E' probabile

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  1. *HEILIG*
     
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    Titolo: E' probabile
    Autore: *HEILIG*
    Genere: Drammatico/Introspettivo/Paranormale
    Rating: R
    Avvisi: /





    E' PROBABILE




    Quando la porta si aprì, cigolando per un brevissimo istante intorno ai cardini d’ottone, Tom aprì gli occhi.
    Non fu un risveglio inaspettato, non si spaventò affatto, niente di tutto ciò.
    Sapeva chi sarebbe entrato, il suo stesso sonno forse era stato reso leggero proprio dall’attesa di quell’arrivo; eppure saperlo, non gli evitò i brividi che veloci e graffianti come artigli felini scesero lungo la sua schiena quando lui comparve.
    La figura di Bill si stagliava contro la porta, in controluce rispetto all’atmosfera biancastra e fredda che le lampade a muro del corridoio dell’Hotel rimandavano fuori dalla sua stanza.
    Un cenno appena di suo fratello, un indice che si muove, una chiamata, un invito.
    Un piccolo movimento della testa bastò, come sempre era bastato.
    Tom si girò.
    Lei dormiva beatamente, accucciata in posizione fetale, rivolta verso di lui, la bocca appena socchiusa, le guance appena rosate, illuminata in maniera strana e quasi irreale dalla luce che proveniva dalla porta.
    Era notte fonda.
    Il respiro di lei era regolare, non si sarebbe svegliata che dopo molte ore.
    Tom sollevò il lenzuolo bianco e si girò molto lentamente fino a sedersi sul bordo del letto.
    Poi, piano, si alzò evitando qualsiasi rumore potesse svegliare la sua fidanzata.
    Guardò verso la porta ma la figura di Bill non c’era più sulla soglia: lo aspettava fuori.
    Con estrema cautela raccolse i lunghi rasta biondi screziati di castano dietro una larga fascia bianca, si alzò in piedi, si infilò una maglietta, anch’essa bianca, prese i jeans, le scarpe e si spostò più lontano dal letto.
    Si vestì, pianissimo, nel fascio di luce che proveniva dall’esterno, quasi dietro alla porta, quasi nascondendosi da lui, con il cuore che galoppava di paura e di frenesia.
    Girò lo sguardo per un attimo e incrociò quello di suo fratello, lì fuori.
    Le loro iridi si incollarono; il suo corpo reagì.
    Uscì nel corridoio, sentì la mano di Bill prendere la sua ancora prima che lui avesse finito di chiudere la porta quasi a rallentatore, tanta era la paura di essere scoperto.
    Tom sentì le dita di Bill stringersi intrecciate alle sue, sorrise, e poi si lasciò trascinare via..


    Anne aprì gli occhi.
    Nel buio e nel silenzio, il corpo di Tom di fianco al suo era irrequieto nel sonno.
    Faceva frusciare le lenzuola strattonandole appena, con le braccia e con le gambe, girandosi e rigirandosi.
    Era stressato, lei lo sapeva, aveva provato a farlo rilassare, con qualcosa di distensivo, e anche con il sesso, a farlo stancare, a farlo calmare in qualche modo prima di dormire.
    Eppure, di notte, spesso, sempre più spesso, nei sogni di Tom sembrava esserci un intero mondo, a lei completamente sconosciuto e sconosciuto forse anche a lui, se era vero, come le diceva, di non ricordarsene mai nemmeno uno, di quei sogni che così tanto lo agitavano.
    Provò a toccargli una spalla, ma non ottenne che un lamento accennato.
    Guardare Tom e non sapere cosa stava vivendo nei sogni era una brutta sensazione, ma in fondo, non avrebbe potuto farci niente, lei, finché lui non avesse voluto dirglielo.
    Anne rimase a fissare il soffitto ad occhi aperti, cercando capire qualcosa dai mugolii che Tom rilasciava nel sonno o meglio, in un evidente sogno.
    Poi chiuse gli occhi, staccò la mente.
    E riprese a dormire.

