Summer Love

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  1. Pink Sniper96
     
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    Ci posti tanti capitoli vero? ç__ç
     
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  2. ‚darkside
     
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    Ne posto tre, tesoro ^^
    Ora vado a "prenderli!" (:
     
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  3. ‚darkside
     
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    CAPITOLO IV

    parte uno






    Bill era rimasto piacevolmente sorpreso quando Tom lo aveva baciato di sua spontanea volontà, ma era rimasto anche abbastanza confuso. Insomma, prima scappava e poi, una volta tornato, lo baciava?

    Non aveva però fatto domande, sia perché non è che la cosa gli dispiacesse così tanto, perché Tom aveva preteso coccole 'post litigata' per farsi perdonare ulteriormente. Che poi quella di farsi perdonare era semplicemente un enorme balla. Bill lo aveva capito già quell' estate che sotto la maschera del IoSonoTomIlDuroPiùFigoDelMondo c'era un ragazzo dolce desideroso di coccole e amore, che Bill non avrebbe esitato a dargli anche in quel momento, ma voleva fare le cose con calma. Che poi, con calma era una parola grossa, perché si erano conosciuti poco più di un mese prima ed ora se ne stavano abbracciati sul letto di uno aspettando un bambino. Ma alla fine, se erano contenti loro...



    Tom era arrivato alla conclusione che non gli dispiaceva per niente stare in compagnia di Bill. Non ne era innamorato, certo, ma gli piaceva come persona: era simpatico e intelligente e... carino, sì. Molto carino. E quando lo guardava provava un moto di tenerezza incredibile e, ciliegina sulla torta, aspettava suo figlio. Pensò che si era fatto tante seghe mentali per nulla, perché starci anche solo abbracciato in quel modo gli bastava e non poteva sentirsi meglio.





    Bill stava giocherellando con una treccina di Tom come avrebbe fatto un gattino con un gomitolo di lana, mentre il moro gli accarezzava con movimenti circolari la schiena, entrambi comodamente sdraiati sul letto di Bill.

    -Mi chiedevo...- esordì Bill continuando a giocare con i capelli del ragazzo.

    -Preferiresti un bambino o una bambina?- chiese con naturalezza disarmante, a detta del moro dai cornrows.

    -Non ne ho idea- disse sinceramente, -per me è uguale-.

    -Anche per me- concordò il moro. -Non vedo l'ora di saperlo- aggiunse poi con gli occhi che brillavano.

    Ed era vero. Si chiedeva come riuscissero quelle coppie a sopportare la curiosità per nove mesi. Lui non ci sarebbe riuscito.

    -Hai...già fatto una...com'è che si chiamano?- chiese l'ex rasta grattandosi la guancia. Lo faceva sempre quando era in difficoltà.

    -Ecografia?- lo aiutò l'altro ridacchiando.

    -Si, quella...- borbottò Tom. Ma che razza di nomi davano alle visite quelli degli ospedali? Nomi più semplici no?

    -No, anche se dovrei averla già fatta-

    -E che aspettavi?!- domandò Tom sorpreso.

    Il moro abbassò lo sguardo imbarazzato.

    -Volevo andarci con te...- bisbigliò diventando rosso fuoco.



    Tom si diede del coglione per la centesima volta nel giro di due giorni. Ma da che mondo veniva? Era comprensibile che Bill non avrebbe voluto andare da solo alle visite!

    Idiota, Tom, sei un idiota.




    Con un piccolo broncio si strinse al fianco del moro affondando il viso nella sua spalla, insipirando il proumo di Bill. Decise che gli piaceva da impazzire.

    -Se vuoi posso chiamare anche ora il medico- propose il ragazzo tirandogli appena alcune treccine.

    -Hai già il numero?- borbottò il rapper senza cambiare posizione.

    -Si-



    -x-X-x-





    Bill non era rimasto fermo un secondo in auto per tutto il viaggio verso Magdeburgo. Era agitato in una maniera folle, e questo comportamento faceva innervosire abbastanza Tom.

    Insomma andavano solo a fare una eca...ecigrofia? Bé, insomma, quella cosa, mica lo stava portando al patibolo!



