[CONCLUSA] A long summer

NC17-twc not rel-au-slash-lenguage-ooc-lemon-drug use-angst-voyeurism-bondage -fluff

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  1. Hey You.
     
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    Oddio, Doris ha fatto un pò paura, lo ammetto. E Bill è decisamente insopportabile, eccheè. Non solo tratta Tom peggio di uno straccio, ma decide anche i suoi vestiti! Io l'avrei picchiato xD
     
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  2. makes me feel alive ~
     
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    CITAZIONE (theonlyexception; @ 18/6/2010, 17:56)
    Tom vendicati, dai : D

    Noo Tom truccato no D:
    Grazie per aver postato Redda (:
    Bellissimo capitolo *-*
     
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  3. s3xg0tt!n@483
     
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    Allora...Allora...allora...ok, mi sembro ripetitiva!
    Toooooom voglio la rivincita! Voglio che Bill venga umiliato da TE, come è successo l'ultima volta. Perché lui lo fa ogni sacrosanto giorno, solo perché si crede il Re del Mondo. Perciò...non sprecare un'opportunità come questa...u.u
     
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  4. Gaf.
     
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    Ahah il solo pensiero di un Tom così sbadato abbandonato a stesso in quella festa mi fa sorridere! XD non vedo l'ora di leggere il prossimo e sapre cosa accadrà u.u
    brava reds! Ecco un altro bel capitolo!
    Tom comunque rimane fantastico! È troppo comico! >.< in questo chappy sembra più una specie di marionetta nelle mani di Bill...staremo a vedere..
    Grazie di aver postato! Il doppio postaggio mi piace!
     
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  5. Dipsi~
     
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    CITAZIONE (s3xg0tt!n@483 @ 18/6/2010, 22:09)
    Allora...Allora...allora...ok, mi sembro ripetitiva!
    Toooooom voglio la rivincita! Voglio che Bill venga umiliato da TE, come è successo l'ultima volta. Perché lui lo fa ogni sacrosanto giorno, solo perché si crede il Re del Mondo. Perciò...non sprecare un'opportunità come questa...u.u

    Stra quoto cavoli!!!!!
    Tom RIVINCITA!!!
    E non sprecare questa occasione!!!!
    V E N D I C A T I U_U
     
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  6. Redda
     
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    Grazie a tutte per i vostri commenti (: sì, il prossimo capitolo lo avrete questo martedì
     
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  7. sara_green96
     
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    uuu che bello Martedììììì!!!!!
     
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  8. DiANaReN
     
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    ahahahahahah forteee
     
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  9. Phantom Rose
     
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    Le cose sono due: o Tom scappa o sento odore di guai. pensa che ridere se frega gli amici o il ragazzo a Bill.... . Quella sì che sarebbe una bella rivincita! Brava Redda, sei super.
     
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  10. Dipsi~
     
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    Non vedo l'ora che arrivi martedì *.*
     
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  11. ~ Nene •
     
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    "Dammi la forza per sopportarlo"? Dammi la forza per resistergli! Immaginarmelo tutto vestito di bianco e truccato con l'ombretto scuro mi ha fatto smettere di respirare per diversi minuti con conseguente perdita di conoscenza. E il fatto che Tom, tirato a lucido con suo sommo piacere, non si sia indecentemente messo a fissarlo mi ha sorpresa non poco. Non capirò mai le decisione che il suo unico neurone prende di tanto in tanto...
    Bill questa volta, oltre che il solito effetto calamita, mi ha fatto spuntare un sorriso dal sapore amaro. Sarà la mia mente deviata, non so, ma pensare a quanto ci tenga che Tom non entri in rapporto con i suoi amici o al modo in cui si è agghindato perchè piace a Dimitri, nonostante lui lo tratti solo come un bell'accessorio da sfoggiare e di cui vantarsi, mi fa pensare ancora di più che dietro al suo comportamento così altezzoso e menefreghista, ci sia qualcosa di particolare. Poi boh, magari sti esami mi hanno fatto andare in pappa il cervello e mi faccio i miei filmini mentali. Bah, staremo a vedere.
    Purtroppo non so quando tornerò a commentare visto che da martedì iniziano gli scritti, ma leggerò di sicuro ^^
     
