Drops of Time.

AU, Twincest Not Related, Lemon, OC, Angst.

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  1. -Hysteria.
     
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    CITAZIONE (»Chemma« @ 12/2/2011, 16:28) 
    XD grazie Yle, mi sa che per le mutande dovrai aspettare un po'. Domani comunque posto lo stesso, anche se non sono andata avanti - o meglio, non sono potuta andare avanti :/ maledetta scuola. vabbe, appuntamento a domani mattina, e grazie a tutte per esserci ancora (:

    Domani posti? *-* :ossì:
     
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  2. »Chemma«
     
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    Posto ora perchè dopo non credo di esserci... grazie a tutte comunque, anche se non vi rispondo leggo sempre i vostri commenti (:



    11. Naive
    I'm not saying its your fault
    Although you could have done more
    Oh, you're so naive yet so.

    - The Kooks -



    La prima cosa che sentì non appena riprese coscienza di essere un umano, di chiamarsi Bill e di trovarsi in un letto dopo una dormita degna di lode fu la consapevolezza di non essere solo, lo percepiva ad occhi chiusi prima di tutto dal calore che ciò che lo affiancava emanava – ed era la motivazione principale per cui quello era stato il sonno migliore della sua vita –, oltre l’odore dolciastro di cui desiderava essere un dipendente, quasi come fosse una droga. Quando aprì gli occhi per accertarsi che quella sensazione di benessere non fosse solo frutto della sua immaginazione, un’ondata di sensazioni dolorosamente piacevoli lo sconvolse: le iridi chiare e brillanti di Tom erano puntate nelle sue, poco più in basso di lui, in una posizione che gli aveva dato modo di avvolgerlo durante la notte come fosse un bambino da proteggere, e aveva preso ad accarezzargli i capelli distrattamente, tanto da non essersi accorto dello sguardo dell’altro ragazzo fisso nel suo. Il traceur sembrò risvegliarsi da quello stato di trance, e l’unica cosa che riuscì a fare fu sorridere pacatamente, assottigliando gli occhi con stanchezza, non curandosi del fatto che si fossero appannati. Avevano parlato parecchio prima di addormentarsi, ogni volta che si promettevano di dormire, o dopo essersi augurati la buonanotte più volte, trovavano sempre un motivo per riprendere il discorso o per un ultimo bacio che non era mai ultimo – suonava un po’ esagerato ad entrambi, ma era impressionante come non riuscissero a fare a meno l’uno dell’altro. Inoltre, Tom non si era potuto privare di perdersi per più di qualche minuto nell’osservare Bill al suo fianco. Era stata la cosa più naturale del mondo stringerselo di poco al petto e fissarlo come a voler vegliare sul suo sonno, perdendosi in quel labirinto costituito dai suoi pensieri più disparati, primo tra tutti, il desiderio che il tempo potesse fermarsi solo per un po’, il necessario per imprimersi a fuoco nella memoria i minimi dettagli. Si era addormentato solo in seguito, pensando di volere che il suo mondo si limitasse a quello, ferito dalla consapevolezza di non averne la possibilità; pertanto, aveva pensato di godersi il momento, cercando un modo per spegnere la sua testa almeno per quella notte. Ritrovarsi poi gli occhi di Bill puntati nei suoi fu come dimenticare tutto ciò che sapeva.
    «’Giorno» sussurrò in automatico.
    Bill si limitò a cercare di reprimere un sorriso, stiracchiandosi nel tentativo di guadagnare tempo ed inventarsi qualcosa di più originale di un ‘Buongiorno’ che sapevano dire tutti. Non gli sembrava il caso di baciarlo, dato il sapore acre che si ritrovava in bocca, continuargli a sorridere come un ebete non avrebbe portato a molto.
    «Cielo color vaniglia. Mi piace.» disse come se fosse la cosa più normale del mondo, tenendo lo sguardo fisso fuori la finestra, oltre le spalle di Tom. Il traceur lo fissò perplesso, figurandosi lo scenario lì fuori, nonostante preferisse guardare ciò che aveva davanti a sé.
    «Che ore sono?»
    Non si perse neanche un movimento del moro, intento a cercare la sveglia lì accanto. «Le sette e mezza.»
    Tom sbuffò lievemente solo al pensiero di ciò che lo aspettava, soprattutto dal momento in cui avrebbe ripreso la sua monotona routine, lontano da quel letto.
    Bill lo imitò, richiudendo gli occhi, senza abbandonare quel sorriso beato. «Troppo presto per alzarsi.»
    «E troppo tardi per tornare a dormire.»
    Lo fissò interrogativo, decidendo di lasciar perdere, e dopo l’ennesimo sbadiglio perse qualche minuto per osservarlo. Ancora non si capacitava di come, dopo tutto il tempo che aveva passato solo guardandolo, gli sembrava di non averlo mai visto, per questo ogni volta era come la prima. Scacciò quell’inutile pensiero, meravigliandosi della sua veridicità. Sbuffò in una risatina senza un reale motivo, o forse perchè l’aria sopra di loro stava diventando decisamente troppo pesante e seriosa anche per i suoi standard – il fatto che poi si sentisse euforico come un bambino il giorno di Natale o come un tossicodipendente in piena estasi era un’altra storia.
    «Colazione?» disse alzandosi di scatto, incrociando poi le gambe e sperando in una risposta affermativa da parte del moro, il suo stomaco iniziava a reclamare.
    Tom lo guardò dal basso, e non poté impedirsi di sorridere davanti alla solarità di Bill, nonostante la sua routine fosse stata stravolta nel peggiore dei modi: per lui era come essere stato svegliato di notte, quelle poche ore di riposo non sarebbero andate a vantaggio della giornata pesante che aveva in programma – o meglio, che gli avevano programmato. Cercò di distrarsi da quei pensieri che altrimenti lo avrebbero solo demoralizzato, per questo non si fece troppi problemi quando, troppo stanco anche per pensarci, trascinò con un impeto calcolato Bill verso di sé, facendo attenzione a non essere troppo violento nel momento in cui praticamente lo forzò a far congiungere le loro labbra. Al ragazzo non sembrò dispiacere, anzi, fu lui a prendere l’iniziativa e a prolungare quel contatto per più di qualche secondo. Alla stessa velocità poi si vide costretto ad allontanarsi dal ragazzo che stava sovrastando, nonostante quella circostanza era bastata di gran lunga a distrarlo da quegli insopportabili bruciori di stomaco.
