[Solo Etero? Non dipende da me.]

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    Cosa vi devo dire, finirò di postare i capitoli e poi stop... Dei commenti sarebbero ben accetti!

    51 CHAPTER



    Altri sei mesi se ne sono andati. Altri sei mesi senza Tom.
    Mi trovo a giugno, la scuola è appena finita.
    Novità? Non particolarmente. Io e Robert stiamo ancora assieme? Beh sì, occasionalmente almeno. Eppure non mi sembra che a Tom sia importato molto perché ha deciso di non cercarmi più e dopo averlo chiamato e richiamato svariate volte senza alcun risultato, ho deciso di accontentarlo e sparire anch’io dalla sua vita.
    Sembra essere ciò che voleva, quindi va bene.
    Io e Tom abbiamo vissuto una storia d’amore senza precedenti, credevo davvero non ci saremmo mai separati, per diversi momenti ho creduto fosse lui la persona che avrei voluto avere accanto tutta la vita, ma ecco… Sono stato solo un illuso.
    Pensavo avremmo potuto superare la cosa della distanza, ma non è stato così.
    Ma sì dai, lo dicono tutti che le storie a distanza non funzionano: cosa poteva avere la nostra di tanto speciale?
    << Mamma! >>, grido scendendo le scale. << Vado a fare un salto a Niegripp, ci pensi tu a London? >>.
    << Finirò per diventare io la sua padrona con tutte le volte che me lo affidi! >>, prendendo le chiavi del motorino le sorrido e ribatto:
    << Eddai la scuola è appena finita, vado solo a fare un giro! >>.
    << Torni per cena stasera? >>, domanda serenamente.
    << Non lo so, sento cosa vogliono fare gli altri! Forse no però! >>, rido. << Ciao mamma >>, esco di casa.
    << Mi raccomando stai attento! >>, ma ormai la sua voce non è che un’eco lontana.
    Una volta indossato il casco e preso il motorino esco dal vialetto e mi dirigo diretto a Niegripp. La cosa positiva dell’estate non solo è che la scuola finisce, ma che posso uscire da solo senza rispettare gli orari di mia mamma, o dell’autobus o di qualsiasi altra cosa.
    Ah giusto, ho un motorino! Non che non l’aveste capito da soli, ma questa è una delle altre novità di quest’anno. Impressionante eh? Un motorino che mi cambia la vita, davvero entusiasmante.
    Chiaramente sono sarcastico, questa è l’ennesima dimostrazione di come le cose della mia vita siano sempre le stesse. Come se fossero scritte in un elenco e fossero sempre in quell’ordine. Provate solo ad immaginare, chiudendo gli occhi, una bella lista bianca.
    La vedete? Bene. Ora le darò un titolo: la triste vita di Bill Kaulitz.
    Me la immagino scritta con Verdana, in stampatello grande, preferibilmente in grassetto, centrata e di misura 16. Bene, il primo punto della lista è:
    1- Fare finta che tutto vada bene.
    Devo ammettere che questo mi riesce piuttosto bene, no? Ho persino espresso la mia gioia nel possedere finalmente un motorino!
    2- Pensare a Tom ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno.
    3- Fingere di non pensare a Tom ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno.
    Devo dire che i due punti sono strettamente correlati. Quasi riesco a soffocare il secondo punto fra il primo e il terzo! Non credete anche voi? Del resto non avete fatto altro che giudicare la mia frivolezza, le mie scelte, i miei pensieri e le mie paure. Sono certo che avete anche detto che sono un ipocrita.
    Beh ecco la notizia del giorno: non mi interessa niente dei vostri pareri.
    Oh, dimenticavo:
    4- Non interessarmi dei vostri pareri.
    Visto? Potrei avere una lista lunghissima, invece ci sono solo questi che si ripetono di continuo.
    Voi pensate che ho lasciato la storia di Tom alle spalle, che non ho lottato. Ma non è così carissimi, IO ho lottato. Ho lottato eccome.