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  12. Ema‚
     
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    Tom, mettilo sotto e sfottilo al party u_ù
     
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  13. Redda
     
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    TK89: Tutto può cambiare


    17. Capitolo





    Che il padre di Dimitri fosse l’uomo più facoltoso di Loitsche e dintorni lo si capiva subito dalla sua casa.
    Un’enorme villa a tre piani, che faceva sembrare le abitazioni vicine delle misere catapecchie.
    Il prato ai lati del vialetto in granito era ben curato; non c’era un solo filo d’erba più lungo degli altri, sembrava addirittura finto.
    I roseti parevano fatti di plastica talmente erano perfetti e rigogliosi.
    Non poteva ovviamente mancare la fontana con putto annesso, dalla cui punta di freccia sgorgava una piccola cascata d’acqua.
    Sul piazzale di fronte all’ingresso, illuminato da faretti magistralmente disposti, erano parcheggiate macchine di ogni tipo. Quelle dei ricchi amici del festeggiato spiccavano fra le altre.
    Tom rimase colpito da tanto sfarzo e continuava a guardarsi attorno, con la stessa espressione di un bambino che mette piede per la prima volta a Disneyland.
    Arrivati al portone, Bill si voltò a fissarlo, bloccandolo proprio lì di fronte.
    «Ricordati», gli mormorò prima di entrare; suonava quasi come una vera minaccia.
    Ora era solo. Avrebbe passato la serata immobile in un angolo a tracannare champagne e a giudicare tutti quei figli di papà che lo avrebbero snobbato come se fosse stato un appestato, oppure lo avrebbero semplicemente catalogato come un pezzo dell’arredamento.
    E, una volta raggiunto il limite, se ne sarebbe tornato a casa, sperando che Doris fosse già andata a dormire per non doverle dare spiegazioni.
    Tom superò la soglia e sollevò lo sguardo sull’enorme lampadario con Swarovski a goccia che pendeva dal soffitto.
    Le pareti erano tappezzate da quadri dalle diverse dimensioni. Non mancavano, ovviamente, vasi antichi e sculture in marmo.
    Si fece spazio tra la moltitudine di ragazzi presenti e raggiunse il salone.
    Non poté credere a quello che videro i suoi occhi. C’erano fontanelle di champagne e cioccolata ad ogni angolo.
    Doveva essere finito in una puntata di O.C., ne era certo.
    Un ragazzo di colore si trovava alla console e mixava della musica, rigorosamente techno.
    Fece una smorfia di puro disgusto; gli sarebbero scoppiati i timpani per colpa di quella robaccia.
    Superò il lungo tavolo del buffet e recuperò una flûte in cristallo laminato d’oro, che già da solo doveva valere più di casa sua, e lo riempì di champagne, rigorosamente Crystal.
    Per uno abituato a bere birra, e saltuariamente qualche altro cocktail, quello era una vera sciccheria, come l’ambrosia per gli dei dell’Olimpo.
    Ne mandò giù un paio di sorsi e riprese il suo giro.
    Intravide Dimitri seduto sopra ad un divanetto di pelle bianca, circondato dai suoi amici intimi, e ovviamente fra questi c’era anche Bill, proprio accanto a lui.
    Tutti andavano a fargli gli auguri e a dargli i loro regali, che il moro accatastava in un tavolino lì vicino; avevano raggiunto l’altezza di un piccolo K2.
    Ma cosa mai si poteva regalare ad uno che praticamente aveva… tutto?!
    Si sentiva un alieno in mezzo a quella gente; non aveva niente in comune con loro e cominciava a stufarsi degli sguardi semi schifati che gli lanciavano, nemmeno fosse stato completamente nudo e con una testa d’asino indosso!
    Perché Doris lo aveva costretto ad andare? Non odiava Bill, ma lui.