    «Caffè?» domandò una volta raggiunta la cucina, dove lui si era già diretto verso il pensile per prendere ciò di cui aveva bisogno, mentre Tom si limitò a sedersi ad una delle tante sedie tra uno sbadiglio e l’altro, osservando Bill con una mano sotto il mento come per reggersi la testa.
    Neanche sentiva più ciò di cui stava parlando animatamente, qualcosa riguardo la sua vecchia casa o qualche guaio che aveva combinato tra quei fornelli, non che non gli interessasse, ma gli era stato impossibile seguire il filo del discorso. Stava imparando che Bill poteva essere la persona più logorroica della Terra, in perfetta contrapposizione alla sua determinazione, nascondendo in fondo un carattere riservato e quell’ingenuità che rendevano il suo carattere il più controproducente che esistesse. Anche se non stava prestando particolare attenzione alle sue parole, badò a non perdersi neanche un movimento del ragazzo, e non poteva farci niente se era semplicemente interessante da guardare.
    Sembrò risvegliarsi da quello stato di trance nel momento in cui cominciò a disporre sul tavolo qualsiasi cosa che sarebbe potuta sembrare una colazione, nella perfetta imitazione di una cameriera tutto fare. Si schiaffeggiò mentalmente un paio di volte per averlo solo pensato, concentrandosi sul suo caffè mentre Bill prendeva posto al suo fianco.
    «Allora, cos’hai da fare oggi?» chiese, soffiando nella sua tazza.
    Il moro dovette seriamente pensarci per qualche minuto, sperando che la caffeina facesse al più presto il suo effetto, ricordandosi poi della noiosa giornata che lo aspettava. «Solite cose,» rispose senza impegno «allenamento e poi non so, uhm..»
    «Che ne dici se..» iniziò l’altro titubante, approfittando dell’incertezza del traceur «se una sera di queste usciamo, intendo.. io e te?»
    Tom sorrise sornione capendo subito ciò a cui Bill voleva riferirsi. La maggior parte delle volte in cui avevano deciso di passare una serata insieme era stato inevitabile che ci fosse stata anche il resto della compagnia di Tom, era in un certo senso normale che Bill desiderasse qualcosa di più, ora che.. beh, ora che potevano quasi dire di conoscersi. «Certo.»
    «Aw,» sospirò sorridente «domani sera va bene? Cioè, se ti va, dico-»
    «Perfetto» lo interruppe, precedendo il suo preludio di giustificazioni «ti chiamo o passo direttamente a prenderti, mh?»
    Vide il suo sorriso allargarsi, allungandosi poi per lasciargli il fantasma di un bacio sulle labbra mentre si alzava per riporre le tazze nel lavandino.
    Il traceur non realizzò ciò che aveva fatto fino a che non si rese conto di aver sporto di poco le labbra, restando di stucco. Si sentì sedotto e abbandonato, ma non ci sarebbe stato: per questo decise di vendicarsi con la stessa moneta.
    Raggiunse con un paio di passi il moro che gli dava le spalle, intento a sciacquare le due tazze, cingendogli i fianchi da dietro e facendo una breve pressione affinché si voltasse. Il poco tempo che gli concesse per aprir bocca non gli bastò per pronunciare qualche parola, perché aveva già provveduto a posare le proprie labbra su quelle fortunatamente già dischiuse di Bill: non fu quindi difficile – anche se non lo sarebbe stato comunque – per lui fare una piccolissima pressione con la propria lingua nella bocca di Bill, invitandolo ad andare oltre. Il moro non esitò e non impiegò molto a realizzare ciò che Tom aveva fatto; pertanto, si premurò di cingergli il collo con le braccia, suggerendogli di avvicinarsi, mentre quest’ultimo inclinava di poco la testa per potersi dedicare completamente all’altro.
    Fu probabilmente un paio di minuti dopo che Bill, staccandosi il minimo per riprendere fiato, arrossì ancora di quanto già non fosse a causa dello schiocco che aveva causato, vedendo alle spalle del traceur Simone, poggiata comodamente allo stipite dell’ingresso.
    «M-mamma!»
    «No, no, continuate pure» rispose ironica, sapendo di non aver motivo di arrabbiarsi davvero.
    «Stavamo solo...»
    Tom si schiarì la voce, passandosi una mano dietro al collo, chiaramente imbarazzato. Guardò Bill in cerca di un aiuto, ma il massimo che riuscì a fare l’altro ragazzo fu tentare di trattenere una risata.
    «Sei sempre così mattiniero, Tom?» continuò Simone, versandosi ciò che rimaneva del caffè con tutta la nonchalance del mondo.
    Il ragazzo non ebbe modo di rispondere poiché Bill lo precedette. «Sì sì, era venuto a portarmi la colazione, ma ora stava proprio andando, vero, Tom? Farai tardi all’allenamento, su.»
    «Ciao caro, buona giornata.» lo salutò la donna in tutta calma, mentre i due si apprestavano a sparire dalla stanza senza volerne sapere più niente.
    Dopo essersi salutati, Bill fu costretto a passare nuovamente davanti la cucina per potersi dirigere verso le scale, ma la voce di sua madre lo trattenne: se si fosse trovato in un manga avrebbe visto il suo volto ghiacciarsi, gli occhi sbarrarsi tanto da sembrare completamente bianchi e la mandibola quasi rasentare il pavimento.
    Simone sorrise beffarda nell’osservare l’espressione stravolta di Bill: i capelli leggermente scompigliati, le guance arrossate, le labbra gonfie e lucide, per non parlare dei suoi occhi. «Bill, devi dirmi qualcosa?»
    Il moro arrossì all’inverosimile. «Non guardarmi così!»

