Three tales of chemical Romance

One Shot | Boy's Love, AU, Hurt/Comfort, Fluff, Language - non eccessivo

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  1. »Chemma«
     
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    Titolo: Three Tales of Chemical Romance
    Autore: »Chemma«
    Genere: sentimentale
    Raiting: R
    Avvisi: Boy’s Love (nello specifico: Gustav/Georg; Andreas/Bill; Tom/David), AU, Hurt/Comfort, Fluff, Language
    Note: Questa ‘storia’ nasce nelle lunghe notti tra il 7 e il 14 Febbraio 2010. Non so perché ho deciso di postarla solo ora, forse perché non ha effettivamente quasi niente di speciale, né ha una vera e propria trama. Nasce solo per una vera e propria ossessione causata da una canzone che troverete leggendo, The Scientist, dei Coldplay. Per ultimo, vorrei solo specificare che il titolo non è di mia invenzione, ma è un romanzo di Irvine Welsh, che mi ha ispirato insieme alla canzone e che spiega appieno la struttura della storia, ovvero tre racconti di amori diversi e particolari.
    Ok, so che mi sto dilungando troppo XD, ma ciò che mi aspetto sono soprattutto critiche, perché se ho deciso di scrivere e pubblicare ciò che riuscirò a tirare fuori, è specialmente per crescere, anche da questo punto di vista, grazie a voi, e buona lettura – se avete domande, sono qui per voi (:

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    *


    Io e Georg avevamo raggiunto, nel nostro rapporto, il punto in cui ci capivamo solo con uno sguardo. Niente a che vedere con la telepatia gemellare, ovvio, ma per noi che non avevamo biologicamente nulla in comune era sufficiente. Non eravamo cambiati chissà quanto dagli anni trascorsi insieme al conservatorio a ciò che eravamo diventati con il tempo, e personalmente la cosa non mi dispiaceva poi molto. A dirla tutta, se, ad esempio, da un giorno all’altro mi fossi ritrovato un rasta hippopparo che viveva alla giornata – quale era il nostro caro amico Tom Kaulitz -, come migliore amico, ci sarebbe stata una percentuale davvero minima di comprensione reciproca. Nulla da dire contro Tom, ovviamente; sapevo benissimo che dietro quei cappelletti e quei metri assurdi di stoffa che si trascinava dietro c’era ben altro che un adolescente dagli ormoni fuori posto. Ma per Georg era diverso. Nella sua semplicità, avevo capito che in quel moretto dagli occhi magnificamente cristallini c’era un mondo. E la differenza stava nel modo in cui non potevo, o forse non volevo, ordinare al mio cuore di smetterla di correre all’impazzata ad ogni suo sorriso.
    Dopo un po’ era arrivato il momento in cui non potevo che definirlo la mia ancora di salvezza: sorrisi perfetti e bellezza ineguagliabile a parte, era davvero l’unico a capire quando io avevo bisogno aiuto, quando non sopportavo più il mio stesso silenzio o quando avevo solo bisogno che qualcuno mi parlasse o mi lasciasse parlare. Era anche per questo che lo amavo… fondamentalmente per questo.
    Doveva essere stato quella sera dopo il cinema – e forse mi è impossibile dimenticare il modo in cui le nostre mani si erano sfiorate – che senza neanche rendermene conto gli rivelai tutto, perché il peso delle conseguenze (dove la causa di queste era la consapevolezza di essermi innamorato di lui) cresceva ogni giorno di più, e probabilmente anch’io ero troppo piccolo per reggerlo da solo.
    Ricordo la sua espressione ferma mentre io gli spiegavo per filo e per segno come quello non fosse solo il capriccio di un periodo di confusione, guardandomi le mani di tanto in tanto, perché il suo sguardo sembrava trapassarmi da parte a parte, nella sua seraficità.
    Speravo che potesse ancora una volta capirmi, che comprendesse a pieno il mio timore di essere allontanato, quella stessa paura che per settimane mi aveva costretto al silenzio. Il punto era che, nonostante non fossi alla ricerca disperata della mia anima gemella, ogni volta che eravamo insieme, non potevo fare a meno di ignorare quel senso di vuoto crescere nel petto, seguito dal bisogno bruciante di volere lui al mio fianco. Credevo nell’amore in tutte le sue forme; dalle mie –sebbene poche, ma significanti – esperienze ricordavo la spensieratezza che portava con sé quel sentimento. Se stare con Georg avrebbe significato tutto ciò, includendo la sensazione di completezza che avrebbe portato nel mio tenero cuoricino, non vedevo il problema.
    Al termine di quel monologo diventato improvvisamente insensato, non fece nulla di tutto ciò che avevo ipotizzato: né una bella risata in faccia, né un allontanamento improvviso (di quelli riservati agli ammalati di peste), o peggio, la perdita della sua amicizia. Si limitò a regalarmi uno di quei sorrisi veri, quelli belli, e mi abbracciò per dieci minuti buoni, con tanto di bacetto sulla giugulare, di cui il pulsare eccessivo non fece che farlo sorridere di più, mentre le sue labbra si spostavano da tutt’altra parte.