    Si poggiò contro alla parete, di fianco ad una delle fontanelle, ed aspettò che il tempo passasse, con l’ausilio dell’alcool.
    Di tanto in tanto volgeva lo sguardo verso il suo fratellastro; lui si che si stava divertendo. Non faceva che ridere, bere e chiacchierare con tutti; sprizzava gioia da ogni poro.
    Si arrabbiò con se stesso per l’invidia che stava provando nei confronti del moro; se si fossero trovati a Berlino ci sarebbe stato lui al suo posto!
    Ma a chi voleva darla a bere? Nemmeno lì era il figo che diceva di essere; aveva sì e no una decina di amici e neanche loro erano messi meglio di lui. Tra l’altro in quel momento li detestava visto che nessuno di loro si era fatto sentire nemmeno una volta da quando era partito per raggiungere quell’inferno; a quell’ora poteva anche essere morto e a loro non sarebbe fregato niente. Tutte le promesse di andare a salvarlo erano state solo parole al vento, e lui ci aveva creduto come un povero allocco.
    Aveva ragione il moro… era solo uno sfigato, che si vestiva da sfigato ed aveva amici altrettanto sfigati.
    «Che schifo di vita», mormorò con amarezza, mandando già l’ennesimo bicchiere.
    Bill, lui sì che aveva la vita che aveva sempre desiderato. Era bello, popolare, intelligente, straviziato e nonostante il suo caratteraccio era circondato da persone che lo adoravano come un dio, baciavano quasi la terra sulla quale camminava e si sentivano onorati se lui rivolgeva loro un semplice sguardo.
    Gli venne da ridere; era già finito nel tunnel dell’autocommiserazione, aveva fatto in fretta.
    Portò il bicchiere vuoto sotto alla fontanella di champagne ed attese che si riempisse fino all’orlo.
    Cominciava già a sentire la testa leggera, segno che il suo tempo stava per scadere e lo attendeva una lunga camminata verso casa, se mai ci sarebbe arrivato. Poteva sempre optare per una panchina in fin dei conti, non c’era di sicuro il rischio che lì qualcuno provasse a derubarlo o peggio.
    Osservò il liquido frizzantino prima di gettarlo nella vasca di raccolta. Voleva camminare sulle sue gambe e non strisciare sul marciapiede, dunque per quella sera basta alcool.
    Si allontanò da lì per non ricadere in tentazione e si avvicinò al buffet per cercare di contenere almeno un po’ i danni della sbronza.
    Quasi rimase basito quando si ritrovò di fronte a piatti colmi di aragosta, ostriche, caviale ed ogni altro ben di Dio. E lui che come uno stronzo ai suoi ospiti aveva sempre e solo offerto patatine e salatini; quella gente si trattava bene e faceva di tutto per ostentare la propria ricchezza.
    Che poi in un posto come Loitsche bastava avere una capra in più di un altro per essere considerato una persona facoltosa.
    Si voltò quando sentì parecchi dei presenti applaudire, e la tartina che stava per mangiare gli cadde a terra nel momento in cui intravide Bill in piedi sul tavolo, immerso nelle danze. Avrebbe fatto morire di invidia una ballerina di lap dance.
    Si muoveva sensualmente, le braccia sollevate leggermente in alto e gli occhi socchiusi; perfino da lì riusciva a vedere lo sguardo allupato di Dimitri che scorreva lungo il corpo del moro, soffermandosi in particolar modo sul suo sedere stretto in quei pantaloni bianchi.
    La maglia del suo fratellastro si sollevò leggermente, lasciando intravedere una parte delle tre stelle scuse.
    Scosse appena il capo con disappunto; se Doris avesse visto quella scena sarebbe sicuramente morta di crepacuore. Povera donna…
    Dimitri gli sfiorò il ventre con una mano, e Bill gli mandò un bacio, scoppiando poi a ridere di gusto.
    Era completamente ubriaco.
    «E’ arrivato il momento del regalino», gli disse con un sogghigno il ragazzo, aiutandolo a scendere dal tavolo.