    È stato lui a smettere di lottare. Lui a smettere di chiamarmi. Lui a non prendere le mie chiamate, a non rispondere ai miei messaggi. Cos’altro avrei dovuto fare? Prendere un aereo e andare in Spagna?
    Se avete risposto sì a quest’ultima domanda siete degli idioti. Cosa avrei fatto una volta arrivato in una terra straniera dove non conosco né la lingua né l’ubicazione di Tom?
    Sarei probabilmente dovuto tornare indietro e mi sarei preso solo una bella sgridata da parte di mia madre.
    Sono già scappato una volta con lui, non lo farò di nuovo. Non prenderò e partirò senza di lui, piuttosto aspetto qui che sia lui a tornare, almeno Tom sa dove abito, sa dove trovarmi.
    E io ci sarò al suo ritorno, giuro che se ci sarò un suo ritorno ci sarò, ma per il momento… Io non posso fare niente, sembra che lui abbia deciso di ignorarmi.
    Sì, io ho fatto i miei sbagli. Sono stato con Robert, ma è successo la stessa sera che Tom è stata con quella che credo oramai sia la sua ragazza. Quindi non date a me tutta la colpa di ciò che è successo perché io ho torto al 50%.

    Una volta arrivati a Niegripp parcheggio nei dintorni del campo da basket dove i ragazzi si divertono fra loro giocando una delle solite partite.
    E sì, se ve lo state chiedendo ho pensato al fatto che anche Tom giocava e che quei pantaloncini gli stavano d’incanto mettendogli in evidenzia le sue forme migliori!
    Ma la mia lista è chiara, devo fingere di non stare pensando a lui.
    << Hey! >>, Robert –vedendomi sfilare il casco dal capo- si avvicina a me e mi saluta. << Allora, come va? >>, domanda.
    << Tutto bene, fanculo la scuola finalmente! Ciao Gismar, ciao Sim! >>, saluto.
    << Sì Dio… Non ne potevo più, finalmente è tornata l’estate! >>.
    << Già… Allora, chi vince? >>.
    << Mah non so, abbiamo fatto un casino con i punti… Ma credo che siamo in vantaggio noi! >>.
    << Perfetto >>, sorrido avvicinandomi assieme a Rob al campo.
    << Sicuro tu stia bene? Non mi hai dato neanche un bacio! >>, scherza. Io sbuffo.
    << Dai, è troppo caldo per baciarti… Sudo! >>. Quasi non finisco di replicare che si è già incollato alle mie labbra.
    << Ecco, è stato indolore no? Quasi non hai sentito! >>.
    << Tu non sai proprio aspettare, eh? >>.
    << No, non te >>, ribatte con un sorriso. << Hey ragazzi, ci andiamo a mangiare un gelato? Muoio di caldo e poi è arrivata la mia fidanzata, sapete che se solo si avvicina ad una palla le si rompono le unghiette >>, lo picchio ridendo.
    << In tutti i sensi se si avvicina ad una palla! >>, ride Sim facendo il doppio senso. Dopo aver infastidito per bene Robert, andiamo tutti a prenderci un gelato e parliamo dei nostri programmi estivi.
    << Io sono costretto ad andare in vacanza coi miei per una settimana in Italia, non vedo l’ora! >>, si esprime Sim sarcasticamente.
    << Non sei troppo grande ormai per andare in vacanza coi tuoi?! >>, chiede Gismar sbeffeggiandolo.
    << Sai come sono i miei, forti valori di famiglia. Hai una relazione? Ovviamente devi fargli conoscere il tuo partner! Ti sposi? Devono essere i primi a ricevere l’invito, anzi, devono essere con te quando li spedisci! Metti su famiglia? Sceglieranno loro i nomi dei tuoi figli! >>, ridiamo tutti assieme uscendo dal bar e facendo una passeggiata per il paese.
    << Tu dove vai, da qualche parte Gis? >>, gli chiedo prendendo Robert a braccetto.
    << Mah non lo so ancora… Io e Tom volevamo vederci un giorno, anche fosse un weekend >>. Il mio cuore smette improvvisamente di battere: grazie al cielo c’è il braccio di Robert a sorreggermi, altrimenti sarei morto in questo istante.