    *



    Definire me e Andreas due amici normali sarebbe stata un’eresia. A vederci camminare per strada, se non fosse stato per le nostra dita intrecciate – e dopo un po’ lo erano piuttosto frequentemente -, nessuno avrebbe detto che fossimo proprio conoscenti. Lui, uno stangone della bellezza di un metro e ottanta ben proporzionata alla corporatura decisa, con quei capelli biondo platino abbinati ai suoi occhi azzurri; io, della medesima altezza ma con un corpo decisamente più gracile e dalle curve non propriamente maschili, a partire dai lineamenti del viso, resi più reali dai miei -modestamente, bellissimi – occhi color nocciola cerchiati di nero, fino alle labbra piene e rosee e i capelli corvini – non sto qui a dirvi come mi divertivo a combinarli.
    Eravamo all’ultimo anno di liceo, e quasi senza accorgercene il nostro rapporto si intensificava ogni giorno di più. Eravamo non poco felici quando ci capitava di trascorrere metà dei pomeriggi insieme, concludendo le giornate con una pizza davanti a un film, per non parlare di quando dormivamo insieme o delle giornate spese a fare shopping.
    Per un po’ credevamo che questo fosse il massimo che due migliori amici come noi potessero fare per sentirsi vicini.
    Invece, quella sera del 15 dicembre mi ero ricreduto alla grande. Non credo che potrei mai dimenticare il modo in cui, alzando lo sguardo dall’unghia perfetta che stavo limando, fu come vederlo per la prima volta. Mi guardava curioso dall’alto, mentre ero rannicchiato con la schiena al muro e le gambe sul petto, in mezzo a quel materasso incredibilmente morbido. Fu un attimo, e lo vidi avvicinarsi e prendere con una leggerezza inimmaginabile il mio mento tra le sue dita, per avvicinare anche me a lui. E senza neanche avere il tempo di realizzarlo, lasciò cadere le sue labbra sulle mie.
    Potevo tranquillamente dire che quello era stato il bacio migliore che avessi ricevuto in diciotto anni di vita – calcolando che avevo avuto tre o quattro ragazze in totale. Ma quello era stato speciale, primo, perché era stato Andreas a darmelo. Ricordo la sensazione di beatitudine sotto il suo tocco, le labbra calde e mai sazie di quel piacevole calore e le sue dita che affondavano nei miei capelli…
    Allo stesso modo, ricordo anche quanto Tom si incazzò veramente quando gli dissi che io e Andi stavamo insieme. Mi aspettavo un minimo di comprensione da mio fratello gemello e omozigote, nonché migliore amico di Andreas – dopo di me, ovviamente -, almeno fino a quella rivelazione. Con il tempo, precisamente quando le cose tra me e Andreas stavano iniziando a prendere una piega diversa, avevo aspettato un po’ prima di aprirmi con Tom. Sapevo di non potergli mentire, ma comunque non sarei riuscito a tenermi dentro la miriade di emozioni che quella tanto agognata e famosa prima volta mi aveva suscitato, grazie ad Andi. Se quella sera era stata una delle più belle della mia vita, la seguente contendeva alla grande il posto con essa. Io e Tom avevamo trascorso tutta la notte a parlare, e, mio malgrado, a parlarne. Avevo perso il conto delle raccomandazioni/minacce che il mio fratellino teneva a ricordare costantemente ad Andreas, della serie ‘Se gli spezzi il cuore io ti spezzo le ossa’. Tom teneva a me più di quanto mi dimostrasse, e lo stesso valeva per me. Rimaneva comunque la persona più importante della mia vita, e sapevo che sarebbe stato sempre l’unico a sapere tutto di me, dal più futile pensiero al più grande segreto. Sin da piccoli avevamo condiviso tutto, dalle macchinine alle cuffie dell’I-Pod, e, in seguito, dalle lacrime ai sorrisi. Arrivati alla maggiore età, ero fermamente convinto di avere in comune con lui anche una parte di cuore, se non di anima.