    -Hey, tranquillo Bill!- buttò fuori alla fine non riuscendo a trattenersi. Miracolosamente trovò subito posto nel parcheggio dello studio.



    Entrambi scesero dall'auto e Bill si avvicino all'altro ragazzo cercando la sua mano per un pò di conforto.

    -Sono agitato- ammise a bassa voce, quasi qualcuno avesse potuto sentire quel grande segreto.

    Ma dai?! Avrebbe invece voluto dirgli Tom, ma si trattenne pensando non fosse esattamente una cosa carina.

    -Non devi- cercò di rassicurarlo stringendogli la mano tra le dita.

    Anche se non lo dava a vedere come Bill pure lui era molto agitato. Non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in una situazione simile e invece...

    Un po’ di fifa ce l'aveva, doveva ammetterlo: se la visita non fosse andata bene? Trasalì al pensiero e si costrinse a pensare positivo.



    Entrarono nella piccola palazzina dove si trovava lo studio e si sedettero nella sala d'attesa. Era una stanza abbastanza piccola, i muri di un tenue azzurro tappezzati da foto di neonati o pancioni. Bill si perse ad osservare quest’ ultime, immaginandosi con una pancia del genere. E preferì pensare ad altro.



    Si sedettero su uno dei divanetti della sala continuando a stringersi le mani che nel frattempo avevano iniziato a tremare.

    Tom, per distrarsi, si guardò intorno notando che non erano soli. Di fronte a loro era seduta una donna sulla trentina che sfogliava tranquilla una rivista, accompagnata da quella che probabilmente era sua madre o sua suocera. Quest’ultima, al contrario della donna al suo fianco che probabilmente non gli aveva nemmeno notati, si stava soffermando un poì troppo su Bill per i suoi gusti. Lanciò una breve occhiata al moro al suo fianco e notò che era tranquillo. L'ultima cosa che voleva era farlo mettere in imbarazzo da degli estranei. Si rattristò pensando che se si trovavano in quel posto era colpa sua...



    Bill le occhiate storte della donna le aveva notate fin troppo bene e in quel momento voleva semplicemente sprofondare. Perché quella vecchiaccia non pensava a sua figlia invece di continuare a guardarlo?! Sperò di poter scomparire all'istante, e in suo aiuto arrivò una signorina sulla porta dello studio, che chiamava "Kaulitz". Tom si alzò immediatamente portando con se pure Bill, che lo seguì contento di poter sparire dalla visuale di quella vecchia megera.



    -Buon giorno!- li salutò allegro il medico alzandosi in piedi per stringere la mano ai due ragazzi.

    -Accomodatevi- aggiunse poi invitandoli ad occupare le due poltroncine di fronte alla scrivania.

    -Allora...chi di voi due è Bill?-

    Il moro alzò appena la mano senza proferire parola.

    -Bene! Allora Bill, come ti senti?- chiese cordiale il medico prendendo un foglio e una penna.

    -Nausee, giramenti di testa, stanchezza improvvisa?- aggiunse assottigliando lo sguardo.

    -Io...ho un pò di nausea al mattino, ma per il resto del giorno sto bene. Mi sento estremamente stanco solo la sera- raccontò il moro con leggero imbarazzo.

    -Bene, stenditi li e tira su la maglia- disse l'uomo indicando il lettino verde acqua a ridosso della parete. Bill fece come gli era stato detto e fu subito seguito da un Tom estremamente curioso di ciò che stava per vedere.



    -Sentirai un po’ di freddo ora- il dottore prese una sottospecie di pomata trasparente e la spalmò sullo stomaco di un Bill fin troppo emozionato.

    Dopo di ché il medico accese un piccolo monitor e posiziono la sonda sopra il suo ventre iniziando a muoverla a destra e sinistra. Tom si prese ad osservare lo schermo che mostrava immagini sfocate, in bianco e nero.

    Lanciò un'occhiata a Bill che guardava estasiato il loro bambino, che era messo in un modo tale, pensò Tom, da sembrare diviso in due.

    Guardò il medico sorridere furbetto.