    << Tom? Tu hai sentito Tom? >>, domando a mezza voce.
    << … Pensavo te l’avesse detto >>, esita cercando di giustificarsi.
    << E come avrebbe potuto? Dio, saranno mesi che non lo sento! Non prendermi per il culo! >>.
    << Io… Non ne sapevo niente, le poche volte che lo sento mi aggiorna solo su come vanno le cose là, non abbiamo mai parlato… Di te. Col fatto che vi siete lasciati e ti sei messo con Robert pensavo non ci fosse più niente da dire >>.
    << Noi non c’eravamo esplicitamente lasciati e io e Robert non stiamo insieme e poi anche lui si è rifatto una vita con quella tipa! >>. Pronuncio quelle parole con una rabbia tale quasi da non rendermi conto che Robert è proprio accanto a me.
    << Bill… Scusa >>.
    << Scusa di cosa? >>, comincio ad alterarmi. << Non è colpa mia se ha voluto mettersi con un’altra, l’idea di fondo iniziale era totalmente diversa! >>, di colpo regna un silenzio da mettere i brividi e io mi volto –furioso- nella direzione di Robert.
    << Beh, tu non dici niente? Ti sto trattando come un cane, no? Parla cazzo! >>.
    << Non ho niente da dire, è sempre la stessa storia e comunque dovresti girarti >>.
    << Perché? Altrimenti cominci a prendermi a cazzotti? Fai pure! Per mesi sono stato a lamentarmi di come stessero andando le cose con Tom e nessuno di voi ha fatto davvero niente per aiutarmi a farmela passare! Immagino che voi tutti continuiate a parlare con Tom e… Dio, com’è potuto non venirmi in mente di prendere i vostri cellulari e chiamarlo da lì quando davvero ne avevo bisogno?! Sicuramente le cose sarebbero andate in maniera diversa se l’avessi fatto, ma ora… Io vi odio soltanto! >>, strillo esprimendomi in maniera del tutto sconnessa.
    << Bill! >>, gridano in coro. << Calmati prima di tutto. Adesso voltati >>. Fermandomi nel bel mezzo del marciapiede non mi rendo conto di dove mi trovo.
    Inizialmente non capisco neanche perché siamo arrivati proprio qui, ma poi ogni pensiero cessa e qualcosa (più di qualcosa) cattura la mia attenzione.
    Non solo il fatto che mi trovo davanti alla vecchia casa di Tom (non passavo per questa strada da tempo e in quel momento per accorgermente ero troppo impegnato a gridare), ma ciò che più mi provoca un tornado di emozioni è quel cartello piantato poco distante dal marciapiede, infilato sul prato con così tanta irruenza, quel cartello… Con su scritto… VENDESI PROPRIETÀ.
    Sbuffo sconvolto e mi volto verso i miei amici:
    << È uno scherzo, vero? >>. Loro non mi guardano. << Beh devo dire che è molto realistico, grazie ragazzi, siete proprio bravi a farmi dimenticare il passato! >>.
    << Bill, non è uno scherzo… L’hanno messo stamattina >>. Sbarro gli occhi senza proferire parola. Spero tanto Gismar stia scherzando.
    << No… >>, rido un po’ isterico. << Non può essere così, Tom aveva detto che prima o poi sarebbe tornato… Questo è uno scherzo! Perché… Perché mi avete portato proprio qui? >>, domando senza volere davvero conoscere la risposta.
    << Perché dovevi vederlo >>.
    << Avreste potuto dirmelo semplicemente! Sarei stato meglio! >>, ribatto basito.
    << Sapevamo non ci avresti mai creduto se non l’avessi visto coi tuoi occhi >>, mi spiega Gismar con calma. << Ne abbiamo discusso prima >>. Non so esprimere cosa mi sta attraversando dentro, ancora non riesco a metabolizzare, sono troppi sentimenti, è troppo difficile capire quali siano.
    << Ne avete discusso? Tu lo sapevi?! >>, mi volto verso Robert. Lui fa un cenno di sì col capo. Sbuffo ancor più sconvolto. << Dio, tu lo sapevi e non mi hai detto niente? Ma che diavolo ti è passato per la testa?! >>.