    La baciava, dolcemente, la stringeva tra sue braccia dopo l’amore come faceva sempre, i loro occhi si fissavano lucidi e soddisfatti, eppure la testa di Bill non era lì, perché sapeva di avere un altro impegno, doveva andare da un’altra parte, la sensazione era quella claustrofobica della prigione, del doversi alzare da quel letto disfatto e andare fuori dalla stanza, andare in un’altra stanza, la sensazione era quella di essere in ritardo, di dover scappare via di lì.
    Posò un altro bacio a fior di labbra a sua moglie che gli restituì un sorriso.
    Bill si staccò da lei, lasciò il suo abbraccio, si sedette sul letto, si alzò in piedi e si vestì, sempre sotto il suo sguardo; si girò verso di lei ma lei non disse niente, né Bill se ne chiese il motivo.
    Tutto quello che lui doveva fare era andare da Tom, solo quello sapeva.
    Uscì nel corridoio e accese le biancastre e fredde lampade a muro, ma non prima di aver tastato, al riparo dallo sguardo di lei, la tasca dei suoi pantaloni, ed essersi assicurato che quell’altra chiave magnetica fosse lì, pronta per loro.
    Si richiuse la porta alle spalle lasciando lei sveglia. A fissarlo mentre se ne andava.
    Percorse il corridoio del parquet di legno che strideva appena sotto la gomma delle sue Adidas bianche; l’Hotel non era dei più nuovi, ma ugualmente extra lussuoso, pervaso da un’atmosfera tipicamente chic e liberty, da fine anni ’40.
    Quando arrivò alla porta della stanza di suo fratello, sapeva di trovarla aperta, senza una ragione, senza ricordarsene il motivo. Era aperta, come sempre.
    La porta si aprì sotto il suo tocco, cigolando per un brevissimo istante intorno ai cardini d’ottone e Bill si mise sulla soglia della stanza.
    Vide Tom svegliarsi, guardarlo, e come sempre gli fece un breve cenno d’invito: piccolo flebile gesto allegorico di un immenso fuoco.
    Poi, uscì nel corridoio, ad aspettarlo.
    Il suo cuore galoppava, di paura e frenesia, quando sentì Tom vestirsi dietro la porta; si sporse poco e i loro occhi si incrociarono.
    Le loro iridi si incollarono; il suo corpo reagì.
    Non riuscì ad aspettare che Tom si fosse chiuso del tutto la porta della stanza alle spalle e prese la sua mano, la strinse nella sua incrociando le loro dita, si scaldò il cuore di un suo sorriso e poi, lo trascinò via..


    Isabel uscì dal bagno.
    La luce del comodino di Bill era ancora accesa, ma si rese contro che lui dormiva già, a pancia in sotto, con le braccia affondate sotto il cuscino.
    Tirò su il lenzuolo che senza grazia avevano gettato sul pavimento facendo l’amore, e lo coprì.
    Quando le sue mani toccarono le spalle di Bill, lui scattò: senza svegliarsi girò quasi su se stesso, in un lamento involontario, come per allontanarla da sé e gli occhi di Isabel si sbarrarono, quasi spaventati, prima di fissarsi sul volto di suo marito, che pure, era rimasto addormentato.
    Capitava spesso, sempre più spesso, che i suoi sogni fossero agitati.
    Se lo svegliava per tranquillizzarlo, lui la guardava senza vederla davvero, come se lo avesse strappato alla sua vera realtà, come se nei sogni vivesse in un mondo anni luce distante da lei e da loro.
    Se la mattina dopo gli chiedeva cosa avesse sognato di tanto terribile da strattonare le lenzuola, lui negava di ricordare l’oggetto del sogno.
    Isabel non ci credeva, ma non poteva farci niente.
    Spense la luce sul comodino di Bill, girò intorno al letto a piedi nudi sul parquet, si infilò sotto le lenzuola, chiuse gli occhi.
    E cercò di dormire.

