"Se solo questi muri potessero parlare.."

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  1. *HEILIG*
     
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    Titolo: “Se solo questi muri potessero parlare..”
    Autore: *HEILIG*
    Genere: General, Angst
    Raiting: G
    Avvisi: Accenno TWC
    DISCLAIMER:
    Tutto quello qui raccontato è frutto della mia fervida immaginazione, Bill e Tom (aimhè) non mi ppartengono, non ricavo nulla da questa storia ecc ecc..
    Note:
    Devo l’idea di questa OS a un film che si chiama “One Hour Photo” e in particolare e un fotogramma specifico del film, che mi ha fatto venire l’idea che poi ho sviluppato in maniera del tutto diversa, o quasi. L’altro ringraziamento che devo fare è alla Sil, non solo per lo stupendo banner che mi ha creato, ma anche e soprattutto perché anche se io sono nella fase ancora del “non mi piace niente di quello che scrivo” lei mi sprona sempre, so che non è del tutto obiettiva su di me, ma alla fine quanto è bello sentirsi apprezzati e sentire un enorme affetto che ci circonda e ci sostiene sempre? Tanto. Ed è per questo che ringrazio la Sil di essere nella mia vita. I Tokio ancora una volta mi hanno regalato un tesoro…
    Detto questo ora potete leggere questa mia “cosa strana”, farvene una vostra idea, e magari dirmela anche :)






    SE SOLO QUESTI MURI POTESSERO PARLARE

    image


    Una intera vita.
    Una intera vita insieme.
    U n a i n t e r a v i t a.
    E ora?
    Solo.
    Solo.
    Solo come un cane.
    Tom sentì la mano di Georg aggrapparsi alla sua felpa pesante.
    Dirgli di infilarsi la giacca, di coprirsi.
    Ma lui non si mosse.
    Un’altra lacrima scese impietosa.
    Una mano sulla sua spalla si strinse di più.
    Poi, diventò un braccio intorno alle spalle.
    Poi, diventarono tante braccia.
    In lontananza una voce cominciò a chiamarlo.
    Più familiare, più radicata.
    Più viscerale di altre.
    Ma non lo avrebbe portato via da lì.
    Niente avrebbe potuto farlo muovere da lì.
    Chiuse gli occhi.
    Li riaprì.
    La realtà si ripresentò cruda.
    Identica ad un attimo prima.
    Erba. Pioggia. Capelli.
    Acqua. Fiume. Buio.
    Corpo riverso.
    Chiuse gli occhi ancora una volta.
    Poi li riaprì.
    Capelli neri.
    Mani affusolate.
    Un corpo disteso a faccia in giù sull’erba.
    Esanime.
    I n a f f r o n t a b i l e .
    “…Tom…Tom…voglio andare da Tom… non è possibile …
    Gordon lasciami … lasciami! ....…Tom …Tom …….. Tom tesor...”

    Eccola di nuovo quella voce tanto familiare.
    Tramutarsi un attimo dopo in un grido orribile.
    L’aria gelida di quella notte fu devastata come da un colpo d’ascia.
    Una lama stridente nel ghiaccio.
    Il sale sulla ferita.
    Il dito nella piaga.
    Il peggiore dei film dell’orrore.
    Il pianto di sua madre spaccava le orecchie.
    Spaccava il cielo.
    E allo stesso tempo era quasi difficile da sentire.
    Troppo piano. Troppo poco.
    Troppo muto.
    Nessun grido sarebbe stato mai a b b a s t a n z a.
    M a i
    Di colpo un viso si parò davanti ai suoi occhi.
    Non che gli potesse servire a non vedere quello che aveva già visto.
    “Tom…ti prego… vieni via…è quasi un’ora che sei qui…Tom,
    ti ammalerai…Tom, ascoltami…Tom…lui..”

    La voce si fermò.
    “Tom, lui non vorrebbe mai che tu stessi così”
    Due occhi chiari si piantarono nei suoi.
    Per vedere di ottenere così, la sua attenzione.
    Parlando di lui.
    Un’immagine gli squarciò la vista.
    Il suo sorriso.
    Un’altra lacrima precipitò.
    Il suo corpo restò immobile, incapace di muovere un singolo, minuscolo muscolo.
    La voce di prima si allontanò.
    “….dobbiamo trascinarlo via , è sotto shock, non sente nulla…
    ….chiedi ai medici se possono dargli…..”

    Dopo qualche istante di silenzio vide di nuovo una faccia.
    Meccanicamente ingoiò qualcosa di liquido e amaro che qualcuno gli aveva porto.
    Che qualcuno gli aveva aiutato anche a sollevare fino alle labbra.
    Poi, di nuovo lui.
    Di nuovo lui a faccia in giù.