    Gli fece dondolare di fronte al viso una bustina trasparente che sembrava contenere dello zucchero a velo.
    Tom controllò l’ora sul proprio orologio e si stupì quando vide che era quasi l’una di notte. La sua serata era ufficialmente terminata, e grazie a Dio!
    Frugò nelle tasche ed imprecò quando si rese contro che lui non aveva le chiavi di casa, ma il solo ad averle portate era stato Bill.
    Sarebbe dovuto andare da lui, rischiando il linciaggio, ma non gli interessava affatto; voleva solo andarsene e lo avrebbe fatto, con o senza la sua collaborazione.
    Si fece largo tra la folla e raggiunse i due divanetti bianchi, riservati alla ristretta cricca del festeggiato.
    Riuscì ad intravedere il capo del suo fratellastro.
    «Bill, mi servono le c…» Le parole gli morirono in gola.
    I suoi occhi rimasero incollati al moro, piegato in avanti sul tavolino di cristallo.
    Non c’era bisogno di essere un genio per capire cosa stesse facendo.
    La polverina bianca, la carta di credito abbandonata poco più in là, alcune banconote da cento euro arrotolate.
    Bill sollevò il capo e si sfregò appena la narice, che si arrossò leggermente.
    Tom lo fissava a bocca aperta, visibilmente sconvolto.
    «Ohhh ciaaao fratelliiino!», lo salutò in modo gioviale il moro. «Ehi, ehi gente, ascoltatemi! Lui è il mio fratellino. Salutatelo, andiamo, non fate i maleducati.»
    Ma nessuno dei ragazzi seduti su quei divanetti sembrava ascoltarlo, era come se si fossero immersi in un mondo tutto loro, lontano dagli altri.
    «Bill me ne voglio andare, mi servono le chiavi.» Allungò una mano verso di lui, ma Bill si mise a ridere e l’afferrò, tenendolo fermo.
    «Ma perchééééé? La festa è appena incominciataaa!»
    Schizzò in piedi come una molla e, barcollando leggermente, scavalcò il tavolino, dal quale altri ragazzi si stavano servendo di quel lauto banchetto. Si fermò di fronte a Tom e gli fece un gran sorriso. «Andiamo a ballaaaare! Dai, dai, dai, balliamo.»
    Il moro recise quel contatto visivo e non riuscì a reprimere un’espressione schifata.
    «Sei ubriaco e completamente fatto.»
    Bill rise nuovamente, portando indietro il capo e mettendo in mostra il collo leggermente sudato.
    «È una feeeestaaaa!»
    «Io me ne voglio tornare a casa, dunque dammi quelle cazzo di chiavi.»
    «Ah-ah.» Il moro gli sventolò un dito di fronte al viso. «Se le vuoi te le devi guadagnare.»
    «Non ho voglia di scherzare, sono stanco e voglio andare a letto.»
    Bill gli afferrò il mento fra il pollice e l’indice, fingendo di imbronciarsi.
    «Non fare il musone Tommino, divertiti un po’ con il tuo caro fratellino. Tutti si vogliono divertire con me.»
    «Ti ho detto di no.» Si allontanò da lui, ma il moro incrociò le braccia dietro al suo collo e gli sorrise in modo malizioso.
    Da quella breve distanza riusciva a vedere chiaramente i suoi occhi arrossati e le pupille dilatate.
    «Se andiamo di là ti faccio divertire per davvero», gli sussurrò il ragazzo, leccandogli l’orecchio.
    Ma Tom se lo scrollò di dosso e a stento riuscì a trattenersi dal mollargli uno schiaffo.
    Bill arricciò le labbra e lo fissò con sguardo offeso. «Allora andrò a succhiarlo a qualcun altro», strillò isterico. «Tutti vogliono che io glielo succhi e lo farò, a tutti quelli che sono qui stasera!»
    «Stai delirando.» Il moro scosse il capo. «Non sai nemmeno tu quello che stai dicendo.»
    «Ho detto che ho voglia di succhiare cazzi», gli disse ad un palmo dal naso. Il suo alito carico d’alcool gli fece storcere il naso.
    Non poteva lascialo lì in quelle condizioni, chissà quanti e quali danni avrebbe provocato; così decise di agire.
