Believe in your dreams

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  1. Redda
     
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    Titolo della shot: Believe in your dreams
    Autrice: Redda
    Raiting: G
    Genere: Romance
    Avvisi/ratings: OFC, leggero angst, G


    I Tokio Hotel non mi appartengono, questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e non ci guadagno niente



    Creative Commons License
    Believe in your dreams by Redda is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

    Vietato copiare!




    Non appena sentì il rumore metallico della sveglia risuonare nel silenzio della sua cameretta afferrò i lembi opposti del proprio cuscino, premendoseli contro le orecchie, come a voler far sparire quel suono che annunciava l’inizio di una nuova giornata.
    Forse se fingeva di non averla sentita sua madre gli avrebbe concesso di restare a casa quel giorno.
    Ma la porta venne spalancata da una ragazza con la coda di cavallo, che mangiucchiava con aria annoiata un biscotto al cioccolato.
    - Alzati pigrone, la colazione è già a tavola –
    Il ragazzino rimase in silenzio, immobile come se fosse stato una statua di marmo, ma questo non sembrò convincere l’altra, che gli lanciò addosso una delle sue pantofole.
    - Lo so che non stai dormendo –
    - Non voglio andare a scuola – sentenziò lui, tirandosi le coperte fin sopra alla testa.
    Sua sorella sorrise malignamente prima di prendere un bel respiro, urlando poi un mamma che si poté sentire in ogni angolo della casa.
    - Mammaaaaaaa, Gustav non vuole andare a scuola –
    - Smettila Fran – piagnucolò lui, stringendo la coperta con le mani paffutelle – sei veramente cattiva! -
    - E tu sei un frignone – lo canzonò la maggiore, terribilmente divertita dall’idea che suo fratello sarebbe stato sgridato.
    - Si può sapere che succede qui? – intervenne la signora Schäfer, mentre si ripuliva le mani sul grembiule che teneva legato in vita.
    - Gustav non si vuole alzare – rispose prontamente Franziska.
    - Gus – lo chiamò amorevolmente la donna, oltrepassando la soglia della stanza di suo figlio, ancora avvolta dall’oscurità – perché non vuoi andare a scuola? – si sedette accanto a lui, scoprendogli il capo.
    Il ragazzino strinse li occhi, scuotendo poi il capo.
    - Non hai studiato per qualche compito in classe? –
    Nuovamente fece un cenno di diniego.
    - Lo vuoi dire alla mamma? – gli domandò, accarezzandogli i corti capelli biondi.
    - No – pigolò lui, facendosi ancora più piccolo.
    - E’ successo qualcosa? – nel suo tono si avvertì una nota di preoccupazione – Fran tu ne sai qualcosa? –
    - Perché dovrei? – scrollò le spalle con totale disinteresse – Non sono mica la sua baby sitter. Comunque sta solo fingendo, è il solito frignone –
    - Franziska – la riproverò la donna, guardandola con sguardo grave – torna a fare colazione –
    - Ma mamma…- provò a protestare lei.
    - Niente ma – fu la risposta perentoria di sua madre, che le indicò il corridoio con un gesto secco – di corsa –
    La maggiore sbuffò seccata, sbattendo un piede per terra come a voler sottolineare il suo disappunto.
    - Gustav – Hannette tornò ad occuparsi del suo bambino – lo sai che se c’è qualcosa che non va puoi sempre dirlo alla mamma –
    - Sì…sì, lo so –
    - Che ne dici di alzarti allora? Rischi di fare tardi –
    Avrebbe di gran lunga preferito non muovere un solo muscolo da quel letto, ma alla fine annuì, obbedendo.
    Non voleva far preoccupare sua madre. Anche se aveva già dodici anni era ancora un bambino e sapeva che certi problemi andavano risolti con le proprie forze; presto sarebbe diventato grande, non poteva sempre chiedere aiuto ai suoi genitori, doveva farcela da solo.
    Dopo aver finito la colazione ed essersi preparato salì in macchina insieme a sua sorella, che continuava a punzecchiarlo un pochino, conscia del fatto che Gustav non sarebbe mai stato in grado di risponderle a tono.
    Hannette lo lasciò di fronte all’ingresso della scuola, non prima di avergli riempito le guance di baci, gesto che provocò un finto conato di vomito da parte di Franziska, che si sentiva troppo grande per assistere a certe smancerie infantili.
    Gustav rimase ad osservare l’auto fino a quando non svoltò l’angolo.
    Ora era solo.
    La paura gli attanagliò lo stomaco quando mosse i primi passi incerti dentro al cortile.
    Strinse le spalline del suo zaino, tenendo sempre lo sguardo puntato sulla punta delle sue scarpe da ginnastica.
    Oltrepassò l’ingresso, gremito di ragazzini che a loro volta stavano entrando a scuola, e si diresse verso il suo armadietto.
    Aprì il lucchetto dopo aver inserito la corretta combinazione numerica e cercò i libri che gli sarebbero serviti quella mattina.
    - Buongiono Klaus –
    Sentire quella voce dietro alle proprie spalle gli fece gelare il sangue nelle vene, mentre un sottile rivolo di sudore gli colò lungo il collo.
