Balliamo sul mondo

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  1. tombillina
     
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    Titolo: Balliamo sul mondo
    Autore: tombillina
    Genere: Romantico, Erotico, Triste, Language
    Raiting: G/PG
    Avvisi: Deathfic, Fluff
    Cap: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 e 14
    Note: Salve a tutte!! Sono nuova e leggendo le varie ff, mi sono detta: "Perchè non provare a scriverne una mia?" Allora ho preso carta e penna, e le parole sono venute fuori da sole. L'ho riscritta varie volte, ne ho cambiato il titolo miliardi e poi è venuta fuori questa mezza schifezza. Commentate così potrò vedere se continuare a scriverla oppure no. Ovviamente se non vi piace ditelo, non mi offendo ^^
    Spero che vi piaccia e continuiate a seguirla. Buona lettura!!




    CAPITOLO 1
    Ero seduta su una scomoda sedia che si trovava all’interno di un piccolo bar del centro. Guardavo impaziente l’orologio sperando che quella mattina finisse. Non ero andata a scuola ed era la prima volta che mancavo ed i miei genitori non lo sapevano. Mi guardai intorno. Ero fuori luogo dato che in giro c’erano solo persone grandi, tra l’altro mi osservavano tutti, era un po’ difficile incontrare una ragazza di 17 anni per le strade di Berlino alle dieci di mattina. Sbadigliai assonnata, erano sei ore che vagavo senza meta. Non mi preoccupavo del fatto che non ero andata a scuola, non sarei più tornata in quella casa. Non avrei mai più rivisto i miei genitori. Tra poche ore sarei partita per Amburgo. Mi ero procurata il biglietto poche ore prima in un’agenzia di viaggi. Mi aveva fatto un ottimo prezzo, e l’importante era che non aveva fatto domande indiscrete che mi potevano mettere in difficoltà. Ora aspettavo solo le due dato che a quell’ora avevo il treno. Mi preoccupava molto però il fatto di essere vista da qualcuno dei miei compagni, o peggio dai miei genitori. Passate due o tre ore dall’orario del mio solito ritorno, avrebbero di sicuro chiamato la polizia. Immaginavo già la mia faccia su tutti i giornali e tv. Immaginavo già i titoli del telegiornale con sopra la mia foto. Mi domandai dove fosse finita la ragazza intelligente e riflessiva quale ero. Mi pentii di essere scappata. Addirittura mi pentii di essere nata. Chiusi gli occhi. Dopo un po’ un leggero venticello mi riportò alla realtà. Guardai l’orologio e mi venne un colpo. L’una! Mi alzai di scatto e incominciai a correre verso la stazione che era in periferia. Distava circa tre quarti d’ora a piedi. Di corsa forse avrei impiegato meno tempo. Mi guardai indietro per vedere se qualcuno avesse notato il mio scatto improvviso da maratoneta. Sfortunata com’ero però, inciampai nel gradino del marciapiede che non avevo visto e caddi sbucciandomi le ginocchia. Me le sfregai imprecando e ripresi a correre sempre più velocemente per paura di arrivare tardi e perdere il treno. Dopo mezz’ora di corsa ininterrotta la stanchezza si faceva sentire. All’improvviso avvertii una fitta al fianco che mi costrinse a fermarmi. Mi sedetti su un gradino del primo portone che trovai. Chiusi gli occhi e ne approfittai per prendere fiato. Quando mi passò il fiatone mi alzai e presi a camminare lentamente respirando a pieni polmoni. Fortunatamente avevo solo una borsetta leggera da portare. Scostai la manica e diedi un’occhiata al mio orologio da polso. Bene, ero quasi arrivata ed erano le due meno venti. Accelerai il passo. Tra cinque minuti sarei