    Approfittando della vicinanza del moro, Tom lo afferrò per i fianchi e se lo caricò in spalla.
    «Che cazzo fai?!», strillò Bill, dimenandosi come un pazzo. «Mettimi giù brutto stronzo, mettimi giù ho detto!»
    «Fa silenzio», gli ordinò il ragazzo, mentre recuperava, con una certa difficoltà, la borsa del moro abbandonata sul divanetto.
    Gettò un’ultima occhiata schifata a quei ragazzi eccessivamente euforici ed ubriachi, e si avviò verso l’androne, uscendo successivamente da quella casa.
    Nessuno sembrava avergli prestato attenzione, come se Tom non se ne fosse appena andato con un isterico Bill sulle spalle, quasi fosse una cosa normale per loro.
    Il moro non smise per un solo secondo di scalciare, e Tom fu costretto a bloccargli le gambe in una morsa, in modo da evitate eventuali colpi bassi.
    «Fammi scendere!», gli urlò di nuovo. «Non puoi fare così, questo è sequestro di persona! Voglio andare a ballare, voglio divertirmi e voglio anche scopare, cazzo! Riportami immediatamente indietro, voglio tornare alla festa, maledizione!»
    «Vuoi chiudere quella cazzo di bocca?!», gli urlò di rimando il moro, superando il cancello.
    Nemmeno quando si ritrovarono in strada lo lasciò andare, conscio del fatto che se lo avesse mollato, Bill sarebbe corso verso quel circolo di cocainomani.
    Tom ignorò le sue continue proteste, unite a coloriti insulti di ogni genere, nonostante gli stesse facendo venire l’emicrania.
    «Mi viene da vomitare porca miseria, mettimi giù.»
    Il moro sbuffò e gli fece toccare terra; ormai erano piuttosto lontani dalla casa di Dimitri, non doveva esserci più pericolo.
    «Sei veramente un coglione», gli disse a denti stretti, aggrappandosi ad un lampione. Gli girava la testa e l’euforia causatagli dalla cocaina stava ormai lasciando il posto alla nausea.
    «Se qui c’è un coglione sei proprio tu», gli rispose il ragazzo, poggiandosi contro un basso muretto. «Lo sa tua madre che sniffi?»
    «Certamente, ogni tanto ci facciamo un tiro insieme», gli disse in tono ironico il moro. «Che domande idiote che fai! E poi non sono un fottuto drogato, so che quella merda causa dipendenza; l’avrò fatto sì e no un paio di volte al massimo.»
    «Se sai che è una merda perché lo fai allora?», si infervorò Tom, stringendo i pugni.
    «Perché ero ad una festa?!», gli rispose Bill, roteando gli occhi. «Lo stavano facendo tutti, non dovevo essere da meno.»
    «Credevo di essere io quello sfigato fra noi due, ma tu mi batti di sicuro.» Scosse il capo, visibilmente schifato. Ora non invidiava più la “perfetta” vita di Bill, preferiva di gran lunga la sua; certo non era all’insegna dell’avventura, ma non gli importava.
    La fronte del moro si aggrottò pericolosamente; lasciò perdere il suo appiglio e, barcollando, si avvicinò al ragazzo, fermandosi ad un palmo dal suo naso.
    «Ripetilo se hai il coraggio», gli disse a denti stretti.
    «Sei uno sfigato, se vuoi ti faccio anche lo spelling», lo fronteggiò Tom, fissandolo seriamente. «Se non ti avessi portato via a quest’ora staresti a far pompini ai tre quarti degli invitati. Dovresti pure ringraziarmi.»
    Bill si lasciò andare ad una risatina di scherno. «Cos’è questa, una scenata di gelosia per caso?» Scosse appena il capo. «Solo perché te l’ho succhiato una volta pensi di essere il mio ragazzo? No aspetta… l’hai pensato! T… ti ho chi… chiesto se ti an… andava di fa… fare qualcosa in… insieme», lo canzonò il ragazzo, sogghignando divertito.
    «Preferirei morire piuttosto che essere il tuo ragazzo!»
    «Ma chi ti vuole?! Io ho già Dimitri.»
    «Oh certo, e ti soddisfa così tanto che sei costretto a fare pompini di nascosto nella tua stessa casa», fu Tom a prenderlo in giro quella volta.