    -E' tutto ok- disse girandosi verso i due, -vi faccio sentire i battiti?-

    Bill e Tom si guardarono negli occhi per poi sorridersi e annuire.

    Il dottore premette allora un pulsante e premette nuovamente la sonda, facendole fare più pressione. Subito nella stanza stanza si espansero forti due battiti veloci.



    In quel momento l'espressione fino ad un attimo prima allegra di Bill si trasformò prima in confusione e poi, quando ebbe capito di cosa si trattava, in panico. Non poteva essere quello!

    -Ma ha la tachicardia?- domandò Tom tra il serio e il divertito.

    -No, signor Kaulitz- disse il medico sorridendo sornione. -Sono due-


    CAPITOLO IV

    parte due






    Da quando avevano ricevuto la lieta notizia, Tom non aveva più aperto bocca, tant'è che persino il medico si era sentito in dovere di chiedere "Tutto ok?", a cui il ragazzo aveva risposto con un piccolo e, secondo Bill, alquanto pericoloso .



    -Allora...- esordì il medico, una volta che Bill si sedette nuovamente di fronte alla scrivania, accanto ad un Tom perso nel suo mondo.

    -Non è la prima volte che un uomo incinto viene quì- continuò accennando un piccolo sorriso. Bill diventò rosso pomodoro nel giro di due secondi, mentre Tom sbuffò un "Ah, sì?" che fece stare male il moro. Sembrava molto derisoria, come domanda.

    -Si, altri due. Tu sei il più giovane, però- disse lanciando appena una sbirciatina ai fogli di fronte a lui.

    -Dimmi Bill, cosa ti ha detto il mio collega?- chiese sporgendosi appena verso il ragazzo. Il moro, se possibile, diventò ancora più rosso. Si rendeva conto da solo che sentirsi in imbarazzo a parlare di certe cose con un medico era stupido, ma forse, più che per il medico, era per la figura che gli sedeva accanto.

    -C..che ho un utero dentro di me...e che posso avere figli e...che ne aspetto due- balbettò con lo sguardo basso.

    -Si. Di solito gli ermafroditi non possono avere figli, ma c'è questa specie di 'variante' che...può- spiegò con le parole più semplici del suo repertorio. Bill abbassò di nuovo lo sguardo; non voleva star ad ascoltare tutta la storia sul come e il perché. Era incinto, punto. Non voleva ascoltare cose che non avrebbe capito, quindi fece finta di prestare attenzione al medico per tutti i seguenti dieci minuti, riprese poi ad ascoltarlo quando iniziò a sgridarlo su diverse cose.



    Il medico aveva appena finito di fare la predica al povero moretto dicendogli di mangiare di più e in quel momento gli stava prescrivendo delle vitamine, così Bill ne approfittò per lanciare uno sguardo a Tom. Il moro dai cornrows se ne stava scompostamente seduto, le mani abbandonate sulle coscie e lo sguardo perso nella contemplazione del niente.



    Bill scosse tristemente la testa tornando a guardare il dottore che aveva ripreso a blaterare.

    Lo sentiva, sapeva che appena usciti di lì sarebbe successo qualcosa...





    -x-X-x-







    Avevano fatto si e no quattro passi fuori lo studio medico, quando Tom si era fiondato come un falco su una panchina, così Bill lo avevo semplicemente seguito evitando di sbuffare frustrato.



    Il moretto stava ripensando a quello che avevano appena saputo dal dottore; non si era mai immaginato con una famiglia – anche se non aveva mai negato di volerne una - ed ora si ritrovava con un semi-ragazzo, anche se non era del tutto sicuro che a Tom andasse bene essere chiamato a quel modo, ed a breve avrebbe avuto due bambini. Si pentì per non aver chiesto al medico il sesso dei piccoli, ma si disse che forse era troppo presto per saperlo. Sospirò passandosi la mano sulla pancia che negli ultimi giorni si era appena appena gonfiata.



    Doveva dire qualcosa? Gli sembrava di non conoscere affatto Tom, e il che era vero, perché lo conosceva da pochissimo, ma non si era mai trovato in difficoltà come in quel momento. Decise che sì, era meglio dire qualcosa al moro; alla peggio non gli avrebbe risposto, no?



