[CONCLUSA] Il patto

- Attenzione scene VM! -

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  1. Redda
     
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    Titolo: Il patto [Terminata]
    Autore: Redda
    Genere: Romantico / Commedia / Triste
    Raiting: PG:13
    Avvisi: OFC - Lime - Angst
    Note: La mia seconda ficcy *_________* che bella cosa. Cosa posso dire...vediamo...be è nata tutta durante i miei momenti di cazzeggio al lavoro XD che ci posso fare se mi ispira! Naturalmente spero vi piaccia anche questa e voglio taaaaaaaanti commenti ^^ Kuss


    Lo space del patto!



    Cap: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 | 11 - 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 | 23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | 32 | 33 | 34 | 35 | 36 | 37




    Creative Commons License
    Il patto by Redda is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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    Vietato copiare!



    1° capitolo



    Essere la figlia di un produttore musicale poteva essere il sogno di molti ragazzi e la cosa più figa sulla faccia della terra, ma essere la figlia di un produttore musicale ed avere una cotta per uno dei suoi “dipendenti” beh… questo era un vero casino! Ed Elisabeth si trovava invischiata proprio in questo genere di casino. Vi chiederete, ma chi accidenti è questa? Elisabeth Jost è la primogenita del produttore musicale della Universal, David Jost, uno dei manager della rock band più popolare del momento in tutta Europa, i Tokio Hotel. Ed era proprio per uno dei componenti che batteva il cuore della moretta; ogni cosa del ragazzo la faceva impazzire: il suo meraviglioso sorriso, che aveva il potere di piegarle le ginocchia, i suoi occhi color nocciola, terribilmente affascinanti e misteriosi quando erano contornati dal nero della matita e incredibilmente dolci quando erano struccati, la sua voce angelica, il suo fisico sottile, ma in grado di emanare una quantità sproporzionata di sex appeal, insomma era proprio andata del tutto per il vocalist, Bill Kaulitz.
    Questa storia aveva preso piede due anni prima, non appena la Universal aveva messo sotto contratto la band. Per Lizie era stato un vero e proprio colpo di fulmine e con il passare dei giorni, dei mesi, degli anni, questo sentimento si era tramutato in una di quelle cotte pazzesche da cui non si riesce a scappare.
    Vi starete chiedendo se il bel moretto ricambia questi sentimenti? Beh diciamo che la situazione è un po’ complicata, in quanto Bill è del tutto all’oscuro di questa cosa. Lizie non ne aveva mai fatto parola con nessuno dato che, se si fosse instaurata una relazione fra loro due, sarebbe stato un vero casino per suo padre, così la mora, sfruttando le sue innate doti di attrice, aveva sempre celato la cosa dietro ad una maschera di apparente normalità, e fino a quel momento le cose erano andate alla perfezione, o quasi…C’era stata una piccola sbavatura nel suo piano ben congeniato, un’unica pecca, che aveva il nome di Tom Kaulitz. Si, perché il rasta era stato l’unico a capire che nascondeva qualcosa sotto e il caso volle, ma più che caso andrebbe chiamata sfiga colossale, che il chitarrista scoprisse il diario segreto della ragazza e dal quel giorno era diventato il suo continuo tormento, questo perché Tom sembrava trovare particolarmente allettante e divertente stuzzicarla 24 ore su 24, lo definiva il suo passatempo preferito. La minacciava costantemente di spifferare ogni cosa al suo gemello, anche i sogni poco pudichi riportati sul diario, e Lizie riteneva che quella fosse una dichiarazione d’amore poco consona. Sarebbe stata lei a dire tutto a Bill, a rivelargli ogni cosa, ma il tempo cominciava a stringere, in quanto l’anno successivo sarebbe andata a vivere in America, da sua madre.
    I suoi genitori erano separati ormai da quattro anni, ma avevano mantenuto un bel rapporto di amicizia. Sua madre era partita in America, portandosi dietro la secondogenita Erika, di dieci anni, mentre lei aveva preferito restare con suo padre e seguirlo nei suoi numerosi viaggi. La vita on the road l’aveva sempre affascinata, ogni giorno una città diversa. Naturalmente questa scelta avrebbe portato delle rinunce a chiunque, ma non era il caso di Lizie; aveva sempre studiato in casa a causa del lavoro di suo padre, dunque non aveva mai avuto dei veri e propri amici, le uniche persone che poteva ritenere tali si trovavano dietro allo schermo di un computer, lontane chilometri da lei. Naturalmente non aveva mai svelato la sua vera identità, dato che il rivelarsi per quello che era, cioè una Jost, avrebbe provocato numerosi casini; tutti le avrebbero chiesto autografi, CD, biglietti per i concerti, così aveva creato un suo alter ego virtuale dietro il quale poteva nascondersi restando, comunque, se stessa.

    ***



    Come ogni mattina, dopo una doccia veloce ed un cambio di abiti, Lizie scese nella grande sala del lussuoso albergo di turno per fare colazione.
    Dopo una rapida occhiata individuò il tavolo dello staff, dove suo padre era impegnato in una discussione con uno degli assistenti.
    - Buongiorno - sbiascicò, sbadigliando in faccia a tutti.
    - Lizie…quante volte ti ho detto di non restare attaccata al computer tutta la notte?! - la rimproverò suo padre.
    - Buongiorno anche a te papà, sì ho dormito meravigliosamente, grazie per il tuo interessamento -
    David scosse il capo e lasciò perdere; sua figlia era troppo suscettibile a quell’ora del mattino e parlare con lei avrebbe significato ricevere come risposta solo battutine sarcastiche.
    Anche i ragazzi si svegliarono tardi. Dato che in mattinata non era previsto alcun incontro ne avevano approfittato per riposare un po’.
    Raggiunsero il tavolo fra uno sbadiglio e l’altro.
    - Buongiorno Lizie - la salutò Bill con un sorriso, occupando il posto di fronte al suo.
    - Giorno Bill - rispose la ragazza, staccando con le dita un pezzo di croissant alla marmellata.
    - Tu non dovresti mangiare quella roba sai?! Poi ti va a finire tutta sui fianchi e così è la volta buona che non ti si piglia nessuno – commentò con sarcasmo Tom, accomodandosi accanto al fratello.
    Lizie si limitò a fissarlo annoiata e a masticargli la brioche in faccia.
    - E dovresti essere una ragazza tu?! - il rasta fece un’espressione schifata - Sembri più uno scaricatore di porto, di quelli con il pancione e la barba -
    - Tom sii più gentile con Lizie - lo rimproverò Bill – Scusalo - disse poi, rivolto alla ragazza.
    - Beh certo, lei mi mastica in faccia e quello gentile devo essere io… - borbottò il chitarrista, afferrando un biscotto e staccandone un pezzo con un morso.
    - Non ti preoccupare Bill - lo rassicurò la mora - Quello che dice quel buzzurro ignorante di tuo fratello mi scivola addosso -
    Georg scoppiò a ridere, ma si beccò un calcio sullo stinco da parte del rasta, che lo fissò in cagnesco.
    Gustav, nel mentre, si godeva la sua colazione in santa pace, non ci teneva a mettersi in mezzo a quelle scenate che, ormai, erano all’ordine del giorno.
    Dopo aver mandato giù l’ultimo pezzo del suo cornetto, Elisabeth si scusò con i ragazzi e si allontanò dalla sala, con l’intento di tornare davanti al suo amatissimo computer. Ma, arrivata alla grande scalinata in marmo bianco, si sentì strattonare per un braccio.
    Di fronte a lei si stagliò la figura slanciata, nascosta dagli abiti oversize, di Tom.
    - Ti serve qualcosa? - gli chiese con aria annoiata.
    - Dammi un'altra volta del buzzurro ignorante e sai quel che faccio -
    Elisabeth strinse le mani a pugno; non sopportava più le sue costanti minacce, ma ancora non si sentiva pronta per fare il “grande passo”, così fu costretta ad abbassare il capo.
    - Ok ok - sbuffò in tono rassegnato. In quel momento, in un universo parallelo e meraviglioso, lei stava giocando a basket con la testa del rasta, dopo avergliela tranciata di netto. Quel pensiero la fece sorridere.
    - Brava piccola Lizie - la colpì leggermente sul capo come, solitamente, si fa con i cani.
    La ragazza scacciò la mano del chitarrista con un gesto secco.
    - Ti ho già detto di non chiamarmi Lizie - quel soprannome glielo aveva dato suo padre quando aveva quattro anni e solo lui poteva chiamarla in quel modo, perché era qualcosa che apparteneva unicamente a loro due, un legame speciale.
    - E perché quando lo fa Bill non gli dici nulla?! - le domandò con una nota di ironia nella voce.
    Elisabeth arrossì appena, ma riuscì a recuperare alla svelta il suo autocontrollo.
    - Perché lui può - rispose lei, con un fastidioso sorrisino soddisfatto stampato sulle labbra.
    Tom si accigliò appena.
    - C’è altro? - gli chiese, picchiettando la punta della scarpa contro lo scalino.
    Il rasta non le rispose, si limitò a girarle le spalle e ad allontanarsi borbottando qualcosa di indecifrabile.
    Elisabeth scrollò appena le spalle e riprese a salire le scale. Arrivata al terzo piano estrasse dalla tasca anteriore dei jeans il pass per aprire la porta della sua camera.
    Passò la carta magnetica in una macchinetta simile a quelle dei supermercati e sentì la serratura scattare.
    Si andò ad accomodare alla scrivania, dove troneggiava il suo nuovissimo computer della Apple, ricevuto per il suo diciassettesimo compleanno.
    Lo accese ed aspettò che si caricasse la schermata. Una scritta bianca le indicò di inserire la password d’accesso. Era dovuta arrivare a tanto dato che suo padre aveva preso il brutto vizio di ficcare il naso nei suoi affari e potete ben capire cosa potesse significare per una ragazza della sua età.
    Dopo aver digitato il codice segreto partì immediatamente la connessione ad internet e successivamente si aprì la pagina di Messenger.
    C’erano poche persone in linea, beh più che logico, metà di loro erano sicuramente a scuola. Anche lei avrebbe dovuto fare i compiti che il suo tutor le aveva assegnato, ma a quell’ora del mattino il suo cervello faticava a mettersi in moto.

    *_Sunshine_ ha appena effettuato l’accesso*

    Elisabeth sorrise. Sunshine, alias Karol, era una delle sue amiche virtuali più care. La contattò immediatamente.

    -CrazyGirl scrive:
    Buongiorno ^^ come mai a casa?

    -_Sunshine_ scrive:
    XD ho bigiato =P si stava così bene sotto alle coperte stamattina.

    -CrazyGirl scrive:
    XD che pazza!

    -_Sunshine_ scrive:
    Com’è andata a finire ieri?

    -CrazyGirl scrive:
    Un buco nell’acqua, come al solito, e stamattina suo fratello è tornato a rompere. Seriamente Karol…non lo sopporto più!! L’avrei già gonfiato di botte a quest’ora, invece mi tocca abbassare la testa ed eseguire gli ordini.

    -_Sunshine_ scrive:
    Allora fa qualcosa te! Non può continuare questa storia.

    -CrazyGirl scrive:
    Lo so, ma non so che fare, cioè lo sai che non posso andare lì e dirgli ti amo, e poi c’è sempre la questione di mio padre.

    -_Sunshine_ scrive:
    Lo so Eli, ma ricordati che fra un anno andrai in America e chissà quando lo rivedrai e poi, da quel che mi hai raccontato, è pure un bel ragazzo, dunque non resterà libero in eterno!

    -CrazyGirl scrive:
    Lo so…

    Elisabeth riconobbe la voce di suo padre appena fuori dalla porta.

    -CrazyGirl scrive:

    Il grande capo sta tornando, ti devo salutare. Ci sentiamo più tardi, un bacio!

    -_Sunshine_ scrive:
    Ok a dopo, kuß!!

    Lizie chiuse immediatamente la conversazione ed aprì una pagina di Google, digitando un argomento a caso e assumendo, poi, un’ aria concentrata, palesemente finta.
    - Già attaccata a quel computer? – le disse con tono di rimprovero suo padre nell’istante stesso in cui la porta venne aperta - Non dovevi fare i compiti? – domandò poi, avvicinandosi alla scrivania.
    - E’ quello che sto facendo! - rispose lei con un tono quasi offeso.
    -Oh…va bene, continua pure - David si chinò appena su sua figlia per baciarle il capo - Ti lascio studiare allora -
    Elisabeth annuì appena, prima di voltarsi nuovamente verso il pc. Sentì suo padre entrare in bagno e un minuto dopo lo scroscio dell’acqua che colpiva il piano della doccia.
    Osservò di sottecchi la porta prima di sbuffare e mettersi seriamente a fare i compiti.
    I padri! Hanno quella particolare capacità di farti sentire in colpa anche dopo averla fatta franca.




    Continua...

    Edited by Redda - 16/7/2010, 12:46
     
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  2. °°°Riti°°°
     
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    ecco...io questa ff la adoro in modo sconsiderato...e ovviamente sai per chi faccio il tifo....u.u
     
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  3. vala_th-fI
     
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    uuu che bella una delle mie ff preferite...non vedo l'ora che arrivi fin dove sono rimasta io...
     
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  4. Redda
     
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    xDDD Rituss non facciamo favoritismi su u___u quello lo fa già la Valluss XD
     
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  5. °zucche°
     
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    CITAZIONE
    ecco...io questa ff la adoro in modo sconsiderato...e ovviamente sai per chi faccio il tifo....u.u

    anche io!!!!
    reddola... ma non avrai mica intenzione di postare di nuovo tutti i capitoli separatamente!!!
    no ti pregoooooooo!!!


    altrimenti vado in astinenzaaaaaaaa!!!!

    CITAZIONE
    xDDD Rituss non facciamo favoritismi su u___u quello lo fa già la Valluss XD

    ehehe... siamo in tre cara reddush!!!!
     
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  6. Redda
     
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    2° capitolo



    Nel bel mezzo di una ricerca di letteratura inglese contemporanea le arrivò un sms.
    Dopo essersi massaggiata appena le palpebre stanche afferrò il cellulare e lesse sul display chi era il mittente: Georg.

    Serve un tuo intervento immediato! Vieni subito nella mia stanza.

    - Che accidenti sarà successo ora?! - sbuffò, infilandosi il telefono nella tasca, insieme alla carta magnetica.
    Salì la rampa di scale che separava il suo piano da quello in cui erano stati sistemati i ragazzi.
    - 401…403…405… - mormorò, osservando i piccoli numeri in ottone applicati alle porte in lucido legno scuro - 407, eccola -
    Bussò due volte e dentro la stanza si sentì un leggero trambusto.
    Le venne ad aprire il bassista che, dopo averla riconosciuta, si fece da parte per farla entrare. Erano tutti lì.
    - Quale è il problema? - chiese, osservando Georg in viso.
    - Il computer - rispose lui, indicando il suo portatile aperto sul letto - Stavamo navigando su internet e all’improvviso lo schermo è diventato completamente nero. Conosci un modo per sistemarlo? - le chiese quasi in tono supplichevole, preoccupatissimo di poter perdere la sua preziosa collezione di film vietati ai minori.
    Elisabeth si andò ad accomodare sul letto, poggiando il pc sopra alle ginocchia. Schiacciò un paio di tasti, ma la situazione non cambiò.
    - Stavate visitando siti porno? - chiese a bruciapelo, osservando i quattro ragazzi in viso.
    Nessuno di loro spiccicò parola.
    - Devo dedurre che sia un sì - disse la ragazza, assumendo una strana espressione che non lasciava niente all’immaginazione - Solitamente questi sono siti a trabocchetto, offrono filmati o fotografie gratis e non appena clicchi sulla pubblicità scatta quella che viene chiamata trappola, sarà sicuramente… -
    - Sembri abbastanza esperta di queste cose, non credevo fossi la tipa da siti porno, anzi…forse sì… - le disse Tom, riferendosi ai sogni nel diario.
    - Dicevo sarà sicuramente un virus - continuò, ignorando deliberatamente le battutine del rasta - Fra una ventina di minuti portamelo in stanza e vedo quello che posso fare -
    - Grazie Eli, sei la mia salvatrice - disse il bassista, con un’espressione più rilassata in viso.
    Dopo averli salutati, Elisabeth tornò nella sua stanza per finire i compiti. Suo padre doveva già essere uscito.
    A venti minuti di orologio spaccati sentì qualcuno bussare alla porta.
    - E’ aperto - urlò, mentre inviava gli elaborati al suo tutor via e-mail.
    - Si può? - chiese il ragazzo, facendo capolino.
    Non era certamente la voce di Georg, ma quella che costellava i suoi sogni ogni notte.
    - Hanno spedito te come fattorino? - chiese a Bill, mentre lo osservava chiudere la porta.
    - E’ stato Tom a suggerirlo, ha detto che tanto non avevo niente da fare -
    Nella mente di Elisabeth comparve l’immagine del rasta che rideva sguainatamene; lo aveva fatto sicuramente apposta.
    -Che bastardo… - mormorò fra i denti.
    - Hai detto qualcosa? - le chiese il vocalist, che nel frattempo aveva raggiunto la scrivania.
    - No no nulla. Su dammi il pc, vediamo se riesco a sistemarlo -
    Bill le allungò il portatile e, involontariamente, le sfiorò le dita. Lizie sembrò prendere fuoco.
    - Tutto bene? Sei rossissima -
    - Tranquillo è tutto ok, ho solo un po’ di caldo - rispose lei, benedicendo l’ingenuità del ragazzo.
    Il moro le si sedette accanto, mentre Elisabeth frugava fra i suoi cd alla ricerca di un buon antivirus.
    Dieci minuti più tardi il computer riprese a vivere. La ragazza attese che si caricasse del tutto per controllare se qualche funzione era stata danneggiata. Sul desktop apparve l’immagine di una donna completamente nuda.
    - Sfondo pittoresco - commentò con ironia.
    Bill si limitò a ridacchiare, forse un po’ imbarazzato.
    Dopo aver controllato che tutto fosse a posto, spense il pc e lo allungò verso il vocalist.
    -Dì a Georg che gli ho installato l’antivirus più potente che sono riuscita a trovare e che sarebbe meglio fare una scansione ogni due o tre ore data la sua abitudine di visitare siti di dubbia moralità-
    - Ok, grazie mille Lizie, sei veramente un angelo - Bill si piegò appena verso di lei per baciarle una guancia, prima di recuperare il pc e metterselo sottobraccio - Verrai anche te all’intervista questo pomeriggio? - le chiese, quando ormai era giunto di fronte alla porta.
    - Forse sì -
    - Beh se è così, a dopo allora - e, dopo averle sorriso, uscì dalla stanza.
    L’espressione di Elisabeth si trasformò da sorridente a glaciale. Afferrò il cellulare e sulla rubrica raggiunse la lettera T.
    Tom, che stava ascoltando l’ultimo cd di Samy Deluxe, sentì il cellulare vibrargli in tasca e, senza nemmeno leggere sul display chi lo stesse cercando, o in quel caso disturbando, rispose.
    - Tu sei un grandissimo coglione - gli disse la ragazza a denti stretti, nel tentativo di reprimere la voglia di correre al piano superiore e strangolare il rasta con le proprie mani.
    - Ma come, non ti è piaciuta la mia piccola sorpresina?! - le chiese, con un sorrisino divertito che andava da un orecchio all’altro.
    - Le tue sorpresine ficcatele su per il… -
    - Questo è per il buzzurro di stamattina, era sottointeso che mi sarei vendicato -
    - Devi essere grato al fatto che l’omicidio non è legale se no a quest’ora saresti già sotto tre metri di terra! - gli urlò all’orecchio la mora, prima di chiudere la chiamata.
    - Quante storie per uno scherzetto… - scrollò con noncuranza le spalle, rimettendosi gli auricolari.


