale era attorniato da tavoli in legno laccato non troppo spaziosi, dove solitamente si accomodavano coppie di innamorati, gruppi di giovani in attesa di ordinare qualche fresco drink, o figure solitarie in cerca di tranquillità. Attraversarlo, comportava ricevere l’attenzione degli occhi di tutti costoro che, per timore di ricevere disturbo, sembravano quasi ispezionare le intenzioni del passante. Raggiunta la prua, cominciavo il mio ordinario ritiro tra pensieri. Abbandonavo la realtà, dirigendomi verso mondi privi di limiti, ma soprattutto, privi di qualsiasi proibizione sentimentale. Cosa intendo per proibizione sentimentale? Avete mai quella sensazione di spaesamento? Quella in cui non esiste alcuna via di ritorno, alcuna sicurezza? In un buio tempestoso, vi ritrovate soli con il vostro ardente amore verso qualcosa a cui nemmeno gli artigli del vostro cuore riescono a chiamare a sé. Necessitavo di affetto. Bramavo la calorosità di intensi abbracci, e di baci passionali da togliere il fiato. Morivo d’amore.

    Sebbene fossi di buona compagnia in ogni circostanza per tutti coloro al di sopra di quella nave, ognuno di loro sapeva,
    in quale modo non lo so, forse per opera dell’istinto o del sesto senso, che quando mi appartavo non volevo essere affiancata da nessuno.
    Ognuno sapeva che ogni tentativo di avvicinamento, sarebbe stato invano.
    Fatta eccezione di un gruppo di giovani ragazzi che richiamarono volutamente la mia attenzione con un forte fischio.
    Mi voltai con affare dubbioso e notai cinque ragazzi, alcuni con in mano un calice di birra, altri con una probabile Marlboro rossa tra le labbra, e con un mucchio di stuzzichini sul palmo di una mano, farmi cenno di raggiungerli. Non notai mai la loro presenza, non sapevo quindi se era solito per loro accomodarsi a quel tavolo, o se quella fu solo una postazione occasionale. Con passo non troppo affrettato, mi avvicinai, facendo sfiorare il pizzo ben curato del mio copri abito a terra, iniziando a sentirmi già tremar la voce per la mia smisurata timidezza.
    - Hey! Spero di non aver avuto la pessima idea di disturbarti! – disse con affare spavaldo uno di loro dall’accento orientale – Io mi chiamo Kaveh, piacere. E tu, bella? - Riprese, dopo aver dato un tiro di sigaretta, lisciandosi il capo quasi totalmente calvo.
    - Piacere mio, mi chiamo Evelyn. – risposi, tentando di nascondere l’inevitabile imbarazzo che mi provocò il suo modo di rivolgermi la parola.

    In fondo, ci ero quasi abituata. Venivo da una cittadina in cui ben poche persone si risparmiavano di fare piccanti complimenti, o di rivolgermi la parola seguendo un modo nemmeno lontanamente simile ad una forma di cavalleria. Ma la mia timidezza non aveva confini, purtroppo, perciò non arrivava mai quella volta in cui veramente mi abituavo a rispondere con estrema tranquillità.

    - Evelyn, quasi un nome da fiaba. – esortò, dando una piccola pacca sulla spalla al ragazzo moro seduto accanto a lui.
    - Ti ringrazio, infatti i miei genitori si ispirarono proprio ad una fiaba nel momento della decisione del nome. – puntualizzai, esordendo con un leggero sorriso.
    - Ahh, il mio sesto senso! – disse volgendo gli occhi in aria in senso di compiacimento verso se stesso.
    - Indaffarato sempre com’è a dare sfogo al suo ego, ‘sto stupido non ti ha nemmeno chiesto se desideravi qualcosa da bere. Ma direi che posso approfittarne benissimo io, mia cara Evelyn. Cosa preferisci? – saltò su il ragazzo sul quale Kaveh aveva dato la pacca alla spalla, mostrandosi eccessivamente attento ad analizzare le mie curve, dato i contorti movimenti del suo capo.
    - Ti ringrazio, ma sono a posto così.. ehm.. ti chiami? – chiesi, cercando di non badare troppo alla sua faccia da pesce lesso.
    - Ops, guarda te che sbadato sono! Mi chiamo Gaspar, e sono di Cuba. Devo dire che hai veramente delle gran belle tet.. – prima di terminare la frase fu, fortunatamente, costretto a bloccarsi a causa di un salatino che gli andò di traverso.
    - Ahh, l’amore! – intervenne Kaveh per timore che calassimo in un catastrofico silenzio imbarazzante.