    Una stanza già vista, fatta come tutte le altre stanze dove era già successo.
    Tutte le notti, o comunque spesso, sempre più spesso.
    Una porta di legno bianca si aprì con la chiave magnetica che Bill custodiva, furono dentro e all’improvviso ci fu tanta, tantissima luce.
    Le loro mani si spogliavano a vicenda, i loro baci li intrappolavano e lungo il corpo, loro, le loro schiene, le loro mani, le loro pelli, erano già sudate.
    Desiderio, desiderio, una voglia irrefrenabile di appartenersi e consumarsi.
    Toccarsi e farsi piacere, sentire l’altro godere e venire, godere fino a perdere il respiro tra le sue mani, avvolti di un’aria usurata e piena del loro affanno.
    Non c’era nessuno al mondo se non loro, non esistevano né fidanzate né mogli.
    C’erano sì, eppure, da qualche parte, lo sapevano..e forse sapevano, forse sapevano.
    Sapevano?
    Eppure non erano lì, non in quel momento, non in quella voglia, non dove c’erano soltanto loro due.
    Bill e Tom, Tom e Bill.
    Il corpo del rasta spingeva quello del gemello indietreggiando con lui, con i loro passi che si intrecciavano goffamente, finchè la schiena di Bill non sbattè pesantemente contro la carta da parati giallastra con decori retrò, sempre quella.
    I capelli di Bill si mossero per l’affanno seguendo i movimenti della sua testa stretta tra le mani del fratello e fissa poi, ferma, immobile, perché inchiodata da un bacio di fuoco che non lasciava scampo alcuno.
    Tom spinse la lingua dentro la bocca di Bill, ancora e ancora prendendo della sua saliva e dei suoi gemiti, godendo dello scontro dei loro piercing come di una scossa che rimette in moto il sangue, spintonato, sostenuto, invitato in quel vortice dalle mani di suo fratello che gli strisciavano e gli graffiavano la schiena ancora e ancora chiedendo di più e di più.
    Di più di loro, di più di lui, di più di quella passione irrefrenabile, di più di quella fame insaziabile.
    Le mani di Bill si impossessarono dei jeans di Tom, della cintura, della cerniera e poi, del suo inguine, ma Tom le tolse dal suo corpo e le sbattè di nuovo, più forte e più cattivo, contro il muro, alzate vicino al viso di Bill.
    - Piano…Bibi….piano…..abbiamo un sacco di tempo..
    Ma gli occhi di suo fratello piegarono in un’espressione dolce, compassionevole.
    Un’espressione a cui Tom non sapeva resistere.
    - No Tomi, non ne abbiamo, non ne abbiamo più..
    L’ambra delle iridi del rasta fissò quella del fratello, incredulo, quasi sconcertato.
    - Perché?
    E gli occhi di Bill guardavano Tom assenti.
    Nella sua testa, sapeva di sapere solo che è era così.
    Come sempre.
    E non gli rispose.
    Si avvicinò a Tom con la lingua fuori dalle labbra, il piercing di metallo stretto tra i denti..poi, tracciò il contorno della labbra del suo gemello piano, pianissimo, con la punta della lingua.
    Non sarebbe durato molto, ma doveva valerlo tutto.
    Anche questa volta, fosse stata l’ultima.
    Tom rispose, ansimi crescenti e la lingua che cercava avidamente quella di Bill, che però scappava.