    << Io… Non volevo ferirti… >>, si giustifica. Apro la bocca per dire qualcosa, ma subito la richiudo. Alzo le spalle adirato e faccio per tornare indietro.
    << Fanculo, io vado a casa >>.
    << Bill aspetta, non fare così! Noi volevamo solo che tu sapessi la verità! >>. Mi blocco di colpo, il mio cuore mi sta dicendo qualcosa in questi irrefrenabili e confusi battiti, ma non riesco a decifrare il codice.
    << La verità? >>, dico avvicinandomi rabbioso verso Gismar. << La verità è solo una! Voi in tutto questo tempo non mi avete detto una parola di ciò che stava succedendo e Tom non vuole sentirmi! Voi ci avete parlato per tutto il tempo e… Dio, non vi è venuto in mente di dirgli qualcosa? Di dirgli di chiamarmi o di prestarmi il vostro fottuto cellulare per chiamarlo? Siete stati stronzi, falsi e… E immaturi! Tutti quanti! Ho passato il mio tempo assieme a voi e solo ora mi rendo conto di aver sbagliato tutto, avete mentito! Sin dall’inizio, avete mentito! Non so perché, ma avete mentito e per quel che mi riguarda i nostri rapporti si chiudono qui! >>, riprendo fiato guardando Gismar e gli altri con occhi pieni di fuoco, di rabbia. << Me ne vado a casa >>, ripeto per la seconda volta.
    << Okay, forse avremmo dovuto prestarti il nostro cellulare, ma forse c’è un motivo se Tom non ti ha più chiamato! >>.
    << Oh! >>, esclamo arrabbiato. << Sicuro c’è un motivo. Vuoi ancora fare l’amico? Allora dammi il tuo cazzo di telefono e fammi chiamare Tom, adesso! >>.
    << Che vuoi fare Bill? >>, chiede Gismar sfilandosi il celllare dalla tasca dei jeans. Glielo strappo dalle mani.
    << Dammi solo questo cazzo di cellulare >>. Cerco nella sua rubrica il suo numero e, premendo il tasto verde, aspetto che risponda.
    Ora comprendo perfettamente quali sentimenti mi brucino dentro.
    Rabbia, per la falsità di quelli che credevo miei amici e per Tom, che se voleva chiudere con me poteva almeno chiamare, in questo modo ha solo fatto sì che stessi male tutto il tempo.
    Tristezza, per la situazione che era sin dall’inizio così terribilmente evidente, ma io non riuscivo a vedere, troppo acceccato dall’amore.
    Vergogna, per essere rimasto tutto questo tempo innamorato di una persona che non ha dimostrato di meritarmi.
    Ma ora mi avrebbe sentito, non mi sarei fatto intimidire dalla sua voce calda e sexy, gli avrei detto tutto quello che provavo in quell’esatto momento.
    Questa volta mi aveva ferito davvero e mi avrebbe sentito.
    << Pronto? >>, lo sento dire. La sua voce è esattamente come me la ricordavo, forse leggermente affannata, ma sono troppo accecato dalla rabbia per fermarmi a pensare quanto mi è mancata.
    << Ah, a lui rispondi eh?! >>, dico pungente.
    << Bill? Ma cosa… >>. Sembra sorpreso.
    << Volevo solo dirti che sei uno stronzo, una testa di cazzo, spero che la tua puttanella da quattro soldi te la stai sbattendo per bene e ti stia divertendo! Dopo tutto quello che hai detto, dopo tutte le promesse che hai fatto… Che vengo a sapere? Non solo che la tua fottutissima casa di merda è in vendita e quindi tu non tornerai più in questo quartiere arretrato, ma che per tutti questi mesi tu e i tuoi amichetti falsi e ipocriti del cazzo vi sentivate ogni dannato giorno! Mi hai forse preso per il culo? Eh? >>.
    << Bill, non posso parlare adesso… >>.