    Non appena Gaspar riuscì a digerire quello stuzzichino che riuscì a risparmiarmi un inevitabile imbarazzo, fece cenno al ragazzo di fronte a lui di chiedermi qualcosa a cui, evidentemente, stavano già pensando prima che mi aggiungessi a loro.

    - Questa sera abbiamo organizzato un party aperto a tutti nella nostra stanza. Sai.. se venissi anche tu ci farebbe molto piacere, perché potresti essere il centro di tutte le nostre attenzioni. Potremmo svelare così cosa c’è sotto a questa tua apparente ingenuità. Lo sappiamo che nessuna ragazza è dalle buone intenzioni e che cederebbe ad una seratina di fuoco se circondata da bei maschioni come noi. –
    sentenziò infine, suscitando la mia più grande rabbia interiore. Questo genere di comportamento non fui mai in grado di mandarlo totalmente giù. Ma decisi di resistere, di sopportare ancora, di fare come se da quella bocca non fosse uscita parola. Il fatto che mi vedevano ingenua, stava a significare un loro accurato studio riguardo il mio comportamento e la mia personalità effettuato nei giorni precedenti, e di questo non me ne sentii per niente onorata.
    - Vi ringrazio per la proposta, ma non sono il tipo adatto per questo genere di cose. – risposi, non preoccupandomi troppo di farlo in tono acido.
    - Ohh, cosa vuoi che sia! E’ questione di una notte e via. Domani l’avrai già dimenticata, ragazzina. – puntualizzò, enfatizzando l’ultima parola.
    - Vedrai che ti divertirai, anche perché io qui ho una bella sorpresina da farti vedere.. - aggiunse un altro ragazzo, di nome Nasim - guarda un po’ qui.. –
    con un rapidissimo scatto, si alzò in piedi tirando giù la lampo dei jeans blu scuro che indossava, sperando di catturare la mia attenzione, la quale si preoccupò, però, più delle espressioni incredule dei vicini di tavolo.

    Quel gesto fu troppo, fu la goccia che fece tardamente traboccare il vaso. Mi alzai infastidita, e guardai con aria mortificata coloro che, per quella serie di minuti di conversazione, erano diventati spettatori. Sebbene avessi conosciuto solamente quattro dei cinque ragazzi, velocizzai il passo verso la prua, sentendoli ridere di gusto, quando sentii alle mie spalle una voce dall’accento nordico urlare il mio nome.

    - Non mi hanno lasciato il tempo di presentarmi.. Il mio nome è Tom. -

    Edited by ‚savannah - 13/2/2011, 17:21
     
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  2. chanel !
     
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    IO sono la tua fan numero uno amore.
    Già detto tutto on MSN.
     
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  3. Ioly21
     
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    Bella...continua presto!! Sono curiosa di sapere cosa farà e dirà Tom!! :)
     
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  4. (Amon)
     
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    Buon giornooo.
    Sono una nuova lettrice..
    Tanto per cominciare ti faccio i complimenti, scrivi molto e dico molto bene, già l'inizio mi ispira parecchio.
    Mi piace come trama e anche se ancora non si è visto molto, la personalità di Evelyn mi piace.
    Davvero complimenti, spero posterai presto perchè ora che sono qui, non me ne andrò più tanto facilmente, quando inizio a leggere qualcosa lo devo finire..
    E sono sicura che a questa Fanfiction resterò appiccicata anche dopo la fine. xD
    Ancora brava e posta presto*-*
    Amon.
     
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  5. ‚savannah
     
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    Grazie mille a tutte quante. :*

    Amon (scusami, ma non so il tuo nome) mi ha fatto davvero piacere ciò che hai scritto, e ti ringrazio molto. Spero di non abbassare le aspettative che ti sei posta, ahah!

    Entro venerdì dovrei postare il secondo capitolo.
     
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  6. (Amon)
     
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    Mi chiamo Carolina, ma anche Amon va bene^^
    Sono contenta che ti abbia fatto piacere, e sono sicura che non abbasserai proprio nulla. u_u
    Bene, venerdì*-*
     