    ************


    Si svegliò che la luce nella stanza era forte.
    Il soffitto bianco luminoso quasi gli accecava le iridi.
    Gli occhi erano difficili da aprire.
    B i l l
    Il cervello purtroppo gli funzionava ancora.
    Qualcosa di denso e appiccicoso gli scalò le pareti dello stomaco.
    Gli prese forte l’esofago.
    Tirò. Graffiò.
    Strinse, strinse, e gli tolse il fiato.
    Qualcos’altro, gli pugnalò il cuore.
    Dritto al centro.
    Tom abbassò gli occhi sul proprio petto.
    Aspettandosi di vedere litri di sangue che non sarebbero mai usciti.
    Alzò lo sguardo sulla sua camera.
    Ascoltò quello strano silenzio imperfetto.
    Voci basse, indistinte, provenivano da un’altra stanza, probabilmente dal piano terra.
    Si concentrò per riconoscerle.
    Gustav. Gordon. Georg. David.
    Natalie. Benjamin. Andreas.
    Jorg.
    E mamma?
    Tese l’orecchio.
    Mamma c’era.
    Ma mamma non era una voce.
    Mamma, era il pianto soffocato.
    Era i singhiozzi, e le sporadiche urla.
    La sua fronte si aggrottò.
    Gli occhi si strinsero.
    Si alzò dal letto.
    Guardò fisso la porta.
    Fisso fisso.
    “..Bill..??”
    Provò, provò comunque.
    Ma la porta era un arco vuoto senza alcuna utilità.
    Non era una porta del tempo.
    Non poteva annullare niente.
    Nessuna risposta.
    Nessun passo affettato.
    Nessuno sguardo ineguagliabile.
    N i e n t e d i l u i.
    Superò la porta.
    Lasciando alle spalle il ricordo di quando Bill ci aveva sbattuto il ginocchio a 5 anni.
    Trascinò i piedi sul lucido parquet di legno
    pestando i ricordi di due gemelli identici che pattinavano in corridoio con i calzettoni di lana.
    Superò la porta chiusa del bagno.
    Lasciandosi a fianco l’immagine di un piccolo Bill che si alzava sulle punte per arrivare allo specchio.
    Si sporse dalla balaustra del ballatoio che dava sul salotto.
    Con l’immagine delle manine di Bill strette e livide mentre inginocchiati spiavano i genitori litigare.
    Si inginocchiò.
    Come se fosse possibile stare ancora vicino al quel bambino.
    A quel bambino, a Bill.
    Al “suo” Bill.
    E guardò giù.
    Stanco.
    Erano proprio lì.
    Mamma e Jorg.
    Come anni prima.
    Come non era più accaduto.
    Come sarebbe stato meglio non riaccadesse mai.
    Nel salotto della sua casa c’erano tutti quelli che conosceva.
    Non mancava nessuno.
    E di sotto, non c’era nessuno.
    Non vedeva bene le persone.
    Non sentiva bene le parole.
    Vedeva bene gli spazi vuoti.
    Sentiva bene l’unica voce mancante.
    Bill non c’era più.
    Era uscito semplicemente di casa quel pomeriggio.
    Ma evidentemente di semplice c’era stato davvero poco.
    Bill era morto.
    Annegato nel fiume.
    Si era suicidato cadendo da un ponte di Amburgo.
    E lui ancora, non sapeva il perché.
    Lo sguardo di Andy si alzò verso di lui.
    Gli occhi chiari erano enormi.
    Gonfi di pianto.
    Andy strinse le labbra.
    Lo guardò per interminabili secondi.
    Una goccia salata uscì da quegli occhi chiari.
    E quel qualcosa che aveva pugnalato il cuore di Tom fino a poco prima, inferse altri colpi.
    Di più.
    Più a fondo.
    Tom distolse lo sguardo.
    Incapace di sostenere il dolore del loro più caro e vecchio amico.
    Incapace, di condividere qualcosa
    d i i n c o n d i v i s i b i l e
    Lo strappo genetico.
    La morte biologica.
    La morte passiva della tua metà del tutto.
    Altri visi si alzarono su di lui.
    Li sentiva incollarsi al suo viso.
    Uno solo attirò il suo sguardo.
    Uno solo attirava il suo sangue.
    Il viso di sua madre.
    Una statua di cera che il troppo dolore stava sciogliendo.
    Senza pietà.
    Non parlò nessuno.
    Non parlò neanche la mamma.
    E di questo, fu a tutti immensamente grato.
    Si rialzò a fatica, si girò, e percorse un tratto di corridoio.
    Il necessario che lo separava dalla stanza di Bill.
    Ogni volta ci andava piano, verso la sua porta.
    Perché così tante volte, in così tanti anni, Bill ne era uscito correndo e gli aveva sbattuto contro.
    Era sempre in ritardo.
    Era sempre di corsa.
    Quel qualcosa di arrabbiato che aveva dentro gli morse le viscere
    fino a farlo gemere sonoramente di dolore.
    Si premette una mano sullo stomaco per calmare quel male.
    Il male ossessivo e invincibile del sapere che anche scontrarsi per caso nel corridoio,
    farsi anche male, ma poi riderne, riderne come bambini,
    non si sarebbe ripetuto più.
    M a i p i ù
    Le nocche diventarono livide,
    mentre si aggrappava allo stipite di quella porta per non cadere.
    Guardò dentro e un Bill ragazzo, bello, tutto vestito di nero e truccato,
    con i capelli corti e sparati in aria in mesches bianche e nere,
    lo guardò sorridente dallo specchio in fondo alla stanza,
    infilandosi un braccialetto borchiato.
    Gli occhi gli si illuminarono.
    “..ciao Tomi!..”
    Il sorriso radioso di suo fratello gli pugnalò il cuore.
    Poi Bill scomparve, lasciando una stanza vuota.
    E un’altra piccola morte, nella sua testa, mentre varcava la soglia.