    Quel pomeriggio, sull’auto che stava portando i ragazzi al set fotografico, dove avrebbero dovuto fare anche un’intervista, la tensione si poteva tagliare con la lama di un coltello.
    Elisabeth avrebbe voluto salire sulla macchina insieme a suo padre, ma Bill aveva tanto insistito per farla andare con loro, e come si fa a resistere a quegli occhioni da cucciolo supplicante?!
    Non appena aveva messo piede sulla vettura il suo sguardo era saettato su Tom. In quel momento desiderò ardentemente che il rasta prendesse fuoco o fosse colpito da qualche fulmine.
    Il ragazzo si era limitato a sorriderle divertito, cosa che aveva infastidito notevolmente la mora.
    Elisabeth non spiccicò parola per tutto il viaggio e questo sembrò suscitare la curiosità di Bill che, una volta arrivati e aver fatto andare avanti gli altri, la fermò con una scusa.
    - Lizie che succede? - le chiese, osservandola in viso - Non hai aperto bocca per tutto il tragitto -
    Ma perché doveva essere così terribilmente dolce?! Si morse il labbro inferiore, nel tentativo di far calmare i bollenti spiriti e la voglia di saltargli addosso.
    - Nulla sta tranquillo, ho solo avuto un’altra discussione con tuo fratello -
    - Devo fare quattro chiacchiere con Tom, gli avevo detto di non darti fastidio! -
    - Ma non ti devi preoccupare, veramente - non riuscì a trattenere un sorriso. Il suo essere così protettivo nei suoi confronti la mandava in brodo di giugiole.
    - Sicura?! - le chiese, sorridendo a sua volta.
    - Sicurissima, e poi tuo fratello con le sue idiozie mi fa trascorrere le giornate, che altrimenti sarebbero troppo monotone-
    - Ehi ma vi date una mossa voi due?! - disse loro Gustav, facendo capolino dal portone d’ingresso; sicuramente era stato mandato da David per cercarli.
    - Arriviamo! - rispose allegramente, prendendo Elisabeth sottobraccio.
    In quel momento nemmeno la battutina peggiore di Tom avrebbe fatto effetto perché si sentiva ad un passo dal paradiso.
    Dopo una piccola ramanzina da parte di suo padre, sul fatto di allontanarsi senza avvertire, i due ragazzi si guardarono a vicenda e scoppiarono a ridere.
    Bill raggiunse gli altri, già seduti di fronte al giornalista, che aveva il registratore stretto in mano.
    - La prima donna è arrivata - lo canzonò Tom, sbracato sulla sedia.
    - Mi spiace - si scusò con l’uomo, che fece un cenno con la mano,come a voler dire che non c’era alcun problema.
    - Cominciamo? - chiese ai quattro, i quali annuirono all’unisono.
    - Perfetto... - disse, schiarendosi appena la voce - In questo ultimo anno il vostro successo è aumentato notevolmente, quali sono le vostre sensazioni, cosa vi sentite a riguardo? -
    Il primo a prendere parola fu naturalmente Bill. Lizie lasciò cadere il suo sguardo su Gustav e Georg e non seppe nemmeno lei come riuscì a trattenersi. Il moro stava sfogliando una rivista di macchine sportive, mentre il batterista teneva sulle ginocchia un intero libro dedicato al Sudoku; non si aspettavano nessuna domanda, come al solito.
    - Naturalmente siamo felicissimi, è cambiato tutto nel giro di pochi anni, ancora stentiamo a crederci, e dire che all’inizio gli unici ingaggi che riuscivamo ad ottenere erano ai matrimoni o a qualche festa. Ora riceviamo richieste da qualsiasi parte, è una cosa incredibile ma, anche se è parecchio stancante, è comunque una buona possibilità per farci conoscere maggiormente in tutto il mondo -
    - Ti sono stati attribuiti diversi flirt con modelle, cantanti e quant’altro, ma soprattutto sono circolate un sacco di notizie false sul tuo conto, come reagisci quando trovi o senti queste cose? -
    - Beh… - si grattò appena il capo, come se fosse alla ricerca della risposta migliore - Diciamo che ormai ci ho fatto l’abitudine. Internet è un mondo vastissimo e molti giornalisti si inventano notizie infondate per vendere di più. Purtroppo io non posso smentire ogni volta queste dicerie perché come band abbiamo un sacco di impegni e pochissimo tempo a disposizione, mi affido comunque alle mie fan, nel senso che spero non credano a tutte queste stupidaggini. Una volta sono arrivati a dire che mi ero suicidato nella mia stanza d’albergo, una roba pazzesca -
    - E tu Tom, cosa mi dici dei tuoi flirt? La tua fama di playboy ormai è conosciuta un po’ da tutte le parti -
    - E’ la mia croce - rispose il rasta, sistemandosi la visiera del cappellino.
    Lizie sollevò gli occhi al soffitto.
    - Sono una calamita per le donne, nessuna resiste al mio fascino. Mi basta schioccare un dito e tutte cadono ai miei piedi -
    - Sembri molto sicuro di sé - gli sorrise l’uomo.
    - Lo sono! È nella mia natura -
    - Gli altri come vedono questa tua “natura”? Sono infastiditi dal fatto che tu riesci a fare breccia nei cuori delle ragazze più di loro? -
    - Ci siamo abituati - rispose Bill, osservando divertito suo fratello - E’ sempre stato così, fin da quando eravamo piccoli -
    - So che tra poco comincerete un nuovo tour europeo. Il vostro tour precedente è stato un vero successo, coronato dall’uscita del dvd che ha fatto incassi da record, pensate che riuscirete ad eguagliare il successo avuto con lo Zimmer Tour o credete andrà meglio? -
    - Beh…se riuscissimo ad eguagliare questo successo sarebbe magnifico, sappiamo che molte date sono già sold out e ne abbiamo dovuto aggiungere altre e questo ci rende felicissimi; naturalmente se quest’ultimo andasse meglio la cosa non ci dispiacerebbe, ma è comunque un grande traguardo, è il terzo in due anni, non è poco e per noi ogni data, ogni concerto, è ricco di grandissime emozioni, nessuno è mai uguale -
    - Che rapporto avete con le vostre fan? Vi seguono ovunque, ormai è un totale delirio, come vedete questa cosa? Vi piace o vi infastidisce? -
    - Oh le nostre fan sono meravigliose, veramente non ci crediamo ancora a questa cosa. Stanno anche dei giorni fuori dal palazzetto in cui ci esibiremo, preparano dei cartelloni stupendi anche se potrebbero spendere il loro tempo libero in altre attività; quando saliamo sul palco è come se tutte diventassero una sola ragazza, è una sensazione strana ma al contempo è una cosa bellissima, sentiamo che ci vogliono molto bene e anche noi vogliamo loro un gran bene e le vogliamo ringraziare per tutto quanto, in fin dei conti senza di loro non ci sarebbero i Tokio Hotel -
    - Perfetto… - disse l’uomo, finendo di trascrivere alcuni appunti – Per me va bene così, vi ringrazio per la vostra disponibilità -
    - Grazie a lei - rispose Bill, stringendogli la mano.
    - Ragazzi dieci minuti di pausa e poi comincia il servizio fotografico - li avvisò David, mentre osservava il costoso orologio che portava al polso.
    - Maledizione - borbottò Gustav, mentre si avvicinava al buffet.
    - Che succede Gus? - gli domandò Elisabeth, mentre faceva fuori una tartina.
    - Stavo per finire il riquadro, mi mancavano tre numeri - sbuffò il biondino, contrariato.
    Lizie rischiò di strozzarsi, ma non riuscì a trattenere le risate, tanto che le vennero le lacrime agli occhi.
    - Che c’è di tanto divertente? - chiese Bill, mentre si versava del tè alla pesca in un bicchiere.
    - Nulla nulla, comunque bell’ intervista -
    - Solite domande - rispose con una scrollata di spalle - Ormai ho imparato le risposte a memoria; alle volte è parecchio noioso -
    - E’ la vita della rock star -
    Bill le sorrise, prima di nascondere le labbra dietro al bicchiere.
    - Vedo che tuo fratello non si smentisce mai, deve sempre fare la sua bella figura da porco ad ogni intervista… -
    - E’ Tom… - disse semplicemente, come se quelle parole bastassero come risposta.
    - Bill è ora -
    - Arrivo arrivo - mandò giù l’ultimo sorso di tè, poggiando il bicchiere ormai vuoto sul lungo tavolo.
    - Bill - lo richiamò Lizie, bloccandolo per un braccio - Aspetta, sei sporco qui - gli indicò il punto, pulendogli poi un angolo della bocca con il pollice - Per quanto le tue fan ti avrebbero trovato adorabile, penso che il fotografo sarebbe andato su tutte le furie -
    Le sorrise, come solo lui sapeva fare, prima di scompigliarle appena i capelli.
    - Sei un angelo -
    Elisabeth rimase a fissarlo mentre si allontanava. In qualche parte remota del suo cervello sentì un coro di angeli intonare l’Alleluia, tutto cominciò a diventare rosa e da ogni angolo spuntarono dei cuoricini.
    - Guarda che ti cola la bava -
    Ecco figuriamoci se quel buzzurro non rovinava tutto come suo solito.
    - Se io fossi stata tua madre ti avrei strozzato con il cordone ombelicale, mi chiedo come abbia fatto a non urlare in preda al panico quando ti ha visto - assottigliò appena le palpebre, sputando veleno come un periocoloso serpente.
    - Hai la stessa dolcezza di uno yogurt avariato! Fammi avere l’invito al tuo matrimonio quando qualche pazzo squilibrato ti chiederà in sposa -
    Afferrò una delle tante ciambelle del buffet e la lanciò contro il rasta, mancandolo di poco. Tom, in tutta risposta, le mandò un bacio, gesto che la fece infuriare ancora di più.
    - Che c’è patatina? - le chiese suo padre, accarezzandole la testa.
    - Sto progettando un omicidio - rispose con un gran sorriso, gesto che provocò una strana espressione sul viso del manager.
    - Certo…certo tesoro…Comunque…è…è meglio se ci avviciniamo - le disse lui, spingendola appena verso il set fotografico.
    Le foto di gruppo erano già state scattate, o per lo meno le prime. Tutti i fotografi stranamente prediligevano sempre e solo quelle in cui i gemelli erano venuti alla perfezione, se anche Gustav aveva gli occhi chiusi o Georg aveva una strana espressione poco importava, tutto girava attorno ai gemelli.
    Nel giro di venti secondi il fotografo aveva fatto assumere a Bill circa una quindicina di pose diverse; doveva avere una pazienza infinita, pensò osservandolo, lei avrebbe già dato di matto.
    - Va bene Bill…No no il braccio un po’ più sciolto…no ora è troppo sciolto…La gamba appena più avanti…ora è troppo avanti -
    Chissà se nelle foto si sarebbe notata quella venuzza sulla fronte del vocalist che aveva cominciato pericolosamente a pulsare.
    - Avanti il prossimo - disse l’uomo mentre cambiava macchina fotografica per avere una migliore visuale.
    Bill sembrò ringraziare il cielo e cedette volentieri il posto a suo fratello.
    Il fotografo sembrò squadrarlo dalla testa ai piedi e, forse fu solo un’impressione di Lizie, ma le parve di vederlo leccarsi le labbra. Fu costretta a reprimere un conato di vomito.
    - Sì sì così è perfetto, tu sei nato per fare il modello ragazzo mio -
    Gustav, Georg e Bill si fissarono a vicenda, le loro espressione erano decisamente indecifrabili, ma quella di Tom…oh quella di Tom non lo era. Il sorrisino compiaciuto che gli si era dipinto sulle labbra avrebbe potuto raggiungere entrambe le orecchie.
    - Me lo dicono in tanti - rispose, mentre assumeva la sua ormai celebre posa, la famosa “tenuta del berretto”, così l’avevano soprannominata gli altri tre. In circa ¾ dei servizi fotografici che avevano fatto fino a quel momento, in almeno un paio di scatti c’era la “tenuta del berretto”, diventata il marchio di fabbrica del chitarrista.
    - Dio, ma si può essere più vanitosi di così? - mormorò, osservando il rasta mentre assumeva una nuova posa. Mimò anche il gesto di vomitare, che sicuramente non passò inosservato al biondino.
    Dopo un’altra trentina di scatti a Tom, chiamò Gustav e Georg: due o tre foto a testa e poi tutti a casa.
    - Sta volta sono arrivato a ben tre foto, è il mio record - commentò ironico il batterista, mentre recuperava il suo libro di Sudoku.
    - Certi fotografi non capiscono quanto tu sia adorabile - gli disse Elisabeth, mentre gli pizzicava leggermente una guancia.
    Gustav sorrise divertito prima di raggiungere gli altri.
    - La tua classe non ha eguali -
    Socchiuse gli occhi per pochi secondi, nel tentativo di mantenere la calma; stava cominciando seriamente ad odiare quella voce.
    - Oh accidenti, mi hai beccato mentre tentavo di dare di stomaco…Dev’essere un affronto imperdonabile, ma se vuoi la prossima volta ti faccio il filo come ha fatto il fotografo. Anch’io ti devo dire che sei un modello nato? - gli domandò ironica, senza nemmeno voltarsi a fissarlo.
    - Sei solo gelosa perché a me fanno il filo anche gli uomini mentre a te non si avvicina nemmeno l’ultimo essere della catena evolutiva -
    - Mi sei vicino Tom, dunque hai appena detto una bugia -
    - Senti tu… -
    - Tom basta chiacchiere - lo rimproverò David, già alla porta - Datti una mossa dobbiamo subito tornare in albergo -
    Il rasta sbuffò spazientito, mentre continuava ad osservare in cagnesco la ragazza che gli camminava davanti. Avrebbe trovato il sistema di fargliela pagare, in un modo o nell’altro avrebbe ottenuto la sua vendetta!



    Continua...

    Edited by Redda - 20/8/2009, 22:03
     
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  7. °°°Riti°°°
     
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    ma to yeah!sto diventando cieca ma rileggerò tutto di nuovo!
     
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  8. Redda
     
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    XD li sto postando tutti ora zucchina,tranzo!

    3° capitolo



    Elisabeth si chiese perché avesse accettato l’invito dei ragazzi ad andare con loro in piscina quel pomeriggio, forse per noia o semplicemente per il fatto di vedere Bill in costume, che già di per sé era un’idea moooolto allettante.
    Cominciò a frugare dentro alla valigia, alla ricerca dell’unico costume che solitamente si portava dietro -non si poteva mai sapere-.
    - Ma dove accidenti ti sei ficcato? – mormorò, mentre gettava i suoi vestiti in giro per tutta la stanza.
    Finalmente riuscì a trovare uno dei laccetti del pezzo di sopra e lo tirò verso di sé, ma naturalmente il caso volle che si impigliasse a qualcosa.
    - Ma ti pareva?! Che palle - sbuffò irritata. Nel tentativo di liberarlo finì a gambe all’aria - Almeno ti ho preso - disse con aria trionfante, mentre si sistemava i capelli.
    Entrò in bagno e si cambiò, indossando in seguito uno degli accappatoi blu in dotazione nell’albergo.
    Attese una decina di minuti, ma non si fece vivo nessuno.
    - Dei veri cavalieri – commentò con ironia, mentre si chiudeva la porta dietro alle spalle.
    Raggiunse la piscina del lussuoso albergo; a quell’ora si potevano trovare solo anziane signore che cercavano un po’ di relax oppure le famiglie con bambini a carico. Fortunatamente quel pomeriggio era praticamente deserta, fatta eccezione per quattro casinisti che continuavano a rincorrersi da tutte le parti.
    - Mi avete chiamato per farvi da babysitter? - chiese loro, fermandosi all’ingresso.
    - Lizie - la salutò Bill con un sorriso.
    Elisabeth desiderò ardentemente che in quel momento fosse presente un cardiologo munito di defibrillatore, perché vedere Bill Kaulitz in costume da bagno era una delle maggiori cause di infarti nelle giovani fra i 14 e i 30 anni.
    - Vi state divertendo vedo -
    - Dai entra anche tu! -
    - Arrivo, poggio l’accappatoio e poi preparatevi ad un vero tuffo bomba -
    Si avvicinò alle sdraio per sistemare la sua roba accanto a quella dei ragazzi e, sopra una di quelle, vide Tom che sfogliava distrattamente una rivista.
    - E tu? - gli chiese, fermandosi di fronte a lui - Paura di toccare l’acqua? Sai non è mica vero che ti sciogli se la tocchi, anche se per me sarebbe uno spettacolo imperdibile -
    - Lascia perdere Lizie, non si vuole rovinare l’acconciatura - ridacchiò il batterista.
    - Oh sì, che sbadata, poi non potresti fare più colpo sui fotografi…Quale tragedia -
    - Perché non vai a ficcare la testa sotto all’acqua e rimani così per mezz’ora? - disse velenoso il biondino, mentre voltava pagina - Quello per me sarebbe uno spettacolo imperdibile -
    - Non ti darò questo piacere, stanne pur certo -
    - Che peccato -
    Elisabeth gli fece una linguaccia, mentre si levava l’accappatoio.
    Per quanto potesse detestarla, Tom non poté fare a meno di osservarla di sottecchi. Se non fosse stata tanto stronza, acida, fastidiosa, petulante e rompipalle sarebbe stata persino passabile.
    - Arrivoooo - urlò allegramente.
    Dopo aver preso una piccola rincorsa si tuffò dentro l’acqua, bagnando anche il rasta. I tre ragazzi scoppiarono a ridere vedendolo completamente zuppo.
    Non appena riemerse, Elisabeth si voltò verso di lui con un finto sorrisino dispiaciuto.
    - Oh, Tom scusami tanto…non l’ho fatto apposta -
    Il rasta buttò a terra la rivista ormai grondante d’acqua. Doveva ringraziare qualcuno lassù in cielo perché, se non fosse stata la figlia del loro produttore, l’avrebbe fatta fuori con le sue stesse mani.
    - Dai fratellino, dato che ormai sei fradicio vieni a fare il bagno -
    - Gli stai chiedendo di entrare in acqua Bill? - chiese con sarcasmo la ragazz - Significherebbe lavarsi e tuo fratello non conosce questa strana parola -
    Tom assottigliò le palpebre, furioso. Elisabeth gli fece l’occhiolino e gli mandò un bacio, facendolo infuriare ancora di più.
    - Andiamo Tom, quanto la fai lunga - gli disse Georg, che si divertiva a fare il morto - Buttati e basta -
    - Avvisami se lo fai, vorrei evitare qualsiasi malattia infettiva. Ho intenzione di vivere ancora per molti, molti anni -
    Il rasta buttò cappellino e fascetta sopra una delle sdraio e si tuffò in acqua, travolgendo Gustav che si trovava proprio lì sotto.
    Con uno stile non proprio da medaglia olimpica tentò di raggiungere la mora, mentre suo fratello andava a soccorrere il batterista che sembrava non dare più segni di vita.
    Tom riuscì ad afferrare Elisabeth e le spinse la testa sott’acqua, nel tentativo di affogarla e di liberarsi per sempre di lei, ma la mora, che non aveva apprezzato il gesto, passò al contrattacco e sfilò il costume al ragazzo. Con un calcio in pancia riuscì a liberarsi dalla sua presa e ad allontanarsi.
    Non appena riemerse cominciò a far volteggiare il pezzo di stoffa sopra alla sua testa.
    - Ridammelo immediatamente! - ringhiò il rasta a denti stretti, mentre tentava di coprirsi e, contemporaneamente, di restare a galla.
    Non appena gli altri ragazzi si accorsero della scena -anche Gustav miracolosamente tornato in vita- scoppiarono a ridere e furono costretti ad attaccarsi al bordo della piscina per non finire sott’acqua.
    - Oh non ci penso minimamente! - gli disse Elisabeth, mentre risaliva la scaletta - Se lo vuoi devi venire a prendertelo -
    - Te lo ripeto per l’ultima volta, ridammi il costume o sta volta ti affogo seriamente -
    - Non sei dalla parte di poter fare minacce mio caro Tom, te l’ho detto…se vuoi il costume devi venire a prendertelo, oppure ti vergogni? Non sei tu quello che si vanta tanto della sua poderosa arma?! -
    - Rischieresti di spaventarti se uscissi dall’acqua -
    - Oppure rischierei di riderti in faccia? Cos’è con il freddo ha deciso di non uscire di casa? - Oh come se la stava godendo, aveva aspettato tutto il giorno per poterlo mettere in ridicolo di fronte agli altri.
    - Questa volta te l’ha fatta Tom - ridacchiò Bill, mentre si asciugava le lacrime che gli erano colate sulle guance.
    - Tu…tu…- borbottò il rasta, osservandola furioso.
    Elisabeth cominciò a fare il giro del bordo, mentre continuava a mandare avanti e indietro il costume.
    - Ti sto aspettando Tom - gli disse in tono suadente.
    - Sei consapevole del fatto che ti odio?! - le chiese, mentre cercava di afferrare l’indumento con una mano.
    - Dettagli… - rispose lei, con una scrollatina di spalle - Allora…hai le palle di uscire da quella piscina oppure ti si sono ristrette? - gli sussurrò con un sorrisino divertito.
    - Hai mangiato pane e cattiveria stamattina?! -
    - Questo per farti capire che sono capace anch’io di renderti la vita un inferno -
    - Metterò in conto anche questa -
    Sollevò lo sguardo al soffitto e ricominciò la sua passeggiata. Fu proprio nel momento in cui lei gli diede le spalle che Tom saltò fuori dall’acqua. Stava quasi per raggiungerla quando un urlo riecheggiò per tutto il locale.
    I ragazzi si voltarono. Elisabeth per poco non cadde in piscina trovandosi il chitarrista nudo dietro alle spalle.
    Sulla porta vi era un’anziana signora che osservava scandalizzata la scena.
    - Sicurezzaaaaaaaaaaaaa, sicurezza presto! - cominciò a gridare quella, coprendosi gli occhi.
    - No signora, le posso spiegare - disse Tom in tono allarmato, avvicinandosi alla donna. Gesto decisamente stupido dato che quella cominciò a lanciargli tutto ciò che trovava dentro alla sua borsa. La custodia degli occhiali lo becco dritto dritto sulla fronte, facendolo scivolare poi a terra a causa della scia d’acqua che si era portato dietro.
    Elisabeth era finita a sua volta a terra, ma dalle risate. Si teneva stretta la pancia, così come gli altri ragazzi, che ormai non riuscivano nemmeno a respirare.
    Quella sera Tom si beccò una ramanzina da parte di David; dopo la figuraccia con il direttore dell’albergo, che lo aveva pregato di non ripetere certe scene, soprattutto in presenza di signore di una certa età, il manager gli aveva impedito di uscire, come punizione per i suoi scherzi di dubbio gusto.
    - Ma non è colpa mia! - continuava a ripetere il rasta, nel tentativo di farsi ascoltare dal manager.
    - Tom…non hanno trovato tuo fratello nudo, non hanno trovato Gustav oppure Georg, hanno trovato te con…con tutto di fuori, e quella povera donna si è pure sentita male, dunque non venire a rifilarmi la storia che non è colpa tua, perché i fatti parlano chiaro -
    Il ragazzo sbuffò rassegnato mentre David usciva dalla sua stanza. Lanciò le scarpe contro l’armadio prima di sdraiarsi sul letto.
    Toc toc.
    - Non voglio vedere nessuno - urlò il ragazzo verso la porta.
    Elisabeth fece capolino, osservandolo parecchio imbarazzata.
    - Ecco te sei proprio l’ultima persona che voglio vedere -
    - Mi dispiace, ok? Lo ammetto ho sbagliato e sono venuta a porgerti le mie scuse -
    - Con le tue scuse mi ci pulisco il cu… -
    - Potresti anche evitare di essere tanto cafone per una volta - lo interruppe la ragazza, aggrottando le sopracciglia.
    - Fatto sta che delle tue scuse non me ne faccio un bel niente! Stasera c’era una mega festa e ci sarebbe stato anche Samy Deluxe e per colpa dei tuoi giochini da bambina di due anni mi tocca stare qui a contare le mattonelle -
    Elisabeth strinse forte fra le dita il costume del ragazzo prima di lanciarglielo addosso.
    - Non sarei dovuta venire. Quanto sono stata stupida a pensare che tu fossi così maturo da accettarle -
    - Sei ancora qui? - le domandò acido, mentre accendeva la televisione.
    Uscì dalla stanza sbattendo la porta; aveva fatto bene a fargli quello scherzo, così lui sarebbe stato l’unico a restare in albergo quella sera, ben gli stava…
    Elisabeth si bloccò all’improvviso in mezzo al corridoio, maledicendo la sua coscienza.
    Cercò suo padre e gli raccontò tutto.
    David la osservava decisamente stupito mentre lei continuava a parlare, senza quasi riprendere fiato.
    - E’ andata così… - gli disse, mentre osservava le proprie scarpe. In quel momento non sarebbe stata in grado di guardare suo padre dritto negli occhi.
    Si passò una mano fra i capelli, sconcertato. Possibile che quella fosse la sua piccola e dolce Lizie?!
    - Beh…se le cose stanno così non mi resta altro da fare… Resterai tu in punizione, ma per una settimana; niente computer signorinella, lo userai solo per i compiti e basta, e bada bene che ti controllo, una sola mossa falsa e le settimane diventano due -
    - Ma papà! - in quel momento si pentì amaramente di aver raccontato la verità - A quel troglodita lo tieni chiuso una sera in camera e io mi becco una settimana?! -
    - Hai lasciato che si prendesse lui la colpa e sai bene che non tollero questo comportamento. Ora va a dire a Tom che può uscire insieme agli altri-
    - Non ci penso proprio!-
    - Elisabeth…-
    - Io non ci metto piede in quella stanza - disse, sbattendo un piede a terra - Preferirei ingoiare il veleno per topi piuttosto che rivedere quell’idiota in faccia -
    David si massaggiò piano le palpebre, le figlie adolescenti…Ringraziò il cielo che Erika si trovasse con la sua ex moglie, non sarebbe riuscito a gestirne due insieme.
    - Glielo dirò io. Puoi comunque venire alla festa stasera se ti va -
    - No - gli rispose la ragazza, dandogli le spalle - Me ne torno in camera, non ho nessuna voglia di venire -
    L’uomo sospirò piano mentre sua figlia si allontanava dal bar. Prese in mano il cellulare e compose il numero del chitarrista.
    Tom tentò di darsi un contegno al telefono ma, non appena David chiuse la conversazione, cominciò a saltare sul letto. Si infilò di corsa le scarpe e si precipitò giù per le scale, verso la hall dell’albergo.
    Travolse un paio di persone, tra cui Elisabeth, e questo non migliorò di certo il suo pessimo umore.
    - Grazie mille per l’aiuto eh! - gli urlò dietro, aggrappandosi al corrimano.
    - Non ho tempo di litigare con te adesso, c’è una festa che mi aspetta, eh sì, hai sentito bene, vado comunque alla festa. Non bastano i tuoi giochetti per rovinarmi la serata -
    - Spero ti vada di traverso un’oliva - gli disse mentre sollevava il suo dito medio verso il biondino - Mi spiacerà non vedere la scena, chiederò a qualcuno di filmarla -
    - Come…la principessa non viene? Che c’è, hai fatto arrabbiare il paparino?! -
    Elisabeth evitò di rispondergli, sarebbero caduti i quadri dalle pareti se solo avesse aperto bocca. Decise di ignorarlo e basta e di tornare il prima possibile nella sua stanza.
    - Non si sentirà affatto la tua mancanza - le urlò il rasta, prima di riprendere la sua corsa.
    Bill, Georg e Gustav erano già lì.
    - Eccoti finalmente - gli disse suo fratello, mentre si sistemava il collare con il teschio che era solito portare.
    - Purtroppo ho fatto uno spiacevole incontro sulle scale -
    - La donna che hai quasi fatto quasi morire questo pomeriggio? - gli domandò Georg, mentre se la rideva sotto ai baffi.
    - Aveva dimenticato di tirarti qualcosa? - aggiunse Gustav, dando manforte all’amico.
    Tom, come gentile risposta, sollevò entrambi i medi verso i due ragazzi.
    - Ci siete tutti? – chiede loro David, avvicinandosi al gruppetto.
    - Elisabeth? – Bill scrutò oltre le spalle dell’uomo, quasi si aspettasse di veder comparire la mora da un momento all’altro.
    - Stasera non verrà - rispose il produttore, mentre si sistemava la giacca di pelle scura.
    - E questo ci fa veramente versare tante lacrime - disse con ironia il rasta - Doveva farsi la manicure?! Potevi restare a farle compagnia Bill, vi sareste messi lo smalto a vicenda -
    - No Tom, non è rimasta per farsi la manicure. Ha confessato di essere stata lei a farti quello scherzo e per permettere a te di uscire è rimasta in hotel -
    Il chitarrista aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse all’istante, non sapendo proprio cosa dire.
    - Andiamo sì o no? - chiese Georg, già sulla porta.
    - Si sarà meglio andare ragazzi -
    Tom era rimasto fermo nella stessa posizione, lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe da ginnastica bianche. Che fosse senso di colpo quello che si sentiva nello stomaco?! Naaaa era solo fame!
    - Aspettatemi - urlò agli altri, raggiungendoli di corsa.