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  7. ‚savannah
     
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    Capitolo # 2



    Voltai incerta il capo, e tra la nebbia che venne a disturbare il cielo sereno nelle ultime ore, notai una fioca figura restare immobile. Non riconobbi alcun suo dettaglio, non distinsi il colore dei suoi occhi, non fui in grado nemmeno di avvicinarmi per domandargli il perché del suo richiamo. La sua voce mi imprigionò le viscere folgorandomi in un istante l’anima. Fu una dolce melodia quella che colpì il mio udito, ma fu anche un momentaneo assassinio verso il mio cuore. Quella non era una tonalità vocale. Quella era, nel bel mezzo di una bufera, un tuono assordante. Piacevolmente assordante. Sentii i suoi passi avvicinarsi e il flebile rumore delle sue scarpe sportive a contatto col legno alimentò maggiormente l’inspiegabile adrenalina che, velocemente, trasaliva il mio corpo. Ero succube di sensazioni che mi stavan divorando e della mia prima estranea sensazione amorosa che, senza ritegno, stava consumando la mia razionalità. Fu da lì, che cominciai a temere me stessa. I passeggeri attorno parevano anime morte, il paesaggio attorno oscurato, e ogni rumore soppresso.
    Il suo cammino avanzava e il suo corpo, sempre meno distante dal mio, giunse finalmente dinnanzi a me. Quando il buio sovrasta la vista, non ricopre mai ogni particolare. Ne tralascia alcuni, lasciandoli così spogli di protezione, abbandonandoli alla loro fredda essenza che una luce abbagliante successivamente riscalderà. E quel solo attributo luminoso che in quell’ambiente buio e apparentemente solitario intravedevo, era lui. Era luce nel buio, era fuoco nell’acqua.

    I pettorali si intravedevano grazie alla nera maglietta oversize che indossava, e le larghe spalle davano il via a due braccia adeguatamente muscolose terminanti con grandi e magre mani dalle quali trasparivano numerose vene. Inoltre, aveva un viso quasi scultoreo. Disponeva di zigomi leggermente visibili, di labbra delicatamente carnose, di un’ ampia fronte lasciata scoperta dai neri capelli raccolti in lunghi cornrows, e di un neo sulla gota destra che dava al tutto un ulteriore tocco di perfezione. Ma niente, niente era paragonabile ai suoi occhi. Erano profonde carnefici color nocciola dentro alle quali ardevano fiamme capaci di bruciarti i battiti cardiaci. Erano più profondi di mille mari, più espressivi di cento sorrisi sinceri, più luminosi di qualsiasi diamante. In brevi attimi, ardue lotte si scatenarono dentro me. Combatterono per riabilitarmi il cuore che, da quando la sua voce perforò i miei timpani, decise di arrestarsi. Si schierarono in mille fazioni che si bloccarono non appena riconobbero il rivale. Non appena guardarono in faccia la forza maggiore e non appena rabbrividirono all’immane potere che essa emanava. Niente, ha il coraggio di battersi con l’amore, perché il mondo trema sotto alla sua autorità. L’amore non perdona nessun cuore, l’amore non ha pietà. E fu ciò che i suoi occhi fecero con me, perché furono crudeli pure con il mio animo, perché me lo uccisero. Essi furono i colpevoli della mia caduta tra le grinfie del loro fascino, ma soprattutto, furono i colpevoli della mia rassegnazione. Sì, mi ero innamorata dei suoi occhi.

    Intravidi il suo braccio allontanarsi dal fianco che leggermente lo sfiorava, e la sua mano allungarsi verso la mia. Fu solo in quel momento, che riacquistai la discreta lucidità per permettermi di alzare altrettanto la mia per stringerla nella sua. Fu solo in quel momento, che sentii il suo epidermide adagiarsi sul mio. Fu il primo tocco che ci scambiammo.

    - Piacere mio, Evelyn. - dissi tutto d’un fiato, estrapolando un riconoscente sorriso. Desideravo tutto, eccetto che le mie sensazioni trasparissero dalla fragilità della mia voce o dall’ingenuità del mio sguardo. Ma io non ero buona a nascondere nulla, io non sapevo mentire.
    - Se non ti dispiace, mi farebbe piacere offrirti qualcosa da bere. -
    - Qualche secondo fine dietro? - scherzai.
    - Oh, no no, ahah! Sarebbe solo giusto per scambiare quelle quattro chiacchere che non abbiamo potuto scambiare prima al tavolo. -
    - Allora vorrà dire che proverò a fidarmi di te, vediamo se faccio bene. Hai la mia fiducia nelle tue mani, sappilo! “ lo avvertii scherzosamente.
    - Non ti deluderò, promesso. -

    Ci allontanammo dalla prua dirigendoci verso il bar dell’interno. Mi fece cenno di passare avanti a lui, e mi stette dietro fino a quando non giungemmo dentro. Nel frattempo, sentivo brividi percorrermi tutto il corpo. Partivano dalle dita dei piedi per giungere al punto sommo del capo, quasi come fossero scariche elettriche. Mi scuotevano i muscoli e urtavano contro la mia gabbia toracica rendendomi complicata la respirazione.