    *



    Se me l’avessero detto, non ci avrei mai creduto. Perché da quando un produttore musicale, per ipotesi, un David Jost di anni trentatre, si scopa uno a caso dei suoi pseudo- dipendenti, ad esempio, qualcuno come il bellissimo e bravissimo chitarrista Tom Kaulitz? Sempre ipotizzando, eh.
    Strano a dirsi, ma davvero era questo ad aver inizialmente legato me e David. Quando c’era del lavoro da fare non c’era verso di smuoverci da quello ‘studio di registrazione’, ma sotto le coperte…
    Ad essere precisi, ricordo vagamente il modo in cui ci siamo incontrati, doveva essere stato a quella festa assurda dalla quale ancora mi domando come io ne sia uscito vivo. Mi si era avvicinato con la banalissima scusa della sigaretta, una volta uscito dal locale in cui Andreas e Bill mi avevano trascinato, sviando poi il discorso verso ben altre prospettive. Non che fosse poi chi sa quale mostro affamato di lussuria, ma neanche ci andava tanto piano con quelle occhiatine eloquenti.
    La sera successiva, appuntamento alle 22 allo stesso locale, parlandomi della sua carriera di produttore, accordammo un incontro nel suo studio di Amburgo, questioni di lavoro, dunque. Beh, io ero un chitarrista solitario, lui un manager ed ex membro di una band stile Take That provvisoriamente disoccupato, quale altra migliore combinazione?
    Finì però che la mia Gibson giaceva inerme sul pavimento della stanza, mentre noi due saltellavamo – per modo di dire, poiché i piedi strisciavano sul pavimento, più che altro, pur di non far staccare le nostre labbra -, verso il divano.
    La nostra, comunque, non era propriamente una storia d’amore, non che a noi dispiacesse, anche se tutto ricordava più qualche specie di film porno. Avevo avuto un sacco di altre relazioni di questo genere con delle ragazze, in passato, con la differenza che io e David ci vedevamo quasi ogni giorno. Lui era un tipo a posto, lo si vedeva da quei chiarissimi occhi azzurri che non avrebbe fatto del male a una mosca, con tanto di consenso. La cosa positiva era che nessuno dei due riusciva a pentirsene o entrare troppo nella situazione, in quanto eravamo in due a non credere nell’Amore, e delle nostre età diverse ci importava davvero meno di zero.
    Una sera come tante altre, mentre il suo braccio si posava con naturalezza intorno al mio fianco, ignorando il film alla tv che scorreva senza aspettarci, mi raccontò di quando era stato sposato e dal modo in cui aveva trovato sua moglie tradirlo con il suo migliore amico. Un classico, con l’aggiunta che lui non si sarebbe aspettato di diventare spudoratamente gay. Da parte mia, io non riuscivo a ritenermi tale; e personalmente l’attrazione non era qualcosa che riuscivo a comandare – tra le poche cose che mi lasciavo sfuggire di mano senza accorgermene. Nella mia storia, inoltre, di classico c’era ben poco, a parte il migliore amico, che però al posto di scoparsi la sua mogliettina perfetta, se la fa con il tuo unico fratello e gemello omozigote del quale sei fottutamente innamorato.