    - Oh il piccolo Klaus è diventato sordo – lo canzonò una seconda voce, che generò le risate degli altri.
    - E’ da maleducati non salutare i tuoi amici – una mano gli afferrò il braccio, costringendolo con la forza a voltarsi.
    Davanti ai suoi occhi si stagliarono le figure di quattro ragazzini, tutti più alti di lui di almeno dieci centimetri.
    Lo circondarono come se fossero un branco di leoni pronti a saltare addosso alla loro indifesa preda.
    - Allora? – continuò quello che era il capo di quel gruppetto.
    Nessuno degli altri studenti presenti osò avvicinarsi, tutti terrorizzati dalle possibile ripercussioni che un gesto simile avrebbe causato.
    - I…io… - balbettò Gustav, deglutendo a fatica – io dovrei andare…la…la campana sta…sta per suonare –
    - Co…come mai bal…balbetti Kla…Klaus? – lo prese in giro uno del gruppo, parecchio divertito dall’evidente paura del biondino.
    - E’ molto scortese da parte tua volerci lasciare così –
    - Derik ha ragione, Klaus. Veramente molto scortese – gli diede man forte uno dei suoi “compari”.
    - Un comportamento simile va punito –
    I suoi polmoni si svuotarono all’improvviso di tutta l’aria che avevano incamerato, spezzandogli il respiro e lasciandolo lì, boccheggiante.
    - Dacci il tuo pranzo – gli ordinò Derik, allungando una mano verso di lui.
    - Ma… - provò a replicare il biondino.
    - Mi vuoi disubbidire Klaus? – domandò in tono pacato, mentre gli altri fecero schioccare minacciosi le nocche, in una sorta di avvertimento.
    A Gustav non restò che ubbidire.
    Estrasse con una mano la busta marroncina del pranzo dallo zaino, poggiato ai suoi piedi, e lo diede al ragazzino.
    - Un po’ di dieta non ti farà male – lo schernì uno dei teppistelli, mentre gli buttava i libri, che aveva retto con il braccio fino a quel momento, giù per terra.
    Gli altri scoppiarono a ridere.
    - Ehi! – urlò qualcuno alle loro spalle.
    Vennero colti alla sprovvista da quel richiamo, timorosi del fatto che si trattasse di uno degli insegnanti, ma non appena videro che la fonte del loro spavento non era altro che una ragazzina sghignazzarono ancora di più.
    - Smamma microbo –
    - Lasciatelo in pace – continuò lei, spintonandolo il primo che le capitò sottomano – non vi ha fatto niente –
    - Ti conviene andartene – la minacciò uno di loro, fissandola torvo.
    - Lo vado a dire ad uno degli insegnanti se non ve ne andate voi – controbatté cocciuta la ragazzina, poggiando le mani sui fianchi.
    - Andiamo – disse loro Derik dopo un lungo minuto di silenzio, richiamandoli con un cenno del capo.
    - Ti fai difendere dalle femmine Klaus? – passando accanto al biondino lo colpì malamente con una spallata – Sei proprio una mammoletta –
    Rimasero entrambi ad osservarli mentre il gruppetto si allontanava, dando cazzotti ai vari armadietti e schiamazzando rumorosamente.
    - Tutto bene? – gli domandò la ragazzina, chinandosi accanto a lui, con l’intento di aiutarlo a raccogliere i libri.
    Gustav si limitò ad annuire con il capo chino. Tentava di trattenere le lacrime, ma era piuttosto difficile.
    Sua sorella lo prendeva sempre in giro quando piangeva, dicendogli che i maschi non lo avrebbero dovuto fare.
    - Io mi chiamo Camille, sono arrivata qui da poco –
    Sollevò lo sguardo quando si vide la mano della bambina ad un palmo dal naso.
    - Gu…Gustav – balbettò imbarazzato, stringendola appena.
    - Che volevano quegli stupidi da te? – gli domandò, restituendogli un libro.
    - Niente – rispose evasivo il biondino, rimettendosi in piedi.
    Camille non ci credeva affatto e dalla sua espressione si poté chiaramente capire.
    - Sono dei bulli, non è vero? –
    - Già… -
    - Perché ce l’hanno con te? –
    Gustav scrollò appena le spalle. Non sapeva per certo il reale motivo per il quale stava tanto antipatico a Derik e la sua banda – Forse perché sono tanto basso e grasso –
    - Tu non sei affatto grasso – gli disse con sincerità Camille, osservandolo – e poi siamo ancora piccoli, crescerai più in là –
    - Quando diventerò un batterista famoso sarò grande e forte e allora Derik se la vedrà con me – mormorò il ragazzino, stringendo una mano a pugno.
    - Batterista? – gli domandò lei. Non era sicura di aver capito bene.
    Le guance del biondino si chiazzarono di rosso per l’imbarazzo. Non si era reso conto di aver detto quella frase, credeva di averla solo pensata.
    - Sì, mi…mi piace suonare la batteria. Mio padre mi ha promesso di iscrivermi al conservatorio quest’ anno –
    - E’ molto bello – commentò – Comunque non devi più preoccuparti di quegli stupidi; da oggi in poi resterò io accanto a te e vedrai che non ti daranno più fastidio – si colpì il petto con un leggero pugno – E’ una promessa –
    Le labbra di Gustav si stesero in un sorriso, muto ringraziamento.