    - Desidera? - mi chiese il barista.
    - Un bicchiere d’acqua naturale, grazie. -
    - E lei? -
    - Un Cuba Libre, e un pezzo di carta con una biro. - rispose Tom.
    - Subito. Il pezzo di carta ce l’ho ma è molto piccolo, spero non sia un problema. - disse il barista porgendogli, assieme al drink, la biro accompagnata dal piccolo pezzo di carta.
    - Non si preoccupi, è perfetto. -

    Il bar non era particolarmente affollato, e regnava un silenzio quasi sorprendente. Qualche coppia era seduta ai tavoli in fondo alla sala, mentre altra gente, di tanto in tanto, andava ad ordinare qualcosa al banco. Prendemmo posto su due sedie in paglia ad un tavolo con al centro un delizioso vaso di rose fresche e con un centrotavola bianco in pizzo ricamato con sopra qualche candela profumata come ornamento.

    - Non sono mai stato il tipo adatto a fare questo genere di cose, ma spero possa essere piacevole almeno per te. - disse, interrompendo quegli attimi di silenzio che erano venuti a crearsi non appena ci fummo seduti.
    - Sì, mi piace molto questa atmosfera. Hai avuto buon gusto, i miei più sinceri complimenti. - scherzai ironicamente.
    - Io non fallisco mai. - replicò con un furbo sogghigno.
    - Oh, non lo metto in dubbio. -
    - Sei la prima ragazza con cui esco che al posto di un drink prende dell’acqua. -
    - Devo prenderlo come un elogio o come una sorta di ammonizione? -
    - Cambierebbe qualcosa per te? -
    - Uhm, forse. -
    - Allora ti dico che ne sono sorpreso. -
    - Felice di averti sorpreso allora. -

    Fu una conversazione che mi procurò un irrigidimento di tutti i muscoli del corpo, che mandò in confusione la mia mente, ma che mi fece star.. bene. Nonostante l’agitazione che scorreva nelle vene, provavo un senso di benessere che fu lì quasi per stupirmi. Ma a meravigliarmi, non fu tanto questo groviglio di sensazioni, ma piuttosto l’aver riconosciuto che la mia anima sorrideva per merito di uno sconosciuto. Gioiva per merito della sua presenza, per merito della sua protezione che, inspiegabilmente, sentivo già su di me.

    - Dai, parlami un po’ di te. - mi chiese di punto in bianco, dopo esserci scambiati qualche altro paio di battute.
    - Non ho una vita molto interessante, anzi. Credo ti annoierei, quindi non ne vale la pena. - risposi, nascondendo sotto al tavolo le mani che, improvvisamente, cominciarono a tremarmi.
    - Non c’è nulla di questa vita che mi annoi. Forza, raccontami qualsiasi cosa. - insistette.
    - Mi chiamo Evelyn, ho 17 anni e vengo da una città del nord Italia. -
    - Questo sembra più che altro il tuo identikit. - disse.
    - Beh, è pur sempre qualcosa che mi riguarda, no? - risposi fingendomi accigliata.
    - Io intendevo qualcosa di più articolato. -
    - Solo se facciamo una cosa equa. Voglio che sia anche tu a raccontarmi qualcosa. - L’ultima parte della frase, rischiò di morirmi in gola.
    - Se la metti così, va bene. Ti dirò qualcosa di me. -
    - Mi fido, eh. -
    - Te lo prometto. - disse mettendosi una mano sul cuore, gesto che mi fece arrivare alla gola il mio.

    Sarebbe potuto essere chiunque, e io stavo per raccontargli la mia vita. Qualcosa che apparteneva a me, solamente. Avevo perso la ragione. L’avevo abbandonata nello stesso momento in cui sentii la sua voce urlare il mio nome. Ma volevo fidarmi di lui, e io, sentivo di poterlo fare.

    - Posso partire con il banale. Vivo con mio padre in un quartiere piuttosto tranquillo in provincia di Bologna, da quando avevo sei anni. I miei genitori non si sposarono, ma si separarono non molto tempo dopo essersi messi assieme, e ringrazio il cielo che sia successo. Ero piuttosto piccola per rendermi conto di tutto ciò che mi accadeva intorno, ma ci sono alcuni particolari che ricordo perfettamente. Di questa separazione non ne soffrii molto, ad essere sinceri, ed è per questo che non sento particolarmente la mancanza di una figura materna. Sto mandando ancora avanti gli studi, ma non appena ho tempo, mi reco nel centro di accoglienza non molto distante da casa mia, per aiutare ragazzi disabili o down. Amo questa mia sorta di occupazione, perché non tollero rimanere indifferente alle disgrazie altrui e, sì, amo aiutare gli altri. Nella mia città ho alcuni amici con cui mi trovo bene, ma con nessuno di essi mi sono mai realmente confidata. Sono un tipo abbastanza tendente a tenersi le cose per sé, ed è per questo che mi sembra strano essere qui ora a parlare della mia vita con un perfetto sconosciuto. Come passioni non ho mai sviluppato altro che la scrittura, anche se amo gli strumenti musicali, sebbene non sia nemmeno capace di suonarne uno. Non appena mi sarà possibile, vorrei trasferirmi all’estero. L’Italia è un paese culturalmente meraviglioso, ma non è il posto adatto per me. Troppi ideali che non riesco a tollerare. Probabilmente mi trasferirò in Germania con mio padre, dato che è da molto tempo che entrambi lo vorremmo. Infine, amo viaggiare, ed è il motivo per cui ora sono seduta su questa sedia. Sono partita per provare almeno una volta l’esperienza della crociera, e devo dire che è un’esperienza che consiglierei di fare a tutti. Mi sono messa da parte i soldi nel corso degli anni per pagarmi tutte le spese, ed ora eccomi qui. - terminai preoccupandomi di essermi eccessivamente prolungata, ma lo vidi ascoltare attentamente le mie parole. Non ero mai stata ascoltata così attentamente da qualcuno, se non da mio padre.