    Si faceva inseguire, lo beava di un breve umido contatto e poi scappava di nuovo.
    E adesso, tracciava scie odorose e bagnate lungo il suo collo, torturava i sensi profondi all’altezza della giugulare, si muoveva ciclicamente sulla sua pelle, e allora, le mani di Tom presero a muoversi sull’inguine del Bill, con lo stesso ritmo.
    Bill morse, appena, la pelle dorata delle spalle nude di Tom e Tom strinse, appena, la voglia crescente di lui che cresceva dentro Bill.
    E poi, con il tempo che scorreva frammentato e tiranno, breve come un lampo di luce sempre più abbagliante, i loro corpi si trovarono nudi e attaccati, con i brividi che si trasmettevano dall’uno all’altro, come era stato sempre, per terra, uno sull’altro, un groviglio di carne e sudore, una matassa di battiti e calore.
    Quel pavimento sempre sotto di loro, con quella soffice moquette verde scura con piccoli pois gialli, cosi identica a quella del corridoio di casa da piccoli, così simile a quella che era in quelle due stanze, uguali, che sarebbero rimaste a casa, sempre le loro, ovunque avessero viaggiato da grandi.
    La moquette più morbida del mondo così adatta per fare l’amore, così calda e così colorata sotto di loro.
    Tom si leccò il pollice, scese sull’essenza di Bill, sfiorò come sulle corde di una chitarra il sesso di Bill che premeva contro di lui e poi scese, ancora, a bagnare l’apertura di suo fratello, a toccarlo, stimolarlo, prepararlo di nuovo, ancora, a prenderlo dentro di sé anche quella notte.
    - Non c’è tempo Tomi..
    Gli occhi di Bill luccicavano di disperazione e terrore e il viso rosso di affanno e desiderio non era rivolto a lui, ma alla porta di legno.
    Tom si girò e non vide nulla; la porta era ferma ed immobile.
    Ma Bill prese il mente del gemello stretto nelle sue dita, appoggiò la fronte contro la sua e glielo ripetè.
    - Non c’è tempo per noi, Tomi..
    La frase morì sulle labbra di Tom, che calde, umide e affamate tapparono la bocca del moro sulla sua.
    La lingua di Tom premette piano, chiedendo un permesso senza necessità, sfondando un cuore aperto per lui, e un corpo che era tutto suo.
    La carne di Bill bruciava a contatto con quella del rasta, poteva sentirla friggerla nel desiderio di consumare il loro destino tra la cenere di quell’incesto vietatissimo.
    Tom era fuoco ardente e pericoloso, che faceva terra bruciata di ogni sua consapevolezza.
    Gemette alto e fortissimo il ritorno della mano di Tom su di sé e gli concesse la sua, sul sesso, attorno alla voglia eretta e carnale di Tom.
    Prese a scorrere con le mani, con un movimento regolare e intermittente tutto il sesso di Tom, rallentando, accelerando, tracciando flebili scie con le unghie e poi di nuovo, con i polpastrelli, e guardò, guardò il viso di suo fratello contorcersi di piacere, piegarsi sul collo, stringere le labbra.
    Poi, guardò gli occhi di Tom tornare nei suoi, sorridergli, e dargli così la felicità più grande.