    ************


    Si sedette sul letto.
    Sul piumino nero con la luna e le stelline bianche che Bill adorava.
    Che mamma gli faceva sempre trovare sul letto, quando andavano “a casa” d’inverno.
    Un Bill sui sei, sette anni al massimo cominciò a saltare sul letto.
    Una risata cristallina e contagiosa gli riempì le orecchie.
    E piano piano, le distrusse.
    Come cristallo frantumato.
    Poi scomparve, in mezzo ai suoi singhiozzi.
    Tom si buttò riverso di lato.
    Con la testa sul cuscino di suo fratello.
    Strinse. Respirò. Inalò a pieni polmoni.
    Profumo, odore, e ricordi.
    La vita di Bill, le parole, i sussurri.
    Le confidenze, e anche le liti.
    Respirò suo fratello, quello che era stato.
    Quello che erano stati in due, da piccoli, in quella casa.
    E pianse.
    Singhiozzando frammenti di troppi pensieri.
    La testa gli scoppiava.
    L’istinto era quello di alzarsi in piedi urlando.
    Gridare:
    “E’ TUTTO FALSO”
    Girarsi, aprire gli occhi, e trovare di nuovo Bill lì di fianco a lui.
    Vivo.
    V i v o
    E Tom poteva solo piangere, piangere tutta l’anima e il cuore.
    Morti.
    Affondato nel piumino dove aveva dormito suo fratello gemello.
    Fino a quella mattina stessa.
    Riaprì gli occhi, esausto, quando le lacrime si erano ormai seccate in aloni salati.
    Tiravano sulla pelle.
    E mordevano dentro agli occhi; appannavano la vista, e cementavano la perdita.
    Alzò lo sguardo, e si alzò debolmente da quella scomoda posizione.
    Sul comodino di Bill c’erano due visi belli e uguali.
    La loro foto, quella che Bill teneva in camera.
    Ogni anno una foto nuova, ogni anno una foto più vivida.
    “..non dormo se non ti tengo vicino..”
    Così gli diceva.
    Quella l’avevano scattata in vacanza, al mare, ai tropici.
    Al largo di un oceano trasparente,
    su una minuscola barchetta di ritorno da un mercatino sull’acqua.
    Solo lui, Bill, la frutta fresca, qualche collanina di legno.
    E il marinaio locale.
    Un Bill in bermuda a fiori gesticolava e cercava di spiegarsi a mimi
    A quello strano personaggio indigeno.
    Anche attraverso quella foto.
    Attraverso i ricordi. E Tom sorrise.
    Sorrise solo per un attimo.
    Un tentacolo dal fondo di quell’oceano gli avviluppò le gambe.
    Salì su.
    Arrivò al cuore, alla memoria, alla mente. Al dolore.
    E un’altra lacrima spense il suo sorriso, lì, dove era cominciato.
    Poggiò la foto sul comodino.
    Passo le mani sulla stella di ceramica che faceva da lampada.
    Bill ce l’aveva da sempre.
    Bill aveva sempre adorato le stelle.
    Le stelle rifulgevano. Illuminavano.
    Le vedevi anche di notte, ma erano lontane e irraggiungibili.
    Potevano essere silenziose, potevano essere distanti.
    Eppure tutti alzavano lo sguardo ad ammirarle.
    Tutti le amavano.
    Avrebbe voluto essere una stella, Bill.
    E lo era stato da sempre.
    E lo sarebbe stato, per sempre.
    Qualcosa prese il cuore di Tom tra le mani.
    E spremette.
    Succo di dolore acuto.
    Di mancanza, di rassegnazione.
    Di paura, spaesamento.
    E t e r r o r e
    Qualcosa mancava all’appello.
    E ogni pensiero su Bill sprofondava.
    Lì, dove c’era il buio di un perché.
    Di una ragione inesistente.
    A quello che aveva fatto.
    Guardò un’ altra volta nel fondo irraggiungibile di quegli occhi così belli.
    Di un sorriso aperto e pulito.
    Sereno e diamantino.
    Togliersi la vita.
    Da un giorno all’altro.
    P e r c h è ?
    E perché non dire niente a lui.
    Perché non appoggiarsi a lui, perché non chiedergli aiuto.
    P e r c h è ? ? ?
    Allor,a lui non era stato il fratello che credeva di essere.
    Q u e s t a, e r a l a v e r i t à ? ? ?
    Poi lo vide.
    Un angolo di cartoncino nero fare capolino dalla pesante base della lampada.
    Lo estrasse.
    Dapprima con la punta dell’unghia, poi agevolmente con le cinque dita.
    Era un cartoncino, sì.
    Ma piegato a busta origami.
    Come Bill faceva solo da piccolo.
    La fronte si aggrottò.
    Curiosa.
    Ma Bill quell’origami non l’aveva fatto da piccolo.
    E a dirlo era la data. Il luogo.
    A dirlo era la scrittura.
    E i l c o n t e n u t o
    Tom svolse il piccolo origami.
    Lo aprì tutto.
    E lesse, la pagina intera, che si era scoperta ai suoi occhi.