    *


    Dopo un po’, il bruciore che sembrava volergli consumare i quadricipiti diventava anche piacevole, perché più che il momento esatto in cui il dolore si generava, ciò che faceva più male erano i secondi che ne seguivano. Il segreto per sopportare il dolore era farselo piacere, concentrarsi sull’adrenalina che scorreva in ogni singola fibra dei muscoli sotto pressione e soprattutto mantenere la vista aperta a trecentosessanta gradi. Poteva passare come un pensiero masochistico, per questo preferiva concentrarsi su ciò che aveva davanti e non su se stesso né tanto meno alle conseguenze. Infatti, in quel momento, Tom non vedeva altro che il muro che tra una ventina di metri si sarebbe trovato davanti senza avere molte possibilità: prese la rincorsa sufficiente, premendo sugli stessi quadricipiti che chiedevano invano pietà, e senza che neanche se ne rendesse conto, il suo piede sinistro era già contro il suddetto muro a più di due metri dal suolo, mentre le sue braccia sudate già si slanciavano verso l’alto in cerca di un piano su cui appoggiarsi, che trovarono la frazione di secondo dopo. Con l’ausilio dell’altra gamba riuscì a spingersi maggiormente verso l’alto, puntando all’estremità del muro, mentre il lavoro maggiore era compiuto dalle braccia: impresse tutta la forza che aveva in bicipiti e tricipiti ormai sviluppati affinché potesse distenderli il più possibile, sollevandosi in modo da avere lo spazio necessario per portare anche le gambe oltre il muro. Riuscì così a superarlo, cadendo dall’altra parte del muro salvando appena in tempo le sue gambe da una possibile rottura servendosi di un morbido Rolling, riprendendo poi la sua corsa sfrenata verso il gruppo che qualche metro più avanti lo stava aspettando. A mano a mano che si avvicinava la sua corsa scemava, così come le forze che lo abbandonarono definitivamente, costringendolo a doversi distendere sul muretto sul quale sedevano comodamente gli altri cinque.
    Kim fischiò per il moro, sinceramente meravigliata per ciò che aveva appena fatto. «Capperi, Spid, è stato uno sballo atomico.*»
    Il moro, supino sul muretto ancora ansimante, ridacchiò, mantenendo gli occhi chiusi. «Dovresti sentirti.»
    «Davvero niente male, Tom,» sentenziò Gustav mentre ricontrollava i suoi preziosi appunti «tre minuti e quindici, Wall Upperfetto e resistenza a dir poco-»
    «Strabiliante!»
    «Sì.. strabiliante.»
    La bionda poté quasi notare l’enorme goccia di sudore che si era formata sulla fronte del biondo e i suoi occhi ridotti a due trattini orizzontali, chiaramente perplesso dal suo solito carattere espansivo, ma ormai era abituata a quelle occhiate e sfidava chiunque a non apprezzare quella sua caratteristica.
    «Direi che per oggi può bastare, ragazzi,» annunciò Gustav, mentre il resto del gruppo si radunava intorno ai tre. «Tom, Andreas avrebbe bisogno di una mano con il Wall Run, saresti disposto a dargli una mano?»
    «Mh-mh» mugugnò il moro, ancora disteso con tanto di occhi chiusi.
    «Allora a domani, stesso orario – hey, Evan, vedi di essere puntuale o ti tocca.»
    «Anche Georg è sempre in ritardo eppure a lui non sborsa mezzo euro per offrire una birra ogni tanto!»
    Tom si tenne automaticamente fuori da quella discussione troppo impegnativa, decidendo all’istante che tutto ciò che avrebbe fatto sarebbe stato trascinarsi fino al suo appartamento – fortunatamente non molto distante da quel parco, anche se la prospettiva di dormire su quel muretto era allettante. Non seppe mai come, probabilmente con l’aiuto di Kim, si tirò in piedi e dopo essersi stiracchiato per bene, fingendo di stare solo poggiando un braccio dietro le spalle della bionda, trovò un appiglio sicuro per il suo ritorno a casa.