    Bill lo incenerì con lo sguardo e caricò indietro la mano, schiantandola poi contro la guancia del moro.
    Per un attimo rimase interdetto da quel gesto inaspettato, ma subito dopo sentì la rabbia montargli dentro.
    Afferrò il polso del ragazzo e lo strinse con forza tra le dita, tanto da provocargli una smorfia di dolore.
    «Cosa vuoi fare ora?», gli domandò con astio. «Picchiarmi?»
    «Non me le sporco le mani con uno come te, ti ho già detto che mi fai schifo.»
    «Non ti facevo poi così tanto schifo quando te lo stavo succhiando l’altra notte.» Avvicinò ancora di più il viso a quello del moro, tanto che i loro nasi si scontrarono per un attimo.
    «Ho provato di meglio, a dire il vero sei piuttosto scarsino.»
    Bill cominciò a tremare e poco dopo anche Tom sentì il proprio corpo fremere, ma non era solo a causa della crescente collera.
    «Stronzo sfigato», sputò fuori con rabbia il moro.
    «Frocio.»
    «Idiota senza palle!»
    «Finocchio!»
    Le loro labbra si incollarono in una frazione di secondo. Nessuno dei due sembrò nemmeno accorgersene perché entrambi avevano ancora gli occhi aperti e continuavano a fissarsi.
    Ma, quando Tom fece per staccarsi, sentì la mano libera del moro poggiarsi dietro alla sua nuca e riavvicinarlo con maggiore pressione a sé.
    Le palpebre si abbassarono nel momento in cui le loro labbra di dischiusero per approfondire quel bacio.
    Le loro lingue si scontrarono con impeto, quasi fosse in atto una guerra o un duello. Affondavano e colpivano come le spade di antichi cavalieri e nessuno dei due avrebbe ceduto per primo, quasi ne andasse del loro stesso onore.
    Tom sentiva la mano del moro vagare sul suo viso e sul collo, il suo respiro colpirgli la guancia ed il piercing sulla lingua sfiorare sensualmente la sua.
    Bastò quel semplice contatto per farlo eccitare e Bill sembrò accorgersene, perché comincio a strusciarsi contro di lui.
    Desiderò cancellare tutti i suoi precedenti baci in modo che quello fosse il primo, ed in un certo senso lo era. Il primo bacio che dava ad un ragazzo, ma non uno qualunque.
    Non riusciva a descriverlo a parole, semplicemente era più tutto: più bello, più passionale, più eccitante di qualsiasi altro bacio avesse dato fino a quel momento.
    Il cuore gli scoppiava in petto, le farfalle dentro al suo stomaco stavano impazzendo e le ginocchia gli tremavano per tutto quel mix di emozioni che gli stavano scorrendo dentro alle vene.
    Voleva mangiarlo, inglobarlo nel suo stesso corpo per non farlo più andare via; voleva che gli appartenesse per sempre, che fosse solo ed unicamente suo.
    Il sapore della sua bocca era inebriante e lo stava ubriacando.
    Da quel giorno sarebbe stata la sua unica fonte di sostentamento; si sarebbe cibato di lui, avrebbe colto ogni goccia della sua essenza e si sarebbe dissetato. Non aveva bisogno di altro per sopravvivere, solo di lui, solo di Bill.
    Liberò il polso del moro e fece scorrere le mani sui suoi fianchi, fino ad arrivare alle sue natiche, che strinse quasi possessivamente. I loro bacini si scontrarono inevitabilmente.
    Lo sentì gemere dentro alla sua bocca e quel suono lo mandò in estasi.
    Voleva leccare ogni singolo centimetro di quella pelle di porcellana e baciarlo fino a consumarlo completamente.
    Ma Bill si scostò all’improvviso, come se qualcosa lo avesse afferrato con forza da dietro.
    Tom sollevò le palpebre e lo osservò confuso. Lo vide poggiarsi una mano sulla bocca ed il suo corpo venire colto da uno spasmo.
    Prima che avesse il tempo di chiedergli come stava, il moro gli vomitò sulla maglietta tutto l’alcool che aveva ingerito quella sera.
    Beh, non era proprio l’effetto che sperava di fargli.