    ************


    Amburgo, 13 Dicembre 2009

    Caro Tomi,
    se stai leggendo questa lettera significa che ho finalmente trovato il coraggio di fare quello che avrei dovuto fare tanto tempo fa. Significa anche che adesso tu starai male per me, e credimi, mi dispiace infinitamente. Soffrirai, Tom, soffrirai tanto, non capirai, ti farai miliardi di domande, ti arrabbierai con il mondo. Ti conosco. Perché me ne sono andato, fratellino, perché ho messo fine a una vita che non potevo più vivere. Solo a questo devi pensare,ti prego. Questa, è la ragione. Se l’ho fatto c’è un motivo, se l’ho fatto vuol dire che forse era meglio così. Per me e non solo. Fidati di me.
    Non te lo aspettavi, non così, non adesso. Ne sono consapevole. Tomi: non è colpa tua, non lo è mai stata e non lo è ora. Sì, sei stato un buon fratello, il migliore che ci sia al mondo. Sì, mi hai trasmesso tutto l’affetto che hai per me, e non mi hai fatto mancare nulla. Non farti domande che sarebbero inutili e ingiuste. Non è colpa tua. E’ solo che nella vita accadono cose che sfuggono a qualsiasi controllo. E contro le quali nessuno può fare nulla. Al di là di tutto quello che abbiamo costruito insieme, Tomi, al di là di tutto quello che siamo stati e che volevamo essere, in me c’era da tanto tempo qualcosa di sbagliato, qualcosa che non sai.
    E quando ti chiederai perché mi sono ucciso, Tomi, vorrei che tu pensassi a una ragione sola: e questa ragione è l’Amore. E vorrei chiederti un altro favore: quando vorrai pensare a me, entra in questa stanza. Perché solo qui dentro, ci sono stato, ci sono, e ci sarà sempre davvero e soltanto io. Il Bill che conoscevi, tuo fratello; e anche il Bill che non conoscevi.
    Qui ci sono le risposte, Tom, sono ovunque intorno a te. Sono nelle cose, nelle foto, nei libri, nel mio cuscino, sono nei miei vestiti, dietro ai poster. Sul muro. Perché i muri parlano, Tomi.
    “Ah..se questi muri potessero parlare…” …te lo ricordi Tom? Quante volte hai usato questa frase? Quante volte ti sei vantato, o hai scherzosamente numerato e classificato, le tue prestazioni sessuali con le infinite ragazze che salivano e scendevano dal tuo letto? E’ un modo di dire, lo so, ma in ogni leggenda c’è sempre una verità.
    C’è una sola cosa bella al mondo Tom: l’amore. Mi hai sempre deriso per come parlo dell’amore, ma arriverà il giorno in cui mi darai ragione, e ci ripenserai. Non ora, ma arriverà. Per l’amore si può vivere, si soffre scendendo a compromessi, si combatte sicuri della gloria. L’amore vale la pena, Tom, prima o poi lo capirai anche tu, e allora una ragazza entrerà nella tua camera per non uscire più dalla tua vita. Ti innamorerai, troverai un senso a tutto. E sarai felice. Sarai felice fino a scoppiare. Dalle tue stanze sono entrate e uscite ragazze, trattate come giocattoli e come trofei. Mentre in questa stanza vivevo io, viveva la mia solitudine. E il mio malsano, malato e stucchevole concetto di amore.
    Ma non è delle cose tristi che ho voglia di parlare. Perché solo il cuore e il tempo, la vita e le cose che fai, divise con la persona per cui ti batte il cuore, fanno da sole, la felicità. E tu un giorno capirai che per amore non si vive soltanto. Per l’amore, Tom, come si può vivere si può anche morire. Se l’amore che provi non ha futuro, non ha appigli, non ha senso, non ha logica, non ha sostanza, non ha sfogo, non ha conforto, non ha sostegno, non ha coraggio. Se il tuo amore non puoi dirlo. Se il tuo amore non puoi viverlo mai, allora l’amore ti logora dentro. Ti toglie il respiro. Ti soffoca, Tom. E io stavo soffocando, non ce la facevo più.
    Lo so, che tutte queste righe sono sconclusionate e ti sembreranno non dire niente. Ma non so fare di meglio, e anche per questo me ne vado. Perché non so oltrepassare il limite della menzogna, delle frasi a metà, delle parole non dette. Io non so attraversare il ponte della verità.
    Solo, non potevo andarmene senza scriverti per l’ultima volta, lasciarti in parte il mio cuore, e dirti quanto ti amo. Ti ho amato Tom, e ti amo, ti amerò anche da andrò ora.
    Io sarò sempre con te. E quando piangerai e i dubbi assaliranno le tua mente, ricordati, di venire qui. Ricordatelo Tom. In questa stanza starai al sicuro, al caldo, al riparo nell’amore e nell’affetto come è sempre successo da quando eravamo piccoli.
    Qui ci sarò io, e se vorrai fare domande, falle a questi muri, perché i muri possono parlare, Tom. Fidati di me.

    Stai vicino a mamma, se puoi. E pensami sorridendo.
    Il tuo sorriso sarà la mia luce dove andrò, Tomi.