    4° capitolo



    Elisabeth si buttò sul suo letto, premendosi il cuscino contro la faccia. Cominciò ad urlare cose incomprensibili, agitando in aria una mano come se stesse rimproverano qualcuno.
    Ma perché doveva essere tanto goffa e stupida?! Aveva sprecato l’occasione perfetta per combinare qualcosa con Bill…Lei che stava scivolando dalle scale, lui che l’aveva afferrata al volo e le aveva sorriso dolcemente, sarebbe bastato avvicinare di pochi centimetri il viso al suo per poterlo baciare e coronare finalmente quel sogno che inseguiva da due anni ed invece…gli aveva mollato una capocciata poderosa sul naso, facendoglielo sanguinare. L’aveva rassicurata dicendole che non era niente, che il sangue avrebbe smesso di colare, ma venti minuti dopo la situazione era rimasta identica e Saki lo aveva dovuto accompagnare al pronto soccorso, seguito a ruota da suo padre.
    Questa sarebbe rimasta impressa nei secoli come la figuraccia peggiore della sua vita.
    Naturalmente erano arrivate le battutine del rasta, che continuava ad imitarla e l’aveva soprannominata Zidane con le tette.
    Non appena sentì la serratura scattare scese immediatamente giù dal letto, correndo incontro a suo padre.
    - Come sta? - gli chiese apprensiva, preoccupatissima di aver fatto fuori il vocalist. Già si immaginava mentre le fan la lapidavano.
    - Meglio, il naso gli si è gonfiato un po’, ma tornerà presto come nuovo. Purtroppo abbiamo dovuto cancellare due interviste previste per questi giorni -
    Elisabeth si portò una mano alla bocca, mortificata - Papà mi dispiace tantissimo -
    - Tesoro ma non devi sentirti in colpa, non l’hai mica fatto apposta -
    Certo che no, in fondo lei voleva semplicemente dargli un bacio, ma diciamo che i suoi piani non erano andati proprio a buon fine.
    - Posso andare a trovarlo? -
    - Certamente -
    Non gli lasciò il tempo di aggiungere altro. Elisabeth si precipitò fuori dalla stanza, salendo i gradini a due a due.
    Arrivata di fronte alla camera di Bill si posò una mano sulla milza dolorante e fece un profondo respiro, con l’ altra si sistemò i capelli che, durante la corsa, erano volati da tutte le parti, e bussò.
    Sentì un avanti attraverso il legno della porta.
    Piano piano fece capolino nella stanza e il suo sguardo si posò sul ragazzo steso sul letto. Aveva una specie di fasciatura sul naso e delle piccole macchioline sotto alle narici facevano intendere che aveva continuato a sanguinare.
    - Posso? - chiese, con la voce di una persona a cui era appena morto il gatto.
    - Lizie! Come stai? - le domandò lui, posando il telecomando accanto alla sua coscia.
    - Questa domanda dovrei fartela io - disse la ragazza, avvicinandosi al letto.
    - Non fa poi così male, diciamo che comunque sono stato meglio -
    - Mi dispiace un sacco - cominciò a torturarsi nervosamente le mani, sentendosi terribilmente in colpa.
    - Ma non l’hai mica fatto apposta…Non l’hai fatto apposta vero? - chiese il ragazzo, ma dalla sua voce si capiva che stava scherzando - Dai siediti - le disse poi, dando alcuni colpetti al materasso.
    Elisabeth annuì appena prima di sdraiarsi accanto a lui.
    - Se ti serve qualsiasi cosa dimmelo subito -
    - Non ti preoccupare, e poi ho la scusa di schiavizzare mio fratello - ridacchiò divertito - Diciamo che mi sto godendo una piccola vacanza di tutto relax -
    - Cosa ti hanno detto al pronto soccorso? -
    - Nulla di che. Il naso si è gonfiato un po’ ma nel giro di tre giorni tornerà come nuovo, devono solo prendere due pastiglie -
    Elisabeth continuava a fissare la fasciatura sul naso del ragazzo, si notava a colpo d’occhio che era leggermente più grosso del solito.
    - Se ti lasciassi danni permanenti mi toccherà cambiare nome e paese, avrei tutta la popolazione femminile europea alle calcagna -
    Bill rise, ma poco dopo fu costretto a smettere per via del dolore.
    Elisabeth rimase in silenzio ad osservare le cuciture dei suoi jeans scuri, i senti di colpa le stavano attanagliando lo stomaco.
    - Ti va di restare a vedere un film? Vengono anche Tom, Gustav e Georg -
    Il detto dice “parli del diavolo e spuntano le corna”. Non appena Bill ebbe finito di nominare il bassista si sentì bussare alla porta, o meglio qualcuno tentò di scardinarla.
    - Beh credo siano loro oppure un’orda di elefanti imbizzarriti - le disse il moro con un sorrisino divertito - E’ aperto -
    Tre teste fecero capolino nella stanza. Gustav teneva in mano tre pacchi di pop corn, Georg aveva portato un paio di birre e Tom aveva avuto l’arduo compito di tenere il cofanetto del dvd.
    - Naso monco siamo qui - disse il ragazzo con un sorrisino - Oh…resta anche Zizou?! -
    - Tom piantala -
    - Lascia perdere Bill… - Elisabeth scosse appena il capo - Ho della roba da finire, grazie comunque dell’invito -
    - Dai Eli resta - le disse Gustav, già seduto ai piedi del letto.
    - Veramente ragazzi ho da fare, magari un’altra volta -
    Tom aprì bocca per replicare, ma la mora gli si parò davanti.
    - Apri quella boccaccia e a te la capocciata arriva sui denti - gli mormorò a denti stretti - Sono capace di farlo -
    Il rasta la osservò dal suo metro e ottanta, ma richiuse le labbra, allontanandosi da lei.
    - Dammi una birra Hobbit, devo essere ubriaco prima di vedere questo schifo di film -
    Elisabeth si congedò con un sorrisino, era stata un’altra piccola vittoria sul ragazzo.
    In realtà non aveva nulla da fare, ma non avrebbe retto cinque minuti nella stessa stanza con quel buzzurro.
    Approfittando dell’assenza di suo padre si collegò su msn, rimanendo su invisibile, non voleva essere disturbata da nessuno. Con lo sguardo individuò il nick di Karol, ci cliccò sopra due volte ed apparve una pagina di conversazione ancora immacolata.

    -CrazyGirl scrive:
    Karo ci sei?

    -_Sunshine_ scrive:
    Per te ci sono sempre tesoro, novità?

    -CrazyGirl scrive:
    Veramente si…

    Elisabeth le raccontò velocemente quello che era accaduto.

    -_Sunshine_ scrive:
    Oddio,oddio,oddio!!! Vi siete baciati allora?

    -CrazyGirl scrive:
    Non esattamente…

    -_Sunshine_ scrive:
    In che senso?

    -CrazyGirl scrive:
    Gli ho dato una capocciata sul naso =____=

    -_Sunshine_ scrive:
    …..Se io ora rido….tu ti arrabbi?!

    -CrazyGirl scrive:
    No fai pure…Sembra tanto una scena da telefilm americano -.-

    -_Sunshine_ scrive:
    XD ma come accidenti hai fatto a dargli una testata?

    -CrazyGirl scrive:
    Mi stavo avvicinando per baciarlo, ma ho tirato su la testa di colpo e l’ho beccato sul naso, poverino…dovevi vederlo…Continua a ripetere che è stato un incidente, che non devo assumermi la colpa…

    -_Sunshine_ scrive:
    Dai Eli in fin dei conti è vero, volevi baciarlo mica spedirlo al pronto soccorso.

    -CrazyGirl scrive:
    Credo che andrò ad infilarmi la testa nel water =_____= ci sentiamo presto Karol

    -_Sunshine_ scrive:
    Non pensarci troppo su tesoro ^__- (una capocciata XD scusa ma non ho resistito)

    -CrazyGirl scrive:

    =P

    Elisabeth chiuse la conversazione e la pagina di msn. Andò a buttarsi sopra al suo letto, osservando la, sicuramente, costosa carta da parati.
    Possibile che non gliene capitasse una buona?! Già in passato aveva avuto buone occasioni per tentare un “approccio” con Bill…Gli aveva versato il suo drink addosso, aveva rischiato di farlo finire fuori dalla macchina, per poco con gli spezzava una gamba ed ora si era aggiunta anche questa.
    Poggiò le mani sul viso.
    - Stupida, stupida, stupida! - continuava a ripetersi, colpendo ogni volta il cuscino con la testa.
    Aveva assolutamente bisogno di qualcuno che l’aiutasse, era fin troppo chiaro che da sola non avrebbe risolto nulla, il tempo stava scorrendo velocemente e non se ne sarebbe andata con il rimorso di non averci provato almeno fino alla fine. Ma chi…chi poteva aiutarla? Non aveva amiche a cui chiedere consiglio, suo padre era escluso a priori, poteva parlarne con Karol sì, ma solo fino ad un certo punto. No, lei aveva bisogno di un vero aiuto, di un aiuto concreto, di una persona “esperta in quel settore”.
    Nella sua mente si figurò un viso.
    Aprì le dita e vi guardò attraverso. Se chiedeva il suo aiuto significava solo una cosa: era veramente disperata e pronta ad ogni sacrificio!