    -Tom?- chiamò esitante, lo sguardo ancora basso. Quando il rapper non rispose pensò di averlo chiamato troppo piano e senza darsi per vinto riprovò.

    -Tom, volevo pa- -No Bill, adesso parlo io; già un bambino è tanto, ma due! Io...tieni le chiavi- quasi urlò passando le chiavi della vecchia Wolkswagen ad un Bill confuso come mai prima. Il moro lo osservò alzarsi ed andare chissà dove, e si chiese perché doveva sempre essere abbandonato da tutti.





    -x-X-x-






    Tom grugnì per l'ennesima volta nel giro di...quanto? Due minuti?

    Si stava già pentendo per aver lasciato lì Bill, e sperò che il moro avesse preso in mano il volante dopo essersi calmato.

    Infondo lui era così, faceva le cazzate e poi se ne pentiva. Solo non aveva ancora capito che non tutti erano come Simone, e non rimanevano là ad aspettarlo e a dirgli che non importava. Gli venne voglia di sbattere la testa sul palo della luce che aveva appena oltrepassato, ma soppresse quell'idea masochista e ricominciò a camminare, stringendosi nella felpa.



    Era ormai fine Settembre e l'aria si era già fatta più fresca, mentre le foglie secche iniziavano a tappezzare i marciapiedi. L'Autunno era la stagione preferita da Tom. Gli piacevano i colori caldi che assumevano le foglie morendo, amava il clima che dalla calda Estate si preparava nel raggiungere quello freddo dell'Inverno e il fatto che potesse indossare tranquillamente le maglie a maniche lunghe e le felpe che tanto adorava senza rischiare di sciogliersi sotto il sole, e poi amava tante altre piccole cose che neppure davanti ai suoi occhi avevano un gran senso.



    Senza accorgersene aveva già raggiunto il piccolo centro di Magdeburgo. Non era molto affollato e la cosa non gli dispiaceva. Aveva bisogno di starsene solo con i suoi pensieri, e quale modo migliore che il camminare a testa bassa?



    Ripensandoci si sentiva in colpa per aver detto quella cosa a Bill, ma sperava nella comprensione dell'altro: era rimasto scioccato, e non era un'esagerazione. Negli ultimi giorni aveva pensato e ripensato alla notizia e si era relativamente preparato psicologicamente all'idea che in pochi mesi si sarebbe trovato con un pupo in braccio. Ora doveva ricominciare da capo ed immaginarsi con ben due bambini.



    Si costrinse ad alzare lo sguardo quando iniziò a scontrare la spalla con qualche passante. Non si era nemmeno accorto che il sole era praticamente del tutto calato. Si disse che avrebbe gironzolato ancora per un po’ e poi sarebbe tornato a casa, in qualche modo.



    La sua attenzione fu letteralmente presa quando passò di fronte ad una vetrina particolarmente luminosa. Si avvicinò incuriosito e, quando la punta del suo naso toccò il vetro, quasi gli cadde la mascella.

    Non può essere! Pensò tra se e se cercando di evitare di scoppiare a ridere. Fatalità? Si trovava realmente di fronte ad un negozio di articoli per neonati? Quasi non ci credeva.

    Si voltò alla sua sinistra e vide una coppia che, come lui, era impegnata ad osservare gli articoli esposti. Lei aveva una pancia che Tom avrebbe definito solo abnorme mentre lui, che la cingeva da dietro la schiena, l'accarezzava dolcemente.



    Nel girò di un secondo scarso si diede dell'emerito coglione, di nuovo. Insomma, lui avrebbe dovuto aiutare Bill in quella situazione, e invece faceva il bambino. Proprio bravo. Fece per fare dietro front e tornare di corsa a Loitsche ma, prima, volle entrare nel negozio.





    -x-X-x-







    Bill sbatté forte lo sportello dell'automobile la quale, se avesse potuto, avrebbe di sicuro ululato dal dolore. Cercò di risparmiare lo stesso trattamento alla porta di casa, cosa che però non gli riuscì granché bene.