    *



    Sabato sera. Tom Kaulitz amava il sabato sera – non che gli toccasse stare chiuso in casa per il resto della settimana, anzi –, semplicemente, il sabato sera era l’equivalente di divertimento. Più delle altre sere, la differenza consisteva in questo.
    Inizialmente il suo programma prevedeva un augurio di morte per Andreas, che quella sera avrebbe portato il suo Bill in chissà quale schifosissima discoteca, poi avrebbe raggiunto David nel suo appartamento in centro, e dopo avrebbero deciso dove passare un po’ di tempo all’aperto.
    Quella volta, però, fu il turno di Georg e Gustav di beccarsi una serie illimitata – o quasi – di imprecazioni poco consone.
    «Cazzo, Georg! Così mi rovini i piani!» sbraitò il rasta attraverso la cornetta. Non era realmente incazzato, finché David avesse acconsentito ad accompagnarlo e non lasciarlo in mezzo a quei guastafeste. Georg, in otto anni di amicizia, aveva imparato a sopportare i suoi scatti lunatici; ricordava ancora quella volta in cui aveva rivelato all’amico di essersi fidanzato con Gustav ed averlo visto sorridere, mentre il minuto successivo stava per essere steso a terra prima che il bassista terminasse il suo chilometrico rimprovero su “Come fai a farti scopare da un trentenne?!”. Tom era stato difficile da capire: il solito fighetto dall’aria menefreghista, ma che per sue passioni – leggasi Bill Kaulitz e Gibson Les Paul – riusciva a tirare fuori l’anima. E Georg era sempre stato il fratello maggiore che lui era per Bill, quello che lo lasciava sfogare quando ne aveva bisogno, che lo confortava quando sentiva di non potercela fare, ma che era capace di sbattergli violentemente una realtà in faccia, facendogli aprire gli occhi. Alla fine, insieme avevano passato di tutto, le piccole sbavature le avrebbero cancellate in fretta.
    «Oh, Tom,ma io lo faccio per il tuo bene!» e qui il chitarrista poté giurare che dall’altro capo del telefono Georg stesse sfarfallando le ciglia, come ogni volta che sapeva di averla vinta. «Porta il tuo culo fuori da qualcosa che non sia casa tua o di David, ogni tanto. E poi verranno anche Bill e Andreas».
    «Oh, sì, veramente un’uscita alla Backstreet Boys, da bravi amichetti, hm?». Avrebbe anche dovuto sorbirsi quel biondino ossigenato per tutta la serata? Non esisteva, non senza una rissa, da ubriachi, magari.
    «Ok, allora passiamo alle 22 a casa tua. Puntuale, eh» ghignò l’altro, chiudendo troppo in fretta per ascoltare il sonoro “Vaffanculo” da parte di Tom.