    Rituss li stai rileggendo *_________* che bella cosa

    5° capitolo



    Elisabeth cominciò a torturarsi le mani, ancora indecisa sul da farsi.
    Era una saggia idea chiedere il suo aiuto? L’avrebbe presa per il culo a vita o forse avrebbe fatto di peggio: l’avrebbe messa ai lavori forzati.
    L’intervista sarebbe dovuta finire già da dieci minuti; quella volta non le era stato permesso entrare, avevano paura che mollasse testate a destra e a manca?!
    Sentì un rumore di sedie che grattavano il pavimento, forse avevano terminato.
    La porta venne leggermente aperta e sentì suo padre ridere.
    - Grazie mille a lei - disse all’intervistatore, stringendogli la mano.
    - Ho una fame pazzesca – si lamentò Gustav, massaggiandosi la pancia.
    - Devi avere pazienza, tra poco andremo in ristorante, prima però dobbiamo incontrare il signor Hoffmann -
    Il batterista sbuffò appena, ripetendo sottovoce che lui aveva fame in quel momento.
    Elisabeth fece per avvicinarsi, ma suo padre le passò un braccio intorno alle spalle e se la trascinò dietro.
    - Hai fame tesoro? -
    - Sì, ma papà aspetta, devo fare una cosa -
    - La farai dopo Lizie, ora dobbiamo tornare velocemente in albergo per cambiarci e poi dobbiamo andare in ristorante -
    La mora cercò una scusa per potersi sottrarre a quella presa, ma i suoi tentativi andarono tutti in fumo. Salì in macchina con lui, anche se fosse andata insieme ai ragazzi le cose non sarebbero state diverse, non poteva parlare con lui di fronte agli altri. Doveva trovare una scusa per avvicinarlo senza sembrare troppo sospetta.
    Arrivati in hotel suo padre quasi la spintonò dentro alla camera. Odiava quelle cene, era costretta a mettere abiti eleganti, lei che le gonne le detestava!
    Indossò un abito blu notte in seta, anche se lì in Germania durante quel periodo non faceva caldissimo era un suicidio indossare qualcosa di più pesante, e comunque nel ristorante ci sarebbe sicuramente stato caldo.
    Cercò di allacciarsi le scarpe con il tacco, con una certa fatica. Detestava quei trabiccoli infernali; si chiese come sua madre potesse portarli un’intera mattinata, dopo dieci minuti lei solitamente desiderava non avere più i piedi.
    Dal bagno arrivò la scia dell’acqua di colonia di suo padre. Socchiuse appena gli occhi per inspirare a pieno quel profumo che le era sempre piaciuto. Menta verde e chiodi di garofano. La riportava indietro nel tempo, a quando era bambina e si addormentava fra le braccia di suo padre con il nasino appoggiato al suo collo per sentirlo.
    - Sei bellissima - le disse suo padre, mentre si aggiustava la giacca.
    - E tu invece, chi devi conquistare? - gli domandò, chiudendo uno degli orecchini a cerchio.
    - Non è colpa mia se le donne mi cadono ai piedi - spiegò David, allargando appena le braccia.
    - Modesto come sempre - lo canzonò Elisabeth, aiutandolo a sistemarsi il colletto della camicia scura.
    L’uomo le accarezzò piano i capelli, guardandola dolcemente.
    - Ormai non sei più una bambina Lizie…Sentirò molto la tua mancanza -
    Gli occhi le luccicarono appena, ma non voleva piangere, non di fronte a suo padre. Sapeva che anche lui era molto triste per la sua partenza e voleva mostrarsi forte.
    Si lasciò abbracciare e poggiò la punta del naso contro il suo collo.
    - Non ti vorrai addormentare? - le chiese divertito, baciandole la fronte - La mia lombaggine è peggiorata, non riuscire a tenerti in braccio -
    Elisabeth gli colpì piano un braccio, ma sorrise.
    - Andiamo o faremo tardi -
    La mora annuì e afferrò di corsa una giacchina prima di seguire suo padre fuori dalla stanza.
    Avrebbero incontrato il signor Hoffmann nel bar dell’albergo. Di fatti lo trovarono seduto al bancone, con una coppa di champagne fra le dita.
    - David - lo salutò, sollevando appena il bicchiere.
    - Peter - rispose lui, accomodandosi lì accanto.
    - Elisabeth - con la mano libera afferrò quella della ragazza e la baciò appena – E’ sempre una gioia vederti; ogni giorno che passa diventi sempre più grande e più bella. Ti conviene tener d’occhio quei quattro - disse a David con un sorrisino divertito.
    Lizie sorrise imbarazzata; suo padre avrebbe fatto meglio a tener d’occhio lei…
    Discussero per un paio di minuti prima di voltarsi verso l’ingresso del bar. I ragazzi erano arrivati.
    Si chiese come il vocalist potesse sembrare perfetto qualsiasi cosa indossasse. Lo sarebbe stato anche con una busta della spazzatura.
    Li salutò con un gesto della mano.
    - Lizie sei stupenda - le disse Bill con uno dei suoi soliti, meravigliosi sorrisi.
    - Gra…grazie… - balbettò, arrossendo appena.
    - Dovremo farti da guardie del corpo stanotte – ridacchiò divertito Georg.
    Lizie scosse il capo, ma anche lei sorrise divertita.
    Il suo sguardo si posò sul rasta, che stava esaminando il sedere di una delle cameriere. Si pentì amaramente di aver solo pensato di chiedere il suo aiuto, ma sentiva che era quello che doveva fare. Non provò nemmeno ad avvicinarlo, c’erano troppe orecchie indiscrete, avrebbe trovato il momento giusto, a costo di entrare di soppiatto dentro alla sua stanza quella notte.
    Raggiunsero in breve il ristorante, come ogni altro luogo dove la ragazza aveva messo piede sembrava irradiare lussuosità da ogni parete.
    Vennero accolti dal direttore in persona, che li scortò fino ad un tavolo riservato, lontano da tutti gli altri, con una meravigliosa vista su uno dei numerosi parchi della città, ampiamente illuminato da lampioni dall’aria antichi.
    - Mademoiselle - le disse l’uomo, spostandole appena la sedia.
    - Grazie -
    - Fra pochi minuti manderò un cameriere a prendere le vostre ordinazioni, signori… signorina… - con un leggero inchino si congedò.
    Ognuno afferrò uno dei menù rilegati in pelle scura e con delle piccole scritte dorate.
    Per Elisabeth era il paradiso; l’unica cosa che la convinceva ad andare a quelle cene era proprio il buon cibo, anche se non disdegnava i pasti da fast food.
    - Sembra tutto delizioso - mormorò, ma suo padre sembrò sentirla e le sorrise.
    - Ordina quello che vuoi tesoro -
    - Mmh… - abbassò nuovamente lo sguardo sul menù, mentre il suo dito scorreva sui nomi delle diverse pietanze.
    Dopo un paio di minuti si avvicinò al loro tavolo un cameriere. Teneva fra le mani un blocchetto ed una penna, pronto a trascrivere le diverse ordinazioni.
    - I signori desiderano? -
    David ed il signor Hoffmann ordinarono un’aragosta con salsa al burro e spezie, Gustav del salmone affumicato con contorno, Bill del filetto di vitello, Georg dei gamberi in salsa rosa. Finalmente arrivò poi il turno di Elisabeth.
    - Mmh…vorrei… - gli occhi della mora scorsero nuovamente il lungo menù - Ci sono! Un’insalata deluxe con salsa all’aragosta a parte -
    - La mia piccola ha proprio un palato sopraffino -
    - Non faccio parte di quel manipolo di buzzurri che al ristorante ordinano sempre e solo bistecca -
    - Una bistecca, e si assicuri che sia la più grande che abbia mai visto, non mi costringa ad entrare in cucina per controllare -
    Quando lo sguardo di Elisabeth si posò su Tom le palpebre le calarono appena.
    - Ecco appunto… - mormorò, scuotendo il capo.
    Nel giro di una quarantina di minuti tutti avevano ricevuto le loro ordinazioni. La ragazza dovette dar fondo a tutto il suo autocontrollo per non vomitare alla vista del rasta che mangiava la sua bistecca.
    - Gli animali sono più civili di te -
    - Tu fatti gli affari tuoi - le rispose, mostrando a tutti la carne sminuzzata dentro alla sua bocca.
    - Portati un bavaglino la prossima volta -
    No no, ma che accidenti stava facendo?! Se lo continuava a punzecchiare l’avrebbe mandata al diavolo subito dopo aver sentito la parola favore; dove stare calma a tutti i costi. Nascose le labbra dietro al calice colmo d’acqua.
    Terminata la cena, David ed il signor Hoffmann uscirono in terrazza per fumare una sigaretta, Elisabeth preferì invece restare a tavola per godersi il dolce.
    - Ecco la sua torta signorina- le disse il cameriere, adagiando il piattino di fronte alla ragazza.
    - Grazie - rispose lei, afferrando la forchetta.
    - Sei consapevole del fatto che quella roba ti finirà sul sedere? - Tom le sorrise ironicamente, stravaccato contro lo schienale della sedia.
    Elisabeth chiuse per una frazione di secondo gli occhi, giusto il tempo che le servì per riprendere in mano il proprio autocontrollo; non doveva rispondergli, per nessuna ragione al mondo doveva aprire bocca. Decise di ignorarlo e di gustarsi il suo dolce.
    - Vuoi smetterla di romperle le palle?! - intervenne Georg; ormai tutti sembravano esasperati dalle continue battutine del rasta.
    - Non fa nulla Georg, veramente - rispose la ragazza, concedendo un sorriso al bassista.
    - Ah beh certo, subito a difendere la mocciosa! Quando invece è lei a far battutine su di me tutti in silenzio -
    - Ti comporti come un bambino Tom - gli disse Gustav, che stava ammirando il panorama.
    Il rasta si voltò verso il biondino a bocca aperta, visibilmente sconcertato. Diede uno spintone a suo fratello, nel tentativo di farlo intervenire nella discussione.
    - Tu non dici nulla? Non prendi le mie difese? -
    Bill osservò il suo gemello negli occhi prima di scrollare appena le spalle.
    - Effettivamente esageri spesso, dovresti essere più gentile -
    Il rasta incrociò le braccia al petto, mettendo su il broncio. Elisabeth sollevò lo sguardo verso di lui: la stava fissando in cagnesco; anche star zitta non era servito a nulla. Ci sarebbe voluto un miracolo per far accettare la sua proposta al biondino, ma era disposta a tutto, anche a mettersi in ginocchio!
    Dopo il ristorante e una capatina in un locale per bere un drink, ritornarono tutti in albergo. Elisabeth si diede mentalmente un cazzotto dato che non era riuscita una sola volta ad avvicinare il ragazzo. C’era sempre qualcuno accanto a lui, ed ormai le restava un’ultima carta da giocare: andare nella sua stanza.
    - Tesoro dove vai? - le chiese David, uscito in quel momento dal bagno.
    Rimase con la mano poggiata sulla maniglia della porta mentre la sua mente già lavorava velocemente. Doveva trovare una scusa e doveva essere soprattutto convincente.
    - Ehm…io…io…ho un po’ di mal di pancia. Sto scendendo giù al bar per prendere una camomilla -
    - Ma c’è il servizio in camera -
    - Oh no no…ehm…due passi mi faranno sicuramente bene, sai mi concilieranno il sonno -
    - Va bene tesoro, cerca di tornare subito in camera -
    Le dovevano dare l’oscar per la recitazione! Dopo aver sorriso a suo padre uscì dalla stanza.
    Maledisse i tacchi e la sua abitudine di non prendere l’ascensore, ma che ci poteva fare se la terrorizzavano!
    Raggiunse il piano dove alloggiavano i ragazzi; anche a quell’ora c’era un discreto via vai di gente.
    Dopo aver trovato la stanza bussò due volte, in attesa di una risposta.
    - Chi è? -
    - Sono Elisabeth -
    Ci fu qualche secondo di silenzio poi sentì la porta aprirsi. Un Tom Kaulitz piuttosto sorpreso la osservava da capo a piedi.
    - Che accidenti vuoi? -
    Ecco cominciava proprio alla grande!
    - Ho bisogno di parlare con te… -
    Rimase a fissarla con aria scettica, non si fidava molto di quella ragazza.
    - Posso entrare o devo chiedere asilo politico qui in corridoio? -
    Il rasta scostò maggiormente la porta ed alzò un braccio in alto per farla passare.
    Elisabeth si domandava sempre perché i ragazzi non avessero il senso dell’ordine, in quella stanza sembrava essere scoppiata una bomba atomica.
    - Certo che non ti farebbe male pulire questo porcile… -
    - Sei venuta a farmi la predica su come tengo la mia camera? -
    La mora si morse il labbro.
    - No no…Devo parlare con te -
    Tom la superò e si sedette ai piedi del letto.
    - Ehm… - deglutì a fatica, come poteva cominciare? - Sì ecco… -
    - Possibilmente entro la fine dell’anno, vorrei andare a dormire - le disse acido, osservandola annoiato.
    Pensa Elisabeth pensa…Tom era esattamente alla stregua di una prima donna, il trucco con certe persone era riempirle di complimenti.
    - Tom…ormai la tua fama di playboy non conosce confini, centinaia di ragazze ti muoiono dietro, farebbero follie anche solo per poterti sfiorare con una mano -
    - Non mi chiamano il Sex Gott per niente - disse con un’espressione compiaciuta - Va avanti…-
    - E’ innegabile che tu sia un bel ragazzo ed un bravissimo chitarrista, potresti avere il mondo nelle tue mani… -
    - Frena frena…Stai tentando di rimorchiarmi per venire a letto con me?! -
    - No! - rispose quasi schifata la ragazza - Toglitelo dalla testa -
    - Si può sapere allora che cavolo vuoi? -
    - Ho bisogno del tuo aiuto… -



    Continua...

    Edited by Redda - 20/8/2009, 22:08
     
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  9. °zucche°
     
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    CITAZIONE
    XD li sto postando tutti ora zucchina,tranzo!

    pfieuv!! mi ero già spaventata!!!! XD
     
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  10. Redda
     
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    6° capitolo



    Tom continuava a contorcersi sul letto per le risate; fu costretto a passarsi il dorso della mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime che gli erano colate, fino a bagnargli le guance.
    Elisabeth rimase immobile, rossa per l’imbarazzo e la rabbia.
    - Fammi…fammi capire bene… - tentò di dire il ragazzo, scosso ancora dalle risate - Tu vuoi…tu vuoi che io ti aiuti a conquistare mio fratello? -
    La mora annuì e questo provocò una nuova ondata di risate.
    Scocciata sbatté un piede a terra.
    - Lascia perdere…Ho sbagliato a credere che tu potessi essere anche solo minimamente maturo, a pensare che in te ci fosse un briciolo di umanità. E’ meglio che non ti dica di cosa sei pieno! - gli disse a denti stretti, voltandosi verso la porta.
    - Aspetta aspetta - la fermò, vedendo la sua mano posarsi sulla maniglia.
    - Cosa c’è, non hai riso abbastanza?! - chiese velenosa.
    - Ok ok ti aiuterò ma…tutto ha un prezzo… -
    - Tu non fai mai niente solo per il piacere di far contenti gli altri?! -
    - Con il solo fatto di essere al mondo sai quante ragazze ho reso felici? -
    Elisabeth sollevò gli occhi al soffitto, esasperata.
    -I patti sono questi…Accetti? -
    Lo osservò un po’ scettica, di sicuro doveva esserci sotto qualcosa.
    - Quale è il tuo prezzo? -
    - Lo saprai a tempo debito - le rispose con un sorrisino divertito.
    - Posso almeno sapere che cosa ti ha convinto? - chiese, incrociando le braccia al petto.
    - Mettiamola in questi termini…mio fratello non batte chiodo da una vita e, per quanto tenti di nasconderlo, io l’ho capito benissimo che sente la mancanza di una, chiamiamola, figura femminile accanto a sé. Beh diciamo meglio te di una fan fuori di testa, lo faresti moooolto felice, soprattutto se metti in atto quello che sogni - le disse con un sorrisino malizioso stampato in faccia.
    Elisabeth diventò immediatamente rossa.
    - Cioè meglio io di una pazza squilibrata?! E’ questo che vorresti dire?! -
    - Oh non fraintendermi…anche tu sei una pazza squilibrata, ma a te ti salva il fatto che sei la figlia di David, tuo padre non avrebbe mai il coraggio di cacciare il suo futuro genero e così noi abbiamo le chiappe parate -
    - Sei consapevole del fatto che sei un essere abominevole?! -
    - Con il tempo ci si fa l’abitudine…Comunque ora fuori dai piedi sono stanco, domani mattina si comincia con la prima lezione -
    Elisabeth si voltò nuovamente verso la porta, ma prima di uscire si bloccò per pochi istanti.
    - A che ora devo venire? -
    - Alle quattro -
    - Cosa?? - gli chiese incredula. Doveva essere andato fuori di testa, non erano mica in caserma, le quattro del mattino erano un orario assurdo, non sapeva nemmeno com’erano fatte le quattro del mattino.
    - Preferisci le cinque? Eppure le quattro del pomeriggio non mi sembra un orario tanto assurdo -
    - Ma io avevo capito…Tu hai detto di venire la mattina -
    - Dolcezza la mia mattinata comincia dopo mezzogiorno -
    Aprì bocca per ribattere, ma alla fine decise che era meglio tacere. Fece un breve cenno di saluto al ragazzo e si richiuse la porta alle spalle.
    Incredibile ma vero aveva accettato… aveva convinto quell’idiota ad aiutarla; ok forse doveva cominciare a non chiamarlo più idiota, ma ce l’aveva fatta ed era questo che importava!
    Si sentiva decisamente più sollevata, la felicità era ormai ad un solo passo…

    Alle quattro meno cinque si piantò di fronte alla porta del rasta. Bussò un paio di volte, ma non ricevette risposta.
    Ricontrollò l’orario nel cellulare, le 15:56, non era in ritardo, allora perché quell’idiota non le apriva?! Un’idea le balenò in testa…Si era totalmente dimenticato dell’appuntamento.
    - Tipico di quel… -
    Fu una fortuna che si bloccò poco prima di pronunciare la parola “buzzurro”. Tom aveva aperto la porta proprio in quell’istante.
    - Già qui? - le chiese. Dalla sua faccia si poteva ben intendere che si era appena alzato.
    - Mi hai detto alle quattro! -
    - Entra entra - disse il rasta, fra uno sbadiglio e l’altro.
    La stanza era un campo di battaglia: le lenzuola erano finite tutte a terra, la roba che il ragazzo aveva indossato la sera prima era stata buttata sopra una delle poltrone.
    - Siediti se trovi posto - le disse, mentre entrava in bagno.
    - No no…preferisco rimanere in piedi -
    Elisabeth rimase immobile, proprio come la sera precedente. Sentì l’acqua del lavandino scorrere e Tom fare degli strani versi con la bocca. Pochi secondi dopo lo sentì sputare e ritornare nella stanza.
    - Da quanti anni non ti lavavi i denti? - gli chiese la ragazza, osservandolo mentre indossava una delle sue maglie extra large.
    - Ti ricordo che non sei nella posizione di poter fare battutine -
    Avrebbe dovuto immaginarlo! Figuriamoci se non approfittava della situazione, così oltre a ricattarla per via del diario ora aveva anche un’altra scusa per farla dannare.
    - Ok, allora…in cosa consisterebbe questa prima lezione? -
    Tom si andò a sedere sul letto, la squadrò da capo a piedi. Odiava essere fissata a quel modo.
    - Prima di cominciare devo sapere alcune cose -
    - Se speri di sapere quanto possiedo cominci già con il piede sbagliato -
    - Taci, rispondi solo quando devi farlo -
    La mora si morsicò la lingua per non mandarlo al diavolo.
    - Stavo dicendo ho bisogno di sapere alcune cose…del tipo quanti ragazzi hai avuto, quali esperienze hai fatto? -
    - E…esperienze? - chiese Elisabeth, la mano le salì automaticamente verso la bocca. Cominciò a torturarsi le unghie, gesto che faceva ogni qual volta si sentiva imbarazzata o nervosa,
    - Ecco se vuoi avere qualche speranza con mio fratello ti conviene piantarla. A lui piacciono le ragazze con le mani curate, le tue, al massimo, possono sembrare quelle di un manovale. Allora ti decidi a rispondere, con quanti ragazzi sei stata?-
    Tenne la bocca ermeticamente chiusa.
    - Che esperienze hai avuto? -
    La scena si ripeté, Elisabeth non spiccicò parola.
    - Oddio…Hai mai visto un ragazzo oltre a noi quattro? -
    - E’ da quando avevo un anno che viaggio continuamente con mio padre; non ho degli amici come puoi pensare che abbia avuto il tempo per un ragazzo?! - sbottò di colpo mentre le guance le andarono a fuoco.
    - Fammi capire bene…non sei mai stata con nessun ragazzo, nemmeno per sbaglio? -
    - No, non ho mai avuto un fidanzato, vuoi scrivermelo sulla fronte? -
    - Sei vergine? - le chiese Tom, sembrava parecchio stupito.
    - A meno che non l’abbiamo fatto con l’uomo invisibile, ma non mi risulta, sì sono vergine -
    - Non me lo sarei mai aspettato… -
    - Cosa? -
    - Che tu fossi vergine, cioè dopo la roba pazzesca che ho letto…Sembravi la versione minorenne di una pornostar! -
    - Dovrebbe risultare un complimento questo? - gli chiese, inarcando un sopracciglio.
    - Passi il fatto che sei vergine, mio fratello la troverebbe una cosa talmente meravigliosa che non escludo qualche lacrima di commozione, come sei messa a baci? -
    Spostò lo sguardo verso la finestra, si stava già preparando al peggio.
    - Mi stai prendendo per il culo? -
    La mora scosse appena il capo.
    - Non hai mai baciato nessuno?! -
    - No! Non ho mai baciato nessuno! Mi merito la galera per questo?! Tu in questo mondo ci stai da poco tempo, io ci sono nata, nemmeno puoi immaginare cosa significa non aver mai avuto un vero amico, doverli cercare tutti su internet, ma non poter rivelar loro la tua vera identità -
    Tom si lasciò scivolare una mano sulla faccia.
    - Sei un caso disperato… -
    - Ti ringrazio per le parole di conforto - commentò con sarcasmo la ragazza.
    - Dobbiamo cominciare dalle basi, mi toccherà mostrarti come si fa -
    - Spero tu intenda con un disegno - disse leggermente allarmata.
    - Tu impareresti a fare un bambino guardando un disegno?! - le chiese il rasta, fissandola come se fosse una bimba dell’asilo a cui si devono spiegare le cose passo passo.
    - Non…non intendi dire con la pratica…vero? -
    - Non appena scriverò un libro su queste cose te ne spedirò una copia autografata… Certo che te le devo spiegare con la pratica, vuoi o no conquistare quel bietolone di mio fratello?! -
    - Non si potrebbe fare senza? -
    - Contenta te…se dopo aver baciato mio fratello lui non ti guarderà più in faccia non venire a lamentarti -
    Elisabeth rimase a fissare il ragazzo, ma stava parlando seriamente? Avrebbe dovuto baciare Tom?!! Noooo, non era umanamente pensabile!
    - Hai bisogno di qualche giorno per pensarci?! Il tempo stringe ragazzina, decisioni rapide -
    - Come posso decidere su due piedi se dare il mio primo bacio ad un…a te!-
    - Voi ragazze… - mormorò, scuotendo il capo - Vedete il primo bacio come qualcosa da preservare per il ragazzo giusto, per il principe azzurro -
    - Scusa tanto se non ci buttiamo a pesce sul primo che passa! -
    - Farlo vi solleverebbe da un sacco di problemi inutili. Allora, puoi sempre spezzare il patto e continuare i tuoi patetici tentativi di farti mio fratello, così magari la prossima volta gli cavi un occhio! -
    - Va bene va bene, ci sto -
    - Perfetto - disse il rasta, alzandosi - Su, vieni qui -
    Elisabeth fece pochi passi, fino a trovarsi a qualche centimetro dal ragazzo.
    - Faremo un passo alla volta, queste cose hanno bisogno di tempo -
    - Come di tempo?! - chiese allarmata. Tutto voleva meno che passare tanto tempo a contatto con il rasta.
    - Ci vorrà del tempo se tu non ti applichi -
    - Dio mi sembra di essere a scuola -
    - Se avessero insegnato queste cose io sarei stato il primo della classe! Ora basta chiacchiere…cominceremo con un bacio semplice, il tipico bacio a stampo, sai com’è fatto? -
    - Sì! - rispose stizzita, decisamente punta sull’orgoglio. Ok non aveva mai baciato nessuno, ma questo non significava che fosse completamente deficiente.
    - Bene allora, fammi vedere -
    Rimase immobile, gli occhi puntati sul rasta, i muscoli improvvisamente congelati.
    - Allora? -
    - Non ci riesco…con te, non ci riesco -
    - Sarà più difficile del previsto - mormorò, massaggiandosi le tempie - Non è così complicato, immagina che io sia Bill, cavolo hai anche la fortuna che siamo due gocce d’acqua, ecco guardami sono Bill senza trucco, non badare al piercing -
    - Tu non sei come Bill… -
    - Ok, forse ti manca qualche diottria…Siamo gemelli, due fotocopie sputate -
    - Lui ha qualcosa…ha qualcosa negli occhi… -
    - Non ti attaccare a queste cretinate o da qui non ne usciamo, guarda chiudo gli occhi - il rasta abbassò le palpebre -Va meglio ora? -
    Elisabeth non rispose, si morse appena il labbro inferiore, prima di avvicinarsi all’improvviso al biondino, staccandosi subito dopo.
    Tom sollevò una palpebra; le guance della ragazza stavano andando a fuoco.
    - Che diavolo era? Va bene che ti ho detto un bacio a stampo, ma non era di certo quello del fantasma, a malapena ti ho sentita -
    - Non è colpa mia, non ho mai avuto occasioni per provare a baciare qualcuno e di certo non potevo fare le prove con il cuscino -
    - Va bene, va bene…Faccio io per primo, ok? Non c’è il rischio che tu mi prenda a morsi, vero? -
    - Non controllo le mie reazioni - rispose la ragazza con una scrollata di spalle.
    - Bene, questo mi è di grande aiuto…Chiudi gli occhi -
    - Posso fidarmi? - gli chiese Elisabeth.
    - Parola di lupetto -
    - Non è molto confortante - mormorò, prima di abbassare lentamente le palpebre.
    Le sembrò di passare un’eternità così, ad occhi chiusi di fronte al rasta, che magari si stava facendo una risata alla faccia sua.
    Lo sentì posarle una mano sul fianco per avvicinarla e poco dopo avvertì le labbra del ragazzo premere appena contro le sue, il contatto con il metallo freddo del piercing le fece venire la pelle d’oca. Non appena Tom si staccò non si accorse di aver proteso le labbra in avanti.
    - Direi che per oggi può bastare così, sai non vorrei che ci prendessi l’abitudine -
    Non appena Elisabeth riaprì gli occhi si ritrovò di fronte il sorrisetto divertito del rasta.
    Ritrasse le labbra, simulando un colpo di tosse.
    - Sta pur certo che non accadrà, non appartengo a quel manipolo di pazze squilibrate che ti vengono dietro-
    - Già, tu sei della fazione Bill Kaulitz -
    - Ci puoi mettere la mano sul fuoco. A quando la prossima “lezione”? -
    - Domani sera, verso le undici -
    - Così tardi?! -
    - Perché, hai il coprifuoco ragazzina? -
    - Certo che no - gli disse fra i denti, avviandosi verso la porta.
    - Mi raccomando non fare le prove con il cuscino -
    Elisabeth sollevò il suo dito medio prima di chiudersi la porta alle spalle.
    Tom si ributtò sul letto sfatto, poggiando la testa sopra alle braccia incrociate. Si passò la punta della lingua sulle labbra, sollevando un angolo della bocca.
    - Fragola… -