    *


    Dopo un po’ aveva anche smesso di portare il conto dei messaggi che aveva inviato o delle chiamate a cui ovviamente non aveva ricevuto risposta, così come, dopo la prima mezz’ora passata su quel divano ad aspettare, aveva rinunciato a sperarci. Tom si era semplicemente dimenticato di quello stupido appuntamento, o forse si era dimenticato di lui, o più probabilmente aveva trovato qualcosa di meglio da fare che sprecare il suo tempo, fine della storia. Non era tanto per il trucco che aveva sprecato, o le ore intere che aveva dedicato a curare tutto nei minimi particolari, su quello ci avrebbe messo una pietra sopra nel momento in cui il traceur si sarebbe – forse, in una possibilità molto remota alla realtà che attualmente Bill credeva di aver capito – ripresentato alla sua porta con uno dei suoi sorrisi smaglianti più falso degli altri, perché aveva bisogno di essere perdonato da Bill – cosa che lui avrebbe ovviamente fatto, incapace di portare rancore. Era proprio il fatto che lui non aveva pensato ad altro, basandosi su fantasie che sarebbero rimaste tali, per non pronunciare la parola illusione. Circa metà della sua vita era stata fondata su un mucchio di bugie delle quali ne aveva subito le conseguenze solo in seguito, questa sarebbe stata solo l’ennesima esperienza da aggiungere alla lista, non gli importava neanche che posizione occupasse. In realtà, in quel momento, seduto scialbamente sul divano, cambiando canale alla tv giusto per ricordarsi di essere in vita, non gli importava davvero più di nulla, nonostante avesse l’impressione che pigiare meccanicamente un bottoncino non fosse poi di grande aiuto. Aveva fortunatamente perso anche il conto delle cazzate che la sua mente stava partorendo, per questo sperava solo di trovare alla svelta un modo per spegnersi la testa, in modo da addormentarsi facilmente. Al suo risveglio forse non sarebbe cambiato molto, ma almeno avrebbe potuto archiviare quanto accaduto per un minimo di cinque ore.
    Il problema ricorrente che lo aveva rovinato per venti anni era probabilmente proprio il fatto che a lui importasse tutto ciò che entrava o sembrava entrare a far parte della sua vita. E a lui importava di Tom.
    Gli stava dedicando il suo tempo, il suo spazio, una parte di lui che pochi avevano visto, sommariamente solo Brian ed Ashley, nonostante avesse avuto diverse relazioni, e il fatto che non fossero durate più di due mesi la diceva lunga. Lui e Tom si conoscevano da quanto, un mese?, eppure sentiva di potersi fidare di lui. O meglio, si era fidato di lui fino a quella sera, quando, probabilmente, da una minuscola dimenticanza come quella che aveva avuto il traceur – che forse avrebbe dovuto ricordarsi fosse un normalissimo umano –, erano iniziate a sorgere nella sua testolina contorta questioni apocalittiche. Tipico di Bill Trümper.
    A lui importava di Tom... ciò che si domandava ora era quanto a Tom importasse davvero di lui.





    Capperi, Spid, è stato uno sballo atomico.»: citazione tratta da Skins (che io amo ♥)



    Note: no, non sono scomparsa, ecomi qui, sebbene dopo due settimane o più, credo di aver perso la concezione di tempo. Spero mi perdonerete un giorno di questa incostanza, non dico che è stato inevitabile per me e non ho giustificazioni al riguardo. Mi dispiace solo di aver tralasciato questa storia per dedicarmi alla shot del contest - ma non solo - perchè Drops è una parte di me, e sicuramente il fatto che continuo a sprecare il mio tempo non potrà non incidere su di essa già a partire da questo undicesimo capitolo. Senza rendermene conto in esso ho fatto trasparire alcuni dettagli non irrilevanti per la storia, soprattutto nell'ultima parte, totalmente introspettiva e dedicata a Bill. La descrizione di Tom credo sia stata la prima che ho fatto con più accuratezza e spero si sia capito qualcosa, ho comunque voluto inserire i video per farvi capire meglio di cosa stessi parlando (:
    E poi niente, credo sia tutto. Scuola permettendo cercherò di andare avanti e di superare questo blocco con DOT, non me lo permetterei mai :/ buona domenica e buona settimana a tutte : )
     
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  3. ylè k.
     
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    Ma puoccionno Chemmush ♥ Il capitolo mi piace tanto, Simone è meravigliosa! Ahahah *-*
    E comunque sì, abbiamo capito che Bill è preso e Tom pensa solo a saltellare sui muretti, però forse è arrivato il momento di chiarirsi le idee, mmh Tom? Ma speriamo, perchè così Tom non è tanto miao çwç E non voglio che Bill stia male! Beh, attendo il prossimo capitolo çwç
     
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  4. Humanoid_Tomi Lover
     
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    avviso per Tom...svegliaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!
    hai uno che inizia seriamente a pensare a te e tu salti sui muri????naaah un pò di serietà ragazzo mio...
    Simone a sgamarli è stata grandissima
    vediamo cosa succede....non credo Tom la passerà liscia dopo aver dato buca a Bill....
    a prestoooo
     
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  5. »Lost Soul;
     
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    Ed eccomi qui :3
    Avevo visto che c'era il nuovo chap ma ieri non avevo proprio voglia di leggere D: stasera ho recuperato! Troppa curiosità!
    Bill e Tom sono chiaramente stupendi insieme, mi piacciono troppo e tra loro c'è così tanta passione, diamine. La cosa che mi spiazza sempre è che ogno volta, dopo una scena idilliaca come quella dell'inizio chap, le cose finiscono per peggiorare, come sempre a causa di Tom.
    Ovviamente non penso si debba interpretare la sua dimenticanza come un qualcosa di volontario, ma resta il fatto che sta facendo soffrire, anche non poco, Bill. Il moro, nonostante sia paranoico di suo, non ha tutti i torti, diciamocelo! Io al suo posto, avrei finito per comportarmi allo stesso modo.
    Tom, così, sta solo perdendo tempo prezioso che potrebbe utilizzare per capire cosa vuole davvero, perché a questo punto mi sta sorgendo il dubbio che non sia più così tanto preso da Bill :/
    Si dimentica di lui troppo spesso, per i miei gusti.
    Un bacio :*
     
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  6. »Chemma«
     
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    CITAZIONE (»Lost Soul; @ 14/2/2011, 22:36)
    La cosa che mi spiazza sempre è che ogno volta, dopo una scena idilliaca come quella dell'inizio chap, le cose finiscono per peggiorare, come sempre a causa di Tom.

    Questa è Drops, Rache :3 hai centrato in pieno. I tuoi commenti sono sempre preziosi e molte volte credo abbia capito più tu che io come stanno andando le cose. Ti ringrazio infinitamente ♥
    Grazie anche a voi Sere e Yle :')
     
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  7. »Lost Soul;
     
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    CITAZIONE (»Chemma« @ 15/2/2011, 14:06) 
    CITAZIONE (»Lost Soul; @ 14/2/2011, 22:36)
    La cosa che mi spiazza sempre è che ogno volta, dopo una scena idilliaca come quella dell'inizio chap, le cose finiscono per peggiorare, come sempre a causa di Tom.