    << Non me ne frega un cazzo se non puoi parlare ADESSO, non hai parlato per quasi un anno e volevo solo farti sapere che questa è l’ultima volta che ci sentiamo, che è finito tutto e anche se ho pensato che potrebbe essere stata colpa mia, beh mi sbagliavo perché mentre io tutto quello che ho fatto te l’ho riferito e tutto quello che ho detto è stato vero, beh adesso non lo è più perché ti sei rivelato uno stronzo, un’ipocrita e non mi frega un cazzo di niente se sono ripetitivo, ti meriti di sentire tutte queste cattiverie! >>, comincio a sentire gli occhi bruciare assieme alla gola, non riesco a frenare la lingua. Non posso, sono troppo ferito. << Te lo meriti sì, perché io provavo dei sentimenti veri per te! Sei solo una di quelle persone che usa gli altri e le manipola a suo piacimento! Sai che ti dico? Quello che provavo prima non esiste più, forse ho continuato ad amarti per tutto il tempo che non ci sei stato, anche se ammetto di non esserne più stato sicuro per un periodo, ma ora invece sono sicurissimo! Non ti amo più, sei una persona di merda, non sono mai stato trattato in questo modo! Ti diro di più, quelli che mi pestavano erano migliori di te perché almeno il loro odio per me era evidente, tu non hai fatto altro che mentire in questo periodo! Non hai risposto alle mie chiamate, ai miei messaggi, non so perché, ma non lo voglio sapere! È chiaro che la tua ragazza tutta tette e niente cervello ti abbia coinvolto per bene, quindi potete andare a cagare entrambi! Se lei è migliore di me, tienitela! Spero ti faccia soffrire almeno la metà di quanto tu abbia fatto stare male me! Anzi no, non sono come te, non ti auguro di soffrire, sarebbe solo vendicativo e stupido, giusto? Ah ho saputo da Gismar che andate in vacanza assieme! Beh, divertitevi. Spero vi schiantiate entrambi contro terra così magari in quegli ultimi secondi che vi rimangono di vivere, pensate a tutte le bugie che mi avete raccontato e a tutti quegli stupidi modi che avete usato per coprire le vostre menzogne e farmi soffrire! Vaffanculo >>, butto giù di colpo. Sto piangendo, c’è poco da dire.
    << Grazie >>, dico lanciando il cellulare al suo proprietario.
    << Bill dai dove vai! Rimani a mangiare con noi, parliamone! >>.
    << Mi dispiace >>, rispondo piangendo e aumentando il mio passo. << Ma non credo proprio rimarrò a mangiare qui. Scusatemi >>. Con le lacrime che non ho modo di riuscire a frenare scappo via da quella cittadina, basito da ciò che sono stato in grado di fare e col cuore a pezzi.
    Raggiungo in fretta il motorino e sfrecciò via di lì lasciandomi indietro solo le lacrime che, durante la guida, non fanno che scivolarmi via dal volto. Non posso smettere di piangere, non sono stato così male neanche la prima volta che Tom mi ha lasciato.
    Non mi stupirei se adesso iniziasse a piovere.
    Tornato a casa mi getto fra le braccia amorevoli di mia madre, l’unica persona che davvero non potrà tradirmi mai e piango ininterrottamente, spiegando più o meno confusamente la situazione.
    Non posso credere che per tutto questo tempo nessuno mi abbia mai detto niente.
    Se fossero stati miei amici mi avrebbero fatto parlare con Tom, mi avrebbero spiegato almeno le sue motivazioni nel suo non volermi più sentire.
    Cristo, lo avevo chiamato e l’unica cosa che era stato in grado di dire era solamente: “Bill, non posso parlare adesso”, e quando diavolo avrebbe dovuto farlo? Non credo gli capiteranno altre occasioni perché io ho chiuso con lui. Ho chiuso con tutti.
    Non voglio più saperne niente.
    Mi sono sfogato al telefono a quel modo senza dargli modo di replicare, non ho aspettato che rispondesse prima di porre fine alla chiamta, non c’era bisogno che dicesse niente, era tutto così dannatamente già evidente.