    7° capitolo



    Se qualcuno le avesse detto che, un giorno, avrebbe chiesto aiuto a Tom per conquistare suo fratello sarebbe scoppiata a ridere; ed invece anche quella sera si ritrovò di fronte alla stanza del rasta. Si sorprese nel vedere che Tom si era comportato come se nulla fosse successo, faceva il gradasso come suo solito e la riempiva di frecciatine, niente di strano. In un primo momento si era trovata in imbarazzo, ma non gli aveva dato il piacere di farglielo notarlo, in fin dei conti se per lui non era un problema perché doveva esserlo per lei?
    Bussò due volte alla porta, attendendo una risposta. Sentì un è aperto dopo pochi secondi.
    Abbassò la maniglia e fece capolino della stanza.
    Tom era comodamente sdraiato sul letto, un joystick stretto fra le mani.
    - Chiudi la porta - le disse senza staccare gli occhi dalla tv.
    Elisabeth obbedì e rimase ad osservarlo per pochi secondi.
    - Che ci fai lì impalata?! - la fissò di sottecchi - Ti serve l’invito scritto per avvicinarti? -
    - No! - rispose lei, facendo pochi passi verso il letto.
    Il biondino mise in pausa il gioco; non si era nemmeno sprecato a spegnere la console, chiaro segno che meno la cosa sarebbe durata meglio era.
    - Ti sei esercitata? - le chiese, divertito.
    - Con chi avrei dovuto farlo? Con mio padre?! -
    - E che ne so io, con il primo che ti capitava sotto mano. Il tizio del servizio in camera ad esempio, l’ho visto che ti fissava le tette -
    Le guance di Elisabeth assunsero una tonalità porpora.
    - Ti preservi per mio fratello vero? -
    - La vuoi piantare di dire idiozie?! -
    - Acida come sempre…Comunque, passiamo alla seconda lezione - le disse scendendo dal letto e cominciando a camminare avanti e indietro - Scordati tutto quello che hai imparato, i baci a stampo al massimo li danno i bambini all’asilo. Dovrai imparare a far desiderare a quella checca di mio fratello un tuo bacio. E’ semplice, se dischiude le labbra è fatta -
    - Tu fai sembrare tutto così semplice – sbuffò la ragazza.
    - Anni di esperienza mia cara -
    Elisabeth assunse un’espressione esasperata. Se fosse stata indetta la gara di chi fosse l’uomo più megalomane sulla faccia della terra Tom avrebbe sicuramente vinto.
    - Ora… - le disse lui, avvicinandosi - ti mostrerò quanto è semplice; posso anche cronometrarti, cinque secondi e sarai tu stessa a desiderare che io ti baci -
    - Guarda che non hai a che fare con una di quelle svampite che di solito ti porti a letto, piuttosto che baciare te sarei disposta a baciare la tavoletta del water -
    - Scommettiamo? - le propose con un sorrisino divertito stampato sulle labbra.
    - Ci sto! - rispose la ragazza, stringendo la mano che il biondino le porgeva.
    - Se vincerò io, ed è lampante che sarà così, domani dirai di fronte a tutti che io sono il ragazzo più figo sulla faccia della terra -
    - Scherzi vero? - gli chiese quasi incredula.
    - Per niente-
    - Se vincerò io, allora, dovrai urlare al mondo intero che sei un pallone gonfiato e che le ragazze vengono a letto con te solo perché gli fai pena -
    - Dovrei spacciarmi per un bugiardo -
    - Beh anche tu mi hai chiesto di dire una bugia -
    Tom fece per aprir bocca, ma la richiuse, era inutile continuare quella discussione.
    - Chiudi gli occhi su, non costringermi a ripetertelo ogni volta -
    Elisabeth lo fissò per pochi secondi prima di obbedire. Sembrava sempre aspettarsi che il rasta le facesse qualcuno dei suoi stupidi scherzi non appena abbassava la guardia, non si fidava affatto di lui.
    Tom sciolse appena i muscoli del collo; dovette fare uno sforzo enorme anche quella volta per non scoppiare a ridere. Che ci poteva fare? Vedere la mora lì impalata gli provocava la ridarella. Si schiarì appena la voce, riprendendo il controllo, in fondo lui era un professionista.
    Le posò una mano sul fianco per avvicinarla. Era già la seconda volta che era costretto a farlo, nemmeno le mangiasse le persone!
    Si passò la punta della lingua sulle labbra prima di poggiarle su quelle della ragazza. Non appena le dischiuse sentì nuovamente quel sapore di fragola.
    Le morsicò piano il labbro inferiore, tirandolo verso di sé. Durante le numerose esperienze passate aveva testato quella tecnica un sacco di volte ed aveva sempre portato a colpo sicuro.
    La mora però era molto caparbia e si sarebbe venduta l’anima al diavolo piuttosto che darla vinta al rasta.
    Tom si staccò appena, notando un sorrisino soddisfatto dipinto sulle labbra della ragazza, segno che probabilmente pensava di aver già vinto, ma se lei era testarda lui lo era ancora di più e di certo non si sarebbe fermato al primo ostacolo; nessuna donna resiste a Tom Kaulitz, e lei non sarebbe stata la prima.
    Tentò un altro approccio. Solitamente non gli occorreva tutto quel tempo per riuscire a baciare una ragazza, erano sempre loro a fare il primo passo o a cedere dopo pochi secondi.
    Le passò la punta della lingua sulle labbra, ridisegnandone i contorni interni. La sentì agitarsi appena, ormai era fatta. Quando cominciò a succhiarle quello inferiore, senza rendersene conto, Elisabeth dischiuse le labbra. Il cervello di Tom reagì d’impulso, senza pensarci due volte tentò di far passare la sua lingua fra i denti della ragazza, ma questo non sembrò piacerle affatto perché gliela chiuse in una specie di morsa.
    - Ma sei scema?! - le urlò in faccia, sentendo il sapore metallico del sangue invadergli la bocca.
    - Volevi passare direttamente all’ultima lezione?! -
    - Guarda che non stavo di certo tentando di baciarti - mentì lui, massaggiandosi il labbro dolorante - Volevo solo controllare se avevi ceduto del tutto -
    Elisabeth lo fissò decisamente sbigottita; quel ragazzo doveva aver subito qualche trauma da piccolo.
    - Fatto sta che comunque ho vinto! Se non fossi tanto verginella ti saresti anche fatta baciare da me - le rinfacciò mentre si levava gli ultimi residui di sangue con la punta della lingua - Dunque sai quello che dovrai fare domani -
    Dovette accettare la sconfitta senza fiatare. In fin dei conti nelle parole del ragazzo c’era un minimo di verità, se il suo cervello non fosse ripartito in quell’istante forse Tom sarebbe riuscito a baciarla. L’idea la fece rabbrividire per il disgusto.
    - Io li mantengo i patti -
    - Avvisami quando sarà il momento perché voglio avere la videocamera con me, voglio portarmi questo ricordo nella tomba - disse lui, con un sorrisino divertito.
    - Oh sta tranquillo che ci finirai presto, ancora meglio se sarò io l’artefice della tua prematura scomparsa-
    - Certo certo - rispose il ragazzo, ributtandosi sul letto e riafferrando fra le mani il joystick - Ora evapora, ho di meglio da fare -
    Elisabeth rimase a fissare la console, mordendosi appena il labbro.
    - A che giochi? - gli chiese, tentando di mantenere un’aria indifferente, ma in realtà moriva dalla voglia di stare ore ed ore con gli occhi incollati alla tv.
    - Tekken 5 - rispose lui, senza nemmeno guardarla.
    Rimase in silenzio per alcuni secondi; se gli chiedeva di giocare le avrebbe tirato sicuramente una delle sue scarpe in testa, ma c’era anche la remota possibilità di un si. Prese coraggio e si buttò.
    - Mi fai giocare? -
    Tom fermò la partita per voltarsi verso la ragazza. Lei non mosse un solo muscolo della faccia, evitò addirittura di sbattere le ciglia, sarebbe sembrato un gesto di debolezza.
    Il rasta sbuffò e le lanciò il secondo joystick.
    - Vediamo quanto sei schiappa -
    - Non credere che ti farò vincere, sono piuttosto brava con questi giochi - gli disse, sedendosi accanto a lui.
    - Vuoi subire una seconda sconfitta stasera?! - le chiese il rasta, sogghignando divertito.
    - Chiudo la bocca e fa lavorare le mani piuttosto -
    Rimasero incollati alla Playstation fino alle tre del mattino. David, preoccupato per non aver trovato sua figlia in camera, l’aveva cercata per tutto l’albergo, buttando addirittura giù dal letto un assonnato Saki.
    Fu costretta a subire una delle ramanzine più lunghe di tutta la sua vita; era normale che ogni volta che veniva sgridata in un modo o nell’altro c’era sempre di mezzo il rasta?! Doveva essere una specie di maledizione, di questo ne era certa!

    Quella mattina Elisabeth pensò di essersi scampata una bella figuraccia, possibile che Tom si fosse dimenticato? Era rimasto tranquillo per tutto il tempo. Una botta di fortuna per una volta?! Ma si sa…queste sono sempre le ultime parole famose…
    Vide suo padre fermarsi davanti allo specchio per la sesta volta. Capiva il perché di quella sua agitazione. Sarebbero andati all’ennesimo pranzo, ma quel giorno c’erano anche gli altri produttori: il signor Benzner, il signor Hoffmann e il signor Roth.
    - Papà non posso mettermi i jeans questa volta? Sto scomodissima in tacchi -
    Uno sguardo di David le bastò per farle cambiare idea. A malincuore dovette indossare delle scomodissima decolté scure. Quando sarebbe finito quel supplizio?
    - Sei pronta? - le chiese, fermandosi per l’ennesima volta di fronte allo specchio.
    - Veramente io ti sto aspettando da quasi un’ora, sei te che stai cambiando camicia e pantaloni ogni tre secondi, sei peggio della mamma -
    - Devo essere perfetto - disse David, mentre si chinava in avanti, verso la propria immagine riflessa, per sistemarsi un ciuffo di capelli.
    - Lo sai che sei bellissimo, non hai bisogno di agghindarti tutto -
    - Tu sei mia figlia, sei obbligata a dirmi queste cose -
    - Se non ti spicci vado a cambiarmi io stavolta, non ho ancora mosso un passo e mi fanno già male i piedi - protestò mentre si levava una scarpa.
    - Fai questo sforzo per il tuo vecchio - le disse lui, baciandole la fronte.
    - Mi devi tipo trenta pranzi da Mc Donald’s! -
    - Ti comprerò l’intera catena se sarà necessario. Ora andiamo o si farà tardi, spero solo che quei quattro siano già pronti -
    Elisabeth fissò suo padre e scosse il capo, mentre si ri infilava la scarpa.
    Dopo venti minuti, causa Bill che non trovata il suo collare con il teschio, riuscirono a salire sulle auto e a raggiungere il ristorante.
    Patrick, Dave e Peter erano già comodamente seduti a tavola.
    - Credevamo non veniste più - disse loro Dave con un sorriso.
    - Abbiamo avuto qualche piccolo contrattempo - si scusò David, mentre si accomodava accanto al signor Benzner.
    Dopo i vari saluti, sia i ragazzi che Elisabeth presero posto. Il pranzo trascorse tranquillamente.
    David e gli altri produttori discussero di affari e della nuova tournee, proposero addirittura di aggiungere altre date, molte erano già sold out. Questa notizia rallegrò l’intera tavolata.
    Mentre Elisabeth stava per gustarsi il suo dessert, sentì qualcuno darle un calcio ad una gamba. Credendo che nessuno lo avesse fatto apposta riaffondò la sua forchetta nella crostata alla frutta ma, quando stava per mettere il primo pezzo in bocca, sentì nuovamente qualcuno colpirla. Guardò tutti in faccia, fino ad incrociare lo sguardo del rasta.
    - Scherzi vero? - gli mormorò allibita. Non poteva farlo, non in quel momento.
    Tom annuì un paio di volte e poggiò la schiena contro la sedia, come a volersi mettere comodo per godersi lo spettacolo.
    Deglutì a fatica, ma non poteva tirarsi indietro, era stata lei stessa a dire che manteneva sempre i patti. Perché diavolo non teneva la bocca chiusa?!
    Colpì piano il bicchiere, ormai vuoto, per attirare l’attenzione degli altri. L’intera tavolata si voltò verso di lei, mentre Tom sogghignava divertito.
    - Cosa c’è tesoro? - le chiese suo padre, non capendo il motivo di quel richiamo.
    La mora si alzò in piedi, le guance rosse per la vergogna.
    - T…T… - cominciò, ma le parole faticavano ad uscire. Si schiarì appena la voce – Tomèilragazzopiùfigosullafacciadellaterra - disse tutto d'un fiato prima di risedersi al suo posto.
    Il quel momento desiderò che si aprisse una voragine sotto alla sua sedia e la inghiottisse.
    Dopo alcuni secondi di silenzio i ragazzi scoppiarono a ridere, anche i produttori sorrisero divertiti. David scosse il capo, poggiandosi una mano sugli occhi.
    - Hai le palle ragazzina - le mormorò il rasta, gli angoli della bocca quasi gli sfioravano le orecchie.
    - Se verrò ripudiata da mio padre giuro che ti farò finire su una strada a fare l’elemosina – lo minacciò a denti stretti mentre tentava di scivolare sotto al tavolo per sparire alla vista degli altri.


    Continua...

    Edited by Redda - 20/8/2009, 22:12
     
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    8° capitolo



    Settembre era volato via in un soffio ed ottobre aveva rapidamente presto il suo posto.
    La città cominciava a colorarsi d’autunno; in ogni angolo si potevano vedere foglie rosse, gialle e marroncine volare in aria trasportate dal vento.
    Elisabeth osservava questo scenario dalla finestra della sua camera d’hotel. Presto avrebbero dovuto smontare tende e baracchini e partire per Essen, dove i ragazzi avrebbero partecipato ad una specie di Rock Festival insieme ad altri gruppi, famosi o meno.
    Le sue “lezioni” erano state momentaneamente sospese dopo il piccolo incidente del morso. Il rasta si era rifiutato categoricamente di continuare in quel momento, lamentava ancora dei dolori e doveva riprendersi da quel tentativo di cannibalismo.
    Ma non era rimasta con le mani in mano, aveva affittato una quantità sproporzionata di film, quelli americani dove di solito per i ¾ del tempo i protagonisti sembrano incollati con il Bostik. Li aveva visionati tutti, arrivando addirittura a prendere appunti.
    Sapeva che alla prossima lezione il rasta sarebbe rimasto stupito e lei non vedeva l’ora di prendersi la sua rivincita per la figuraccia che gli aveva fatto fare al ristorante.

    Il mattino seguente suo padre la buttò giù dal letto alle sette, come punizione per non aver fatto la valigia la sera precedente, dopo averglielo ripetuto per circa un migliaio di volte.
    - Papà ancora cinque minuti… - mormorò, premendosi il cuscino sopra alla testa.
    David la scoprì di colpo, facendola rabbrividire per il freddo.
    - Ti odio lo sai?! - gli disse, mentre tentava di mettersi in piedi e di levarsi i capelli dalla faccia.
    Trovare tutta la sua roba fu parecchio difficile, era decisamente incredibile come in meno di tre settimane avesse disperso metà dei suoi effetti personali in giro per la suite.
    Recuperò una delle All Star in cima all’ armadio a specchio, una sua maglietta era finita sotto al letto e i suoi cd musicali erano sparpagliati addirittura fuori in balcone.
    - Sono pronta - urlò verso suo padre, che continuava a dirle di spicciarsi o l’aereo sarebbe partito senza di lei. Non aveva usato il loro perché sarebbe stato capace di lasciarla lì.
    Si legò i capelli in una coda alta e nascose le profonde occhiaie, che le solcavano la pelle, sotto ad un paio di occhiali scuri.
    A quanto pare non era l’unica a non aver apprezzato il fatto di mettere i piedi fuori dal letto a quell’ora. Sopra ai nasi dei quattro ragazzi spiccavano degli occhiali da sole, e se non fosse stato sufficiente quello a far capire che avevano gli occhi ancora semi chiusi dal sonno bastarono gli sbadigli ad intervalli di tre secondi a chiarire la cosa.
    Una limousine venne a prenderli all’uscita dell’hotel; incredibile ma vero, anche a quell’ora c’era un manipolo di fan che li aspettava, urlanti e con le lacrime agli occhi e, dalla faccia del portiere, ormai al culmine dell’esasperazione, sembravano aver messo le tende lì fuori da parecchi giorni.
    Firmarono alcuni autografi alla svelta prima di crollare sui morbidi sedili e strappare altri cinque minuti di sonno.
    Sull’aereo fu praticamente impossibile dormire, Tom continuava a protestare, dicendo che avrebbe preferito farsela a piedi piuttosto che salire su quel trabiccolo, lui e la sua dannatissima paura di volare. Lo maledisse parecchie volte e pensò di arrivare a strozzarlo pur di fargli chiudere la bocca.
    Furono scortati fino al Sheraton Hotel, dove il direttore stesso venne ad accoglierli.
    - E’ un vero piacere ospitarvi qui nel nostro albergo - disse, mentre stringeva la mano a David - Per qualsiasi cosa non esitate a chiedere -
    - C’è un cesso da queste parti? Se non mi svuoto all’istante rischio di farmela sotto -
    Bill, Gustav e Georg guardarono da un’altra parte, come a voler far finta di non conoscere affatto il rasta. Elisabeth scosse il capo incredula.
    - Ehm…sì…Vi darò subito le chiavi delle vostre stanze - rispose imbarazzato l’uomo, mentre si dirigeva verso il bancone.
    Tom ricevette uno scappellotto dietro alla nuca dal manager, che gli ricordò che non erano ad una fiera di paese.
    - Ma che ci posso fare se me la sto facendo nelle braghe?! -
    - Mettiti un pannolino - gli disse la mora, accompagnando le sue parole con uno sbadiglio.
    - E tu mettiti un cerotto su quella boccaccia - rispose il rasta, guardandola in malo modo.
    Il ragazzo si beccò una linguaccia in piena regola.
    Pochi secondi dopo il direttore tornò con le chiavi delle loro stanze. Quella volta erano stati sistemati tutti sullo stesso piano.
    - Lizie sicura di non voler venire con noi? - le chiese Bill, mentre entrava nell’ascensore insieme agli altri tre - Sono cinque piani, arriverai per miracolo-
    - No no - rispose la mora, scuotendo il capo - Preferisco di gran lunga farmela a piedi, sono strumenti del demonio quelli -
    - Lasciala stare - si intromise Tom, mentre si sistemava la visiera del cappellino - Almeno butta giù qualche chilo -
    Nonostante le porte si fossero appena chiuse il vaffanculo della ragazza lo raggiunse lo stesso.
    Elisabeth, dopo aver salutato suo padre, che aveva un appuntamento con gli organizzatori del festival, salì le scale per raggiungere il piano dove avrebbero alloggiato.
    Non appena mise piede sull’ultimo scalino si appoggiò contro al muro, asciugandosi la fronte con il dorso della mano; ma perché diavolo non mettevano delle dannate scale mobili?! Le avrebbero evitato di perdere i polmoni un sacco di volte.
    Raggiunta la sua stanza trascinò dentro le valige, che le erano state portate su dai ragazzi, e le buttò sul letto.
    Si spogliò e cercò fra i suoi vestiti qualcosa di più comodo. Recuperò un paio di vecchi bermuda e indossò una maglia scura, un po’ troppo larga per lei, con la scritta KORN stampata sul petto.
    Mise su un loro cd e finse di essere Jonathan Davis, il cantante del gruppo. Cominciò a saltellare da una parte all’altra, usando una spazzola come microfono.
    Si fermò solo quando sentì il cellulare vibrare dentro alla tasca anteriore.
    Un messaggio.
    Lo aprì senza leggere il mittente.