    Appese stizzito la giacca all'appendi abiti assieme alla borsa. Era veramente, tanto incazzato.



    -Bill?- Nonna Lea apparse dalla cucina con un'espressione confusa. Il moro cercò di mascherare alla bell’ e meglio il broncio.

    -Nonna...- disse in tono lamentoso, chinandosi per abbracciarla.

    -Cosa, tesoro? Com'è andata la visita?- fece la domanda che, in fin dei conti, gli premeva di più. Bill tremò leggermente; oh sì, la visita era andata benone.



    -Si, tutto ok Nonna...e vuoi sapere la novità?-

    -Cosa?- chiese d'un tratto curiosa.

    -Sono due...- Bill lo disse così piano da pensare che la donna non l'avesse nemmeno sentito, ma quando la vide praticamente strozzarsi con la propria saliva, cambiò idea.



    Quando la donna si fu in parte ripresa non ci volle molto perché facesse due più due. Bill era arrabbiato e al contempo aveva l'umore sotto terra e lui e Tom avevano appena appreso quella notizia.

    -Non l’ ha presa bene, vero?- domandò tristemente. Negli ultimi giorni li aveva visti davvero molto affiatati, ma non era sicura che sarebbero riusciti a stare bene insieme se entrambi alzavano la bandiera bianca ad ogni difficoltà.



    -Nonna, da come parla lui sembra che sia colpa mia! Ma cosa crede, che io volevo tutto questo?!- buttò fuori frustrato.

    Nonna Lea non sapeva che dire al ragazzo; capiva la sorpresa, capiva la paura ma non riusciva a capire altro. Passò una mano sulla spalla del nipote cercando di dargli coraggio, per poi ritornare a preparare la cena.



    Bill sospirò affranto andando verso il soggiorno; si sedette sul divano; si prese la testa tra le mani. Cosa avrebbe fatto ora? Non più con uno, ma con ben due bambini?

    D'un tratto gli venne una voglia irrefrenabile di piangere ma venne salvato dal campanello che suonava. Cercò di ricomporsi e mostrare un'aria meno affranta ed andò ad aprire la porta.



    Il finto sorriso che si era stampato sulla faccia cadde non appena capì chi era di fronte a lui.

    -Cosa vuoi?- sputò acido più di un limone. Tom si grattò la guancia nel più completo imbarazzo.

    -Io,uh...volevo...- balbettò senza riuscire ad arrivare al punto. Bill sembrò illuminarsi appena.

    -Vuoi le chiavi- disse atono.

    -Io..no, volevo parlarti- riuscì a dire, rosso come un pomodoro.

    -Parla, ti ascolto-

    Tom sembrò un pò deluso da quella frase ma non si diede per vinto.

    -Non mi fai entrare?- chiese accennando un sorrisino.

    Bill borbottò qualcosa ma si fece comunque da parte e lo lasciò passare.

    -Tua nonna è in casa?- domandò l'ex rasta cercando di instaurare una discussione civile. Bill si ricordò solo in quel momento che Nonna Lea era nella stanza accanto, e nel caso avessero discusso animatamente non ci teneva che lei sentisse proprio tutto.



    -Seguimi- disse freddo guidandolo in camera sua. Aprì la porta e si sedette sul suo letto, lasciando un Tom impacciato in piedi di fronte a lui.

    -Su, che dovevi dirmi?- lo incitò il moro.

    Tom prese un respiro profondo, poi parlò.

    -Bill, io..mi dispiace, tanto! Sono un'emerita testa di cazzo quando voglio e mi dispiace averti detto quelle cose, perché non volevo! Io...- si passò una mano sul viso.

    Bill era già tentato di dirgli che non importava più ma si trattenne.

    -Ma Tom, chi mi dice che appena qualcosa va storto non ci lasci soli?- domandò il moro.



    Tom si inginocchiò di fronte a lui, gli posò una mano sullo stomaco.

    -Possono diventare tre, quattro, quanti vogliono. Ho capito di aver sbagliato Bill, e mi dispiace tanto- posò la guancia sulle ginocchia dell'altro mentre con la mano continuava ad accarezzargli il ventre.

    Bill aveva ancora voglia di piangere.