    Questa è Drops, Rache :3 hai centrato in pieno. I tuoi commenti sono sempre preziosi e molte volte credo abbia capito più tu che io come stanno andando le cose. Ti ringrazio infinitamente ♥

    Wow! Mi hai spiazzata con questa risposta, credimi :3
    Non c'è bisogno di ringraziarmi, non mi stancherò mai di dirtelo! Un bacione :*
     
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  8. lady tokio 483
     
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    Sono troppoooo coccolosi insiemeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.
    Tom però secondo è un pò stronzo già già.
     
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  9. »Chemma«
     
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    Piccolo Avviso:
    Buonasera/notte/giorno u.u non chiedetemi perchè sono qui a quest'ora, comunque ho deciso di approfittarne per postare questo capitolo siccome immagino che è da molto che aspettate. Molto probabilmente sposterò Drops sul nuovo sito di fan fiction, anche perchè per quanto riguarda la scrittura sono solo al capitolo 13, e quindi mentre spero di continuare a scrivere potrei postare da capo sul sito. Devo pensarci meglio, comunque per ora trattatemi bene questo capitolo che mi piace un po' di più degli altri :°


    12. Everybody’s fool
    «At this moment, there are 6.470. 818. 671 people in the world.
    Some are running scared. Some are coming home…»



    Che lui ricordasse, non aveva assunto alcun tipo di alcolico, stupefacente o qualsiasi altra sostanza che nel giro di qualche ora gli avrebbe distrutto il cervello, eppure Tom sentiva proprio quel tipo di devasto interiore ed era allo stremo delle forze tanto da non avere neanche il coraggio di aprire le palpebre, temendo il dolore atroce che avrebbe dovuto sopportare. Compì questo enorme sacrificio solo pensando che il letto in cui giaceva scompostamente era diventato decisamente caldo, gli sembrava di star bruciando nelle fiamme dell’Inferno e se non avesse aperto la finestra sarebbe soffocato nella sua stessa aria. La prima cosa che pensò di fare fu di fiondarsi sotto una doccia ghiacciata di un minimo di venti minuti, ma quando sentì il cellulare squillare per l’ennesima volta cercò di mantenere la calma e si limitò trovarlo il più in fretta possibile, prima di sentire ancora quel rumore insopportabile ed avere una crisi di nervi. Sospirò, sconfortato dal pensiero di non potersi più riaddormentare, e quasi non badò allo schermo ancora illuminato del piccolo apparecchio; quando poi fece per avvicinarlo di poco, sperò solo di essersi sbagliato e che quei sette messaggi e le undici chiamate senza risposta che leggeva sul display fossero solo frutto della sua immaginazione. Fece il possibile per mettere alla svelta a fuoco la vista che non voleva collaborare, ma quando si trovò il cellulare ad un palmo dal naso ed aveva ripreso coscienza delle azioni che compieva, poté appurare che, no, non se l’era immaginato. Inutile dire che, quei pochi neuroni che gli erano rimasti, bruciarono solamente alla vista di tutte quelle letterine minuscole, e questo perché non volle leggere oltre le righe dei vari sms, altrimenti il suo cervello sarebbe esploso seduta stante. Quando poi realizzò davvero che era stato unicamente Bill a cercarlo – seppur in modo piuttosto scostante, se così si può definire un intervallo tra i quindici secondi, i tre e i dieci minuti –, capì che non avrebbe potuto mai farcela senza una drastica, lunga, e sperava efficace doccia ghiacciata per schiarirsi i pensieri.

    Tom era certo di non aver analizzato neanche il suo problema di geometria alla maturità così intensamente per poter trovare una soluzione al casino che, a quanto pareva, era stato lui stesso a combinare. A niente era servita la doccia, la colazione, i tre caffè totali che aveva dovuto bere per calmarsi e le due sigarette che erano volate via nell’arco di una sola mattinata, per cui l’unico modo che gli era rimasto per concentrarsi e prendersi del tempo per sé era vagare senza meta per quella città di cui ormai conosceva ogni angolo. Nonostante i buoni propositi che si era prefissato uscendo di casa, arrivato già ai pressi del suo amato PK’s Park, i suoi pensieri continuavano ad avere le sembianze di un gomitolo infinito che un gattino dispettoso si divertiva ad aggrovigliare ogni volta che sembrava vicino ad averne trovato il capo. Un gattino dal pelo nero e lucido, due occhi d’ambra, le unghie affilate e con tanto di medaglietta con su inciso ‘Bill’.
    Per sua fortuna, Gustav aveva concesso al gruppo la grazia di riposarsi almeno quel giorno, calcolando che l’allenamento del precedente pomeriggio non era stato proprio leggero, ed era in quei momenti che Tom stesso si meravigliava nel constatare che anche Gustav avesse un cuore umano e non fosse arrivato ancora a considerarli degli automi.
    La rigidità che tutt’ora faticava a caratterizzare il biondo ventiduenne non era mai stata la sua principale qualità, tutt’altro: pur essendo sempre stato un tipo introverso e razionale, anche Gustav era stato un sostenitore di feste improvvisate, lunghe giornate di riposo, altrettanto durature uscite serali tra una cena all’Oblivion e un giro per la città, per non parlare delle gare a non finire che disputavano tra di loro – diventato ora un vero e proprio rito. Insomma, erano pur sempre stati adolescenti o comunque giovani e in un modo o nell’altro sapevano come divertirsi responsabilmente, e non avrebbero potuto immaginare come le cose sarebbero potute andare diversamente, non quando avevano tacitamente deciso di dedicare la loro vita al Parkour, la cosa che più di tutto aveva fornito loro la base per l’amicizia che li legava.
    Tutto era andato bene finché, come se un regista avesse deciso di strappare un po’ di pagine dal copione di quel film da oscar, l’incidente di Gustav aveva sconvolto più che le loro vite, le loro convinzioni, l’idea di poter riempire le loro vite solo con il Parkour, il loro divertimento e tutto ciò in cui avevano vissuto per quegli anni. Era stato chiaro fin da subito che non poteva essere una cosa semplicemente da ignorare, bastava immaginarsi nei panni dell’amico per capire il perché della sua rigidità, della prudenza che prestava in ogni sua azione e della sua maschera di impassibilità che aveva imparato a indossare ammirando i suoi compagni allenarsi duramente.
    Era per questi motivi che Tom doveva spesso ricordarsi di non poter semplicemente mandare tutto al diavolo e non esitare ulteriormente a preparare una valigia, un biglietto aereo e raggiungere Kirsten a Londra. Ma poi ripensava a tutto quello che lui e il suo gruppo avevano dovuto passare prima di arrivare al punto in cui si trovavano ora e si ripeteva che, no, non era proprio il caso di gettare la spugna. Gustav non aveva quasi perso un ginocchio per niente, lui non aveva sprecato otto anni della sua vita e in fondo l’undicenne che piangeva per una sbucciatura alle ginocchia al suo primo tentativo di un nuovo trick, l’adolescente amante delle feste, dell’alcol e del piacere vivevano ancora in lui e l’avevano portato in un modo o nell’altro ad essere la persona di cui finalmente andava fiero.
    Ma prima le cose erano diverse e soprattutto, prima non c’era Bill.