    Per quanto possa essere eccitante l’idea che tu stia dando un rave per alcolisti lì dentro, io sto bussando da venti minuti e sembro un deficiente, dunque vedi di venire ad aprirmi.

    Con uno sbuffo abbassò il voluto dello stereo e si avvicinò alla porta. Una volta aperta si ritrovò di fronte il rasta, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo furente.
    - Ti serve qualcosa? - gli chiese, squadrandolo dalla testa ai piedi.
    - Sì, un analista per riprendermi dallo schifo che ho appena sentito - le rispose il biondino, spalancando la porta con la mano.
    Senza attendere risposta da parte della ragazza entrò nella sua stanza, guardandosi attorno.
    - Mi dici che ci fai qui?! -
    - Ma non ti si bucano le orecchie sentendo questi psicopatici?! -
    - Non mi faccio criticare i gusti musicali da uno che ascolta un idiota che ha scritto una canzone su un cappello! -
    - Samy Deluxe è un genio! - affermò il ragazzo, corrugando la fronte.
    - E’ un deficiente che scrive canzoni per altri deficienti -
    - Mi stai dando del deficiente?!- le disse Tom, inarcando un sopracciglio.
    - La tua è una domanda retorica - rispose la mora, con un sorrisino - Ora, gentilmente, mi diresti perché sei venuto qui a rompere le palle? -
    - Terza lezione, no? -
    - Ma non hai detto che avevi bisogno di molto tempo per riprenderti?! - gli domandò Elisabeth, inarcando un sopracciglio.
    - Infatti! Questa è una lezione sul look -
    - Il mio look non ha nulla che non va - le guance le si tinsero di rosse per la rabbia.
    - Questo è quello che pensi tu, io dico che una suora si veste meglio di te -
    Tom fece appena in tempo ad abbassarsi, evitando così la spazzola lanciatagli dalla mora.
    - Ora… - disse lui, sistemandosi il cappellino - fammi vedere quei due stracci che ti porti dietro -
    Seppur contrariata, Elisabeth lo condusse vero la camera da letto dove la sua valigia giaceva, ancora aperta, sopra al materasso.
    Tom cominciò a frugare fra i suoi vestiti.
    - Ehi! - protestò la mora, vedendolo rigirarsi uno dei sui reggiseni fra le mani - Mettilo subito giù! -
    - Hai una seconda - commentò, osservandola di sottecchi - Non si direbbe -
    Il rasta continuò la sua ricerca, scuotendo ogni tanto il capo.
    - Cos’hai da fare no no con la testa?! -
    - Mio fratello sembra addirittura più femminile di te…Ma non hai una minigonna? Una canottiera scollata? -
    - Non vedo perché dovrei vestirmi come una spogliarellista - disse furiosa.
    - Qui bisogna fare qualcosa - mormorò il rasta. Estrasse il suo cellulare dalla tasca dei jeans, compose velocemente un numero e lo avvicinò all’orecchio - Saki…Sì sono Tom, avrei bisogno di un favore…Mi servono un paio di collant autoreggenti…sì hai capito bene, autoreggenti…No non sto impazzendo, prendili… - disse il ragazzo, prima di voltarsi verso Elisabeth e squadrarle le gambe - Neri, magari snellisce un po’. Li voglio il prima possibile nella stanza di David -
    - Per quanto alcuni maniaci potrebbero trovare eccitante la tua visione in collant, io non sono fra questi -
    - Infatti non sono per me - le disse prima di tornare nel piccolo salotto e accomodarsi su una delle poltrone - ma per te
    - Tu scherzi… -
    - Niente affatto! - rispose lui con un sorrisino.
    Dieci minuti più tardi sentirono qualcuno bussare alla porta. Era Saki, che teneva fra le mani una bustina blu scuro.
    - Grazie mille - gli disse il rasta, afferrandola.
    - Spero vivamente che non siano per te - disse la guardia del corpo, che lo osservava da dietro le lenti dei suoi occhiali da vista.
    - Io le autoreggenti le levo, non le indosso - rispose lui, chiudendo la porta – Mettile - le ordinò, prima di riaccomodarsi sulla poltrona.
    La ragazza scoppiò a ridere.
    - Sei veramente uno spasso -
    - Il mio non era un tentativo di farti ridere, vai in bagno e mettile. Corri su che tra un po’ ho il soundcheck -
    Elisabeth osservò il biondino a bocca aperta e lui le indicò la porta del bagno con un cenno della mano.
    - Pure come una prostituta mi devo vestire - borbottò la mora che, prima di entrare in bagno, recuperò un paio di short dalla valigia.
    Cinque minuti dopo fece capolino, ma rimase nascosta dietro alla parete.
    - Ti devo venire a prendere con la forza? -
    - Ma seriamente le donne usano questi cosi? - gli chiese lei, le guance le andarono a fuoco per l’imbarazzo.
    - Seriamente una suora è meno illibata di te, deciditi a farti vedere o vengo io -
    La ragazza scosse forte il capo e deglutì prima di uscire allo scoperto.
    Lo sguardo di Tom cadde immediatamente sulle sue gambe, che ora apparivano decisamente più slanciate. Il pizzo dei collant, leggermente trasparenti, sfiorava i bordi degli shorts in jeans.
    Il chitarrista sorrise soddisfatto.
    - Se ti tagliassi il busto saresti addirittura guardabile-
    Le palpebre di Elisabeth calarono appena.
    Tom prese nuovamente il cellulare.
    - Saki sono di nuovo io, mi serve un altro favore…Qui vicino ho visto un negozio di abbigliamento, mi serve una canottiera da donna, la più scollata che trovi e una minigonna….mmh…direi una 46 -
    - Guarda che ho una 42! - protestò la mora.
    - Una 42…Il prima possibile -
    - Per quale motivo mi stai facendo il guardaroba nuovo? -
    - Perché stasera indosserai quello -
    - Ma sei fuori?! Fa un freddo fottuto, mettitela te la minigonna!-
    - Dentro il palazzotto farà caldo – le disse il rasta, sbadigliando palesemente annoiato - E poi piantala di fare tante storie, un sacco di ragazze girando in minigonna anche con il freddo -
    - Quello perché hanno seri problemi di mente - rispose lei con uno sbuffo.
    Tom non le rispose, si limitò a fissare fuori dalla finestra.
    Dopo circa venti minuti Saki si ripresentò alla porta.
    - La commessa mi ha guardato male… - borbottò l’uomo, accigliato - Ha detto che quel colore non mi donava. Mi spieghi che cosa stai combinando? - chiese al rasta, che si era già impadronito della busta.
    - Nulla nulla - rispose quello, chiudendo la porta.
    - Tra un’ora abbiamo il soundcheck, ricordatelo! - gli urlò la guardia del corpo.
    Tom tirò fuori la minigonna, decisamente troppo corta, e la canottiera, decisamente troppo scollata.
    Le porse ad Elisabeth, ma lei scosse vigorosamente il capo.
    - Devo metterteli io?! - la minacciò.
    La mora scosse nuovamente il capo.
    - Allora fila in bagno e mettiteli, possibilmente entro il millennio dato che ho un impegno più urgente -
    La ragazza afferrò con violenza i vestiti e, con un passo da elefante imbizzarrito, entrò nuovamente in bagno.
    Dopo averli indossati restò a fissarsi allo specchio, parecchio sconcertata.
    - Sei morta? - le urlò il rasta.
    - Tu sei pazzo se pensi che mi metterò questa roba -
    Si sentì la poltrona grattare appena il pavimento ed avvertì i passi del ragazzo che si avvicinava.
    - Fai giudicare me - le disse il biondino, fermo dietro alla porta.
    Elisabeth fece scattare la serratura e vide la maniglia abbassarsi.
    Tom rimase a fissarla per un paio di secondi, straordinariamente non trovò niente di offensivo da dirle.
    - Piantala di fare quella faccia da baccalà - gli disse la mora, schioccando le dita davanti ai suoi occhi.
    - A me piacciono -
    - Guarda ci avrei giurato, tutte quelle che ti porti a letto si conciano così -
    - Pensa che farai felice mio fratello, di certo di noterà vestita così -
    Elisabeth si voltò nuovamente verso lo specchio; guardando il suo riflesso notò che Tom la stava fissando.
    - Mi stai guardando il sedere?! -
    - Chi, io…cosa?-
    - Esci da qui brutto maniaco! - gli urlò contro, spingendolo fuori dal bagno.
    - Guarda che stavo controllando se c’erano delle macchie. Preferirei cavarmi gli occhi piuttosto che guardare te - rispose il rasta, cercando di arrampicarsi sugli specchi.
    - Sto chiamando la sicurezza se non esci immediatamente! -
    Tom corse fuori dalla stanza, dimenticandosi addirittura di chiudere la porta.


    Il festival si teneva in uno dei palazzetti dello sport più noti lì ad Essen. In quello stesso posto i ragazzi avevano tenuto il concerto finale del loro Zimmer Tour.
    Il pubblico era ormai carico; avevano già suonato quattro gruppi e tra poco sarebbe toccato a loro.
    - Andrà bene - li incoraggiò Bill, con il suo solito sorriso radioso dipinto sulle labbra.
    In quel momento arrivò David.
    - Siete pronti ragazzi? - chiese loro il manager, restando sulla porta.
    - Faremo tremare gli spalti - asserì Gustav, con una cuffia dell’iPod piantata nell’orecchio.
    - Io vado a controllare le ultime cose - disse l’uomo, poco prima di dare loro le spalle - Oh tesoro sei qui, puoi andare un secondo da Saki e dirgli che devo parlare con lui? -
    - Certo papà - rispose Elisabeth - Ci vediamo lì ragazzi - aggiunse poi senza farsi vedere.
    Dieci minuti più tardi la guardia del corpo andò ad avvertirli che era arrivato il loro turno.
    La band raggiunse le quinte e trovarono Elisabeth seduta sopra una delle casse, dove solitamente tenevano le chitarre e i bassi.
    - Siete qui – li salutò con un sorriso, alzandosi poi in piedi.
    Bill, Georg e Gustav si guardarono l’un l’altro prima di riposare lo sguardo sulla mora.
    La minigonna di jeans lasciava intravedere ad ogni passo il pizzo delle autoreggenti. La canottiera dorata sembrava fasciarla come una seconda pelle, mettendo in mostra il suo decolletè.
    - Che avete? - chiese ai tre, vedendo le loro facce.
    - Porca miseria… - mormorò il bassista, lasciando cadere lo sguardo nella scollatura della ragazza.
    - Cavolo Lizie sei…accidenti sei bellissima - le disse Bill, avvicinandosi.
    - Ho messo su la prima cosa che ho trovato – rispose vaga, arricciandosi una ciocca di capelli attorno al dito.
    Notò lo sguardo di Tom e, non appena Bill si voltò per sistemare l’in-ear-monitoring, gli fece una linguaccia.
    - Tokio Hotel sul palco - annunciò un uomo con una cartellina fra le mani, che per poco non finì addosso ad una delle casse per guardare Elisabeth.
    - In bocca al lupo - disse loro la mora , mentre li accompagnava, fermandosi all’estremità delle quinte.
    Quando il gruppo mise piede sul palco sembrò che dentro al palazzotto fosse scoppiata una bomba atomica. Centinaia di ragazzi e ragazze, soprattutto queste ultime, urlarono come se fossero una sola persona.
    - Buonasera Essen - disse Bill al microfono, sovrastando l’urlo della folla - Siamo contenti di essere nuovamente qui con voi! -
    Non appena il ragazzo finì di pronunciare quelle parole, Tom attaccò con Ich brech aus. Il pubblico rispose gridando più forte. Si creò subito un coro di sottofondo.
    Anche Elisabeth mormorò le parole del testo sottovoce. I suoi occhi azzurri seguivano i movimenti del suo angelo sul palco. Lo vide incitare il pubblico a cantare il ritornello al suo posto. Urlò loro di alzare le braccia al cielo.
    Per un istante si voltò dalla sua parte e posò lo sguardo su di lei. Sentì come una scossa percorrerle tutta la spina dorsale. Le sue labbra si distesero in un sorriso; solo lui sapeva farla sentire così, solo i suoi occhi, il suo sguardo le faceva venire la pelle d’oca su tutto il corpo.
    Quando Gustav colpì per l’ultima volta i piatti della batteria il volume delle urla si alzò nuovamente.
    - Grazie - urlò il moro, piegandosi in avanti verso il pubblico - Voglio vedere le vostre mani sfiorare il cielo -
    Tutte le ragazze e i ragazzi presenti sollevarono contemporaneamente le braccia verso l’alto.
    - Questa è Wo sind eure Hände! -
    Elisabeth cominciò a battere la punta della scarpa, seguendo il ritmo della batteria, le sembrava quasi di essere in mezzo al pubblico. Quanto avrebbe voluto urlare fino a farsi andare via la voce, sollevare cartelloni fatti magari la notte precedente, e invece non poteva; le mancava la vita normale, anzi voleva sapere cosa significasse vivere una vita normale dato che a lei quel privilegio era stato negato. Naturalmente tutte le ragazze presenti l’avrebbero presa per pazza, si lamentava quando poteva avere i ragazzi accanto a sé 24 ore su 24, ma quella vita da “reclusa” cominciava a stancarla; avrebbe dato anche un braccio pur di uscire con delle amiche, magari a prendere un gelato o per andare al centro commerciale.
    I suoi pensieri vennero interrotti dalle urla che si erano sollevate di parecchi decibel, i ragazzi stavano cantando il ritornello e sembrava che tutte quelle lì sotto impazzissero quando Tom si avvicinava al microfono.
    - Esagerate… - mormorò la mora, osservando il sorriso gongolante del rasta attraverso il monitor gigante.
    Il biondino, come sentendosi osservato, si voltò verso di lei. Le mando un bacio e in tutta risposta ricevette un dito medio. Il suo sorrisino divertito si allargò maggiormente e questo fece gridare ancora più forte le ragazze.
    Terminata Der letze Tag, l’ultima canzone per quella sera, i ragazzi si avvicinarono al bordo del palco e si chinarono verso il pubblico, ringraziandoli.
    Non appena tornarono nel backstage, Elisabeth offrì loro degli asciugamani, a Tom lo lanciò direttamente in faccia.
    - Grandiosi come sempre - commentò con un sorriso.
    - E’ tutto merito mio - rispose Bill, mentre si attaccava alla bottiglietta dell’acqua, ma si poté notare comunque il sorrisetto divertito stampato sulle sue labbra.
    - Veramente è merito mio - si intromise Georg, che si stava asciugando la fronte con l’asciugamano - Non hai visto tutte le ragazze in adorazione per me?! -
    - Non ti stavano adorando Hobbit, erano svenute per la tua puzza - disse Tom, che reggeva ancora fra i denti il plettro.
    - Deficiente - lo apostrofò il bassista, colpendolo con il suo asciugamano.
    - Che schifo! Essenza di hobbit -
    Gustav preferì allontanarsi da quei due. Elisabeth lo seguì, defilandosi a sua volta; l’ultima cosa che voleva era essere colpita da uno degli asciugamani dei ragazzi.
    - Ti fanno ancora tanto male? - chiese al batterista, osservandolo mentre si toglieva lo scotch dalle dita.
    - Ogni tanto, ma che ci posso fare, è la croce di noi batteristi - rispose lui, con un’alzatina di spalle.
    - Siete pronti ragazzi? - disse loro David, avvicinandosi al gruppo.
    - Si va all’after party?! - gli domandò uno speranzoso Georg.
    - No, si va di filato all’hotel, domani mattina avete un’intervista alle nove -
    - Che palle… - borbottò il bassista - Non ci divertiamo mai -
    - Vi divertirete a tempo debito - rispose il manager.
    - Beh qualcuno di noi stasera lo farà - commentò Gustav, con un sorrisino divertito.
    Tutti si voltarono verso il palco, Tom stava indicando a Saki una ragazza in prima fila. Elisabeth scosse il capo, non si smentiva proprio mai. Avvertì una morsa allo stomaco quando vide la bionda, che la guardia del corpo stava liberando dalla fossa, vestita esattamente come lei. Strinse appena i pugni dandosi mentalmente della deficiente, aveva dato ascolto a quel cretino e per cosa? Doveva far colpo su Bill e lui praticamente non le rivolgeva la parola, sembrava una di quelle oche tutte tette e niente cervello, si faceva schifo da sola.
    Tornati in hotel, salì le scale diretta verso la propria stanza. Quando David entrò la vide levarsi quasi violentemente gli abiti che aveva addosso.
    - Tesoro ma…cosa ti succede? -
    - Nulla - rispose secca la ragazza, che saltellava su un piede mentre tentava di levarsi una delle autoreggenti.
    - Ti vedo parecchio strana in questo periodo…Questo cambio di look a cosa è dovuto? Vuoi fare colpo su qualche ragazzino? -
    - Papà… - disse lei, le guance leggermente colorite - Non voglio far colpo su nessun ragazzino, ho solo seguito il consiglio di un idiota, ma questa non sono io, non voglio sembrare una di quelle svampite che mostrano il loro patrimonio genetico al mondo intero -
    David sorrise alla figlia e le accarezzò i capelli prima di dirigersi verso la camera da letto.
    Dopo essersi liberata da quella robaccia recuperò un paio di jeans scoloriti e una maglietta a maniche corte, uscendo dalla stanza.
    Bussò un paio di volte alla 307. I gemiti che si sentivano attraverso la porta cessarono immediatamente. Poco dopo avvertì lo scatto della serratura.
    - Che diavolo vuoi? - le chiese Tom, attraverso il piccolo spiraglio che aveva aperto.
    Elisabeth lo squadrò appena: aveva fatto l’enorme fatica di indossare un paio di boxer per andare ad aprire la porta.
    - Questi dalli alla tua amichetta - gli disse, gettando la minigonna e la canottiera per terra, ai suoi piedi - Così potrà aggiornare il suo guardaroba da Barbie baldracca, io ne faccio a meno -
    - Di ma sei impazzita? - le chiese Tom, mentre tentava di far scivolare gli abiti dentro alla stanza.
    - Non sono mai stata meglio! -
    Il rasta aprì un altro po’ la porta ed uscì sul pianerottolo. Elisabeth voltò lo sguardo da un’altra parte.
    - Vatti a coprire, sei inguardabile - gli disse mentre fissava ostinatamente uno dei quadri appesi alla parete.
    - Io ti ho fatto il favore di trasformarti da cozza a strafiga e tu mi ripaghi in questo modo? -
    - Tu non mi hai fatto nessun favore- ribatté la ragazza, voltandosi verso di lui e cominciando a puntellargli il petto nudo con un dito - Tu mi hai fatto sembrare semplicemente una prostituta. A quanto pare non conosci affatto i gusti di tuo fratello perché, nonostante sembrassi una spogliarellista appena uscita da un bordello, non mi ha praticamente guardato in faccia. Dovrei ringraziarti per questo?! -
    - Ok ok ho capito, e piantala con questo dito! - le disse il rasta, afferrandole il polso - A quanto pare mio fratello va più sullo scialbo -
    - No, semplicemente a Bill non importa che una ragazza sia mezza nuda, non è un porco come te -
    - Piano con i complimenti - disse il rasta, corrugando la fronte.
    - E’ quello che sei! Torna dalla tua amichetta ora, non vorrai che le si spenga il fuoco della passione - detto questo la ragazza si liberò dalla sua presa e gli voltò le spalle, incamminandosi verso la sua camera.
    Tom la osservò fino a quando non la vide sparire dietro la porta della suite.
    - Donne… - mormorò il biondino, scrollando le spalle.