    Non c’era stato giorno, nella sua vita, lo sapeva anche lì dove nulla aveva un senso ma lo sapeva, non c’era stato giorno, nella vita di Bill, in cui il suo cuore avesse battuto come quella notte, come le notti con Tom.
    Le notti in quella stanza, quella stanza sempre quella.
    Che non esisteva da nessuna parte.
    La testa di Bill lo sapeva, il suo cervello, qualcosa di incastrato e razionale nella sua scatola cranica.
    Ma forse proprio per quello, per tutta quella consapevolezza indigesta, tirò Tom a sé ancora di più.
    Lo tirò attaccato al suo petto, lo tirò attaccato alle sue gambe e al suo inguine, lo tirò dentro di sé con gli occhi e con il respiro.
    Prese tra le dita un dreadlock di Tom, lo rigirò tra le sue e tirò il viso di suo fratello contro il suo.
    Le loro labbra si unirono ancora, ad occhi aperti, dentro quelli di lui, dentro quelli dell’altro.
    E Tom entrò.
    Nel corpo e nell’anima gemella che si dava a lui.
    Nell’altra parte di se stesso, nel profondo del piacere e della verità.
    Loro, erano la verità.
    Stesso corpo riunito nei gesti dell’amore e del sesso, stesso cuore riunito nei battiti incessanti di Tom dentro Bill, stessa anima rincollata nell’abbraccio caldo e sicuro di colui che ami più di te stesso.
    Stessi occhi lucidi rivissuti, dentro quelli dell’altro.
    - Ci sarà sempre tempo per noi, Bibi..sempre.
    Chiusero gli occhi.
    Luce, temporale carnale dentro le fibre del corpo, risalita verticale del piacere; spinte, rilasci, spinte, rilasci, abbracci, baci.
    Lingua, e pelle.
    - Ti amo..
    - Ti amo..
    La luce abbagliante avvolse tutto.
    Si espanse nei loro corpi.
    Poi.
    Due paia di occhi identici si aprirono nello stesso istante in cui i loro visi si girarono.
    Improvvisamente erano abbracciati ma vestiti.
    In piedi, e non stesi.
    La porta di legno era aperta, davanti a loro.
    Veniva un vento freddo, i loro corpi prima così caldi, raggelarono all’improvviso.
    Al di là, tutto era solo buio.
    Con la stessa rapidità di un battere di ciglia, la stanza scomparve; le pareti gialle, il tappeto verde, i colori.
    E poi.
    Due paia di occhi identici fissavano la stessa porta bianca e chiusa, ognuno al di là di un lato diverso della stessa.
    Bill sentì la mano di Isabel allacciarsi alla sua..sapeva che era lei.
    Tom sentì lo sguardo di Anne perforargli la schiena..sapeva che era lei.
    Al di là della porta però c’era lui..
    Bill.
    Tom.
    Due mani afferrarono i lati opposti della stessa maniglia e tirarono.
    - Tooooooooom!
    - Biiiiiiill!
    Le mani tiravano. E tiravano.
    La mano di Isabel strattonava.
    Lo sguardo di Anne implorava.
    Ma due mani tirarono ancora.
    Sperando, credendo, volendo che questa volta, questa notte, potesse essere diverso.
    Diverso da sempre.
    Diverso dalle altre notti.
    Due urli agghiaccianti ferirono l’aria quando la maniglia si ruppe.
    Ancora. Come sempre.
    Le lacrime salirono.
    I battiti si fermarono.
    Due paia di occhi fissarono davanti a sé.
    Bill. Tom.
    No, lui non c’era più, al di là.
    E tutto fu buio.
    Ancora.