arrivata, dopodiché addio Berlino… sarebbe iniziata una nuova vita. Un grosso cartello attirò la mia attenzione. Lo lessi e presi a saltellare: ero arrivata alla stazione! Attraversai il parcheggio per le auto e mi diressi verso il mio binario. Mi sedetti su una panchina e attesi. Dopo pochi minuti sentii il campanello che usavano per avvisare dell’arrivo di un treno. Mi alzai, presi la borsetta e mi avvicinai alla striscia gialla che non si poteva oltrepassare. Subito dopo, ecco il treno arrivare veloce e puntuale portando una folata di vento che mi fece rabbrividire. Mi strinsi di più nei miei vestiti pesanti e mi diressi alla porta aperta più vicina. Salii e mi avviai alla ricerca di un sedile non occupato e meno sporco. Dopo averlo trovato, mi ci stravaccai e accesi l’iPod. Le canzoni passavano veloci così come il tempo. Ad un certo punto un forte scampanellio annunciò la prossima fermata del treno.
    Sarei dovuta scendere lì. Fortunatamente avevo il volume al minimo e potei sentire. Mi preparai spegnendo l’iPod e riponendolo nella borsa. Guardai l’orologio. Erano passate tre ore da quando avevo lasciato la mia città. Mi alzai avviandomi verso le porte scorrevoli dalle quali si usciva. Dopo poco, il treno si fermò e io fui la prima a scendere. Avevo fretta, avevo paura che qualcuno mi riconoscesse. Di sicuro i miei genitori avevano già avvertito la polizia. Non appena misi piede a terra presi a tremare per il freddo. L’improvviso sbalzo di temperatura tra il calduccio del treno e il freddo del’aria di Amburgo mi fece rabbrividire. Mi guardai attorno. Erano le cinque ed il sole stava già tramontando. Attraversai la stazione semideserta e incominciai a vagare senza una meta precisa. Respirai a pieni polmoni quell’aria gelida che mi congelò i canali della vie respiratorie. Mi strinsi ancora di più nel mio cappotto e arrivai ad una panchina. Mi stesi e mi sfregai più volte le mani per riscaldarmi. Subito dopo però mi colse il sonno.
    ***
    Mi svegliai infreddolita e con una fame pazzesca. Mi alzai e raccolsi la mia borsetta che avevo nascosto sotto il cappotto. Notai però che non c’era più. Già in preda al terrore tastai più volte tutti i possibili punti di dove poteva essere finita. Non trovai niente. Rassegnata, mi incamminai con le mani in tasca alla prima centrale di polizia per denunciare il furto ma mi bloccai. Sicuramente i miei avevano già dato l’allarme. Guardai l’orologio. Almeno mi avevano lasciato quello. Avevo dormito più di due ore. Ripresi a camminare senza meta verso il centro. Quando vi arrivai notai una limousine nera che stava per partire e nella quale entrarono quattro ragazzi tutti vestiti di nero ed incappucciati. Io mi affrettai a seguirli con un tram. Dopo un quarto d’ora scesero ed entrarono in una lussuosa villa. Aspettai che entrassero ma il cancello automatico si richiuse subito dopo. Sbuffai e mi avvicinai all’alto muretto che costeggiava la villa. Sospirai e mi arrampicai. Dopo vari tentativi ce la feci e notai una stanza la quale luce era stata appena spenta. Mi avvicinai e tirai un sospiro di sollievo. Fortunatamente era al piano terra. Mi alzai sulle punte e mi tirai su con le braccia sedendomi sul davanzale esterno. Abbassai lo sguardo sulla chiusura. Botta di fortuna, era aperta. La alzai con tutte e due le braccia e questa si aprì di scatto, facendomi cadere sul duro pavimento. Mi guardai attorno. Ero “atterrata” nella cucina. Subito dopo sentii dei passi sempre più vicini e la luce si accese di colpo.