    Passarono i giorni e le settimane, Gustav e Camille ormai erano diventati inseparabili, l'uno la spalla dell’altra, tanto che il biondino, ben presto, smise di dar peso alle minacce di Derik e dei suoi amici, che cambiarono vittima dei loro soprusi.
    Per Gustav passare del tempo con la sua nuova amica era la cosa più bella del mondo, dopo la batteria ovviamente. Si divertivano, facevano insieme i compiti, scoprivano sempre qualcosa di nuovo. E poi quando stava con lei sentiva un piacevole sfarfallio allo stomaco, che lo faceva sentire strano, ma comunque felice.
    All’inizio aveva pensato che si trattasse di qualche bizzarra malattia e si era spaventato non poco. Ne aveva parlato subito con sua madre, dato che lei aveva sempre avuto il potere di guarire ogni male con un semplice bacio, ma quella volta si era limitata a sorridergli dolcemente e lo aveva rassicurato dicendogli che non stava affatto male, ma che si trattava di una cosa molto bella. Ci aveva capito ben poco, soprattutto dopo che, abbracciandolo, le aveva sentito dire che il suo ometto stava diventando grande.
    Dopo tutta quella strana situazione era arrivata la notizia che tanto aspettava: suo padre lo aveva iscritto al conservatorio.
    Aveva urlato e saltato per tutta la casa, senza riuscire a contenere quell’immensa gioia.
    - Corro a dirlo a Camille – aveva detto a sua madre, afferrando il giubbotto.
    - Gustav ha una fidanzata, Gustav ha una fidanzata – lo prese in giro sua sorella.
    - Fran smettila! – sentì il viso avvampare di calore.
    Camille non era affatto la sua fidanzata, era ancora troppo giovane per averne una, quella era roba da grandi.
    - Sei tutto rosso – sghignazzò divertita.
    - Mamma – si lagnò il biondino.
    - Franziska –
    - Mamma – sbuffò lei.
    - Voi due sarete la causa della mia pazzia – si arrese la donna, lasciandosi cadere su una delle sedie della cucina.
    - Io vado allora –
    - Salutami la tua fidanzata –
    - Mamma! –
    - Franziska –
    - Mamma – ripeté la ragazza.
    Gustav si richiuse la porta alle spalle e corse verso la casa di Camille, ad un solo isolato da lì. Sicuramente anche lei sarebbe stata contenta di quella notizia.
    Suonò il campanello ed aspettò di vederla apparire alla porta.
    - Cami! – le disse in tono eccitato quando gli corse incontro – Papà mi ha detto che presto comincerò il conservatorio –
    - Davvero? – gli domandò lei, sgranando gli occhioni blu per la sorpresa.
    - Sì! –
    - Oh Gus sono così felice – lo strinse in un abbraccio, lasciando che i suoi capelli color mogano gli solleticassero il viso.
    In quel momento il biondino sentì una cosa stranissima: fu come se il cuore cercasse di uscirgli dal petto, lo sentiva battere velocissimo e le ginocchia gli cedettero appena.
    - Wow… - mormorò lui, sorpreso.
    - Che succede? – gli domandò la ragazzina, staccandosi.
    - Senti – le afferrò una mano e se la poggiò sul petto – Non aveva mai fatto così –
    - Oh non ti devi preoccupare, anche il mio fa così ogni tanto. Mamma dice che è una cosa normale – Camille scrollò appena le spalle – Quando è successo la prima volta mi sono spaventata tantissimo, credevo di avere qualche strana malattia –
    - Anche io – le disse lui, quasi rincuorato di non essere il solo a sentire quelle strane sensazioni – e poi c’è un’altra cosa qui, alla pancia –
    - Anche a me succede! – Camille spalancò appena la bocca – Sono come i crampi che ti vengono quando hai fame, però non mi danno fastidio, sono piacevoli –
    - Non è incredibile che abbiamo tutte e due questa cosa? –
    - Già, incredibile - mormorò lei – Secondo me è il cibo della mensa –
    I due ragazzini scoppiarono a ridere divertiti, inconsapevoli del fatto che si trattasse di qualcosa di molto più grande.