    E ora anche la vendita della proprietà, non credete che qualcuno avrebbe dovuto informarmi? Mi sento come se, nel bel mezzo di una protesta, fosse iniziata una rivolta e io fossi rimasto calpestato da tutti i manifestanti.
    Mi hanno calpestato in ogni modo, non potrei stare peggio di così.
    Ora che la proprietà è in vendita, chi si trasferirà in quella casa colma di segreti e di ricordi?
    No, non voglio saperlo. Probabilmente nessuno prenderà mai in considerazione l’idea di trasferirsi in quel buco di paese. Forse nessuno prenderà il suo posto, oppure qualcuno migliore di lui che ha imparato a non dire bugie.
    Non lo so, ma ribadisco, come credo di aver già fatto svariate volte, che se avessi avuto una fottuta sfera di cristallo e avessi potuto prevedere tutto questo, non avrei mai dato inizio a niente.
    Tanto per cominciare non sarei mai andato in Inghilterra e poi avrei finto dall’inizio di non essermene innamorato; non avrei mai dovuto conoscerlo, neanche sapere dove abitava. Niente.
    Ed è quello che avrei cercato di fare di qui in avanti: io, Bill Kaulitz, modifico la lista della mia vita cancellando tutti i punti e prefiggendomene solo uno: rimuovere dalla memoria il ricordo di Thomas Shumpeter. Causa: distruzione dei miei sentimenti. Conseguenze probabili: lesioni permanenti e suicidio forzato.
     
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    52 CHAPTER



    Il vuoto dentro di me è enorme.
    Sembra essere davvero un periodo schifoso.
    Ah, periodo. Diciamocelo, da quando è andato via Tom ogni istante è un periodo schifoso.
    Ho avuto forse dei momenti in cui pensavo che le cose sarebbero andate bene, ma… Non sono durati tanto, infatti li ho appena chiamati momenti.
    Basta, non devo parlare di Tom.
    E come faccio? Se non devo parlare di lui come vi dico che mi ha richiamato quella sera stessa, ma io non sono riuscito a rispondere? Non difendetelo, non se n’è curato tanto dopo una chiamata. Ha lasciato subito perdere.
    Dio, so io cosa stava facendo con quella tipa quando ha detto che non poteva parlare: sesso, ecco cosa stava facendo. Eppure, aveva promesso che non sarebbe andato così a fondo: ipocrita.
    Ormai sono giorni che piango, giorni che non esco di casa, giorni che cerco di convincermi di mettere tutta questa questione nel dimenticatoio. Ce la faccio? No, non ce la faccio, ma… Devo continuare a provare. Almeno se proprio non riesco a dimenticare, devo non dirlo ad alta voce: per me è davvero troppo sofferente.
    Io non sono una cattiva persona… Ammetto di aver avuto dei brutti momenti, con brutti pensieri e di aver fatto scelte sbagliate, ma… Chi non ha questi momenti? Siamo esseri umani, non possiamo fare tutto bene, a volte sbagliare è l’unico modo che abbiamo per dare una scossa alla nostra vita.
    Dio, non avrei mai dovuto lasciare che partisse. Prima che succedesse, io e Tom ci amavamo così tanto, eravamo fatti l’uno per l’altro.
    Rimpiango ancora Milano, non sarei mai dovuto tornare. Se non l’avessi fatto, io e Tom saremmo ancora assieme e non sarebbe finita in questo tragico modo.
    Beh, ora basta pensare, le cose sono quelle che sono e non c‘è modo di cambiarle.
    A parte Kraus con cui ho passato il pomeriggio ieri, non ho più parlato con nessuno dei miei “amici” di Niegripp.
    O meglio, nessuna parola con Gismar e Sim, mi è parso di essere stato abbastanza chiaro.
    Ovviamente non abbastanza con Robert che non fa altro che chiamarmi.
    Con lui ce l’ho ancora più che con Gismar. Non solo non mi ha detto ciò che sapeva, ma dopo tutto quello che abbiamo avuto lui era obbligato ad informarmi! Tra noi c’è stato un flirt e lui ha pensato solo ai suoi comodi, non ai miei bisogni.