    Edited by tombillina - 7/9/2010, 14:50
     
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  2. Redda
     
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    Ciao, non dovresti postare la tua storia qui dato che non è conclusa è la sezione sbagliata. Devi postarla in FF, qui vanno solo le storie già concluse o sospese. Te la sposto io, però fa più attenzione la prossima volta
     
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  3. tombillina
     
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    ok grazie! Scusa è che non lo so usare bene ^^
     
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  4. Redda
     
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    Non preoccuparti (:
     
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  5. tombillina
     
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    Dai... commentate perchè devo vedere se la posso continuare ^^
     
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  6. jade jackson
     
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    Bellissima!!!!Continua presto!!!!Up!!!
     
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  7. tombillina
     
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    Grazie, per ora apetto ancora un paio di commentini per vedere sempre la posso continuare a postare. Sono veramente lusingata. :nonèbellissimo?:
     
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  8. jade jackson
     
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    Ihih!!!Up!!!!Prego!!!
     
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  9. tombillina
     
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    Mmmmm... dai... la posto oggi stesso dato che credo che per un pò i capitoli saranno molto corti!
     
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  10. tombillina
     
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    Ecco qui ^^ sono stanchissima.



    CAPITOLO 2
    La luce accecante mi fece chiudere gli occhi di scatto. Non appena li riaprii vidi davanti a me un ragazzo con le treccine nere e i vestiti larghi che mi osservava sorpreso. Quando vide che lo scrutavo impaurita, mi sorrise spavaldo e mi si avvicinò. Mi si inginocchiò affianco e, non appena vide il sangue che mi colava dalle ginocchia, i jeans strappati e insanguinati e si spaventò. Subito dopo arrivarono altri tre ragazzi molto strani che mi osservarono spauriti. Ci osservarono, me e il ragazzo con le treccine, e un rasta tutto in nero gli chiese, inarcando un sopracciglio:
    -Tom, la conosci?-
    Intuii che Tom fosse il ragazzo con le treccine. Lui scosse il capo e riportò lo sguardo su di me, indicando con lo sguardo le mie ferite. Gli altri ragazzi, non appena le videro, si precipitarono tutti verso di me. Ad un certo punto la testa mi sembrò pesantissima e dovetti stendermi a terra. Mi guardai per la prima volta dopo la caduta le mie ginocchia, dalle profonde ferite uscivano grumi di sangue. Mi rannicchiai sotto gli occhi impauriti di Tom, massaggiandomi i tagli. Chiusi gli occhi e immediatamente sentii che qualcuno mi prese in braccio. Sospirai mentre salivamo le scale. Mi sentivo protetta tra quelle braccia. Non arrivai neanche a metà scala, che gli occhi mi si chiusero e mi addormentai.
    ***
    Tom la osservava in uno stato di trance profondo. Era la ragazza più bella che avesse mai visto. Giaceva sul letto della sua camera che le aveva ceduto solo per quella sera. Una volta sveglia avrebbero visto. Dormiva a pancia in su ed il ventre si alzava e abbasssava per ogni respiro. Corpo esile e mingherlino, lineamenti dolci e capelli scuri con riflessi castani-rossicci. Era molto femminile, ma vestiva come un maschiaccio, indossava infatti una felpa nera molto larga, jeans scuri e scarpe Converse nere. Provò un pizzico di tenerezza e compassione vedendo dormire quel viso angelico. “Poverina, chissà da quanto tempo non mangia” pensò. “In fondo avrà solo 13 anni”. La stava ancora osservando e non si accorse che piano piano lei si stava svegliando. Non appena aprì gli occhi, infatti, la ragazza si guardò intorno spaurita, stava già per gridare ma lui la zittì:
    -Ciao. Non gridare. Ti ho portato nella mia camera perché ho visto che stavi poco bene. Non avrai mangiato.-
    La ragazza annuì e abbassò lo sguardo. Il chitarrista la guardava perso nei suoi immensi occhi verdi cervone. Erano veramente enormi. All’improvviso scosse la testa come si fosse risvegliato da un sogno e parlò:
    -Piacere, io sono Tom. Tu invece come ti chiami?-
    -Mi chiamo Sara-. Rispose la ragazza.-
    -Quanti anni hai?-
    La ragazza lo squadrò sospettosa.
    -Diciassette,e tu?-
    -Diciassette?- ripetè incredulo il chitarrista. –E io che ti avrei dato non più di tredici anni!-
    Sara arrossì per la rabbia.
    -Cavolo, ti sembro una di tredici anni?-
    Arrossì ancora di più. Aveva urlato forse un po’ troppo. Mormorò scusa e abbassò la testa. Dopo cinque minuti di silenzio imbarazzante nel quale nessuno dei due accennava a parlare per primo, Sara trovò il coraggio di parlare e disse:
    -Comunque, tu quanti anni hai?-
    Tom alzò lo sguardo e i loro occhi si incontrarono. Quelli nocciola di lui fissavano quelli verdi di lei. Quelli verdi di lei fissavano quelli nocciola di lui. I loro sguardi si intrecciavano tessendo un lungo filo d’oro, una catena che non aveva fine. Ormai anche solo con uno sguardo si erano detti tutto. Si erano detti ciò che le parole non potevano esprimere. Si guardarono a lungo, un tempo che pareva fosse infinito, il ragazzo le si avviccinò, sempre più vicino, quando la distanza tra le loro labbra era quasi annullata, quando lei stava per chiudere gli occhi, cosciente del fatto che tra poco le loro labbra si sarebbero toccate, le loro lingue si sarebbero unite in una lunga e tenera danza, lui si fermò ad un centimetro di distanza dalla sua bocca rosea, facendo odorare alla ragazza il suo inebriante profumo che per lei erano diventate gocce di vita; dischiuse la bocca e sussurrò:
    -Venti.- Detto questo, si allontanò giusto in tempo perché poco dopo entrarono gli stessi tre ragazzi che erano entrati in cucina poche ore prima. Si presentarono uno a uno.
    Quello rasta era Bill, fratello gemello di Tom. Il rosso era Georg, mentre il biondo occhialuto era Gustav. Tutti e quattro, compreso Tom, formavano una band che si chiamava Tokio Hotel. Tom suonava la chitarra, Gustav la batteria, Georg il basso e Bill cantava.
    ***
    Erano entrati nella stanza. Io e Tom ci stavamo per baciare. In realtà quando si è fermato mi è un po’ dispiaciuto. Ci sono rimasta male, ma non gliel’ho fatto notare. Non voglio dare soddisfazioni alla gente. Fa parte del mio carattere. Ora i tre si erano presentati. Erano tutti gentilissimi, Tom ha detto loro il mio nome e mi hanno chiesto tutti come stessi. Dopo una mezz’oretta, Gustav, il “ragazzo con la testa più sulle spalle del gruppo”, mi medicò le ferite e me le disinfettò con l’alcool. Io intanto strillavo e mi dimenavo come una matta, ma lui mi ha detto:
    -Se non vuoi che ti porti all’ospedale per farti mettere i punti, zitta e sopporta il dolore.-
    Con queste parole mi ha fatto zittire anche solo per cinque secondi, perché sentendo il mio improvviso silenzio, si è girato verso di me ed è scoppiato a ridere. Io ho semplicemente inarcato il sopracciglio e ho sopportato il dolore gridando silenziosamente dato che aveva cominciato a mettermi di nuovo l’alcool. “In effetti”, pensavo, “se non ci fosse stato Gustav, a quest’ora mi sarei messa i punti”. Quando ebbe finito, lo ringraziai e lui mi accarezzò i capelli dicendo:
    -Non c’è di che. Ora riposa ancora un po’ perché tra poco ceniamo e dopo, se vuoi, ti facciamo sentire una delle nostre canzoni-.
    Io mi sistemai meglio sul letto, e esultai al colmo della gioia:
    -Siii!! Che bello!!- stava già partendo la sfilza di esulti, quando mi interruppe dicendo:
    -Sempre se farai la brava.-
    Detto questo, mi strizzò l’occhio e uscì dalla camera, richiudendosi la porta alle spalle.