    - Ohh, questa sì che è una vera descrizione! -
    - Ora tocca a te. -

    Dopo aver dato un’occhiata all’ora segnata nel suo Rolex dal cinturino nero, si fece indietro con la sedia per alzarsi.

    - Scusami, ma si è fatto veramente tardissimo. Dovevo chiamare mio fratello alle quattro e mezza, e sono già le cinque. -
    - Ma.. - dissi, sentendo la serenità svanirmi velocemente.

    Alzatosi in piedi impugnò la biro, e preso il pezzo di carta, scrisse:

    " Prua, ore 21.00. "

    - Era una promessa, no? - disse serio guardandomi negli occhi, prima di allontanarsi.


    A quel punto, mi sentii morire.
    Presi tra le mani quel biglietto, fissandolo.
    Avrei rinunciato, se solo non si fosse trattato di una promessa.
    Avrei rinunciato, se solo non si fosse trattato del desiderio di sentirmi vibrare l'anima.
    Avrei rinunciato, se solo non si fosse trattato di lui.

    Edited by ‚savannah - 6/2/2011, 12:12
     
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  8. (Amon)
     
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    Mi piace.
    Questa storia mi piace.
    E adoro il modo in cui scrivi, mi travolgi terribilmente, in senso positivo ovviamente.
    Come ho già detto nel commento precedente Evelyn mi piace.
    Tenderò spesso a ripetermi, devi scusarmi. .-.
    Il nostro Tom, è come al solito intrigante, e le parole con cui lo hai descritto sono a dir poco perfette.
    Quindi non mi resta che dirti ancora brava.
    Ed ora non faccio che aspettare il prossimo capitolo..
    Davvero complimenti.
    Amon.
     
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  9. ‚savannah
     
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    CITAZIONE ((Amon) @ 15/1/2011, 12:36)
    Mi piace.
    Questa storia mi piace.
    E adoro il modo in cui scrivi, mi travolgi terribilmente, in senso positivo ovviamente.
    Come ho già detto nel commento precedente Evelyn mi piace.
    Tenderò spesso a ripetermi, devi scusarmi. .-.
    Il nostro Tom, è come al solito intrigante, e le parole con cui lo hai descritto sono a dir poco perfette.
    Quindi non mi resta che dirti ancora brava.
    Ed ora non faccio che aspettare il prossimo capitolo..
    Davvero complimenti.
    Amon.

    Sono contentissima che ti piaccia, davvero.
    Non preoccuparti se ripeterai le stesse cose, ahah!
    Per me hanno ogni volta un significato diverso, e le apprezzo sempre in modo differente. : )



    Probabilmente posterò domani, o giovedì, dato che i giorni successivi ho molto da studiare.
    Ora come ora non ho ispirazione, ma spremerò le meningi perché mi salti fuori qualcosa. D:
     
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  10. (Amon)
     
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    CITAZIONE (‚savannah @ 18/1/2011, 19:20) 
    CITAZIONE ((Amon) @ 15/1/2011, 12:36)
    Mi piace.
    Questa storia mi piace.
    E adoro il modo in cui scrivi, mi travolgi terribilmente, in senso positivo ovviamente.
    Come ho già detto nel commento precedente Evelyn mi piace.
    Tenderò spesso a ripetermi, devi scusarmi. .-.
    Il nostro Tom, è come al solito intrigante, e le parole con cui lo hai descritto sono a dir poco perfette.
    Quindi non mi resta che dirti ancora brava.
    Ed ora non faccio che aspettare il prossimo capitolo..
    Davvero complimenti.
    Amon.