    Una settimana più tardi, Gustav cominciò il conservatorio. Era veramente meraviglioso: stare immersi nella musica, sentire le note sulla pelle, respirare quell’aria carica di magia.
    Gli impegnava molto tempo, doveva andarci quattro volte alla settimana, però a lui non pesava affatto. L’unico lato negativo era che il pomeriggio non poteva più stare in compagnia di Camille e sentiva moltissimo la sua mancanza.
    Di tanto in tanto si ritrovava a pensare a lei: ai riflessi che assumevano i suoi capelli quando erano colpiti dalla luce del sole; al bel colore dei suoi occhi, un blu che lui non aveva mai visto prima; alle piccole lentiggini che abbellivano il suo nasino leggermente a patata.
    Prima di allora non aveva mai fatto caso a certi particolari, ma ultimamente aveva cominciato a notare molte cose di Camille. Continuava comunque a non darci eccessivo peso, vedendola come una cosa normalissima.
    Al conservatorio aveva conosciuto un ragazzo molto simpatico: Georg. Aveva un anno in più di lui e suonava il basso. Una volta gli aveva raccontato che nella sua scuola aveva una sua rock band; anche a lui sarebbe piaciuto averne una, sarebbe stato veramente figo, ma chi avrebbe mai messo su una band con un tipo come lui? Non aveva proprio l’aria del batterista rock. Quelli erano pieni di tatuaggi e molto muscolosi, lui tutt’al più poteva assomigliare a Winnie the Pooh. E, all’interno del conservatorio, c’era chi pensava che non avesse affatto la stoffa del batterista.
    Uno dei suoi professori si era accanito nei suoi confronti e per lui fu come ritrovarsi di fronte a Derik e alla sua banda. Risentì quelle stesse sensazioni, quella paura incontrollata che si scatenava non appena li vedeva, che lo bloccava.
    Non ce la poteva fare.
    Una sera scappò di casa e corse da Camille. Fu difficile svegliarla, visto il suo sonno pesante, ma dieci minuti più tardi la vide sulla soglia.
    Le scoppiò a piangere di fronte e trovò le sue braccia pronto ad accoglierlo.
    Lei gli accarezzò dolcemente la schiena, cercando di tranquillizzarlo.
    - No…non…n…non… -
    - Che succede Gus? –
    - Io non… non voglio più…più suonare – singhiozzò, tirando su con il naso.
    - Che cosa? – Camille lo fissò dritto negli occhi, incredula – Tu ami suonare la batteria, non ci credo che vuoi già mollare –
    Il biondino si asciugò gli occhi con il dorso della mano, ma le lacrime continuavano a scendere copiose, senza che lui riuscisse a fermarle.
    Le raccontò cos’era successo: i continui rimproveri del suo professore, il modo in cui lo sminuiva, come lo faceva sentire inadatto a quel posto.
    Camille gli diede uno scappellotto alla testa, gesto che Gustav non aveva previsto.
    - Smettila di dire scemenze! – incrociò le braccia al petto.
    - Ma Cami… -
    - Non ti permetterò di mollare – gli disse con sguardo serio – ami troppo la musica, fa parte della tua vita fin da quando eri piccolissimo. Lasci tutto solo perché un unico professore ti ha detto che non hai talento? –
    Non riuscì a rispondere.
    Camille era sicuramente più matura di tutte le ragazzine della loro età e averla accanto per lui era una vera fortuna, riusciva a riportare chiarezza nei suoi pensieri.
    Sentì le mani dell’amica poggiarsi sulle sue guance.
    - Non permettere a nessuno di dirti che quello che desideri è irraggiungibile. Se hai un sogno lo devi difendere, se vuoi qualcosa vai e prenditela(*). Promettimi che lo farai –
    Gli asciugò una lacrima con il pollice, sorridendogli dolcemente.
    Il cuore di Gustav sembrò allargarsi a dismisura e farsi leggerissimo.