    L’odore acre del suo rigurgito lo colpì al naso, provocandogli la nausea.
    «Scu… scusa», mormorò il moro, mentre veniva colto da altri spasmi.
    Tom non riuscì a rispondergli, rimase semplicemente immobile, con la bocca semi aperta ed un’espressione di terrore misto a disgusto sulla faccia.
    «Non mi sento bene», mugugnò flebilmente Bill. «Andiamo a casa.»
    Il ragazzo annuì e si incamminò, tenendo le braccia e le gambe allargate.
    Una volta arrivati corse subito in bagno e gettò nel cesto della roba sporca i suoi vestiti, facendo attenzione a non toccarli.
    Tremò come se se lo avesse ancora addosso. Fece anche una doccia veloce, perché non riusciva a liberare le sue narici da quell’odore acre. Si versò addosso almeno tre bagnoschiuma diversi e si insaponò talmente tanto da far arrossare la pelle.
    Cominciava seriamente a scocciarsi! Stava andando tutto bene e tac! Ecco la fregatura, una fregatura rivoltante e nauseabonda.
    Controllò il corridoio, ma Bill doveva essere ancora in cucina, dov’era scappato non appena aveva aperto la porta, colto da un nuovo conato.
    Calciò la porta dietro alle spalle e si buttò sul letto, fissando il buio, parecchio arrabbiato.
    Perché doveva essere punito a quel modo?! Che mai aveva fatto di così sbagliato!
    Non sarebbe riuscito a chiudere occhio quella notte, la rabbia che aveva in corpo ci avrebbe messo un bel po’ prima di sbollire del tutto.
    Ascoltò il proprio respiro irregolare, l’unico suono in quel pesante silenzio.
    Ma tese l’orecchio quando sentì la porta aprirsi; stava per accendere la luce dell’ abat-jour, quando udì la voce del moro.
    «Sono io¬», gli disse piano.
    «Stai meglio?», gli domandò lui, mettendosi a sedere.
    Riuscì ad intravederlo attraverso i raggi della luna che filtravano dalle tapparelle.
    «Un pochino», rispose il ragazzo, avvicinandosi.
    «Ti serve qualcosa? Vuoi che chiami tua madre? Che ti prenda un’aspirina?»
    «No.»
    Tom sentì il materasso abbassarsi e percepì la presenza di Bill di fronte a sé.
    «Voglio solo riprendere ciò che ho interrotto…»
    Prima che il moro riuscisse a rispondergli avvertì le sue labbra posarsi sulle proprie. Non ci mise molto ad accoglierlo nella sua bocca, anzi aveva sperato che succedesse.
    Bill gli si sedette in grembo ed incrociò i polsi dietro al suo collo.
    Lasciò vagare le mani sulla schiena del fratellastro, riuscendo a contare ogni singolo anello della sua colonna vertebrale.
    Un po’ della foga iniziale si era dissipata, ma era comunque indescrivibile.
    Ora la sua lingua si muoveva lentamente, quasi fosse un esploratore all’interno di una nuova caverna; voleva scoprire ogni dettaglio, anche il più piccolo, con attenzione.
    Il moro gli sfiorò il palato e l’eccitazione nel suo corpo tornò viva e vegeta. Ma in quel momento voleva godersi solo il contatto di quel bacio e le dita di Bill che gli accarezzavano lentamente il collo.
    I suoi mugolii gli provocavano continue scariche all’altezza dell’inguine; era certo che al mondo non potesse esistere un suono più bello di quello.
    Fremette di pura lussuria quando lo sentì succhiargli la lingua.
    «Sdraiati», gli sussurrò Bill a fior di labbra, mordicchiandogli deliziosamente quello inferiore.
    Tom obbedì e tornò a poggiare la schiena sul materasso.
    Sentì il suo fratellastro sistemarsi sopra di lui, senza mai recidere il contatto fra le loro labbra.
    Quello che successe dopo gli avrebbe fatto uscire il sangue dal naso se fosse stato il protagonista di un manga giapponese.
    Cominciò a muoversi lentamente, facendo strusciare i loro bacini.
    Non riuscì a trattenere un gemito ed il moro gli leccò lascivo le labbra.