    Sono contentissima che ti piaccia, davvero.
    Non preoccuparti se ripeterai le stesse cose, ahah!
    Per me hanno ogni volta un significato diverso, e le apprezzo sempre in modo differente. : )



    Probabilmente posterò domani, o giovedì, dato che i giorni successivi ho molto da studiare.
    Ora come ora non ho ispirazione, ma spremerò le meningi perché mi salti fuori qualcosa. D:

    *-*
    Non vedo l'ora*-*
     
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  11. PromisesMadeForConvenience
     
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    Ciao sono una nuova lettrice!
    ti faccio i complimenti perchè scrivi benissimo,seriamente non so trasmetti eleganza,serenità ,ti giuro che leggere ciò che scrivi mi trasmette questo :3.
    La storia è davvero interessante e non vedo di leggere il capitolo successivo.
    <3
     
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  12. PinguSah_Ge
     
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    Nuova lettrice!! *-*
    Prima di tutto volevo farti i miei complimenti per la storia e il modo di scrivere! Mi piace davvero tanto e sono curiosa di leggere i capitoli successivi!! :) complimenti ancora.

    Ps: Siamo della stessa città!! :)
     
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  13. ‚savannah
     
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    Ho cancellato momentaneamente il capitolo perché non mi convinceva un dialogo.
    Il tempo di sistemarlo, e riposto.

    Edited by ‚savannah - 20/1/2011, 20:49
     
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  14. ‚savannah
     
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    Capitolo # 3




    Il letto era confusamente sommerso da mille abiti e, nell’aria, padroneggiava una delicata fragranza di profumo. Il pavimento era ancora segnato dalle tracce d’acqua che scesero dal mio corpo dopo una calda lunga doccia. Avvolta tra la soffice stoffa del mio accappatoio, aperto il primo cassetto del rigoroso mobile in mogano, estrassi la biancheria intima prescelta. L’acqua non cessava ancora di colarmi lungo le gambe leggermente abbronzate, quasi come fosse l’ombra del mio sangue nelle vene. Se mi avessero squarciato il corpo, vi avrebbero scovato sola trepidazione. Mi sedetti sul letto, accostando leggermente l’orlo dell’accappatoio dalle mie cosce. Infilai le mutande bianche in pizzo con estrema delicatezza e terminai il primo strato di vestiario quando mi allacciai il corrispondente reggiseno dietro la schiena, dopo essermi levata in piedi lasciando cadermi alle spalle l’ammasso di stoffa che mi asciugava. Nel cadere, quest’ultimo mi lisciò la pelle e mi spaventai, quando scambiai quel soffice contatto con una sua morbida carezza. Mi parve sentir i suoi polpastrelli lisciarmi la schiena e percorrermi la colonna vertebrale con un soffio di passione. Il ticchettio delle lancette dell’orologio accompagnavano il silenzio della stanza, confondendosi con i ritmi accelerati del mio battito cardiaco che era lì per impazzire sempre più. Proseguii stringendo tra le mani il lungo abito rosa chiaro che sarei stata prossima per indossare. Lo strinsi con la stessa forza con cui strinsi il suo biglietto. La stessa forza con cui la sua promessa entrò nella mie arterie poche ore prima. Non ho mai amato indossare capi sportivi, accostare abiti senza preoccuparmi di un giusto abbinamento. Meditavo minuti e minuti, ore ed ore, pur di trovare il modo migliore per prendermi cura della mia estetica, della quale comunque, non ero mai totalmente soddisfatta. L’autostima la conservavo solo per i miei lati caratteriali. A livello fisico avevo sempre qualcosa da dire, sebbene nessuno mi negò mai un complimento. Ma in quel momento, in quegli attimi, tutto mi parve differente. Stavo prendendo cura di me stessa, per lui. Scambiavo le mie palpitazioni cardiache con forti colpi di batteria in un concerto rock. Dentro, tutto sembrava scoppiare. Era tutto così talmente forte, che forse sarebbe bastato chiedere permesso alle mie ossa, che queste si sarebbero spezzate. Il mio corpo bruciava di passione. Inspiegabile passione. Riaprendo gli occhi, forse chiusi involontariamente pensando, vidi le mie forme prendere vita sotto quella stoffa fine. Il tutto partiva poco più sopra del seno abbondante, lasciandomi così libere le spalle, per terminare poi con frappe onduleggianti non molto sopra le caviglie. I piedi, decisi di richiuderli in un paio di scarpe col tacco non molto alto. Diedi un’accurata ma rapida revisione al trucco leggero che applicai sopra al mio viso, correggendo su un tratto di palpebra non ben coperta l’ombretto marrone, e arrossai leggermente le gote con un tocco di terra. Spruzzai, infine, un goccio d’ acqua di colonia sui polsi e sul collo, prima di afferrare la pochette e varcare la soglia della porta. Sentii la scia di profumo restarmi dietro, inebriandomi le narici di una naturalezza infinita. Mi sentivo naturale, e quella era la sola condizione con la quale esigevo presentarmi ai suoi occhi. Io non mi chiamavo Evelyn. Il mio nome era Naturalezza. Lungo il corridoio non comparve nessuno, come nessuna voce giunse a disturbare quella pace. Cominciai a staccare lentamente i piedi da terra e a dar via ad un cammino piuttosto timoroso e cauto. Mi avviai verso lui. Mi avviai verso l’infinito. Era giunto il momento.