    Quella volta accaddero contemporaneamente tre cose che Tom non si sarebbe mai neppure sognato. Tanto per cominciare, Bill e Andreas avevano litigato. E di brutto anche, perché nella macchina a sei posti di Gustav, Bill sedeva avanti, accanto al guidatore, mentre Andreas nella sua imprecisa diagonale due posti più dietro, mentre entrambi guardavano fuori dal finestrino con la parola ‘Apatia’ dipinta in faccia.
    Inoltre, David aveva accettato l’invito senza troppe spiegazioni – e Tom non sapeva se preoccuparsi o ringraziarlo –, e per finire, quel posto gli piaceva, e parecchio, anche. Non che fosse un frequentatore assiduo di discoteche, anzi, le detestava proprio per via della musica assordante, ma in quel posto l’unica cosa che mancava era il monotematico ed irritante ritmo. Si chiese se fosse effettivamente una discoteca, non si era nemmeno premurato di leggere l’insegna del locale, e avrebbe potuto giurare che quella che il DJ stava passando era una canzone presumibilmente Indie. Ciò che lo preoccupava più del posto in cui l’avevano trascinato, erano le espressioni vuote dipinte sui volti di Bill e David - per un attimo si chiese se si fossero messi d’accordo. Ovviamente, Andreas poteva tranquillamente tornarsene a casa, per quanto lo riguardava.
    Georg e Gustav, per conto loro, liquidarono gli altri quattro dandosi appuntamento alla macchina a mezzanotte e mezza, mentre si incamminavano verso uno dei tavoli affollati, tenendosi per mano.
    Bill non poté che invidiarli. Odiava dover litigare con Andreas, ma ancora di più odiava le bugie. Erano forse passati quattro giorni da quando avevano discusso sul perché ultimamente Andreas non si facesse più vedere, se non quando era Bill a cercarlo, e, casualità della vita, era iniziato proprio quando la sua ex, Emma, gli aveva detto di amarlo ancora, o stronzate del genere. Comunque, da quando si erano messi insieme l’anno precedente, non era la prima volta che Andeas lo tradiva. Avevano passato troppi mesi tra tira e molla, e alla fine era comunque Bill a risentirne e starci male. Gli sembrava anche lecito essere stanco.
    Non si accorse di Tom che intanto si era seduto al suo fianco per osservarlo, a distrarlo fu il barman che gli porse quello che sembrava un drink.
    «Hey» esclamò il moro sorpreso, voltandosi verso Tom e trovando immediatamente i suoi occhi.
    «Hey» lo imitò lui, sorseggiando dal proprio bicchiere. «Che ci fai qui da solo? Andreas?» continuò, guardandosi intorno. Non era neanche iniziata la serata e quel ragazzino lo stava già facendo incazzare.
    «Non lo so… in giro, forse» rispose vago il gemello. Tom poté scorgere la nota di malinconia che Bill cercava di nascondere passivamente dietro il menefreghismo, fingendosi interessato a girare la bevanda nel suo bicchiere, resa blu e rosa dalle fioche luci del locale.
    Passarono diversi minuti da quel tentativo – miseramente fallito – di dialogo, che il rasta aveva speso studiando l’espressione indecifrabile dell’altro, mentre Bill, una volta svuotato il bicchiere, sembrava davvero preso dai cubetti di ghiaccio rimasti sul fondo, finché la sua attenzione non fu catturata da delle note a lui fin troppo familiari, e dall’idea geniale di Tom.
    «Vieni a ballare?»
    Il corpo di Bill sembrò riprendere vita nel momento in cui si rizzò con la schiena e cercò di guardare contemporaneamente tre punti diversi: gli occhi di Tom, che sembravano brillare in attesa di una risposta; il suo nuovo amore, il bicchiere, che avrebbe sicuramente rubato, se avesse avuto qualche istinto cleptomane; e infine quella che doveva essere la pista da ballo, che varie coppiette si accingevano a raggiungere – se avesse ascoltato l’intro del DJ, avrebbe capito il significato del gesto.
    Si alzò meccanicamente nel momento in cui le prime parole di quella canzone che adorava giunsero inaspettate alle sue orecchie, facendolo sussultare. Tese la mano verso Tom, e si incamminarono verso gli altri con le dita perfettamente intrecciate e gli sguardi serissimi.
    Giunti in un punto piuttosto isolato di quello spazio, Bill si guardò intorno spaesato. Non era il massimo per lui vedere attorno a lui ogni fottuta coppietta felice danzare come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo, mentre Andreas era chissà dove, era comunque in pensiero. A risvegliarlo dal suo vortice di riflessioni furono le mani gentili di Tom – che intanto si era preso tutto il tempo per studiare la sua espressione persa in un punto impreciso alla loro destra - che lo guidarono: posò la propria mano sulla vita di Bill, mentre con l’altra portava il braccio del moro sopra la propria spalla; il gemello unì automaticamente le proprie mani dietro la nuca di Tom.