    << Tesoro… Come va? >>, d’un tratto entra mia mamma in camera e interrompe il flusso dei miei pensieri. Le sorrido.
    << Meglio… Grazie >>.
    << Che ne dici se… Oggi usciamo, ci compriamo un gelato e andiamo a fare un po’ di shopping? È tanto che non lo facciamo >>. Scrollo le spalle stendendomi sul materasso.
    << Il gelato possiamo mangiarlo qui a casa e poi… Non ho tanta voglia di fare shopping >>. Mia madre sospira pesantemente e si siede accanto a me.
    << Ascolta… Hai provato a richiamarlo? Magari ora che… Ti ha già sentito, risponderà >>.
    << Perché dovrei? Se aveva qualcosa da dirmi ha avuto abbastanza tempo per farlo, ora è troppo tardi >>.
    << Tesoro… Non mi va di vederti così giù… Eppure quando tu hai avuto quella scappatella con Kraus tempo fa… Tom ti ha perdonato, non puoi farlo anche tu? >>.
    << No! >>, esclamo. << Era una cosa completamente diversa. Io poi sono andato lì, l’ho guardato negli occhi e gli ho detto cos’era successo. Lui non risponde alle mie chiamate per un motivo che neanche so dato che tra noi non era successo niente e… Io non ho niente da perdonargli, perché è fuori dalla mia vita >>, sbuffo girandomi di lato.
    << Bill, hai quasi 18 anni ormai, fai il grande… Pensaci, so che ci tieni da morire a lui >>. Mi alzo di scatto.
    << Anche se fosse? Lui non tiene abbastanza a me, quindi è finita! Per sempre! >>.
    << Okay… >>, risponde poco convinta.
    << Cioè mamma, tu credi che abbia ragione lui? >>.
    << No, non ha ragione, ma l’unica cosa che non voglio è che tu ti chiuda a guscio come stai facendo, evitando la situazione e tutti i tuoi amici >>.
    << Io non ho più nessun amico, mi hanno tradito >>.
    << E tu pensi di essere perfetto? Hanno sbagliato, chi non sbaglia? Almeno a loro dovresti dare una seconda possibilità. Tom… Non so cosa gli stia passando per la testa, se non vuole avere a che fare con te… Nessuno lo obbliga, ma non voglio che tu rimanga tutta l’estate chiuso in casa e senza vedere nessuno. Quindi ora… Tirati su >>. Mamma mi dà una pacca sul sedere e se ne esce dalla camera.
    Forse non ha tutti i torti. Forse in un futuro lontano potrei anche pensare di perdonarli, in fondo… Non è loro la colpa se Tom ha deciso di non volermi più.
    Sbuffo alzandomi dal materasso e prendo il cellulare dalle mani.
    Compongo, svogliatamente, il numero di Robert e aspetto una risposta:
    << Bill! >>, esclama.
    << Mi hai chiamato? >>, faccio finta di niente.
    << Se ti ho chiamato? Ho consumato le dita a forza di premere il tasto di chiamata! Dio Bill, mi dispiace da morire, non voglio che tu ce l’abbia con me >>.
    << Questo volevi dirmi? Ti sei preoccupato per la tua integrità? >>, faccio il difficile. Sono consapevole che non dovrei comportarmi così: le persone come me, che fanno le superiori e le preziose possono attirare all’inizio, ma poi stancano. Non piacciono più.
    Pensare che questo atteggiamento l’ho acquisito dopo essere stato con Tom… Prima non ero nessuno.
    << Senti, io non ho mai chiamato Tom da quando è partito, te lo giuro, io non ne sapevo niente, sai che noi non andiamo tanto d’accordo, perché avrei dovuto chiamarlo? >>.
    << E perché no? Magari per dirgli di richiamarmi >>.
    << Ti pare avrei potuto mai farlo? >>.
    << Come? >>, domando basito.
    << Bill tu mi piaci, lo sai che mi piaci, pensi davvero che –razionalmente- se avessi chiamato Tom l’avrei fatto per dirgli di cercarti? Casomai il contrario, sai che sono geloso di lui!Ogni volta mi rinfacci di non essere come lui, come avrei potuto anche solo pensare di chiamarlo? >>.