    Sperò che il tempo si fermasse a quell’istante così bello e che niente potesse cambiare. Ma non tutte le favole hanno un lieto fine e avrebbe provato quella triste realtà sulla propria pelle.
    Quando, una mattina di fine maggio, non vide arrivare Camille una strana morsa gli attanagliò lo stomaco e uno stato d’ansia sembrò gravargli sul petto.
    Finite le lezioni corse a perdifiato verso la casa dell’amica e vide un grosso camion parcheggiato lì di fronte. C’era un gran via vai di persone che trasportavano i mobili, che riconobbe essere quelli di Camille.
    Che stava succedendo?
    - Signora Schmidt – richiamò la donna che stava indicando qualcosa ad uno dei traslocatori.
    - Oh, ciao Gustav –
    - Signora Schmidt ma…state…state andando via? –
    Lo sguardo della madre di Camille si rabbuiò appena – Sì caro, mio marito ha ottenuto il trasferimento che stava aspettando da tanto tempo –
    Andava via, Camille andava via.
    Non riusciva a crederci.
    - Do…dove?... –
    - In Italia –
    Era così distante da lì, questo significava che non si sarebbero più rivisti.
    - Mia figlia è nella sua camera, sono sicura che le farà piacere vederti –
    Non se lo fece ripetere due volte. Schizzò dritto dentro alla casa, fermandosi solo in prossimità della camera della ragazzina, già spoglia, fatta eccezione per il letto sul quale era seduta.
    Le sue spalle tremavano, quasi cercasse di trattenere i singhiozzi.
    - Cami – la chiamò piano.
    Quando sollevò il viso vide i suoi occhi rossi e lucidi.
    - Gus cosa ci fai qui? –
    - Stamattina non ti ho vista…mi sono preoccupato. Tua mamma…tua mamma mi ha detto che andate via –
    Camille non rispose.
    - Perché non me l’hai detto? – le domandò, sedendosi accanto a lei.
    - Non volevo che tu lo sapessi. Se fossi andava via senza salutarti forse ci sarei stata meno male… - tirò su con il naso – Mi spiace –
    Per la prima volta fu Gustav a stringerla fra le braccia per consolarla; non l’aveva mai vista piangere prima di allora, lei era quella forte fra loro due, la “dura”.
    - Mi mancherai… - le sussurrò piano, inspirando il profumo di vaniglia che emanavano i suoi capelli.
    Camille strinse fra le dita la sua maglia, bagnata dalle lacrime che le scivolavano lungo le guance.
    Rimasero in silenzio per diversi minuti, sempre stretti in quell’abbraccio.
    L’arrivo della signora Schmidt fece capire loro che era arrivato il momento dei saluti.
    - Tesoro è meglio se andiamo, ci aspetta l’aereo –
    - Sì…un…un attimo –
    Vedendoli in quel modo le si strinse il cuore – Va bene, ti aspettiamo fuori – si chiuse piano la porta dietro alle spalle.
    La ragazzina si staccò da quel contatto, asciugandosi con forza le guance.
    - Non mi dimenticare – disse all’amico, guardandolo dritto negli occhi.
    - Mai – rispose lui, con sguardo serio.
    Afferrò l’elastico rosso che teneva legata la sua chioma color mogano e lo mise al polso di Gustav.
    - Così mi avrai sempre accanto a te –
    Il biondino lo osservò, accarezzandolo con il pollice.
    - Ricordati di mantenere la promessa. Devi credere nei tuoi sogni Gus. Un giorno sarai un grande batterista e ci saranno un sacco di ragazze che urleranno il suo nome e faranno la fila per uscire con te –
    - Nessuna di loro sarà mai come te –
    Camille abbassò appena lo sguardo, imbarazzata. Si avvicinò tremante al viso di Gustav, poggiando le proprie labbra contro quelle dell'amico per pochi secondi, in un leggero bacio.
    - Addio – mormorò prima di scappare.
    Gustav rimase ad osservarla mentre correva via e sentì una parte del suo cuore andare via con lei.