    Tom, d’altra parte, continuava a chiedersi cosa avesse fatto di così bello per meritarsi quella creatura che si ritrovava come fratello, in quel momento tra le sue braccia, che era di tutto, fuorché umana. Forse stava immaginando tutto, o forse qualcuno lo aveva inventato per lui affinché non si sentisse mai solo, ma si ritrovò comunque a pregare ogni Dio affinché quel momento non finisse mai. Quando Bill, ondeggiando lentamente insieme a lui a passo con le note, abbassò lo sguardo, incapace di sostenere il suo, fu un attimo che lo vide, quel dannatissimo figlio di puttana incollato ad un muro - ma da quando i muri avevano un paio di mani che ti palpavano? Sperò con tutto il cuore che Bill non si girasse per vedere cosa avesse catturato la sua attenzione e la sua rabbia crescente, ma come al solito fu tutto inutile. Il moro si voltò di scatto; boccheggiò un paio di volte, senza fiato, mentre Tom gli stringeva debolmente i fianchi, tirandolo verso di sé e facendo in modo che il suo sguardo non fosse più rivolto alle sue spalle, premendoselo contro il necessario per non farlo scappare. Sapeva che Bill sarebbe stato capace di farlo, e così sarebbe stato, se il petto di Tom non fosse stato così comodo per piangerci su, e la sua presa così calda e ferrea da farlo sentire al sicuro.
    «Hey, piccolo..» cercò di sussurrare il maggiore, nonostante il volume alto. Non seppe mai come Bill riuscì a sentirlo e ad avere la forza di alzare la testa, mostrando due scie spettrali che rovinavano quel volto perfetto. Senza esitare ancora, Tom le cacciò via più delicatamente possibile, mentre Bill continuava a stringersi nell’abbraccio, facendo scontrare la sua fronte con le labbra di Tom, che la baciò senza pretesa.
    «Bill, va tutto bene. Non è niente, ci sono io qui».
    I due gemelli continuarono a muoversi lentamente, mentre Tom, senza accorgersene, posava dei baci leggeri sul volto del moro, ovunque gli fosse possibile. Si bloccò all’improvviso, una volta giunto all’angolo della bocca, mentre Bill si irrigidì, sentendo il suo cuore mancare qualche battito.
    Tom non poteva sentirsi diversamente: aveva tra le mani tutto ciò per cui aveva aspettato per vent’anni, ed aspettò ancora, chiedendosi cosa Bill potesse volere. Gli sarebbe bastato spostarsi solo di qualche centimetro, e se l’altro avrebbe alzato la testa, anche di poco, sarebbe stato maggiormente semplice. Non gli importava della gente che li stava guardando, della rabbia verso Andreas o del mondo intero. L’unica cosa che sentì, oltre la propria mano che veniva trascinata da Bill sul suo cuore, furono le parole della canzone che aveva contribuito a rendere tutto più reale.
    Could not speak as loud as my heart.
    E sentire I battiti accellerati ed il respiro profondo che il fratello tentava inutilmente di controllare, lo fecero quasi morire dal dolore che il proprio cuore doveva sopportare.
    E non gli servì altro per capire che quell’indecisione ormai era di troppo, e che l’unica cosa di cui sarebbe pentito sarebbe stato ciò che non avrebbe fatto. Quindi, posò con quanta più delicatezza possibile le sue labbra perfetta, ornate dal piercing nero, su quelle rosee e pressoché simili alle sue, appartenenti però a Bill, e in quel momento sentì davvero di stare per morire. Continuò a controllare ogni minima reazione da parte del moro tenendo gli occhi socchiusi; si rilassò solo quando, chiudendo gli occhi, Bill rafforzò la presa al suo collo, stringendosi contro di lui. Tom portò una mano a sfiorare la sua mascella marcata – che avrebbe adorato baciare, ma per ora si accontentava di ciò che aveva conquistato -, mentre gli passava lascivamente la lingua sulle labbra piene e calde. Tom ebbe così facilmente accesso in Bill, che, se inizialmente era stato spiazzato dalla gentilezza con cui Tom lo stava sfiorando, ora era lui stesso a cercarlo con più irruenza di quanta ne avrebbe impiegata in altri termini – mantenendo comunque quell’atmosfera romantica e delicata che si era creata.
    Entrambi non riuscivano ad esserne che sollevati, ora non potevano fare altro che sperare che quella sottile linea bianca che sembrava averli separati a lungo, non li disgiungesse mai più.
     