    -Prometti?- chiese con gli occhi lucidi.

    Il ragazzo annuì serio, poi si sporse verso la pancia dell'altro.

    -Voi però rimanete due, intesi?- disse dolcemente per poi dare una bacio da sopra la maglia e sedersi vicino al ragazzo.

    Bill gli si fiondò addosso tenendolo stretto a se per diversi secondi, quando l'ex rasta sembrò ricordarsi di una cosa. Spinse gentilmente Bill e infilò la mano nell'enorme tasca dei pantaloni.

    -Guarda- disse diventando rosso mentre tirava fuori dai jeans due ciucci colorati; uno rosa e uno azzurro.

    -Io, uh, ho pensato che sicuramente uno dei due andrà bene, quindi...- spiegò impacciato.

    Bill gli prese la mano stringendola non riuscendo a dirgli nulla.



    CAPITOLO V






    Thomas Kaulitz naque la fredda mattinata del sei marzo 1989 a Berlino, da Simone Kaulitz e, da quanto aveva sempre e solo detto la madre, un uomo di nome Matthias.



    I primi anni di vita li aveva passati a Berlino, vivendo in casa con Nonna, Nonno, uno zio e sua madre; successivamente, quando Simone aveva raggiunto i ventitré anni– e il piccolo Tom ne aveva appena quattro- si trasferirono a Loitsche. La ragazza era riuscita a trovare lavoro nel piccolo negozio di alimentari del paese.



    Sin dalla più tenera età Tom era sempre stato un bambino simpatico e giocherellone. Un po’ ribelle, a detta degli adulti che non fossero sua madre o i suoi parenti più stretti, ma conquistava sempre tutti grazie ai due pozzi di cioccolato che aveva al posto degli occhi.



    Poco dopo il suo sesto compleanno Simone aveva conosciuto un tale di nome Gordon, che nel giro di pochi mesi aveva cominciato a far visita in casa Kaulitz praticamente tutti i giorni. Era poco dire che il bambino lo adorasse; ogni volta che si parlava dell'uomo i suoi occhioni brillavano, estasiati, e quando lo vedeva non esitava un attimo a corrergli incontro, le piccole braccine aperte in cerca di un abbraccio, che puntualmente l'uomo gli regalava. Il bimbo non lo aveva mai chiamato papà, è vero, ma era come se lo fosse.



    Gordon aveva tirato su una scuola di musica assieme ad un suo cugino, nella periferia di Berlino. La scuola aveva riscontrato un discreto successo, e Gordon aveva iniziato a portarci Tom dopo avergli insegnato le basi della musica con il pianoforte. Il bambino se la cavava abbastanza con lo strumento, ma il suo vero talento si poté vedere solo quando iniziò a suonare la chitarra. Si era dimostrato subito in gamba già alle prime lezioni e da lì non aveva più smesso di suonare. Il suo sogno era quello di diventare una rock star, ma sapeva che era praticamente impossibile, così si era sempre accontentato di suonare con Georg e Gustav, due suoi coetanei che aveva conosciuto frequentando la scuola del patrigno, e che ben presto erano diventati i suoi migliori amici.



    Fino ad allora Tom si era dimostrato un bambino relativamente tranquillo, nonostante ci fosse ancora chi sosteneva che fosse un ribelle. Solo durante l'adolescenza si era dimostrato davvero ribelle, anche se era un termine riduttivo. Era diventato scalmanato e, nonostante fosse ancora educato e dolce sia con sua madre che con gli altri, era diventato la prima fonte di preoccupazione per Simone. Anche se la donna non lo urlava ai quattro venti era preoccupata per il figlio, ma aveva comunque fiducia in lui e sapeva che era abbastanza responsabile da non commettere cazzate.



    Crescendo anche il look di Tom era cambiato. Dai capelli corti e anonimi era arrivato a lunghi rasta e, dai vestiti "normali", era passato a maglie e pantaloni oversize, che nascondevano il suo corpicino magro. Era cresciuto e cambiato, i tratti dolci e infantili si erano tramutati in quelli più duri, da ometto, come diceva sua madre, era cresciuto di dodici centimetri nel giro di poco più di un anno e la sua voce si era fatta più bassa.