    9° capitolo



    Quella mattina Elisabeth non si sprecò ad alzarsi presto, non aveva intenzione di mettere i piedi fuori dal letto per un’intervista che sarebbe stata esattamente come le altre.
    Si svegliò in tutta calma verso le dieci; dopo la colazione, che si era fatta portare direttamente in camera, si concesse una doccia rilassante.
    Fece scorrere un po’ l’acqua prima di mettersi sotto al getto caldo: fu come rinascere. La tensione accumulata in quel giorni sembrava scivolare via, i suoi nervi si distesero e in cuor suo desiderò che quella doccia durasse in eterno.
    Toc toc.
    Ecco appunto…Ma perché diavolo tutti andavano a rompere le palle nei momenti meno opportuni?!
    Toc toc.
    Era pure insistente!
    - Un attimo - urlò la mora, avvolgendosi attorno al corpo uno degli asciugamani dell’hotel.
    Lasciò una scia d’acqua per terra, lungo il tragitto che dal bagno portava alla porta. Stava già per imprecare contro il rompiscatole che aveva osato interrompere la sua doccia ristoratrice, ma le parole le morirono in gola quando si trovò di fronte il suo sorriso.
    - Scusa se ti ho disturbata - le disse Bill - ma tuo padre mi ha mandato a prendere la sua cartellina, dice che ci sono dei documenti importanti che deve farci vedere -
    - Oh sì sì…ehm…entra, la cerco subito -
    Elisabeth spalancò maggiormente la porta. Il cantante tutto si sarebbe aspettato meno di trovarla mezza nuda.
    - Stavi…stavi facendo la doccia eh? - le chiese, sorridendo imbarazzato.
    - Si nota molto, vero? - rispose la mora, cercando di buttarla sul ridere - Accomodati da qualche parte, io intanto vedo di trovarla in mezzo a questo disordine -
    Bill annuì e si sedette su una delle poltroncine, guardandosi attorno sempre più imbarazzato.
    Elisabeth andò alla ricerca della cartellina di suo padre, ma naturalmente quando cerchi qualcosa, puoi avercela sotto al naso, sta sicuro che non riesci a trovarla.
    - Ti serve una mano? - le domandò il ragazzo, vedendola girare come una matta.
    - No no, ho tutto sottocontrollo -
    Le ultime parole famose…Mezzo secondo dopo si sentì un tonfo tremendo e un’imprecazione da parte della mora, che fece tremare le pareti.
    - Tutto bene? – disse, alzandosi di scatto dalla poltrona - Ti sei fatta male? -
    Dalla parete sbucò una mano della moretta, il pollice sollevato in segno di “va tutto a meraviglia”.
    No che non andava tutto a meraviglia! Aveva beccato una pozza d’acqua ed era caduta giù come una pera cotta, sbattendo il sedere contro le mattonelle in marmo.
    - L’ho trovata! - disse improvvisamente, arrancando verso il moro con la cartellina stretta fra le dita.
    - Sicura di star bene? Si è sentito un botto pazzesco - le chiese preoccupato il vocalist, afferrando ciò che la mora gli porgeva.
    - Sì sì non preoccuparti, sono fatta d’acciaio io - disse lei con fare spavaldo, ma se Bill non fosse stato presente avrebbe volentieri urlato per il dolore lancinante al sedere.
    - Ci vediamo giù a pranzo allora -
    - Sicuro, non mancherò -
    - A dopo - detto questo le sorrise ed uscì dalla stanza.
    Non appena Elisabeth sentì la porta chiudersi imprecò malamente, facendo spaventare la cameriera che stava fuori in corridoio.
    Si avvicinò allo specchio, sollevando appena l’asciugamano. Notò che si stava formando una chiazza violetta grande quanto un’arancia. Avrebbe dovuto aggiungere anche quella alla sua, ormai innumerevole, serie di figuracce.
    Dolorante tornò sotto la doccia, maledicendo colui che aveva inventato i pavimenti in marmo.
    A pranzo fu un vero supplizio sedersi e di certo non poteva sbandierare a tutti che era finita a sedere per terra perché l’unica pozza d’acqua in tutta la stanza l’aveva beccata lei. Finse di avere dei dolori alla schiena e, quando Bill le chiese se erano dovuti alla caduta, cambiò argomento all’istante.

    Quel pomeriggio si sarebbe prospettato noioso come al solito. I quattro ragazzi più la mora, che si era autoinvitata, stavano giocando a ping pong nella sala giochi dell’hotel.
    Naturalmente Tom si proclamava il re indiscusso, ma venne sonoramente sconfitto dal bassista per 25 a 6. La cosa non piacque affatto al biondino che cercò una vittima con cui rifarsi. Suo fratello era da escludere, ogni tanto aveva le sue giornate fortunate e non ci teneva a fare un’altra figuraccia, a Gustav non piaceva, restava solo…
    - Elisabeth… - la chiamò il chitarrista, mentre si rigirava la racchettina fra le mani - Ti va una partitella amichevole? -
    - Tu il termine amichevole non lo sapresti trovare nemmeno sul vocabolario - gli rispose la mora, osservandolo poco convinta. Di sicuro doveva esserci sotto qualcosa.
    - Accetti o hai paura ragazzina?! -
    Elisabeth afferrò la racchetta che Georg ancora teneva in mano e si posizionò di fronte al tavolo verde.
    - Di piuttosto che vuoi riscattarti agli occhi degli altri perché hai perso -
    - Pensi sul serio che sarei capace di fare una cosa simile? - le chiese in tono indignato.
    - Devo essere sincera?...Sì! -
    - Donna di poca fede – l’apostrofò il chitarrista, giocherellando con la pallina.
    - Ti vuoi dare una mossa? Sai ho altro da fare, dunque prima ti batto meglio è -
    - Del tipo aggiornare il tuo diario? - le disse il ragazzo, con un ghigno divertito.
    Elisabeth sbatté la racchetta contro il tavolo, facendo tremare la piccola rete - Servi o userò la tua testa come pallina -
    La partita fu combattuta da entrambe le parti; Tom voleva prendersi la sua rivincita a tutti i costi mentre Elisabeth voleva umiliarlo di fronte agli altri.
    La mora si asciugò la fronte con il dorso della mano. Bill, Gustav e Georg avevano recuperato tre sedie e si erano messi al lato del tavolo incitando la ragazza, cosa che fece andare il chitarrista su tutte le furie.
    - State tutti dalla sua parte! - li accusò, guardandoli in cagnesco - E tu dovresti essere pure mio fratello - disse, puntando la racchetta verso Bill - Sappi che ti diseredo! -
    Il moro si limitò ad una scrollatina di spalle, scatenando una risata generale.
    Ormai erano arrivati a 29 pari e, dato che nessuno di loro aveva intenzione di star lì fino al mattino seguente, decisero che il punto successivo sarebbe stato quello vincente.
    - Sei pronta a perdere? - le chiese con un sorrisino soddisfatto.
    - Forse è il caso che tu vada a recuperare un fazzoletto perché piangerai lacrime amare -
    Elisabeth attese che il ragazzo tirasse, ma dalla sua parte aveva ancora un asso nella manica e diavolo se l’avrebbe usato!
    Si abbassò la maglia, dalla profonda scollatura a V, il più possibile.
    Tom tirò e la mora cercò di piegarsi maggiormente verso il tavolo per colpire la pallina e in quel momento il punto debole del rasta fu la causa della sua sconfitta.
    Concentrato com’era a sbirciare il decolté della ragazza, si accorse troppo tardi della traiettoria della pallina e la mancò.
    - Vittoria! - urlò Elisabeth, saltellando sul posto.
    Bill, Gustav e Georg si alzarono in piedi per applaudirla, il bassista arrivò addirittura a fischiare.
    Tom gettò la racchetta in terra, furioso.
    - Hai perso – lo sbeffeggiò la mora, con un’espressione soddisfatta.
    - Hai barato! – l’accusò lui, accigliandosi.
    - Cosa avrei mai fatto?! – gli chiese con aria angelica.
    - Ti sei abbassata la maglietta di proposito! -
    Elisabeth si sporse appena sul tavolo, poggiandovi sopra i gomiti.
    - Nessuno ti ha detto di fissarmi le tette - gli sussurrò, con un sorrisino - è un problema tuo se non riesci a controllarti -
    Tom fece per aprir bocca, ma alla fine lasciò perdere. Si girò con uno sbuffo, dandole le spalle.
    - Tutto bene ragazzi? - chiese loro David, arrivato in quel momento.
    - Ho appena vinto a ping pong - gli disse Elisabeth, con un gran sorriso.
    - Sono felice per te tesoro, comunque sono venuto qui per un altro motivo…allora…A chi di voi va di fare un po’ di shopping? -
    Bill, Georg e Gustav si guardarono l’un l’altro, era una domanda a trabocchetto?!
    - Non siamo delle donnette - precisò il bassista, osservando il manager come se fosse impazzito.
    - Questo lo posso ben notare anch’io… - disse David, scuotendo appena il capo - ma siamo stati contattati da degli sponsor e vi hanno offerto la possibilità di avere alcuni loro capi gratuiti -
    - Beh se la metti così faremo questo sforzo - disse Bill, cercando di fare il serio.
    Elisabeth fissò speranzosa suo padre, sbattendo un paio di volte le ciglia.
    - Potrai avere qualcosa anche tu -
    - Grazie!- gli disse la ragazza, sollevandosi sulle punte per baciargli una guancia.
    - Vi aspetto fra un quarto d’ora nella hall. Ci aspettano in un negozio al centro, ce lo lasceranno per due orette così potrete fare le cose in tutta calma -
    La mora corse immediatamente fuori dalla sala giochi.
    - A quanto pare almeno qualcuno ha apprezzato la notizia - disse David, che ancora osservava la porta.
    Un quarto d’ora più tardi si ritrovarono tutti seduti dentro una delle macchine che abitualmente usavano per spostarsi. Elisabeth era già pronta a far razzia di tutto quello che le sarebbe capitato sotto alle mani. Non era una patita dello shopping, ma se i vestiti erano per i ragazzi, o meglio alcuni erano per Bill, significava solo una cosa…sarebbero stati di sicuro fighissimi!
    Si fermarono davanti ad uno dei negozi H&M. Sulla porta era stato affisso un cartello che diceva che per alcune ore il locale sarebbe stato momentaneamente chiuso e sulle vetrate erano state calate le tapparelle, per concedere loro tutta la privacy di cui avevano bisogno.
    Non appena misero piede nel negozio vennero accolti dalla direttrice.
    - Signor Jost - disse, andando a stringere la mano a David – è un vero piacere avervi qui. Per qualsiasi necessità le mie ragazze sono a vostra disposizione -
    Il gruppetto si guardò attorno; in ogni angolo si potevano leggere marche come Diesel, Adidas, Calvin Klein, Nike, Vans, Converse, tutte le firme più in vista in quel momento.
    - Questo è il paradiso… - mormorò Elisabeth, osservando le magliette abilmente piegate sopra ai lunghi banconi in vetro.
    - Sbizzarritevi - disse loro David, mentre si accomodava su una delle poltrone rosse e spiegava il giornale sportivo sopra alle ginocchia.
    Si venne a creare una vera e propria sfilata di moda, alle volte accompagnata addirittura da una telecronaca.
    - Ed ecco Georg… - disse la mora, tenendo fra le mani un microfono invisibile - Indossa un paio di jeans Diesel, leggermente scoloriti, dalle strette tasche posteriori. Una maglietta Nike blu scura, dalle rifiniture azzurre. Notate con quanta sicurezza indossa questi capi, che sembrano essere stati disegnati appositamente per lui -
    Bill e Gustav scoppiarono a ridere, seguiti dal bassista che faceva ritorno dentro al camerino.
    In quel momento Tom uscì cabina.
    - Vuoi la telecronaca anche tu? - gli chiese Elisabeth, che lo osservava attraverso lo specchio.
    Una sua occhiata le fece ben intendere che non era in vena di scherzi.
    - Musone - lo apostrofò la mora, facendogli una smorfia.
    - E’ tutta per te Eli -
    - Sta attenta alla puzza - le disse Gustav - potrebbe essere letale -
    Rise mentre il batterista si beccava uno scappellotto da parte di Georg.
    Una delle commesse le aveva portato parecchi vestiti da provare: jeans, minigonne, canottiere, maglie a maniche corte e a maniche lunghe.
    Adorava tutto! Non aveva avuto niente da ridire nemmeno sulle tre minigonne che la ragazza le aveva proposto. Sarà stata l’aria che si respirava in quell’ambiente ad annebbiarle la mente, o la puzza di Georg!
    Mise su una delle gonne, una maglia Vans e le sue All Star basse.
    - Che ne dite? - chiese ai ragazzi, uscendo dal camerino, dopo aver fatto una giravolta su se stessa.
    - Ma perché fanno tutta la roba più bella per voi ragazze? - si lamentò Bill, osservando la maglia della mora.
    - Sta zitto te che ti sei beccato il meglio - gli disse Elisabeth, facendogli una linguaccia.
    - Ve la potreste tranquillamente scambiare - si intromise Tom, ma non si era accorto di aver parlato ad alta voce.
    - Che cosa vorresti dire? - gli chiesero in coro i due ragazzi, fissandolo accigliati.
    - Quello che ho detto - rispose il rasta, con una scrollata di spalle - Un ragazzo effeminato e una ragazza che assomiglia più ad un uomo. Potete scambiarvi tranquillamente i vestiti, l’effetto sarebbe lo stesso -
    - Mmh…vorrei proprio vederlo Bill con un vestito di Elisabeth - disse Gustav, cercando di buttarla sul ridere dato che non aveva voglia di assistere ad un litigio fra i tre.
    - Potrei far schiattare di invidia tutte le top model – si vantò il vocalist, mettendosi in posa.
    Tutti e quattro risero; era inutile arrabbiarsi per le battutine acide di Tom, soprattutto quando gli giravano, avrebbe potuto continuare per ore e nessuno aveva molta voglia di reggergli il gioco, non ci tenevano ad essere la sua valvola di sfogo.
    - Lascia perdere mio fratello… - le disse Bill, mentre guardava una maglietta insieme alla ragazza - Quando ha la luna storta è intrattabile -
    - Non preoccuparti, non me la sono presa. Tanto tutto quello che mi dice mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro, e poi se ha qualche problema che si sbatta la testa al muro, magari è la volta buona che gli riparte il cervello, anche se ne dubito… -
    Rientrarono in albergo con un bel po’ di vestiti nuovi. Elisabeth piegò i suoi con cura dentro alla valigia, ma tanto sapeva che nel giro di tre giorni si sarebbero aggiunti al casino che già regnava nella stanza. Dopo aver dato un’ultima occhiata ai suoi abiti nuovi di zecca, si infilò una felpa ed uscì fuori in terrazza. La vista da lì era veramente bellissima e star sola a fissare il paesaggio sembrava avere quasi un potere terapeutico, riusciva a calmarla e a farle distendere i nervi.
    Fece scorrere la porta finestra e poggiò le mani sulla ringhiera in ferro battuto.
    Inspirò a fondo la fresca arietta ma, mezzo secondo dopo, cominciò a tossire. Con gli occhi velati dalle lacrime cercò l’idiota che le stava fumando addosso. Non appena lo trovò le palpebre le calarono appena.
    - Chissà perché la cosa non mi stupisce… - mormorò mentre fissava accigliata il rasta, che sembrava non essersi minimamente accorto della sua presenza, assorto com’era nei suoi pensieri – Deficiente - lo apostrofò lei, cercando di attirare la sua attenzione - vedi di andare ad intossicare qualcun altro -
    Tom voltò appena il capo verso di lei, tornando subito dopo a guardare i vari palazzi che gli si stagliavano davanti.
    - Mi hai sentito?! - gli urlò la mora, convinta che avesse qualche problema di udito.
    - Guarda che non sono sordo! - le disse il ragazzo, ciccando.
    - Se tu vuoi morire di cancro sono santissimi cavoli tuoi, ma io non devo crepare per colpa del tuo fumo passivo, che è sicuramente più tossico di quello normale! -
    - Allora rientratene dentro - le disse semplicemente, riavvicinando la sigaretta alle labbra.
    - Vattene via tu! - gli disse Elisabeth, accigliandosi.
    - Io c’ero da prima e si stava una meraviglia, fino a quando non sei arrivata -
    La mora si morse nervosamente il labbro inferiore.
    - Si può sapere che cavolo ti piglia?! Sei più rompipalle del solito, e ce ne vuole a superare il tuo livello massimo -
    - Non vedo perché dovrei parlarne con te - rispose lui, sputando fuori il fumo da bocca e narici - Fino a prova contraria non sei la mia consulente -
    - Dio quanto sei infantile, non accetti nemmeno l’aiuto degli altri-
    - Ah il tuo era un tentativo di aiutarmi?! - le chiese sarcastico il biondino, spostando lo sguardo verso di lei - Non è il mestiere adatto a te e poi anche se ti dicessi qualcosa…com’è…ah sì, ti entrerebbe da un orecchio e ti uscirebbe dall’altro -
    L’aveva sentita. Elisabeth arrossì appena, ma riprese subito il controllo.
    - Dovrei stare ad ascoltare tutte le cattiverie che dici su di me?! Io non sono una ragazzina, ficcatelo in quella testa vuota, se cominci una guerra con me sta pur certo che non te la lascerò vincere facilmente -
    Tom scosse il capo, un angolo della sua bocca si sollevò appena.
    - Non hai nient’altro da fare?! Tornatene in camera e vai a scrivere su quel tuo patetico diario come vorresti scoparti mio fratello -
    Elisabeth sgranò appena gli occhi mentre sentiva il sangue ribollirgli in testa.
    - E tu vatti a buttare di sotto! Se crepassi faresti un favore a tutto il mondo, razza di stronzo insensibile - gli urlò la mora, prima di rientrare in stanza e chiudere violentemente la portafinestra.
    Tom si leccò appena il piercing, riavvicinando la sigaretta alle labbra. Inspirò forte, chiudendo gli occhi. Stronzo insensibile…Se l’aveva sentito ripetere un’infinità di volte, all’inizio si era sentito un po’ in colpa ma, ormai, quelle parole non gli facevano più effetto…forse perché lo era diventato veramente uno stronzo insensibile.
    Il biondino scosse appena il capo, come a voler cacciare via quei pensieri, non gli importava.
    Lasciò andare la sigaretta, osservando la sua caduta verso il giardino perfettamente curato. Sentì della musica metal provenire dalla camera di Elisabeth; continuava ad alzare il volume, tanto da far tremare appena il vetro della portafinestra.
    Osservò per qualche istante il terrazzino dove, fino a pochi minuti prima, c’era stata la ragazza; incolpava lei di quello che gli stava succedendo, in fin dei conti era così, no? Tutti che prendevano le sue difese, tutti che gli dicevano che non doveva trattarla male perché era una donna, si vedeva lontano un miglio che non la conoscevano bene, o per lo meno non conoscevano quel lato del suo carattere che sembrava venir fuori solo quando c’era lui, si pentì addirittura di averle promesso di darle una mano. Perché avrebbe dovuto farlo? Perché doveva aiutarla a stare con Bill? Avrebbe rovinato tutto, lui e Bill non sarebbero più stati così uniti perché avrebbe passato tutto il suo tempo con lei.
    - Che stronzate… - mormorò il rasta, rientrando nella sua stanza.
    Non sarebbe mai successo, perché lui e suo fratello erano una cosa sola, una sola anima in due corpi, e desiderava con tutto se stesso che Bill fosse felice, perché lo sarebbe stato anche lui…Non era uno stronzo insensibile…non lo era…



    10° capitolo



    - Che noia… - sbuffò il batterista, che continuava a lanciare una piccola pallina da tennis sopra alla sua testa.
    - Quando dovremmo partire per Parigi? - chiese Georg, seduto sopra uno dei comodi divanetti dell’hotel.
    - Domani, verso mezzogiorno - rispose la mora, il capo poggiato sopra alle gambe del bassista, che si divertiva a giocherellare con i suoi capelli.
    - Oh no…ci toccherà mangiare sull’aereo - piagnucolò il vocalist - Non mi piace il cibo che danno, sa…di tappo! -
    Tutti ridacchiarono piano. Nessuno aveva voglia di fare nulla, le loro forze sembravano essere sparite contemporaneamente.
    - Io mi annoio! – si lamentò Elisabeth, mordicchiandosi appena il labbro - Bill cantaci qualcosa - gli occhi della ragazza incrociarono quelli del moro - ti preeeego -
    - Tomi ti va? - chiese lui al suo gemello, che stava osservando i vari quadri appesi alla parete. Foto antiche e pitture moderne si alternavano creando uno strano contrasto.
    Il rasta si limitò ad una scrollata di spalle.
    - Perfetto - disse Bill, sbattendo le mani una contro l’altra - va a prendere la chitarra-
    Con una smorfia di disappunto, chiaro segno che meno si muoveva meglio era, Tom uscì dal salone e si avvicinò all’ascensore, scomparendo pochi secondi dopo dietro alle porte metalliche.
    Dieci minuti più tardi ricomparve con una delle sue numerose chitarre classiche stretta nella mano destra. Si accomodò accanto al fratello e l’accordò appena.
    - Qualche richiesta? - chiese il ragazzo, osservando gli altre tre negli occhi.
    - Io voglio sentire Der letzte Tag! - rispose Elisabeth, con un sorriso.
    - E Der letzte Tag sia… - disse il moro, sorridendole a sua volta - Pronto Tomi? -
    Il rasta annuì appena. Lasciò scivolare le dita sulle corde, sicuro. Ormai conosceva quelle note, quella melodia a memoria, come se fosse stata marchiata a fuoco dentro alla sua testa.

