L'attesa e l'incantesimo delle sue note.

"Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare. "


Nelle pieghe del cuore, negli occhi curiosi e nelle ferite dell'anima, Lei aspettava...
Nella fretta di vederlo, in quella di sentirlo, con orecchie e voce vivi...
Ed era nei sogni, in quelli più belli e addormentati, e in quelli lucidissimi del giorno che muovevano corpo e spirito...
Liberi.


"C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci."



Lacrime colme, senza possibile meta. Quanto dolore la sua assenza lì. E lui che c'era per gli altri...
Quanto lontano lo ha avvertito nel cuore ribelle d'amore, e quanta strada avrebbe fatto pur di tacerlo.
Cruda e tagliente lama lungo la linea di confine tra Lei e Lui...
Troppo silenzio dentro, pur di sopravvivere e troppe menzogne per rimandare...



"C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate."


E poi tutto taceva e anche l'inverno lo aspettava...
Seduta su tramonti veloci faceva a gara con le stelle per rivederlo prima. Illudeva l'innocenza profumandola di Lui, nelle notti oniriche a lieto fine.
La luce seguiva l'oscurità, come le sue orecchie il suo disco plastificato. E tutto brillava di sogno quando la voce rompeva la verità; ascoltava proiezioni di sonoro desiderio.
La mente solcava il muro del suono e raggiungeva mondi di fiaba...
Mondo di palco e note..


"C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato."


Ed è successo che Lei l' avesse lasciato cadere, per confonderlo al comune amore infantile, ma non c'è legame d'oggetto che unisce e divide se non c'è patto, e Lui restava inscindibile condivisione solitaria...


"È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo...".



Lo aveva atteso per anni: i boccoli neri che le circondavano il viso, le labbra atteggiate in un sorriso, le mani sui fianchi.
Si alzò, facendo ondeggiare la gonna di tulle nero.
Sorrideva convinta, mentre si avvicinava, e i capelli scuri le sfioravano il corpetto nero.

«Ti attendevo…» mormorò, allargando gli occhi luminosi e allungando una mano verso la sua.

E Lui finalmente non vedeva altro che Lei.
Ignorava la degradazione in cui era avvolta la stanza.
Le crepe nei muri facevano intravedere le scale al di là, il camino era coperto di polvere, mentre un rampicante aveva iniziato la conquista del davanzale.
Spostò poi lo sguardo da Lei , verso la finestra e osservò il sole morire all’orizzonte, lentamente.
La penombra cadeva nella stanza.
Farfalle rosse e nere si librarono vorticando attorno alla gonna lunga, posandosi tranquille sulla poltrona di damasco,e un gattino nero cominciò a giocherellare con un campanellino ai piedi del mobile: «Ti aspettavo» ripeté Lei , stringendogli la mano sottile e guardandolo fiducioso negli occhi: «Tu mi porterai via da qui, vero? mi libererai da questa gabbia d'oro!?»
Lui sorrise tristemente, conducendo le loro mani congiunte alle labbra e baciandone reverente le nocche candide: «E’ un po’ difficile»poi le sussurrò, incontrando il suo sguardo.

«Perché?...» gli occhi si spensero delusi.

«Perché non si può portare via un sogno dalla sua stanza e non si possono ricostruire le mura d'un incantesimo. »


Lei allora non capì, rimase silente e osservò a lungo il suo volto, cercandovi risposte.

Chi era?...
Sporgente oltre il mondo delle forme, al di là delle immagini dei sospiri virtuali e delle note perfette, sopra ogni cosa e sopra ogni pensiero. Chi era lui che soffiava e spandeva magia? Quando schiudeva le labbra creava nuovi mondi, quando vedeva sapeva mostrare fiori inesistenti e colori sempre diversi.

Forse lei sapeva chi fosse, o forse sapeva chi non era: non era solo distrazione, un po’ di liberazione, il suo limite e anche il contrario dei limiti. Forse era la sua prigione senza sbarre che pure l' abbracciava con ferri roventi.
E perchè quando parlava aveva così tanti fari sparati in bocca? Perchè lui si muoveva e la gente si muoveva con lui? Forse perchè aveva tra i pensieri la magia e nelle mani la mania. E scriveva, cantava per bruciare carta e digerire dolori umani. Così il suo dolore era divenuto il dolore di tutti e la rovina d'ella stessa. Così quella mania s'era trasformata nella mania del suo mondo. La sua mania era diventata la sua maledizione ed il suo incantesimo.
E lei lo amava. Lo amava quando viaggiava nei suoi mondi, quando provava ad immaginarlo e lui non c'era. Lo amava nella lontananza, perché in quelle terre distanti sapeva portare anche lei. E lo amava perché era gentile: in quelle terre lontane lui ci portava solo chi non chiudeva gli occhi.




Lei capì e non chiuse gli occhi. No. Riprese a guardare i suoi mondi con occhi luce, del color speranza.
Avrebbe continuato ad attenderlo ed incontrarlo tra muri di sogno ed incubo.

Lui allora le lasciò le mani, e sorrise tenero. Chiuse la porta alle sue spalle e la seguì verso la finestra accanto al letto.
Avrebbe continuato ad amarla per sempre con una penna ed il suo incantevole canto...