    Dal capitolo 5° credo che i chappy saranno molto più lunghi...
     
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  11. tombillina
     
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    Il 3° capitolo è quasi pronto ^^
     
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  12. jade jackson
     
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    Questo chappy è veramente fantastico!!!Up presto!!!!
     
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  13. tombillina
     
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    Il terzo capitolo l'ho scritto su un foglio di carta, ora lo devo ricopiare ma non credo di riuscire a postarlo entro oggi. Comunque farò il possibile xD
     
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  14. jade jackson
     
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    Nn ti preoccupare...posta presto!!
     
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  15. tombillina
     
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    CAPITOLO 3
    Avevo trovato nel cassetto del comodino affianco al letto un giornalino dove c’erano molti quiz e cruciverba e ora stavo facendo le parole crociate comodamente seduta sulla poltrona. I Tokio Hotel erano andati a ordinare le pizze per cena ed io, avendo tutte e due le ginocchia “ingessate”, ero rimasta sola a casa perché non mi potevo muovere. Tom però voleva rimanere perché temeva che qualcuno potesse entrare in casa, poi Georg l’ha convinto a venire dicendo che Saki, la guardia del corpo del gruppo, abitava alle spalle della casa, e se c’erano problemi, c’era lui. Sospirai rassicurata. Ero in quella casa da nemmeno un giorno e mi sentivo già protetta, a mio agio con le persone che ci vivevano. Pensai ai miei genitori adottivi. Avevano sicuramente già chiamato la polizia. Chissà dov’erano i miei veri genitori. Forse erano morti. Forse erano più vicini di quanto me l’aspettassi. Mi guardai attorno. Decisi di esplorare la casa, malgrado le ginocchia. Riposi il giornale sul tavolino e presi le stampelle che mi aveva procurato Gustav, santo ragazzo. Mi aiutai ad alzare aggrappandomici. Una volta in piedi mi diressi molto lentamente in cucina, dove c’era un grande tavolo, una cucina moderna ed un frigo molto capiente. C’era anche una finestra. Sorrisi. La stessa finestra dalla quale ero entrata. Abbassai lo sguardo e vidi delle macchie rossicce a terra. Era il sangue caduto dalle mie ginocchia. Georg aveva provato a lavarla con un migliaio di prodotti, ma si era solo scolorita un po’. “Non appena mi rimetto la pulisco”, pensai. Il mio sguardo venne attirato poi da un calendario. Mi avvicinai e lo osservai. Era appeso al muro con un chiodino, i mesi erano segnati in rosso mentre i giorni della settimana in nero. Ci passai una mano sopra. Era fine ottobre, novembre sarebbe iniziato presto. “Questo giorno non me lo dimenticherò mai”, pensai. All’improvviso mi venne un’idea. Volevo riportare su carta tutti gli avvenimenti –belli o brutti- della giornata. Mi diressi verso la rampa delle scale in cerca di un quadernetto o di qualche foglio. Facendo molta attenzione a non inciampare e aggrappandomi alle stampelle, incominciai a salire uno scalino alla volta. Gradino dopo gradino, dopo un quarto d’ora arrivai al primo piano. Mi diressi verso la stanza di Tom nella quale avevo dormito io quel pomeriggio. Frugai in tutti i cassetti, vi trovai un po’ di tutto: biancheria femminile, un pacco di preservativi e non appena mi capitarono tra le mani li rigettai indietro, schifata. Alla fine riuscii a trovare quello che cercavo: dei fogli, bianchissimi, e un cartone abbastanza rigido. Con quel materiale mi sarei fabbricata un diario dove avrei scritto tutti i miei pensieri e tutto ciò che mi capitava. Tagliai a metà i fogli che mi ero procurata e, mentre stavo per incollarli al cartone, sentii delle mani sconosciute posarsi sul mio ventre. Spaventata, mi girai e mi accorsi che era Tom. Sospirai. Ad un certo punto mi prese in braccio e mi gettò sul letto. Prese a baciarmi il collo mentre carezzava la mia pelle divenuta bollente che si trovava al di sotto della maglietta. Io gli dissi:
    -Dai, Tom, non ci conosciamo da neanche un giorno e già vuoi provarci?-
    Lui disse, con la sua solita spavalderia e sicurezza:
    -Non credi che questo sia un ottimo modo per conoscerci?-
    Io scossi la testa e mi allontanai, dato che comiciavo a sudare. Stavo cedendo. Nonostante mi fossi allontanata, lo sbruffone mi si avvicinò ancora di più, ma io ad un certo punto lo respinsi allontanandolo definitivamente con le mani. Restammo per un po’ a guardarci negli occhi. Lui sorrideva appena, quasi divertito, e aveva il fiatone. Lo divertiva quella situazione? Una gocciolina di sudore scese lungo la sua tempia. Anche lui aveva caldo, la cosa infatti stava diventando sempre più… eccitante. Non so per lui, ma per me sicuro. Se non lo avessi fermato, non so dove saremmo arrivati. Forse lui stava pensando la stessa cosa che pensavo io. Ringraziai mentalmente di averlo respinto, da un lato però mi dispiaceva. Ma se fosse entrato qualcuno, addio! Non osavo immaginare. Ad un certo punto si alzò dal letto e mi avvertì:
    -E’ pronta la cena-.
    Dopodichè mi aiutò ad alzare e e recuperò le mie stampelle che erano finite sotto il letto. Mi aiutò a scendere dalle scale e arrivammo in cucina dove gli altri avevano apparecchiato la tavola. Io avevo una fame tremenda e finii la pizza prima di tutti. Quando tutti finirono, ci sedemmo sul divano e guardammo per un po’ la TV. Naturalmente, Tom si sedette accanto a me e la cosa non mi dispiacque affatto. Verso le dieci, Gustav si alzò in piedi e disse:
    -Perché non facciamo sentire a Sara una nostra canzone?-
    Il resto della band annuì ed ognuno andò a prendere il proprio strumento. Mi fecero ascoltare la canzone “In die nacht”, dedicata ai gemelli.
    Una volta finita mi asciugai le lacrime cadute involontariamente sul mio viso e applaudii. Guardai poi l’orologio e sbadigliai. Si era fatto tardi. Salutai tutti e Tom mi aiutò a salire le scale e mi accompagnò nella sua camera che ormai era diventata la mia. Mi diede la buonanotte, e uscì richiudendosi la porta da dietro le spalle. Appena mi stesi sul letto, mi addormentai come un sasso.


    Ecco qui ^^ questo capitolo è cortissimo, infatti è "transitorio" xD commentate vi prego!
     
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40 replies since 24/5/2010, 15:02   488 views
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