    Da quello che raccontava con perfetta nonchalance passava ogni notte con una ragazza diversa, e il tutto era abbastanza plausibile; le compagne di scuola gli sbavavano letteralmente dietro. Ma se da una parte era considerato quasi un Dio, dall'altra si era conquistato l'antipatia di quasi tutti i ragazzi.



    Inutile dire che contro tre armadi, una sera, il suo corpo magro aveva potuto ben poco. Era alto, si, ed aveva anche due belle spalle larghe, ma rimaneva comunque esile e quasi privo di muscoli. Quel fatto era successo quando lui aveva diciassette anni, e da lì aveva iniziato, oltre ad andare in palestra, a darsi una calmata. Da una ogni notte, le ragazze erano diventate due o tre a settimana, aveva iniziato ad impegnarsi seriamente nello studio e fare un po’ meno il vandalo, siccome aveva iniziato ad avere una certa reputazione come imbrattatore di muri.



    Una volta finita la scuola, Tom decise di trovarsi un lavoro. Era uscito con voti alti, ma non aveva intenzione di andare all'università. Nel giro di poco aveva trovato lavoro in un negozio di strumenti. I rasta biondi erano diventati cornrows neri e lunghi fino le spalle, i vestiti si erano ristretti di parecchie taglie -anche se rimanevano comunque larghi- ed aveva dato un giro di vite alle sue storie notturne; preferiva sapere almeno il nome della ragazza con cui passava la serata, ad esempio. Era diventato adulto e molto più responsabile, ed aveva addirittura avuto una storia di un anno con una sua ex compagna di scuola. Era stata abbastanza importante come relazione, anche perché era la prima vera volta che stava insieme a qualcuno. Poi si erano lasciati, durante l'estate del 2010, ed era stato allora che aveva conosciuto Bill…


    Note: Ce l'ho fatta :tet: Capitolo corto e insulso v.v Ma era per conoscere un pò il passato di Tom *o* Il prossimo naturalmente sarà dedicato tutto tutto a Bill *annuisce* E per la data del compleanno, Sei Marzo...bé, ve lo spiego al prossimo capitolo insieme alla data di Bill xD

    Un bacione a tutte, Ila.
     
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  4. ‚Dark_Sephiroth'
     
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    ri-eccomiiiii O.O scusami non sono più passata a leggere i tuoi chap...è un periodo un pò difficile ç___ç
    ma adesso ho recuperato :D
    però vedo che non posti più... :( ti pregoooo non mi puoi lasciare così!!!! up up
     
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  5. Pink Sniper96
     
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    Scusa se ho commentato dopo cent'anni ^^" comunque
    CITAZIONE
    -Voi però rimanete due, intesi?- disse dolcemente per poi dare una bacio da sopra la maglia e sedersi vicino al ragazzo.

    Puahaha fantastico, aspetto il prossimo capitolo per capire della data *O*
     
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  6. ‚Dark_Sephiroth'
     
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    uppa uppa up up
     
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  7. ‚darkside
     
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    Ci sono v.v Non preoccupatevi, siccome io per prima posto ad ogni morte di papa, è comprensibile che non commentiate subito ^^
    Posterò stà era credo! Un bacio ^_^
     
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  8. ‚Dark_Sephiroth'
     
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    ehilà!!! e io uppo :D
     
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  9. ‚Dark_Sephiroth'
     
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    up up up
     
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  10. Pink Sniper96
     
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    UP UP UP image
     
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  11. ‚Dark_Sephiroth'
     
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    up up up
     
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  12. Pink Sniper96
     
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  13. ‚Dark_Sephiroth'
     
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  14. ‚darkside
     
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    Salve ragazze! Penso siate tutte a conoscenza della novità per le fan fiction nel DB, vero? *-*
    Ecco, ho deciso che posterò la ff lì! Spero continuiate a leggerla ^_^
     
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  15. ‚Dark_Sephiroth'
     
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    io vorrei continuare a leggerla ma non la trovo lì O.O
     
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74 replies since 10/8/2010, 01:10   1452 views
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