    Due paia di occhi si aprirono improvvisamente.
    Il cavalcare assordante di due cuori atterriti irruppe nell’aria notturna, dove i clienti dell’albergo dormivano profondamente.
    Tutto taceva.
    Si sentiva il rumore ticchettante degli orologi.
    Il respiro soffuso del sonno.
    E tutto continuò a tacere.
    Aspettando che due cuori si calmassero.
    E due coscienze, in due stanze diverse, tornassero a dormire.

    Il sole di metà mattina si ergeva tiepido e tronfio sulla baia, riflettendo lampi di luce sulla cresta del mare, al di là della spiaggia.
    Nella sala da pranzo dell’Hotel di Cannes echeggiavano solo i rumori dei cucchiaini d’argento contro tazze di porcellana finissima, di stile un po’ retrò.
    Come l’albergo, di pieno stile liberty fine anni ’40 anche se modernissimo nella costruzione.
    Due ragazze, una con i capelli nerissimi fino alle spalle e una con dorati boccoli biondi screziati di castano, occupavano due sedie vicine, in un grande tavolo rotondo per almeno dieci persone, nell’angolo della sala più vicino alla finestra della grande veranda.
    Non parlavano, si limitavano a spalmare marmellate e cioccolata su fette di pane.
    - Bill ha dormito male stanotte… – disse Isabel ravviandosi un boccolo biondo e ribelle dietro l’orecchio.
    - Anche Tom..
    Isabel alzò gli occhi sul viso dell’amica.
    I capelli scalati e lucidi, nerissimi, le nascondevano appena il volto, chino sul caffelatte che rimescolava sorridente, con le dita piene di anelli che Bill le avrebbe volentieri invidiato, e che forse si era scambiata con lui.
    A volte, la somiglianza di Anne con Bill qualche anno prima, era impressionante.
    Ma lo sguardo di Isabel fu attirato da tutt’altro; Bill entrò nella sala ristorante in quel momento e si avvicinò al tavolo sorridendole.
    - Buongiorno bellissime donne..
    Si avvicinò a lei, e si chinò a baciarla.
    - Hey ciao..
    Poi si sedette di fianco a lei, trattenendo tra le dita un suo boccolo.
    Rimirandolo come fosse un gioiello, forse, come fosse un ricordo.
    Di qualcos’altro.
    Di qualcun altro.
    Anche Tom arrivò, pochi istanti dopo.
    Le iridi nocciola incrociarono quelle di Bill mentre Tom spettinava per gioco i capelli neri di Anne e lei alzava il viso e gli sorrideva con i suoi occhioni scuri.
    Poi, Bill e Tom sbadigliarono nello stesso momento.
    - Mamma mia…non siete gemelli, siete una cosa sola!…e chiudi la bocca Tom, maleducato…ahhahah!! – disse Anne ridendo e sgomitando contro Tom
    - Ahahahhahaha scusa….non ho dormito bene stanotte..
    - Lo so…non hai fatto che rigirarti nel letto e farfugliare cose incomprensibili..
    - Io?...cosa…cosa ho detto?..
    - Non ne ho idea, nel sonno parli ostrogoto!
    La risata di Anne, con quella di Bill, si alzarono cristalline nella sala.
    Il viso di Isabel rimase fisso sul suo caffè.
    - Lo stavo dicendo prima ad Anne, che anche tu hai dormito male stanotte sai?...sembravi posseduto da non so quale demone… - disse secca.
    Bill si girò verso Isabel.
    - Sì?...ho dormito male?...non ricordo niente..
    - Non lo ricordi mai.
    Il silenzio piombò nel tavolo.
    - Neanche Tom ricorda mai nulla..o almeno così dice ehehehe… - lo interruppe il tono leggero di Anne – …sai cosa diceva mia madre?...che quando qualcuno dimentica subito una cosa..vuol dire che si tratta di una bugia!! eheheheh..basta che non sogni un’altra donna…conoscendoti! ahhahaha
    Due paia di occhi identici si fissarono per un attimo impercettibile.
    Isabel appoggiò una mano su quella di Bill, strisciò le sue dita affusolate sulla fede all’anulare del moro e lo tirò verso di sé, costringendolo a guardarla.
    Gli sorrise, e gli stampò un bacio sulle labbra.
    - Forse sognate le stesse cose, vi è già successo no?? – disse con tranquillità prima di guardare entrambi i fratelli.
    Due occhi identici, si lanciarono ancora, gli uni negli altri.
    Due bocche così uguali, emisero due frasi identiche.
    - E’ probabile.
    - E’ probabile.
    Due coscienze, si nascosero dietro risate e battute e tornarono ad attendere.
    A dormire.
    A sperare di sognare ancora la prossima notte, la prossima notte in cui sarebbe tornata a trovarli.
    Perché sarebbe tornata.
    Sarebbe tornata, doveva tornare, almeno nei sogni, non una bugia.
    Ma l'unica verità.