    «Some tell lies to make it through the day.
    Others are just now facing the truth.»


    Aveva passato due o forse tre, o forse addirittura qualche giorno di più ad arrovellarsi sui suoi pensieri tipicamente sconclusionati, finendo poi per perdere del tutto la concezione di tempo. Non che gli interessasse particolarmente sapere con precisione che giorno fosse nel mondo, non quando la sua mente era rimasta come bloccata a quella sera dove si era semplicemente limitato ad abbandonarsi sul divano del soggiorno, ripensando ai due mesi precedenti. Era il massimo che era riuscito a fare anche per i giorni seguenti: la sola idea di mettere piede fuori di casa da solo lo angosciava da quando aveva scoperto quanto fosse euforico solo nel prepararsi col pensiero che c’era Tom ad aspettarlo. Aveva preso in considerazione l’idea di tuffarsi a peso morto sui libri, che era il motivo per cui aveva deciso di passare quei quattro mesi con Simone e Gordon per potersi preparare all’imminente test d’ingresso all’università, un tentativo che era fallito senza nemmeno essere intrapreso.
    Uno dei suoi difetti quando si ritrovava da solo – o quando credeva di esserlo –, era di non riuscire a celare le sue emozioni, rendendosi così praticamente un libro aperto: guardandosi allo specchio lui stesso poteva scorgere l’ombra scura e la nuvoletta grigia che tuonava e piovigginava costantemente che lo perseguitavano; per non parlare delle occhiaie scure e dei capelli che aveva deciso di ignorare completamente, lasciando pure che somigliassero ad un nido di uccelli.
    Era per questa serie e ulteriori motivi che Simone non aveva potuto fare a meno di ignorare le condizioni di Bill, per un po’ si era anche chiesta se non si fosse beccato un’influenza o cose del genere, ma dal momento in cui non l’aveva sentito lamentarsi né strepitare da una parte all’altra della casa che sarebbe potuto morire anche con una semplice febbre – tipico del figlio sulla strada giusta per l’ipocondria –, aveva seriamente iniziato a preoccuparsi.
    «Ciao tesoro, come va, tutto bene?» cominciò impedendosi di gettarglisi tra le braccia e violentandosi per mantenere su un sorriso quanto meno credibile – ovviamente anche fingersi così entusiasta da contagiarlo rientrava nel suo piano. Poteva vantare un certo carisma, ma nelle sue fasi di depressione Bill era davvero più duro di una roccia.
    «Hm-hm.»
    ...come in questi casi. Ma la donna non demorse, cominciando a saltellare di qua e di là, sistemando anche gli oggetti già in ordine, giusto per tenersi le mani occupate ed impedirsi di dare uno scossone a Bill tentando di ridargli un minimo di vita.
    «Hey, Bì, sai che giorno è oggi?» trillò improvvisamente gettando un occhio al calendario.
    «Uh, il tuo compleanno? Auguri in ritardo, scusa-»
    «Ma che dici, no!» fece per dirigersi in cucina ma si bloccò improvvisamente accanto al divano, prendendosi due secondi calcolati per studiare Bill, che con l’apatia dipinta in volto cambiava canale senza davvero guardare la tv. «Oggi è il dieci agosto, sai cosa fanno qui a Lipsia?»
    «No, cosa?» rispose, pentendosi della sua probabile acidità, in fondo aveva capito che Simone voleva solo tirarlo su di morale, ma in quel momento non riusciva davvero a fare a meno di odiare qualcosa.
    «Mettono un sacco di bancarelle lungo il viale che conduce alla piazza! Che ne dici se ci andiamo stasera, solo tu ed io?» cercò di essere il più convincente possibile, servendosi anche di un occhiolino ben studiato, ma che non bastò neanche a smuovere un angolo delle labbra di Bill.
    «Sì, va bene» rispose meccanicamente senza aver ascoltato davvero. Fu quando sentì la mano che prima reggeva il telecomando improvvisamente vuota che si voltò per trovare la donna di fianco a lui, mentre spolverava casualmente la tv finalmente spenta.
    «Perché non vai a farti una doccia? Uh, di solito hai un profumo così buono.»
    «Ma-»
    «Su, il pranzo sarà pronto tra poco, e ricordati di sistemare i panni.»
    Simone sorrise minacciosa, mentre in realtà si stava solo chiedendo cosa di sbagliato stesse andando in Bill.