    - Evelyn! - sentii chiamare alle mie spalle.
    Mi girai frastornata, confusa.
    - Max, che sorpresa! - risposi, ricambiando con gioia il saluto.
    - Mi dispiace non potermi trattenere qui, ma ho Céline che mi aspetta in pista. Oggi non ti ho vista in giro, perciò non so se sai della festa di questa sera che hanno organizzato nel Gran salone. Sono già tutti là, se ti va vieni. Sarebbe un piacere per tutti! - disse, facendo emergere il suo accento parigino.
    - Oh, che cosa meravigliosa. Non preoccuparti per noi, avremo l’occasione di ribeccarci altre volte. Può darsi che più tardi venga a fare un salto giù, ma nulla di sicuro. Vai pure ora, non vorrei far preoccupare tua moglie. Buon divertimento e attento con i bicchieri, matto che non sei altro. -
    - Agli ordini, capo! - ironizzò, allontanandosi intanto con passo veloce.
    Risi al solo pensiero di quel vecchio amico d’infanzia fuori di sé a causa dell’alcool.

    Proseguii il sempre più duro cammino, controllando costantemente il tempo che scorreva sul mio orologio, quando notai le lancette segnare le 20.59 non appena posi il piede sul primo scalino della gradinata che precedeva la vista completa della prua. Il cielo scuro proteggeva il mare leggermente mosso, mentre le luci della nave si riflettevano sulle onde. Nessuno popolava quel posto. Avanzai, scorgendo il fumo sprigionarsi da una sigaretta che, con gesti delicati, qualcuno portava alla bocca con la mano destra. Di spalle, lui inspirava nicotina. In un spazio deserto, in un attimo muto e fugace, la sua visione.