    - Jetzt sind wir wieder hier
    bei dir oben auf dem dach
    die ganze welt da unten
    kann von mir aus untergehen heute nacht
    sind wir zum letzten mal zusammen
    es hat doch grad' erst angefangen

    wenn dieser tag der letzte ist
    bitte sag es mir noch nicht
    wenn das das ende für uns ist
    sag's nich' - noch nich'…
    -

    Bill muoveva il capo seguendo il ritmo imposto da suo fratello.
    Elisabeth si ritrovò a mormorare le parole, come poteva non farlo? La sua era una voce ipnotica, avrebbe potuto farle fare tutto ciò che voleva e non sarebbe stata in grado di ribattere.

    - Ist das etwa schon der tag danach
    wo alle uhren still steh'n
    wo's am horizont zu ende ist
    und alle träume schlafen geh'n
    sind wir zum letzten mal zusammen
    es hat doch grad' erst angefangen

    wenn dieser tag der letzte ist
    bitte sag es mir noch nicht
    wenn das das ende für uns ist
    sag's nich' - noch nich'

    das ist der letzte tag, das ist der letzte tag
    ist das der letzte regen bei dir oben auf'm dach
    ist das der letzte segen und unsere letzte nacht
    -

    Seguiva ogni suo movimento; come poteva essere dannatamente bello in ogni momento? Sembrava si fosse creata una specie di aura dorata attorno a lui, si trovava nel suo elemento, ed era come se brillasse di luce propria. Il semplice cantare sembrava trasformarlo, lo rendeva una visione celestiale agli occhi di chi lo udiva.

    - Hat unser ende angefangen
    egal - wir sind ja noch zusammen

    wenn dieser tag der letzte ist
    bitte sag es mir noch nicht
    und wenn das das ende für uns ist
    sag's nich' - noch nich’
    -

    Lo sguardo di Elisabeth si posò per pochi secondi su Tom. Il viso concentrato, la testa china che si muoveva appena, le dita che pizzicavano sicure le corde della chitarra, producendo quella melodia perfetta, capace di stregare centinaia di ragazze.
    Il rasta, sentendosi osservato, sollevò di poco lo sguardo, incrociando le iridi azzurrine della ragazza. La mora si ritrovò a pensare quanto quegli occhi castani potessero essere così diversi da quelli di Bill. Identici nella forma e nel colore, ma dentro gli mancava qualcosa, vi si poteva leggere solo malizia, non un briciolo d’amore, se non per te stesso e per suo fratello. Come potevano essere così diversi…

    - Wenn dieser tag der letzte ist
    bitte sag es mir noch nicht
    und wenn du bleibst dann sterbe ich
    noch nich' - noch nich'

    ist das der letzte regen bei dir oben auf'm dach
    ist das der letzte segen
    sag's nich' - noch nich'
    ... das ist der letzte tag
    -

    Elisabeth tardò ad applaudire, concentrata com’era nei suoi pensieri.
    - Stupendo – si congratulò, smettendo di battere le mani.
    - Come sempre - si intromise il rasta, mentre poggiava con cura la chitarra accanto a sé.
    - E’ meglio se cominciamo a preparare le valige - disse Gustav, afferrando per l’ultima volta la pallina lanciata in aria - Chi lo sente David se siamo in ritardo domani -
    - Dobbiamo proprio?! - chiese in tono lagnoso Bill; detestava fare le valige, non poteva rinunciare a nessuna delle sue cose, ma odiava quando non entravano tutte nei bagagli.
    - Credo di sì… - rispose Elisabeth con uno sbuffo, sollevando la testa dalle gambe di Georg - Io comincio ad andare, mi aspetta una scalata di cinque piani e non è una bella prospettiva. Ci vediamo a cena ragazzi - detto questo fece un breve cenno di saluto con la mano e si avviò verso le scale.
    Doveva ricordare di lasciare qualcosa in albergo, come facevano tutti per alleggerirsi la borsa, tanto poi il direttore le avrebbe spedito tutto, se solo avesse avuto un indirizzo di posta stabile.
    Si sistemò i capelli in uno chignon alto e schioccò le dita, fare la valigia per lei era un vero e proprio sport estremo.
    Cominciò a piegare vestiti su vestiti, a sistemare le scarpe sul fondo, coprendole poi con una reticella di sicurezza. Andrò alla ricerca dei vari trucchi sparsi per il bagno, ritrovando addirittura la matita per gli occhi che credeva di aver perso.
    Osservò la borsa aperta sopra il letto, restava un’ultima cosa da fare, la più difficile…chiuderla!
    - Ok, ora siamo solo io e te, per una dannata volta ti vuoi farlo senza troppe storie?! - sembrò chiederle la mora.
    Si avvicinò titubante ed abbassò la parte superiore, ma mancavano parecchi centimetri all’altro bordo.
    - Maledizione - sbottò, tirando un calcio al letto.
    Toc toc.
    - Arrivo, un momento - urlò la ragazza, osservando un’ultima volta la valigia - Sappi che non finisce qui – la minacciò, puntandole l’indice contro.
    La mora raggiunse la porta e si ritrovò Tom di fronte.
    Quando il rasta aprì bocca lei gli fece segno di tacere e tornò in camera.
    - Si può sapere che diavolo stai facendo? - le chiese, sentendola parlare con qualcuno.
    - Tento di chiudere questo maledetto affare -
    Il ragazzo si avvicinò alla porta della camera da letto. La trovò inginocchiata sopra al letto, lo sguardo accigliato rivolto al bagaglio.
    - Devi saltarci sopra - le disse lui, incrociando le braccia al petto.
    - Cosa? - chiese la ragazza, portandosi una ciocca di capelli, sfuggita allo chignon, dietro all’orecchio.
    - Devi saltarci sopra - ripeté il rasta - noi lo facciamo fare a Saki -
    - Saltarci sopra…saltarci sopra… Potrei spezzarmi qualcosa, ma correrò il rischio -
    Elisabeth salì in piedi sul letto, contò piano fino a tre e fece un piccolo salto, atterrando sulla valigia, che si chiuse immediatamente.
    - C’è l’ho fatta! - disse trionfante, massaggiandosi il sedere ancora dolorante per la caduta recente - Piuttosto che sei venuto a fare? - chiese al rasta, che la stava osservando.
    - Nuova lezione - rispose lui, staccandosi dallo stipite della porta.
    - Oh ma che gentiluomo, sei addirittura venuto a prendermi? -
    - No, stavo cercando di rimorchiare la cameriera del piano e mi sono trovato qui davanti -
    Le palpebre di Elisabeth calarono appena.
    - Andiamo nella mia stanza, ci manca solo che torni tuo padre e ci becchi, e io non ci tengo a finire sulla forca -
    La mora trattenne una risata, pensando alla reazione di suo padre se avesse beccato Tom a baciarla.
    Il ragazzo uscì senza aspettarla.
    - Cavaliere come al solito… - mormorò lei, chiudendosi la porta dietro alle spalle.
    Superò un paio di stanze fino a ritrovarsi di fronte a quella del rasta, aveva almeno avuto la decenza di lasciarle la porta semi aperta.
    - Ti muovi? - si sentì dire.
    Elisabeth entrò e lo ritrovò accanto al letto; quella sarebbe stata l’occasione del suo riscatto.
    - Prima di cominciare la nuova lezione sai bene quello che devi fare - le disse lui, osservandola.
    - Sì sì, lo so - rispose la mora, avvicinandosi – Siediti -
    - Non me lo sarei mai aspettato da te…Vuoi già passare all’ultima lezione?! - le chiese in tono malizioso il biondino, accomodandosi sul materasso.
    - No razza di maiale, semplicemente sei troppo alto e non è comodo stare sulle punte -
    Elisabeth respirò profondamente un paio di volte, doveva concentrarsi.
    Si sedette a cavalcioni sulle gambe del rasta, ma quando stava per avvicinarsi si bloccò.
    - Che ti piglia? - le chiese lui.
    - Ti dispiacerebbe chiudere gli occhi?! Odio essere fissata e bada che se ti azzardi a sollevare le mani da quel materasso stavolta te lo stacco seriamente il labbro -
    Tom sbuffò e abbassò le palpebre.
    - Ti va bene?! - chiese ironico.
    - Meglio - rispose lei.
    Inspirò ancora una volta, doveva solo ricordarsi quello che le protagoniste dei film facevano; ok stavano pur sempre recitando, ma le espressione dei ragazzi non poteva essere così finte dopotutto.
    - Entro oggi… - cantilenò il ragazzo.
    - E sta un po’ zitto, mi deconcentri -
    Ok Elisabeth ci sei…Non è così difficile, basta pensare che quello che hai davanti non è questo deficiente, pensa che stai per baciare Bill. Sì sì poteva funzionare.
    La mora chinò il capo verso il collo del ragazzo. Non appena vi poggiò le labbra sopra l’espressione sul viso di Tom mutò. Decisamente sorpreso si chiese che diavolo aveva in mente.
    Elisabeth dischiuse le labbra, cominciando a depositare dei baci leggeri sulla sua pelle, semplici carezze. Lo sentì muoversi sotto di lei, beh una qualche reazione l’aveva provocata almeno.
    Salì piano verso l’alto, con la punta della lingua cominciò a tracciare dei piccoli cerchi, seguiti da leggeri morsi. Si spostò verso sinistra, soffermandosi sul pomo d’Adamo, che stuzzicò con la lingua. Tom sembrò deglutire a fatica.
    Salì ancora, raggiungendo il mento ed infine l’angolo sinistro della bocca, lì dove aveva il piercing, che strinse appena fra i denti, leccandolo poi come era solito fare il rasta, gesto che mandava in estasi le sue fan. Percepì che il respiro del ragazzo si era fatto più veloce.
    Tom avvertì qualcosa all’altezza del ventre, come uno strano formicolio…Oddio, si stava eccitando!
    Non appena sentì la lingua di Elisabeth sfiorargli il labbro inferiore, si staccò.
    - Ok ok, hai capito come si fa -
    La ragazza sorrise soddisfatta.
    - Mi merito un dieci e lode?! -
    - Al massimo ti darei una sufficienza scarsa -
    - Tu si che sai incoraggiare le persone - gli disse ironica la mora.
    Fece per alzarsi, ma Tom le bloccò il polso fra le dita della sua mano.
    - Guarda che non abbiamo finito -
    - Ma io credevo… -
    - Credevi male - le disse, sistemandosi il berretto - Ora, se il tuo cervellino bacato funziona ancora, saprai da te che cosa viene dopo -
    Elisabeth lo osservò stranita prima di sgranare appena gli occhi.
    - Non dirai… -
    - Come pretendi di imparare se non ci hai mai provato? Vuoi andare direttamente da mio fratello e traumatizzarlo a vita? -
    - Ma…ma…ma… - cominciò a balbettare nervosa.
    - Il patto era che ti aiutassi a conquistare Bill e ciò include che io ti insegni come si fa -
    - Ma non ci sarebbe un altro modo per imparare?! Non così…pratico insomma -
    - Sicuro, aspetta che ti vado a preparare i cartoncini con i disegni - disse ironico il rasta - Vuoi far prendere uno shock a mio fratello per caso?! Così è la volta buona che ci passa davvero all’altra sponda -
    - Ovvio che non voglio… - mormorò Elisabeth, lo sguardo piantato sulle dita che si stava torturando.
    - Allora poche storie, l’hai proposto tu la cosa, ed io, infinitamente magnanimo, ho deciso di aiutarti, dunque o accetti tutte le condizioni o me ne lavo le mani e tu non concludi un bel niente -
    - Ok ok, ho capito - sbuffò lei - Lo faccio… -
    - Sia ringraziato il cielo…Allora non c’è un modo pratico per spiegare come si bacia, uno ce l’ha dentro, l’uomo ha sempre baciato, fin dai tempi della Preistoria, e tu dovresti esserne capace, a meno che non vieni da qualche pianeta sconosciuto e questo spiegherebbe molte cose -
    Elisabeth gli mollò uno scappellotto.
    - Mi rovini il cappello così! - protestò il rasta, risistemandosi la visiera - Chiudi gli occhi e poi fa quello che faccio io. Cerca di evitare pizzichi, morsi o quant’altro-
    - Vedrò di trattenermi - disse la mora, con un sorrisino divertito.
    - Hai bisogno del conto alla rovescia per caso?! -
    - No! - rispose Elisabeth, chiudendo gli occhi.
    Il cuore cominciò a martellarle in petto, se lo sentiva perfino nelle orecchie. Non sapeva veramente cosa aspettarsi.
    Poco dopo avvertì il respiro di Tom lambirle il viso; ecco si stava avvicinando.
    Il rasta poggiò le labbra su quelle di Elisabeth e, come supponeva, le trovò serrate. Dovette fare una leggera pressione per fargliele dischiudere, ma alla fine ci riuscì.
    La mora sentì la lingua del ragazzo sfiorarle il palato e, non appena cercava di avvicinarsi alla sua, lei la schivava in qualsiasi maniera.
    Tom, decisamente irritato, si staccò appena - Guarda che non ho mica l’ebola! Se non prendi la cosa seriamente chiudiamo qui la storia -
    - Scusa…ma…fa così schifo… -
    - E’ un bacio! Tutti amano baciare, tu sei parecchio strana lo sai vero?! -
    Elisabeth si accigliò.
    - Ok… - disse il rasta, massaggiandosi appena le palpebre - Questa volta magari cerca di metterci un po’ più d’impegno, non stiamo giocando ad acchiapparello, ricordatelo -
    Adesso si mettere pure a fare il maestrino, pensò la ragazza. Lo detestava quando si dava le arie da uomo vissuto, anche se, in verità, lei lo detestava in ogni occasione. Che ci poteva fare?! Tom incarnava lo stereotipo della persona che odiava e dover prendere ordini da lui la irritava parecchio, ma strinse i denti, perché sentiva Bill sempre più vicino e non ci avrebbe rinunciato così facilmente.
    Il rasta riavvicinò le proprio labbra a quelle di Elisabeth, che sta volta dischiuse poco dopo.
    Un bacio…quante volte ne aveva discusso con le sue amiche di chat, chiedendo loro che cosa avessero provato, che sensazioni si vivevano in quel momento. Tutte lo avevano descritto come qualcosa di grandioso, di meraviglioso, un’esperienza che avrebbero voluto rivivere per sempre. Il primo bacio, come il primo amore, non si scordano mai, ma Elisabeth pregò in cuor suo di scordarsene al più presto. Come poteva essere meraviglioso? Era terribilmente viscido e schifoso, il suo stesso corpo sembrava rifiutare quel contatto, ma la sua mente rimase ferma, non poteva mollare tutto il quel momento, sapeva che quella era solo una prima impressione dovuta al fatto che lo stava letteralmente buttando al cesso con il rasta. Con Bill sarebbe stato diverso, lo sapeva… Non ci avrebbe messo tutta quella foga, non avrebbe tentato di soffocarla ficcandole la lingua giù, fino alla gola, il suo sarebbe stato un bacio dolce, tenero, proprio come lui e il giorno in cui avrebbe provato quella sensazione nella sua testa si sarebbe scatenato il coro dell’Alleluia.
    - Ma tu tenti di ammazzarle tutte le ragazze che baci?! - chiese la mora, staccandosi da Tom.
    - Cosa c’è adesso?! -
    - Vuoi per caso farmi una visita alle tonsille? Sembri un dannato formichiere! -
    Tom sbuffò; stava veramente arrivando al limite della pazienza.
    - Tutte le ragazze che ho baciato fin ora non si sono mai lamentate -
    - Ci credo, come minimo erano svenute, ecco perché poi riuscivi a portartele a letto - commentò ironica.
    - Tu sei veramente impossibile! -
    - Non ti farebbe male andarci un po’ più piano, dammi il tempo di capire come diavolo funziona -
    - Ti scriverò un libretto delle istruzioni - le disse con sarcasmo il rasta - E poi dannazione quando due si baciano non stanno immobili come statue di sale -
    - Se ti azzardi a sollevare le mani da quel materasso ti stacco un dito a morsi - lo minacciò la mora.
    - Spero che mio fratello sia ubriaco quando tenterai di baciarlo! - sbuffò, sistemandosi nuovamente la visiera del cappellino.
    I due si guardarono malamente.
    - Questa è la tua ultima chance - le disse il ragazzo - dopodiché prendi i piedi ed esci da questa stanza, ti ho avuta vicina fin troppo oggi -
    - Guarda, caro mio, che la cosa è reciproca! -
    - Perfetto allora, farò un ultimo, ultimissimo tentativo, e stavolta cominci te, non devo fare una lotta all’ultimo sangue con i tuoi denti-
    - Allora comincia a chiudere gli occhi -
    Tom la fissò un’ultima volta prima di abbassare le palpebre.
    Ce la puoi fare, dopo te ne potrai tornare nella tua stanza, darti una botta in testa e scordarti tutto quello che hai appena vissuto.
    Fece un paio di respiri profondi prima di unire le sue labbra a quelle del rasta, per la terza volta quella sera.
    Di certo non era il tipo che si faceva pregare! Le aveva dischiuse ancora prima di sentire quelle della ragazza sulle sue.
    Pensa a Bill…pensa a Bill…continuava a ripetersi.
    Sentì la lingua del rasta cercare subito la sua; dovette farsi forza e reprimere quella sensazione di disagio che si sentiva fin dentro alle viscere. Instaurarono una specie di strana danza, fatta di toccate e fughe, di semplici carezze.
    Pian piano il groppo che le si era formato in gola sembrò sciogliersi; purtroppo fu costretta a dar ragione al ragazzo, baciare non era poi così male, anzi era piuttosto piacevole.
    Il respiro di entrambi, poco dopo, cominciò a diventare affannoso, polmoni e cervello esigevano ossigeno, ma i due sembrarono non dare ascolto a queste richieste.
    Tom le succhiò appena il labbro inferiore, gesto che la fece inconsapevolmente sorridere.
    Il ritmo del bacio cominciò lentamente a cambiare, diventando sempre più passionale, carnale.
    La danza si era trasformata in una piccola guerra, una lotta quasi selvaggia. Ma in quel momento Elisabeth si fermò, il respiro affannato, gli occhi velati da un sottile piacere. Tom la osservava in silenzio, le sue spalle si alzavano e abbassavano più velocemente del solito. Quando, istintivamente, fece per riavvicinarsi alla mora, lei gli poggiò una mano sul petto per fermarlo.
    - Io…è meglio che vada ora… -
    Si sollevò dalle gambe del rasta ed uscì dalla stanza, correndo poi verso la sua. Si chiuse la porta alle spalle, poggiandole poi contro il liscio legno scuro.
    Il respiro cominciò lentamente a stabilizzarsi, ma il cuore no, quello continuava a batterle velocemente. Sentiva la carotide pulsarle sul collo.
    Si portò una mano alla bocca, leggermente gonfia e più rossa del solito. Era successo e ancora le sembrava così strano.



    …Il suo primo vero bacio




    Continua...

    Edited by Redda - 20/8/2009, 22:24
     
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  12. °°°Riti°°°
     
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    ok reddi...io me la sono salvata tutta...così me la rileggerò senza sosta quando sarà finita....*_*
     
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  13. °zucche°
     
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    anche io!!!
    non vedo l'ora dei nuovi capitoliiiii!!!
    troppo bella questa ficcy!!!!
     
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  14. Redda
     
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    XD domani se ci riesco posto promessissimo!!
     
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  15. ...only me...
     
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    grande redda l'hai ripostata.....è inutile dire che è strabellissima...
     
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1587 replies since 1/2/2008, 17:21   129815 views
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