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    Edited by *HEILIG* - 21/8/2010, 08:34
     
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  2. ~•eli.LovesBibi
     
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    oddio............ meravigliosa........... reale, il trovare una persona che ricordi il gemello, i sogni ogni notte... e loro lo sanno e non se lo sono mai detto, non ce n'è bisogno...
    sono senza parole come al solito simo, tanta tristezza ma tanta gioia nel cuore, quando cala la notte.
    CITAZIONE
    - Mamma mia…non siete gemelli, siete una cosa sola!

    e con questo chiudo....
     
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  3. Monsun
     
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    O_________O
    meravilgiosa simo....come sempre.... vivida e reale, quoto la eli in pieno!!!!
    e la frase che fa la storia è proprio quella che ha citato lei!!! una cosa sola.... wow... *___________* davvero non so che altro dire...
    un bacio simo!!!! <3
     
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  4. Redda
     
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    O_________________________________O
     
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  5. °Ric@
     
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    ca**o :ohcielooo!:
     
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  6. *HEILIG*
     
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    CITAZIONE (°Ric@ @ 22/10/2008, 14:00)
    ca**o :ohcielooo!:

    lo prendo sempre come complimento eh

    anche il silenzio della mia reddina

    grazie a tutte...
     
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  7. Redda
     
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    La tua reddina è stata privata dell'uso della parola dopo che ha letto cotanta meraviglia, e fortuna che è scritta di fretta! è oro che cola quello che ti esce dalle dita donnina
     
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  8. [°Rituss°]
     
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    posso sinceramente dire che sia la storia più bella che io abbia letto ultimamente....la coscienza,il sapere che un amore così grande e puro,ma quantomai sbagliato,possa essere vissuto solo nei sogni,è dilaniante....ti giuro Simo che avevo il cuore che galoppava furiosamente non solo per il modo sublime in cui racconti lo svolgersi degli eventi,ma anche perchè sembrava tutto così reale e vivo.....bravissima tesò,sei un vero talento....
     
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    .
  9. °Ric@
     
    .

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    CITAZIONE
    lo prendo sempre come complimento eh

    ovvio
     
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  10. TittaH
     
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    tu...hai il potere di farmi incantare al computer! tu...sei la causa delle mie lacrime! tu...sei la causa del mio innamoramento verso il twinchest!
    e per tutto questo ti ringrazio...grazie davvero!
    SPOILER (click to view)
    Due coscienze, si nascosero dietro risate e battute e tornarono ad attendere.
    A dormire.
    A sperare di sognare ancora la prossima notte, la prossima notte in cui sarebbe tornata a trovarli.
    Perché sarebbe tornata.
    Sarebbe tornata, doveva tornare, almeno nei sogni, non una bugia.
    Ma l'unica verità.

    è stato il pezzo più bello e sinificativo per me!
     
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    .
  11. •Jess•
     
    .