    *


    Non aveva pensato seriamente di poter arrivare ad odiare persino qualunque odore diverso dal suo o da quello che ormai era diventata la sua dipendenza, ma in quel momento Bill non poté impedirsi di storcere il naso e di desiderare solamente che quel supplizio finisse il più presto possibile. Ne avrebbe potuto semplicemente dedurre il contrario solo guardando l’espressione sorridente di Simone, pari a quella dei bambini che gli ruotavano intorno rischiando quasi di farlo inciampare – ed era sicuro che fossero loro dei puffi e non lui uno stangone di un metro e ottantatre –, ma neanche si sorprendeva del fatto che non gli importasse davvero nulla di ciò che lo circondava. Per questo non si era preoccupato neanche di agghindarsi come al solito: gli erano bastati un paio di jeans e una t-shirt, i primi che aveva trovato sulla sedia, un paio di scarpe piuttosto vecchie, a giudicare dalle sfilacciature e dalle macchie sulle punte, giusto una linea di matita intorno agli occhi per ridare loro una forma e un paio di strati di correttore per schiarire la traccia delle occhiaie che avevano iniziato a scomparire con il lungo sonno di quel pomeriggio. Non si era nemmeno premurato di sistemarsi i capelli che ora ondeggiavano scomposti sulle sue spalle, un po’ arruffati in cima dal venticello che tirava quella sera, ma aveva deciso di concedere loro un giorno di libertà dalla piastra, tanto comunque non sperava di incontrare nessuno delle poche persone di sua conoscenza. Forse un po’ ci sperava, ma sapeva che la Fortuna aveva deciso da tempo di depennarlo dalla sua preziosa lista dorata, quindi sapeva che la cosa fosse del tutto inutile, quasi quanto provare a far tacere quella piccola parte della sua testa che gli diceva che non tutto era perduto. Fu per sbarazzarsi proprio di quella specie di grillo parlante che girava a vuoto nel suo cervello che si limitò a seguire in fretta Simone, già persa tra i banconi di una bancarella di vestiti usati.
    Non era passata neanche una mezz’ora, ma alla fine si era lasciato contagiare dall’entusiasmo della madre che strepitava da una parte all’altra, già figurandosi i mille vestiti o accessori che avrebbe potuto ricavare da una semplice camicia solo un po’ sfilacciata. Ritrovandosi poi di nuovo a camminare in mezzo a quella gente sconosciuta, aveva già sentito l’effetto della spensieratezza scomparire, ma cercò di sforzarsi nel tener su quel finto buon umore almeno in presenza della madre – in fondo, se non fosse stato per lei, in quel momento si sarebbe trovato ancora a casa collassato sul divano.
    «Terra chiama Bill, ci sei?» disse Simone, ‘bussando’ sulla sua testa per richiamare la sua attenzione.
    «ET telefono casa,» rispose il moro, sforzandosi in un sorriso e provando ad imitare la voce del piccolo alieno.
    «Io direi più Alieno cerca amore
    Bill si bloccò nel bel mezzo della folla, giusto in tempo per cogliere il sorriso beffardo della donna, che riprese subito a camminare avanti a lui. Neanche si era reso conto di essere rimasto letteralmente a bocca aperta, calcolando quanto potessero essere vere o meno. Certe volte l’intuito materno di Simone lo spaventava.
    «Bill, guarda!» il moro si apprestò a raggiungere la donna che si era fermata davanti ad un camioncino dalle luci colorate ed un meraviglioso profumo di zucchero. «Ti andrebbero delle caramelle gommose?»
    Il ragazzo arrossì, e il sorriso che gli nacque sulle labbra era sincero, non era mai troppo grande per una sana dose di orsetti gommosi per tirarsi su di morale.
    Avanzò di qualche passo per far sì che l’uomo dietro al bancone sentisse le sue richieste, sentendosi davvero più felice quando sentì il peso del sacchetto tra le sue mani – un po’ meno quando Simone gli lanciò praticamente addosso tutte le buste che aveva per poter recuperare il portafogli. Simone sembrava appena uscita da un manga, sapeva sempre come dover prendere Bill e sapeva cogliere la più piccola sfumatura nella sua voce, riconosceva i momenti in cui ascoltarlo e quando fargli capire dove aveva sbagliato. Poteva sembrare la sua migliore amica, e forse un po’ lo era, forse più di Ashley.
    «Hey, cosa stai aspettando?» neanche si era reso conto che Simone aveva finito di armeggiare con la sua borsa. «Uh, andiamo un attimo lì!» disse indicando qualcosa di imprecisato dal lato opposto della strada.
    Voltandosi non si rese nemmeno conto di dove si trovasse - ma soprattutto, da dove era sbucata tutta quella gente? Gli sembrava di trovarsi sul margine di un fiume costituito da tutti quei colori che, confondendosi, creavano una grande macchia sbiadita davanti a lui, facendogli temere di attraversare.


    «Six billion people in the world, six billion souls.
    And sometimes... ...all you need is one.»