    Tuo per sempre
    Bill



    ************


    Il tempo era fermo.
    Gli occhi di nuovo, non si chiudevano.
    Erano spalancati su quei tratti di penna.
    Agonizzavano da una parola all’altra.
    Saltavano, guizzavano, si bloccavano, ripartivano.
    Tra le frasi.
    Tra le cose non dette.
    E l e c o s e d e t t e.
    Le rassicurazioni.
    Le richieste.
    E l ’a m or e.
    Tom sentì un gomitolo di lana spessa formarsi alla bocca dello stomaco.
    Continuò a fissare la lettera.
    La testa gli girò.
    Chiuse gli occhi.
    E trasse un profondo respiro.
    Alzò lo sguardo verso la parete davanti a sé.
    In quel momento Bill era vivo.
    Non era lì, non lo vedeva, non lo sentiva.
    Eppure c’era.
    C ’e r a
    Amore.
    Bill parlava d’amore.
    E miliardi di domande si formavano nella sua mente.
    Come Bill aveva previsto.
    Non l’aveva amato abbastanza?
    O Si?
    Di che amore parlava, Bill?
    Anche lui lo aveva amato.
    Puoi? Puoi? Puoi non amare il tuo gemello senza il quale neanche riesci a respirare?
    No.
    Cosa era sbagliato in Bill?
    Cosa non aveva capito?
    Cosa voleva dirgli?
    Qual’era questa cosa che niente al mondo avrebbe potuto fronteggiare?
    Cos’era successo a Bill?
    La mente non produsse risposte.
    Chinò il capo di nuovo verso la lettera che stazionava nel suo grembo.
    I muri, gli aveva scritto Bill.
    I m u r i ?
    Le mille domande che aveva in testa potevano trovare risposte nei muri?
    Si alzò, quasi in stato di trans, lasciando scivolare la lettera sul piumone.
    Cominciò a camminare piano.
    Cominciò dalla libreria alla sua sinistra.
    Toccò tutto quelle che scorreva sotto ai suoi occhi.
    E i suoi occhi, centimetro dopo centimetro, cominciavano a riempirsi.
    E i suoi occhi e la sua bocca si spalancavano.
    I n c r e d u l i.
    Niente.
    Non c’era quasi niente in quella stanza dove Bill non avesse inciso, incollato, scritto, disegnato, o abbozzato: un nome.
    Il s u o nome.
    T o m
    T o m
    C’era una T quasi ovunque.
    Spesso quasi invisibile a una prima occhiata.
    Ma costante invece, a uno sguardo attento.
    Uno sguardo che lui, Tom, di certo non aveva tempo da anni, di avere.
    Qualcosa di sopito nella sua anima sbadigliò un risveglio.
    Un pensiero antico, vecchio.
    Datato.
    Dimenticato.
    A m o r e
    T i a m o
    Erano parole scritte in quella lettera.
    L’amore?
    Ma l’amore non era in discussione tra loro.
    Loro si amavano, come era inevitabile che fosse.
    Ma forse il suo cuore chiamava con lo stesso nome..
    c o s e d i v e r s e ?
    Era un'altra forma d’amore quella di Bill?
    Lo era stata?
    I muri.
    D o v e v a c h i e d e r l o a i m u r i ?
    Si sentì impazzire.
    Sentì le pareti del cranio collassare.
    Implodere.
    La testa vorticare di troppe domande.
    Di troppi sospetti, di impressioni, e di dubbi.
    Sospetti, preoccupazioni, angosce e paure.
    Che aveva seppellito.
    Riprese la lettera, la strinse nel pugno.
    La nascose in fondo alle sue tasche e uscì da lì.
    Uscì fuori correndo da casa.
    Sotto gli occhi sgranati di tutti i presenti.
    Tra la neve, nel gelo.
    Con l’unico desiderio irrealizzabile, di smettere di pensare.
    E una certezza in fondo al cuore.
    Di voler capire.
    E lo fece.
    Lo aveva fatto.
    Tom aveva chiesto ai muri.
    Aveva dormito e vissuto.
    Cercato e guardato.
    In quella stanza.
    Per due giorni interi.
    Barricato in quel luogo come nessuno poteva comprendere.
    E che nessuno del resto, osava intaccare.
    Gli veniva voglia di abbatterla a spallate.
    Quella parete davanti a lui.
    Dopo due giorni di domande il limite era vicino.
    La rabbia era troppa.
    La pazienza dissolta.
    Si sentiva impotente.
    Si sentiva debole.
    Si sentiva cretino, in colpa e inutile.
    Non trovava le conferme che cercava.
    Quei muri non gli parlavano come avrebbero dovuto.
    Erano muti e la sua testa era solo un turbinare di sospetti.
    E lui avrebbe voluto riempirli di botte, quei muri e costringerli.
    A dirgli di Bill quello che lui non sapeva.
    Caricò forte la botta contro il muro.
    Accecato di disperata rabbia.
    E poi, scivolò gemendo verso terra.
    Scivolando lungo la vecchia locandina di “Labirinth” in bianco e nero.
    Guardò fissi gli occhi di quel David Bowie immortalato e immobile.
    Si disse che lui sì, di cose su Bill forse ne aveva sapute più di lui.
    David era uno degli eroi di infanzia di Bill.
    Forse a lui, su quel muro, aveva detto qualcosa.
    E p e r c h è n o n a m e ? ?
    La rabbia mosse le sue mani.
    E le unghie graffiarono la parete.
    Scalzarono il poster, strapparono, tirarono.
    Rovinarono la carta da parati bianca a piccoli pois neri.
    Tom si accasciò a terra, con la spalla ancora appoggiata al muro.
    Chinò la testa, appoggiò la tempia alla parete.
    E chiuse gli occhi.
    “..Bill….cosa devo vedere? Cosa devo chiedere? Cosa..?”
    Gemette. Forte.
    E si sentì più solo che mai.
    Prese meccanicamente a giocare con un lembo di carta.
    Lasciò che il cartone rodesse la cuticole.
    Rovinasse le sue unghie.
    Ferisse i polpastrelli.
    Bruciasse.
    Bruciasse dentro.
    Gli occhi guardavano, senza vedere.
    Gli occhi piangevano, senza consolazione.
    Tom. Mio.
    Male. Sorriso.
    Cuore. Bene.
    Tesoro.
    S o l e. A m o r e.
    Non capì subito quello che gli occhi rimandavano al cervello.
    Lettere.
    Parole.
    Frasi.
    Tratti di pennarello.
    Tratti di penna.
    Gesso.
    Foto.
    U n r i t a g l i o d i g i o r n a l e ?
    Sgranò gli occhi. Poi li assottigliò.
    Strinse tra il pollice e l’indice della mano destra un lembo esposto
    della stessa carta da parati con cui stava distrattamente giocando.
    E tirò verso di sé.
    La carta veniva via facilmente.
    Sembrava del tutto staccata dal muro.
    Tenuta insieme ad esso solo da sparsi punti incollati ad arte.
    Abilmente trattenuta dagli oggetti più disparati, attaccati alla parete.
    Sollevò la locandina del film.
    E continuò a tirare verso di sé.
    Qualcosa di acido e amaro risaliva le sue carni e le viscere.
    Un tremore incontrollato gli assaliva le gambe.
    Le braccia stesse, ogni muscolo.
    Si sentiva senza forze.
    Più liberava frammenti di parete dallo strato di carta da parati.
    Più il suo corpo pareva fatto d’acqua.
    Ma continuava.
    Continuava.
    Non poteva fermarsi.
    I m u r i.
    Stavano rispondendo.
    I m u r i.