    L’adrenalina gli scorreva lungo le vene.
    Le luci si rincorrevano impazzite sul palco, illuminandolo a tratti.
    Le urla della folla gli rimbombavano nella cassa toracica.
    Il fumo lo coprì per un istante, rendendolo invisibile agli occhi di quella moltitudine di persone.
    Colpì con maestria la pelle testa del timpano, producendo un suono forte e pulito.
    Era arrivato il suo momento.
    I ragazzi erano già spariti dietro alle quinte.
    Ora tutto il pubblico era concentrato su di lui e sul suo assolo.
    Sentiva il suo nome scandito da migliaia di voci diverse.
    Eseguì ogni movimento in modo eccellente e le grida salirono; gli sembrò di sentire il terreno tremare sotto ai piedi della sua seggiola.
    Un ultimo passaggio e si alzò in piedi, sollevando le braccia in alto.
    Seguì un lungo scroscio di applausi, costellato da fischi di approvazione e coretti.
    Quando la videocamera riportò la sua immagine sui megaschermi posti ai lati del palco il suo sorriso soddisfatto sembrò illuminare l’arena, mentre al polso destro spiccava quello che sembrava essere un bracciale rosso.
    Aveva mantenuto quella promessa fatta anni prima.
    Lui, Gustav Schäfer, aveva creduto nei suoi sogni.


    (*) Citazione presa dal film "La ricerca della felicità"

    Edited by Redda - 1/12/2010, 15:25
     
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  2. *HEILIG*
     
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    La OS ora è aperta e commentabile :)
     
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  3. **TittaH**
     
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    E' stupenda!
    Mi piace mi piace mi piace.
    Poi "La ricerca della felicità" è il mio film preferito.
    Brava Reds.
     
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  4. Redda
     
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    Grazie ^^
     
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    Ciò che ti sta rendendo felice,
    rende me più triste.
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    che tenerezza :') mamma miaaaaaaa!
     
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  7. little angel94
     
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    che meraviglia.. complimenti cara..
    questa storia è stupenda! :)
    volevo chiederti una cosa.. sei tu la Redda dell'archivio delle fanfiction?
    se fossi tu vorrei tanto chiederti se tu potessi postare anche qualcuna delle tue fanfiction Het perchè sono davvero molto belle e piene di emozioni..
    spero di non averti infastidito. complimenti ancora :)
     
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  8. dolce_
     
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    che bella *-*
     
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7 replies since 30/7/2009, 09:58   810 views
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