    Gli strinse i fianchi tra le dita e pilotò i suoi movimenti, imprimendo maggiore pressione alle sue spinte.
    Bill si eccitò tanto quanto lui ed entrambi cominciarono a sfregarsi l’uno contro l’altro con maggiore foga.
    Voleva sentirlo su di sé, un contatto di pelle, e voleva pure liberarsi di quei dannati boxer che cominciavano a fargli male.
    Afferrò così quelli di Bill e glieli calò lungo le cosce; il moro lo aiutò poi a levarli, rimanendo completamente nudo, anche se lui non poteva vederlo bene.
    Tom invertì le posizioni ed anche i suoi boxer raggiunsero quelli del ragazzo sul pavimento.
    Quando si riappoggiò a lui gemettero entrambi per quel nuovo contatto.
    Puntò le braccia al lati delle spalle di Bill e riprese i suoi movimenti, facendo sfregare le loro erezioni.
    Il moro gli arpionò la schiena con le unghie e cominciò ad ansimare pesantemente.
    Dio, doveva essere meraviglioso in quel momento, avrebbe tanto voluto che la luce si accendesse all’improvviso per poterlo vedere in faccia e godere di quello spettacolo che, sicuramente, altri prima di lui avevano apprezzato.
    Sentì le ginocchia del ragazzo attaccarsi ai suoi fianchi ed in quel modo sembrò quasi che stessero facendo per davvero l’amore.
    Baciò con delicatezza la linea del suo mento, scendendo poi verso il collo niveo.
    Doveva essere uno dei suoi punti deboli perché, quando Tom prese a far scivolare la punta della lingua sulla sua pelle, Bill si agitò maggiormente e gemette contro la sua spalla.
    Velocizzò i movimenti mentre lasciava vagare le proprie labbra sulla clavicola del moro, spostandosi poi sul suo petto, dove andò a stuzzicare il piercing.
    «Cazzo!», gemette il ragazzo, portando indietro il capo quando Tom lo afferrò appena tra i denti, cominciando poi a succhiarlo.
    Strinse i suoi cornrows tra le dita, mentre infilava una mano tra di loro, afferrando entrambi i loro membri. Cominciò a stimolarli, seguendo il ritmo delle spinte del moro, e lo sentì gemere forte sotto al suo tocco.
    Portò un attimo il pollice alla bocca e lo succhiò leggermente, prima di poggiarlo sulla punta del membro di Tom.
    «Sì… o… oddio», ansimò il ragazzo, mentre sentiva le goccioline percorrere la linea fra le sue scapole.
    Fece scorrere la lingua attorno all’aureola del moro, sfiorando l’altro capezzolo già turgido con le dita.
    Bill lo attirò nuovamente a sé per baciarlo, mentre la sua mano si muoveva velocemente fra di loro, avvertendo che ormai entrambi erano arrivati al limite.
    Afferrò una delle mani di Tom e la sostituì alla sua.
    La sensazione delle sue dita, leggermente callose, sul proprio membro gli mozzarono il fiato, facendolo venire conto lo stomaco del fratellastro con forza, il quale lo seguì poco dopo.
    Tom crollò esausto sopra al corpo di Bill, cercando di riprendere il controllo sul proprio respiro.
    Non riusciva a descrivere come si sentisse; il sesso vissuto fino a quel momento gli sembrava quasi banale, scialbo, privo di sapore.
    Esisteva qualcosa di più appagante al mondo? Ne dubitava seriamente.
    Si mise di fianco al moro e lo costrinse a voltarsi verso di lui.
    Gli era impossibile vedere i suoi occhi, ma riusciva a figurarseli nella mente; un mare di oro liquido, ancora lucidi per la passione che li aveva appena travolti e consumati. E sapeva che le sue pupille erano dilatate, non a causa della droga, ma per lui, per quello che avevano vissuto insieme.
    Si addormentarono così, con le fronti unite ed un sorriso abbozzato sulle labbra; un sorriso che valeva, forse, più di mille parole.



    Edited by Redda - 7/12/2010, 22:27
     
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