    *************


    Tutto si completò.
    Quando anche l’ultimo lembo di carta scorse via staccandosi dalla parete.
    Si era messo in piedi su una sedia.
    Aveva preso anche la scala più alta che avevano nello sgabuzzino.
    Il cuore non pulsava più.
    Il cervello non pensava.
    La razionalità stava alla larga.
    Il panico comandava su tutto.
    Non c’era stato tempo di analizzare frammento per frammento
    l’immagine che si stava creando ai suoi occhi
    Non c’era stato tempo per chiedersi se fosse giusto.
    Aveva capito subito, che sotto quella carta da parati scalzata, a piccoli pois,
    nelle frasi che affioravano in forme diverse dalla parete,
    c’erano le risposte.
    C’era la verità
    Li c’era Bill.
    Eccolo.
    I l v e r o B i l l
    Faceva sudare.
    Dannatamente sudare.
    Tremare le gambe.
    Salire la colpa.
    Venire le lacrime.
    Pensare al passato.
    Provare dolore.
    E poi voler piangere.
    E r i p a r a r e.
    Tom arretrò.
    Arretrò fino alla soglia della stanza di suo fratello..
    Ed era come vedere fotogrammi persi della propria vita.
    A s u a t o t a l e i n s a p u t a.
    Come scoprire di essere stato assente.
    Scoprire di essere stato cieco.
    Fu come scoprire che tuo fratello gemello,
    morto suicida a soli ventidue anni,
    si è tolto la vita.
    Si è ucciso.
    Non c’è più.
    Non lo rivedrai.
    Se n’è andato per sempre.
    P e r c h é l u i t i a m a v a
    Perché
    T I A M A V A
    Come si ama un amante, un compagno.
    Come si ama qualcuno che vuoi, che desideri.
    Che pretendi.
    Come qualcuno che adori.
    La sua vita era lì attaccata al muro.
    Davanti ai suoi occhi.
    In articoli di giornali, foto, stampe da internet.
    Fotomontaggi, interviste.
    E poi.
    La vita che non sapeva di avere avuto gridava, dalla parete stessa.
    Non c’erano quasi spazi vuoti in quella parete.
    Era tutta, tutta, completamente ricoperte di scritte.
    Di messaggi.
    Di lettere.
    Di dediche.
    Di testi, e poesie.
    Di disegni e di sfoghi.
    Di date.
    Di cuori.
    E di nomi.
    Tom.
    Bill.
    Bill & Tom.
    Tom & Bill.
    Dai muri sgorgavano risposte e perché.
    Anelli di congiunzione.
    I pezzi mancanti.
    Colava amore, dai muri, e una sofferenza sconosciuta.
    Bugie, omissioni, repressioni.
    E tanta
    s o l i t u d i n e
    Tra grandi lettere sovrastavano l’intero intonaco.
    Tracciate con pennellate accurate.
    Ripassate mille e mille volte.
    Perché fossero sempre più visibili.
    Tom fronteggiò il proprio nome.
    Scritto a lettere cubitali.
    Sulla parete principale della stanza di suo fratello.
    Lo fronteggiò anche se occupava l’intero suo campo visivo.
    E gli aveva invaso anche il sangue nelle vene.
    Cedette sotto il suo penso.
    Si trovò carponi sul pavimento.
    Intrappolato nel bandolo stesso della matassa che aveva appena districato.
    Pensò a un corpo riverso sull’erba.
    Sull’argine fradicio e freddo di un fiume.
    Cominciò a piangere.
    A urlare, con la faccia al pavimento.
    Con il ventre contratto e la gambe piegate in posizione fetale.
    Picchiato da un dolore dell’anima che lo stava divorando.
    Aveva voluto ignorare anni prima.
    Segnali.
    E dettagli.
    Aveva sbagliato a farlo, aveva lasciato Bill solo.
    E questa, era la peggiore punizione.
    Bill aveva solo sofferto.
    Bill si era soltanto nascosto.
    Bill aveva mentito, sopportato.
    E incassato.
    Lui invece, era stato troppo occupato a fare il sexgott incallito.
    A distribuire sciocche frasi.
    Semplice, perenne, stupida tracotanza.
    Adesso sapeva e capiva, perché Bill non sarebbe tornato.
    Adesso sapeva, cosa era successo.
    Bill si era trovato solo.
    Solo, sull’orlo di un tremendo burrone.
    Ed era stato lui, a dimenticarselo lì.
    Lui, lui, lo aveva spinto.
    Bill semplicemente, si era lasciato cadere.
    E dopo.
    E’ troppo facile piangere.
    E’ troppo facile e troppo scontato.
    Piangeva, Tom.
    Urlava fino a far rimbombare la parete.
    E l’amore represso di Bill, lo stava a guardare.
    Simone entrò in casa allarmata.
    Terrorizzata e guidata dalle grida inumane che aveva riconosciuto.
    Suo figlio stava gridando.
    Urlava. Piangeva
    Gemeva disperato.
    Salì le scale, correndo.
    Arrivò alla soglia della stanza di Bill.
    Si mosse il tempo di vedere la figura agonizzante di Tom riverso a terra.
    Di vedere la parete di fronte a lei.
    Sbarrò gli occhi.
    Si sentì affondare dalle grida di suo figlio.
    No.
    Non dalle grida di un figlio solo.
    Anche se le seconde erano immobili, mute, indicibili.
    Tracciate su un muro.
    Quelle erano le grida, dei suoi figli.













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    Edited by *HEILIG* - 27/12/2009, 16:07
     
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  2. =Rei=
     
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    O____________O
    mi devo riprendere...
    storia bellisima, non so come fai, non voglio saperlo, ma continua a farlo!
    Cotninua a scrivere perche mi sembrava di essre li a strappare qulla carta da parati a pois con Tom.
    Potevo sentire la sofferenza di Bill, e le grida mute dei gemelli...
    Solo una altra parola:Brava...
     
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  3. morgana17_69
     
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    ...te la devo commentare anche qui...devo lasciare una traccia della devastazione interiore che mi hai causato....mi hai spaccato il cuore....(te l'ho già detto ma te lo voglio ripetere...!!).............quanto avrà sofferto Bill?? e quanto soffrirà ora Tom??..non mi dò pace davvero...(mi sembra tutto reale...so ancora confusa credimi!)...mi devo riprendere...(ma sai che ripasserò di qui, e sarò più sensata)....mi hai catturato ancora una volta, mi rendi tanto felice quanto triste e devastata....come sempre penso che tu sia unica e te lo ripeterò per sempre! basta, non dico altro perchè voglio rileggerla!
     
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  4. *HEILIG*
     
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    CITAZIONE (=Rei= @ 27/12/2009, 14:56)
    storia bellisima, non so come fai, non voglio saperlo, ma continua a farlo!
    Cotninua a scrivere perche mi sembrava di essre li a strappare qulla carta da parati a pois con Tom.
    Potevo sentire la sofferenza di Bill, e le grida mute dei gemelli...
    Solo una altra parola:Brava...

    grazie, grazie mille *-* è stata parecchio complicata da scrivere ed è un po' trsna proprio di suo come idea, quindi davvero sono felice che "si sia sentita". grazie ancora!!