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    “E’ strana, ma bellissima”.
    Questo mi era stato detto.
    Allora mi affannai a cercare un momento libero per leggerla, ma non c’era. Volevo farlo dall’inizio ma qualcosa non me lo ha permesso. Poi finalmente oggi, uno spiraglio di tempo solo per me e te, Simo.
    L’ho letta, sicura già che fosse un successo.
    L’ho letta sapendo che non avrei più potuto fare a meno di pensarci per qualche giorno.
    Pensare e come sempre ritrovarmi in te.
    Sai qual è stata la frase che mi ha colpito?
    Forse sì, ma la voglio citare:
    “Le notti in quella stanza, quella stanza sempre quella.
    Che non esisteva da nessuna parte.”
    Non posso aggiungere altro.
    Non posso.
    Anche se vorrei e anche se il magone è qui pronto ad uscire fuori.
    La stanza che non esisteva da nessuna parte..
    Quella stanza in cui siamo sicuri che tutto sia possibile.
    Quella stanza di cui ognuno di noi è convinto e nessuno potrebbe negarne l’esistenza.
    Perché quella stanza esiste.
    Perché io credo che i sogni rivelino la realtà, i desideri e a volte profetizzino in qualche modo ciò che deve accadere.
    E a volte capita di sognare persone che non riusciamo a riconoscere, a ricondurre a qualche nostro conoscente, eppure li sogniamo. Senza una spiegazione loro sono lì.
    E tutto può essere così reale.
    A parte una volta.
    Quella volta in cui lui stesso mi disse che era tutto un sogno.
    Io so che tu sai di cosa sono convinta e non voglio perdermi a dirlo a tutti quanti per essere scambiata per una stupida ingenua e illusa.
    Oramai ho le mie convinzioni.
    Quegli occhi li ho rivisti.
    E quando cerchiamo di allontanarci lui viene a cercarci, ci stana e ci riporta con lui prendendoci per mano.
    Noi non possiamo dire di no, perché lui non accetta rifiuti.
    Ci prende e ci porta via.
    Non possiamo non pensarlo ogni giorno, almeno per un attimo.
    Non possiamo non sognarlo quando il nostro cuore vuole escluderlo dalla nostra vita soltanto per star meglio.
    Per convincerci e illuderci che lui sia passato, che sia solo una stupida cotta, che sia soltanto un’inutile fissa da ragazzine.
    Noi non possiamo permettercelo.
    Noi.
    Perché non mi sento più una ragazzina in fatto di amore.
    Perché non cerco semplicemente qualcuno con cui condividere qualcosa.
    Perché cerco i suoi occhi fra tutti, ma non li trovo da nessuna parte.
    Perché noi proviamo sentimenti veri, che devono essere strattonati via dalla realtà perché forse irrealizzabili.
    E questa one è il riflesso di uno specchio di due anime uguali, ma con diversi corpi.
    Di due cuori che battono all’unisono.
    Di due menti che non hanno bisogno di parole.
    Di silenzi che riescono a comprendere.
    Non so spiegarmi come esista tutto ciò, ma esiste.
    Lui esiste.
    Quindi il nostro specchio esiste.
    Il mio e il tuo, Simo.
    Ti auguro la felicità, perché è la cosa più bella che tu possa meritare.
    Ti voglio bene.
    Jess.
     
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  12. TittaH
     
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    ed è in questi momenti ch non puoi dire più niente...puoi rileggere 10.000 volte tutto ciò che ha scritto Jess e scoppiare a piangere sempre...continuamente! sei una ragazza stupenda Jess...davvero^^
     
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  13. *HEILIG*
     
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    CITAZIONE (•Jess• @ 27/10/2008, 10:39)
    Ti auguro la felicità, perché è la cosa più bella che tu possa meritare.
    Ti voglio bene.
    Jess.

    Ti voglio un mondo di bene anche io tesoro.
    Mi fai piangere, lo sai....e non vorrei.
    Hai troppo ragione, su tutto.

    E grazie, di aver usato tutte questa parole per me..questa bellissime, verissime, parole.

    E grazie, soprattutto, dal profondo del cuore, per l'augurio.

    Purtroppo tu lo sai che non m'è mai servito tanto come ora.

    Grazie di esserci Je..
    Grazie di essere così...


    <3
     
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  14. ...Flash Gordon...
     
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    Devo assolutamente quotare la cosa che ha detto Eli, sul fatto che loro sanno senza esserselo mai detto...

    Una storia davvero intensa Simo, soprattutto dalla parte di queste due donne (la parte che mi ha maggiormente colpita), sarà che io come lettore so quali sogni fanno i due, ma i loro discorsi mi danno l'impressione che magari loro qualcosa sappiano in fondo. Un sospetto o che io, una coincidenza veramente forte altrimenti, ma come se non volessero vedere... o come se magari mancasse l'ultimo input per riuscire a capire del tutto.
    (non so in che lingua ho parlato ma fa lo stesso).
    e sempre per il fatto che io sono il lettore e che quindi SO, mi sembra che le loro risate siano così finte...

    bellissima *_____*
     
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  15. •Jess•
     
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    <333
     
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24 replies since 21/10/2008, 22:26   1051 views
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