    Cercò di ritrovare la donna sull’altra sponda, ma tutto quello che riuscì a fare fu rimanere lì immobile con gli occhi sbarrati nel momento in cui gli sembrò di vedere quella testa bionda, immobile tra la folla, che lo osservava impassibile dal marciapiede opposto. Ma poi si disse che, no, Ashley non poteva semplicemente essersi materializzata fino a lì, né tanto meno credeva più che fossero così telepatici che lo aveva sentito mentre la pensava, teletrasportandosi poi immediatamente da lui. Anche se fosse stato vero, comunque, cosa avrebbe dovuto fare? Lo sguardo serio, la bocca serrata e il volto impassibile che aveva immaginato su di lei non doveva essere poi così lontano dalla realtà, eppure..
    «Ci mancavano solo le allucinazioni.» pensò rassegnato, attribuendo la colpa alle luci psichedeliche della festa in corso e cercando di muoversi da lì.
    Inutile dire che la cosa gli fu impossibile: la gente si muoveva frenetica avanti e indietro in un movimento del tutto monotono, riuscì ad avanzare appena di qualche passo per trovarsi in quella sorta di circolo
    infernale, dopo di che fu costretto a fermarsi nel primo spazio vuoto che raggiunse con poche difficoltà.
    Fece appena in tempo ad alzarsi sulle punte delle vecchie scarpe rovinate per cercare Simone, che questa volta fu sicuro di non esserselo immaginato, quello sguardo ormai conosciuto a pochi metri – o meglio, poche persone – di distanza, fisso proprio nel suo.
    Neanche ci pensò a muoversi da lì, era sicuro che sarebbe precipitato nella voragine inesistente che si sentiva sotto i piedi se avesse mosso solo la punta dei piedi. Si limitò quindi ad osservare il ragazzo dai lunghi cornrows neri che tentava di avanzare verso di lui: teneva lo sguardo fisso sul ragazzo come a proibirgli anche solo di pensare ad una via di fuga.
    Bill non riusciva a pensare, e in quel momento era in corso dentro di sé una battaglia non indifferente che lui avrebbe dovuto concludere nel giro di qualche istante. Sapeva di essere impossibile, specie dal momento in cui quegli occhi al quale era ormai connesso da un filo invisibile lo stavano bruciando. I flash che gli annebbiarono definitivamente la mente furono però un suggerimento per ciò che avrebbe dovuto fare: la sera trascorsa inutilmente ad aspettare Tom, i suoi silenzi e i suoi sbalzi d’umore, i suoi baci, le notti trascorse a parlare, la sera in cui era entrato dalla sua finestra solo per dirgli che a lui piaceva...
    Se avesse alzato solo per un attimo lo sguardo al cielo stellato avrebbe anche fatto in tempo ad esprimere l’unica richiesta che aveva in quel momento sulla scia di quella stella cadente che ormai lo aveva sorpassato, ma qualcosa gli teneva i piedi incollati all’asfalto, impedendogli di muoversi.
    Vedeva Tom guardarlo di rimando a pochi metri di distanza, e poteva quasi immaginare che si sentisse proprio come lui; gli sembrava di starsi guardando allo specchio. Quando poi vide il moro muovere dei passi certi verso di lui, inizialmente non capì che quello non era il suo riflesso, altrimenti non si sarebbe voltato dalla parte opposta cercando Simone con lo sguardo.








    Note: Se avete le idee confuse, sappiate che siete totalmente giustificate u.u e se non capirete granchè di queste note lo sarete a maggior ragione, e avrete la prova che ascoltare Humanoid City Live alle 2.48 di notte non ha effetti molto positivi D: ma comunque, passiamo al capitolo. u.u
    La frase che lo ha, come dire, portato è tratta dal telefilm One three Hill, e credo dica davvero tutto. Spero che l'ultima parte, quella della festa, sia stata abbastanza chiara, anche se l'effetto della confusione era molto più da film che altro. Per il resto, con questo credo si siano aggiunti alcuni tasselli del puzzle sulla vita di Tom e sui pensieri di Bill, ma credo che questi ultimi lui si diverta a strapparli così come li attacca nel momento in cui agisce istintivamente sconvolgendo un capitolo intero :3 a voi i commenti.
    Come ho già detto, non so se-quando-come posterò la twincest sul sito, anche perchè mi sarebbe concesso un solo capitolo al giorno, ma postandone uno a settimana potrei andare abbastanza avanti :S anyway, io andrei a dormire XD colgo l'occasione per augurarvi anche il buongiorno u.u
     
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  10. ylè k.
     
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    Ciao Chemmush ♥ e ciao a tutte *-* Capitolo stupendo, non nascondo che sono MOLTO confusa, vorrei solo che le cose andassero meglio.. O forse no. Mi piace questo clima teso, mi piace tutto di questa storia. Continua così çwç
     
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  11. »Chemma«
     
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    Thank you so much (:
     
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  12. lime !
     
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    *striscia nel topic implorando pietà* Cheemmma, non uccidermi, ti prego çAAAç
    Non so nemmeno da quand'è che non commento più. Il problema è che non ho ne modo ne tempo, e questa è solo un'informazione di servizio, non voglio che tu creda che io abbia abbandonato la storia. Ci sono, leggo e mi riempio di gioia ogni volta che vedo un capitolo.
    Volevo giusto farti sapere questo, spero di poter tornare a commentare presto sia DoT che la tua OS per il contest, ma ora proprio non riesco a mettermi seduta e dire 'ora penso a me stessa' *regala fiorellino per farsi perdonare* ♥
     
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  13. »Chemma«
     
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    Ma Limona, non preoccuparti, non ti mangio mica XD come potete notare anch'io sono un fantasma ormai, vi chiedo di scusarmi ma anch'io ho un po' di casini per la testa, primo tra tutti Drops che non so come madare avanti. Sapevo che sarebbe successo, che non ce l'avrei fatta, ma ho deciso di pubblicarla e ho intenzione di finirla e di mandare avanti questo topic, quindi mi serve solo un po' di pazienza, anche da parte vostra (: magari solo aspettare che si calmino le acque - tra scuola e vita "privata" che finirà così com'è iniziata -, o saperne trarre un vantaggio. Un saluto a tutte e buona domenica (:
     
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  14. -Hysteria.
     
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    Io già ti ho chiesto scusa oggi e te ne chiedo ancora.
    Ma mi sono connessa stasera soprattutto per commentarla. Mi raccomando,non pensare che io abbia intenzione di abbandonare questa storia,perchè mi piace sempre di più.Per quanto riguarda il penultimo capitolo,mi è piaciuto immensamente,anche l'ultimo mi ha emozionato ugualmente,nonostante mi abbia lasciato molto confusa.Per questo,aspetto ansiosamente il capitolo successivo *w*
    Posta presto,e brava come sempre!
     
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  15. -Hysteria.
     
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    Up (:
     
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