    CITAZIONE (morgana17_69 @ 27/12/, 15:11)
    ...te la devo commentare anche qui...devo lasciare una traccia della devastazione interiore che mi hai causato....mi hai spaccato il cuore....(te l'ho già detto ma te lo voglio ripetere...!!).............quanto avrà sofferto Bill?? e quanto soffrirà ora Tom??..non mi dò pace davvero...(mi sembra tutto reale...so ancora confusa credimi!)...mi devo riprendere...(ma sai che ripasserò di qui, e sarò più sensata)....mi hai catturato ancora una volta, mi rendi tanto felice quanto triste e devastata....come sempre penso che tu sia unica e te lo ripeterò per sempre! basta, non dico altro perchè voglio rileggerla!

    Sil........................GRAZIE. Grazie tesoro, davvero. Non voglio devastarti in realtà..ma so che una piccola parte di te ama essere devastata da me, e che quando mi dici di odiami....non è vero XDDDDDD
    Grazie di esserci stella, di cuore e sempre.
     
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  5. morgana17_69
     
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    lo sai, non potrei odiarti nemmeno per scherzo!!!...e "devastami" pure quanto vuoi, perchè per me vuol dire che mi sei arrivata nell'anima e anche nel cuore...ed è una cosa bellissima!!!^^
     
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  6. ,,GìorGìna''
     
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    O porca pupazza..sei bravissima..e mi hai fatto piangere..
    Povero Tomi.....................
    Povero Bill....................................
    Complimentissimi ancora!
    Ora vado a finire le ultime lacrime rimaste....
     
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  7. **TittaH**
     
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    Simo.
    Perchè?
    Perchè devo sempre commuovermi?
    Io sono sensibile di mio, ma ti ci metti pure tu.
    Con questa storia.
    Uff...
    Devo riprendermi.

    Mi sembrava di essere Tom.
    Devastato dalla morte del fratello e dalla ricerca di risposte alle sue infinite domande.
    E si sa, la verità fa male.
    Tanto.
    Scoprire di essere l'assassino di tuo fratello ti lacera il cuore.
    Te lo distrugge senza farne rimamere traccia.
    Ho sentito con quanta disperazione Tom "parlava" ai muri.
    Con quanta lenta e disarmante disperazione staccava quei lembi di carta per trovare la più grande risposta al suo più grande enigma.
    E scoprire che è lui stesso la causa di tutto.
    Ho sentito quelle urla che ancora adesso rimbombano nella mia mente.
    Sei stupenda Simo, davvero stupenda.
     
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  8. *HEILIG*
     
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    Non ditemi così che poi ci credo e soprattutto mi sciolgo in lacrime ç____________ç

    Grazie infinte ragazze!!!! Sono davvero felice che vi piaccia! <33

    Edited by *HEILIG* - 27/12/2009, 22:27
     
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  9. SuperMel}
     
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    I N D E S C R I V I B I L E

    Non commento mai, ma stavolta quella era la parola che doveva significare tutto.
     
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  10. Redda
     
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    Ti dico solo che ho pianto, fa un pò te
     
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  11. *HEILIG*
     
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    CITAZIONE (SuperMel} @ 27/12/2009, 23:57)
    I N D E S C R I V I B I L E

    Non commento mai, ma stavolta quella era la parola che doveva significare tutto.

    oh grazie mille!! *-*

    CITAZIONE (Redda @ 28/12/2009, 02:56)
    Ti dico solo che ho pianto, fa un pò te

    tesò <33333333333333333333333333
     
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  12. ~ Nene •
     
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    Bene, eccomi qui "pronta" a commentare. Leggere questa shot, termine assai riduttivo, è stata l’ultima cosa che ho fatto ieri sera: il titolo mi attirava terribilmente e pur sapendo che non sarebbe stata una “lettura da buona notte”, l’ho stampata e me la sono divorata bella comoda nel letto. Be’, dopo averla terminata, non sono riuscita a prendere sonno per non so quanto tempo. Continuavano a fluire nella mente quelle parole e la disperazione non voleva lasciarmi. Mi sono svegliata stamattina ed ero ancora nelle stesse condizioni: urla che rimbombavano nella testa, groppo in gola e gambe tremanti.
    Mi sono sentita Tom in ogni secondo. Scorrevo il testo con la stessa voglia e lo stesso bisogno di avere risposte con cui lui tirava via pezzo dopo pezzo la carta da parati. Poi il mistero viene svelato, ciò che sembrava privo di un senso logico diventa lampante.
    E’ stato il colpo di grazia direi, quello che sai che ti uccide, ma non subito, no. Ti lascia agonizzante, permettendoti di capire che poco a poco stai abbandonando questo mondo. E così Tom. Ha ricevuto la botta finale: la metà della sua anima, della sua vita, semplicemente la metà del suo tutto non c’è più e lui deve andare avanti con la sua vita, con un dolore ed una consapevolezza di essere stato lui, per averlo trascurato, per non averlo capito e quindi averlo lasciato solo, la causa di tutto, che ogni minuto lo uccidono sempre di più, lo portano alla fine.
    Nella parte della lettera credo di aver pianto come rarissime volte mi è capitato leggendo qualcosa, sentivo il cuore che si lacerava, di disintegrava in tanti piccoli pezzi che sono poi stati del tutto distrutti dopo aver liberato quella parete dalla carta che celava segreti, paura, sofferenza, ossessione e tanto, forse troppo, amore.
    Credo di aver scritto un commento chilometrico, chiedo venia, ma mi è uscito di getto e ce lo lascio sperando faccia piacere ^^
    Non che servisse, ma mi andava di farlo. E’ meravigliosa, stupenda e se sei riuscita a tirare fuori questo capolavoro evidentemente lo sei anche tu, non è una cosa da tutti. Hai delle mani d’oro, davvero.
     