    - Hey.. - disse, senza voltarsi.
    Aveva la voce ferita, quasi estinta.
    - Ciao, Tom. - risposi, con un leggero sorriso. Fu la prima volta che lo chiamai per nome.
    Percepii nell’aria quella fiacchezza che gli si sprigionava dalle labbra, vedevo debole anche la sua aria condensarsi in quella fresca ambientale, prima che lui potesse rivolgermi altre parole. Ma non feci domande, non lo indussi a darmi spiegazioni a quell’avvertimento.
    - La tua puntualità sembra fiabesca. Impossibile, introvabile nella quotidianità. - continuava a non guardarmi. Continuava ad inspirare nicotina ad una velocità supersonica, quasi come la divorasse in bocconi. Quasi come fosse uomo desideroso e insaziabile. Il suo corpo, dinnanzi a me, persisteva a darmi le spalle e l’aria fresca faceva agitare i bordi della giacca nera che indossava.
    - Sono un tipo che odia ritardare e che non si fa desiderare. - dissi, aspettando ancora che il suo volto si voltasse verso me.
    - Abbiamo qualcosa in comune, allora. -
    - Sì, e questa sera ti saprò dire se ne abbiamo altre. - scherzai, decidendo di affiancarlo.
    Appoggiai, allo stesso modo che feci la prima volta su questa nave, gli avambracci alla balaustra e inspirai l’aria notturna.
    Non ebbi il coraggio di guardargli il volto. Persi il coraggio di proferir parola, assieme alla forza per sopportare quell’avvertimento doloroso che mi provocò la sua voce fioca. Ma sentii la sua mano su di me, improvvisamente.
    - Io.. io sono diverso, Evelyn. -
    Rabbrividii.
    - Cosa intendi dire? -
    - Ciò che tu purtroppo non puoi verificare, non puoi comprendere. -
    - Sono qui per provarci. -
    - Ti sei mai sentita vuota? Hai mai sentito il cuore stringersi talmente forte da far cessare i battiti? Ti sei mai sentita morire? -
    Quelle domande mi spaventarono, provocandomi il passaggio di un brivido lungo la schiena.
    - Mi sembra addirittura strano, ora, poggiare i piedi a terra. Fino a ieri lo consideravo impossibile, e non so perché questa notte sembro aver riassunto le sembianze umane. Sento di aver sotto di me una sicurezza in grado di sostenermi, in grado di non farmi cadere come invece il resto del mondo fa ogni volta. Le spalle su cui piangere non mi mancano, perché quella di mio fratello e mia madre le ho sempre. Ma la mia esistenza sta assumendo una forma strana, sta diventando maceria. Quando al mattino mi alzo, sembra che le mie ossa si facciano a pezzi. Faccio attenzione al mio sguardo, e lo vedo buio. E io sento freddo, sento freddo nell’anima. E’ lo stesso principio applicato alla costruzione di una frase. Cosa necessita per assumere un significato compiuto? Soggetto e predicato. Ma non sono gli attributi, le apposizioni, gli avverbi, i segni di interpunzione a dare ad essa un significato più vivo e completo? Io sono il soggetto della mia vita, mentre il predicato sono le spalle su cui faccio affidamento. Ma di tutte quelle sottigliezze, io non ne conosco l’ombra. Non le sento dentro me, non mi stanno accompagnando per rendermi l’esistenza più intensa. La gente, là fuori, mi vede come un eroe bastardo. La mia etichetta è severamente associata al mio potere di incantare cuori di teenagers presupponendo che il mio solo respirare costituisca per loro il motivo per cui svegliarsi alla mattina, ma soprattutto, è associata alla mia ingrata noncuranza dei loro sentimenti. Due persone su tre crede questo, e questa loro supposizione, ha indotto pure me a definirmi in tali maniere. Mi hanno indotto a pensare, per un periodo, di non essere in grado di emozionarmi con uno sguardo o con un dolce abbraccio. La mia posizione è piuttosto complicata, ed è per questo che sono rimasto sorpreso dal tuo atteggiamento calmo non appena mi hai visto. Non so se sapessi o meno chi fossi io, non so se hai mai ascoltato qualche canzone della band in cui suono, ma indipendentemente da tutto, sei rimasta nella tua posizione senza batter ciglio, senza prestarmi quelle attenzioni che solitamente ricevo. Avevo bisogno di indifferenza, e non sai quanto mi renda felice il sol pensare che a chiamare la tua attenzione, sia dovuto esser stato io e non tu. Ho bisogno di pace.
    Sembra che Tom Kaulitz non si accorga di quanto siano belli i baci e gli abbracci, di quanto calore si senta nell’anima una volta stretta la mano della propria compagna, ma.. -
    Assistii alla scena più dolorosa di tutta la mia vita.
    Le mie lacrime le ingoiavo come bicchieri d’acqua, ma quelle degli altri mi facevano male. Terribilmente male. La sua voce cominciò a tremargli e qualche lacrima cadde sulla sua gota sinistra, la sola che vedevo.
    - Fanculo. - disse, asciugandosi immediatamente la lacrima che, lentamente, scendeva.
    Non voleva lo vedessi così, glielo si percepì nel tono di voce con cui esclamò quella parola. Capii che si stava vergognando. Gli afferrai il braccio e finalmente si voltò, guardandomi con quegli occhi che mi uccisero. Erano addolorati, sfiniti. Il suo sguardo mi chiese scusa, mi pregò di non deriderlo, mi parlò silenziosamente. Il suo dolore era una spessa lama affilata conficcata nel cuore. I suoi occhi si chiusero, il suo corpo venne a contatto col mio, posò il viso sulla mia spalla e sentii improvvisamente le sue mani avvolgermi in una morsa strettissima. La sua forza mi chiedeva aiuto, perché forse prevedeva che da lì a poco, si sarebbe del tutto affievolita. Abbracciai il suo corpo, stringendolo al mio per iniettargli dentro la certezza che non l’avrei lasciato solo, sentendo a malapena le costole che, se pur protette da un fisico ben sviluppato, eran rese percettibili.
    - Non me ne andrò. - promisi, sentendo la schiena tremargli leggermente.
    - Io.. io ho paura di amare. - concluse, facendo scivolare la sua ultima lacrima sulla mia spalla nuda.
    Congelai dalla freddezza di quel cuore che lui sentiva vuoto, assente.

    Edited by ‚savannah - 6/2/2011, 12:13
     
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  15. PinguSah_Ge
     
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    Allora come ben ti ho detto, non ti libererai facilmente di me!! Oh no che non lo farai!! xD
    Cmq davvero, io non so cosa dire! Il modo in cui scrivi è favoloso, riesci (per lo meno a me) a far arrivare ogni piccola sensazione anche la più insignifcante arriva chiarissima. Davvero, complimenti!! *-* Posta presto o rischio di impazzire!! xD
     
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27 replies since 9/1/2011, 22:53   590 views
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