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  2. *ValeryVampire*
     
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    *applaude*

    scrivi veramente molto bene^^
    bella idea...
    peccato che sia solo una one shot... T.T
     
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  3. »Chemma«
     
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    XD eh insomma, magari sarà una spin off di qualche storia che ho in cantiere u.u
    grazie mille (:
     
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  4. *ValeryVampire*
     
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    CITAZIONE (»Chemma« @ 13/6/2010, 14:12)
    XD eh insomma, magari sarà una spin off di qualche storia che ho in cantiere u.u
    grazie mille (:

    e behh^^ speriamo xDDD
     
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  5. billintheheart
     
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    Scrivi in maniera scorrevole e la storia, nonostante non abbia i pairing che preferisco, mi ha comunque attirata parecchio.
    Solitamente non seguo e non amo lo "slash" nelle FF dedicata ai TH, ma il modo in cui è stata esposta, e la trama mi hanno convinta a leggere tutto.
    Tanto di cappello dunque, perchè questa è al prima volta che mi fermo a leggere qualcosa di diverso dal genere che prediligo, e non è facile coinvolgere così.
    Particolare anche la descrizione delle coppie e l'idea della suddivisione in tre parti.
    Ho trovato tutto originale.
    Bello stile in sostenza, e bella OS! spero di leggere presto qualcos'altro di tuo!
     
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  6. »Chemma«
     
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    Ti ringrazio *-*
     
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  7. ’mello
     
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    Dunque .. prima di tutto non posso far altro che adorarti per il pairing Tom/David che io, personalmente, amo alla follia. E' difficile pure da trovare ò_ò
    Questa shot è davvero particolare, mi ha coinvolto fin dall'inizio, soprattutto per la divisione in tre parti e nella descrizione di questi tre amori. Quello che c'è tra Gustav e Georg è, secondo me, il più bello dei tre!
    E poi, be', il finale .. quello è stato perfetto, davvero.

    Complimenti, mi è piaciuta molto!
     
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  8. »Chemma«
     
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    Ero convinta che nessuno l'avesse più letta, per questo ti rispondo in ritardo >.<
    Grazie mille comunque, anche a me piace la coppia Tom-Jost
     
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  9. »Lost Soul;
     
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    E' la prima One Shot che commento in questa sezione, mi sono da poco avvicinata a questo genere (praticamente alle produzioni scritte che non sono Het) e avevo paura che la mia opinione non fosse gradita in quanto non sono un'intenditrice, diciamo (:
    Inizio col dirti che mi piace molto come scrivi, a mio parere hai uno stile molto personale e si percepisce leggendo. Questa è anche la prima Slash che leggo, sentiti onorata u.ù (;

    Due sono le coppie che mi hanno colpita di più: Gustav/Georg e Tom/Bill.
    Gustav e Georg perché mi è parso che il loro rapporto fosse un po' diverso dal solito, quasi come protetto in una scatola con i vetri oscurati: i due ragazzi potevano guardare il mondo all'esterno, mentre gli altri non eran in grado di apprendere a fondo ciò che accadesse fra loro.

    Beh poi come poteva non colpire il rapporto che c'è tra Tom è Bill? Il loro è un amore invidiabile, perché senza alcun limite di spazio o tempo. Ho apprezzato tantissimo il Tom di questa OS, che penso sia molto fedele a quello reale.. bastardo, menefreghista, amante del sesso e dannatamente legato a Bill. La canzone del Coldplay che hai linkato penso che sia stata estremamente adatta per accompagnare la scena nella quale l'hai usata.
    Proprio ora mi è venuto da pensare che Andreas è stato solo un diversivo, un distrattore per Bill. Il suo cuore apparteneva già -irrimediabilmente- a Tom, che è stato - a mio parere - di una dolcezza infinita con il fratello (:

    Perdonami se il commento può sembrare un po' contorto ma ho cercato di riportare a parole ciò che la tua FF mi ha suscitato e cosa mi ha indotto a pensare (:
    Complimenti <3
     
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  10. »Chemma«
     
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    Ma.. *-* sono più che contenta prima di tutto che tu abbia trovato il coraggio di arrivare fino alla fine, dopo di che di commentare, e per ultimo, ma non più importante, di aver capito praticamente tutto di questa shot, per via di Bill e Tom e Gustav&Georg.
    Grazie, è stato un onore, madame ♥
     
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  11. »Lost Soul;
     
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    Non hai da ringraziarmi, ho letto molto volentieri (:
    CITAZIONE
    di aver capito praticamente tutto di questa shot, per via di Bill e Tom e Gustav&Georg.

    questa cosa mi ha dato una soddisfazione incredibile <3
    CITAZIONE
    Grazie, è stato un onore, madame ♥

    Lo è stato anche per me tesoro <3
     
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10 replies since 13/6/2010, 11:05   684 views
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