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  13. *HEILIG*
     
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    Oddio, questo commento è la prima cosa che ho letto stamattina e non ho risposto subito; un po' perchè io mi sento spesso imbarazzatissima dai commenti, mi fanno piacere ma mi tolgono la capacità di parola, mi fanno emozionare troppo, e un po' perchè volevo rileggerlo, con calma, senza la frenesia della prima volta in cui leggi un commento per capire se è buono o cattivo e cosa dice...
    Ti ringrazio tantissimo, hai laciato un commento lungo ma soprattutto molto sentito, mi ha fatto percepire di essere arrivata a quello che volevo, di aver trasmesso ancora una volta emozioni, sensazioni sulla pelle...vivide, che restino e diano qualcosa. E mi sembra di capire che sia successo; soprattutto di questo ti ringrazio davvero tanto, è stato bellissimo leggere quello che ti ha dato questa storia..così come lo è stato leggere cosa ha dato alle altre.
    Io ho una scrittura un po' particolare, e molto molto spesso ho apura che proprio per questo, rischi di non arrivare. Postare e stare a sentire cosa mi dite è l'unico modo di esorcizzare questa paura. Grazie mille.

    CITAZIONE (~ Nene • @ 29/12/2009, 09:30)
    E’ meravigliosa, stupenda e se sei riuscita a tirare fuori questo capolavoro evidentemente lo sei anche tu, non è una cosa da tutti. Hai delle mani d’oro, davvero.

    Non so che dire. Grazie, di cuore <3
     
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  14. ~ Nene •
     
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    Non lascio quasi mai commenti a dir la verità perchè non so mai cosa scrivere o le parole non mi sembrano appropriate, però questa volta non sono proprio riuscita a trattenermi. Mi è entrata dentro davvero tanto. Sono felice che ciò che ho scritto ti abbia fatto piacere e ti ringrazio per esserti poi definitivamente decisa a postarla. Ci avresti private di un gran bel lavoro altrimenti ^^
     
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  15. ...Deb... <3
     
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    Mi farei una foto e te la invierei... Devi vedermi! Devi assolutamente vedere cosa hai causato! Ho la bocca spalancata e non riesco a chiuderla... Una pozza di lacrime sulla scrivania, altrettante rapprese sulle guance, e molte che ancora scendono...
    Mio dio...
    Non so davvero cosa dire...
    E non è da me, rimanere senza parole...
    Non so da dove cominciare...
    Potrei iniziare dal suicidio? Dall'amore "sbagliato", nascosto e disperato? Dal dolore talmente forte che sembra poco chiamarlo tale? Dai sorrisi immaginati? Dal sangue che scorre? Dalle viscere contratte?
    Simo, cavolo, non so davvero come fai a farmi ogni volta quest'effetto...
    La confusione prende sempre il sopravvento in me...
    Bill, il piccolo Bill... Chiuso nella sua stanza a consumarsi per un amore impossibile... (una nuova ondata di pianto mi ha colta proprio in questo momento, giusto per renderti partecipe)
    E Tom... ora chiuso anche lui in quella stanza, testimone di tutto... testimone muto, ma allo stesso tempo fin troppo eloquente...
    I muri possono sempre parlare! Se i muri delle stanze di ognuna di noi potessero parlare...
    Non sai quanto mi piaccia l'idea di lasciarlii come testimoni di una vita trascorsa a "sbagliare", a ritenersi "sbagliato", ad amare innocentemente e incondizionatamente la persona "sbagliata"...
    Quanto può aver sofferto?! Quanto?! Ma poi... è davvero quantificabile il dolore?! (altra scossa di pianto)
    E Tom?! E ora Tom?! Cosa farà? Come sopravviverà? Sopravviverà?
    Io dico sempre che, qualsiasi cosa dovesse succedere a mia sorella (un'altra ondata di pianto, mentre mi auguro sinceramente che non accada mai), non sopravviverei nemmeno al funerale e mi toglierei la vita immediatamente...
    Come si può sopravvivere dopo la morte della tua metà perfetta?! Come?!
    Come puoi andare avanti sapendo che hai fatto sentire per anni "sbagliata" e senza speranze la persona che più ami al mondo?! Come puoi?!
    Come fai a rialzarti da quel pavimento?! Come fai a riprendere la tua vita?!
    Semplicemente, non puoi...
    Bill dice a Tom di aspettare quell'Amore perfetto che lui ha trovato solo nel gemello... Non sa che Tom non ci riuscirà mai...
    Perchè, Simo, parliamoci chiaro: Tom non avrà vita lunga dopo questa tragedia...
    Ripeto, non so davvero come esprimermi... Ogni volta mi spiazzi, mi capovolgi l'universo, mi fai frullare le viscere e piangere come nessuno sa fare... Tu mi fai credere che tutto ciò che scrivi sia vero... ed è per questo che poi ci sto ancora più male... Immaginare che una cosa del genere possa accadere, non può far altro che farti arrotolare tutte le interiora!
    Diamine... Il muro sotto la carta da parati... Cavolo! Non riesco... Non so... I muri possono sempre parlare... Il nome gigante, con cui Tom è costretto a fare i conti: T O M! Tom! L'unica ragione di vita e di morte del gemello... E poi trovarsi di fronte alla pura verità, alla quale è impossibile sfuggire, tanta l'evidenza...
    E poesie, dediche, canzoni, date, nomi...
    L'Amore! L'Amore vero... L'Amore unico... L'Amore della vita che, però, stavolta non può essere vissuto e consumato...
    (nuova crisi di pianto)
    Basta, davvero... Non so più come esprimermi... Perdonami se ho scritto una massa di scempiaggini, ma ho buttato giù tutto quello che mi hai tirato fuori così, come veniva...
    Grazie perchè, come sempre, mi fai entrare in un altro mondo e mi fai dimenticare completamente di quello circostante... Grazie di cuore a te, alle tue mani e al tuo cuore d'oro... alle tue emozioni forti... Grazie per avere la forza e la voglia di condividerle sempre con tutte noi!
    Un abbraccio forte, Simo! <3
     
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73 replies since 27/12/2009, 14:12   2387 views
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