    << Quindi stai dicendo che non ti interessa di me >>.
    << No, sto dicendo proprio il contrario Bì >>.
    << Non chiamarmi così >>, dico d’un fiato. Il cuore mi accelera al ricordo di qualcun altro.
    << Okay scusa, comunque ragionaci… Per quale motivo avrei dovuto chiamarlo? >>.
    << Se davvero tenevi a me, l’avresti fatto per me >>.
    << Chiamare l’ex ragazzo del mio ragazzo per dirgli di cercarlo? >>. Mi fermo a pensare.
    << Io non sono il tuo ragazzo >>.
    << Va beh, quello che sei. Non avrebbe logica da parte mia averlo chiamato, quindi se vuoi incolpare qualcuno incolpa Sim o Gismar, io e Tom non parlavamo già da un po’, credevo te ne fossi accorto. Quando eri suo non faceva che tenerti nella sua aura >>.
    << Ero? Io sono ancora suo, sono rimasto suo, io non sono tuo, noi non siamo fidanzati, noi non stiamo insieme, io non ricomincio una storia per stare come sto adesso >>, ribatto pungente. Il mio intento iniziale in realtà era quello di perdonarlo, ma non ne sta dicendo una giusta.
    << Bill… Non c’è bisogno che continui a sbattermelo in faccia >>, fa una pausa. << Poi ti ho detto che mi va bene anche così, io volevo solo farti sapere la verità… Che io a Tom non l’ho mai chiamato e mai con gli altri è uscito fuori il discorso. Solo l’altro giorno quando mi hanno detto della casa, io non l’ho saputo prima, volevamo dirtelo assieme… >>.
    << Mi stai chiedendo di perdonarti? >>.
    << Sì >>, afferma con fretta.
    << Perché? >>.
    << Perché ho bisogno di te… >>, sussurra a bassa voce. Sbuffo esasperato gettandomi sul letto e passandomi una mano fra i capelli.
    << Ma perché? Non lo capisci che sono innamorato di un altro? >>, inizio a piangere.
    << Sì, ma lui adesso non c’è e continuo a pensare di poter avere una possibilità. Sei così freddo quando parliamo di noi, come se non ti importasse davvero… >>. Le lacrime prendono il controllo di me.
    << Robert! Non lo capisci che soffro a parlare di lui? Anche solo a sentirlo nominare, a non sentirlo? Lui è stato il mio grande amore >>, mi poso una mano sul cuore sentendo qualcosa scivolarmi sulle dita. << Io non potrò mai dimenticare nemmeno un momento di quelli che abbiamo passato assieme e nessuna delle storie che avrò sarà mai comparabile a quella che ho avuto con Tom! >>, singhiozzo. << Ora ti prego possiamo non parlarne più e chiuderla qui? Non riesco più ad interpretare quel ruolo >>.
    << Che… Ruolo? >>, domanda titubante dopo essere stato in ascolto per tutto il tempo.
    << Il ruolo di quello stronzo a cui non frega un cazzo di niente e nessuno se non di sé stesso e che finge di stare bene! Io non ce la faccio… >>, comincio a singhiozzare ripetutamente e soffoco le lacrime contro il cuscino. Lacrime e grida soffocate, ecco le uniche cose rimaste a farmi compagnia.
    << Okay, tranquillo, ora però… Non piangere, dai >>.
    << Non ce la faccio, non ce la faccio... Per mesi ho aspettato, finto che tutto andasse bene e ora… Io… Io >>, non finisco la frase e continuo a singhiozzare contro il cuscino perdendo il fiato.
    << Tu cosa?... Dai, sfogati >>.
    << Io… Non so più cosa voglio, cosa aspettarmi… Non ho più un cazzo a cui aggrapparmi… >>, frigno. Lo sento ridere.
    << Credimi, uno ce l’hai >>. Comprendendo il doppio senso rido anch’io mentre copiose lacrime mi rigano le guance.
    << Deficiente! Dai… Mi hai fatto ridere >>.
    << E io voglio vederti ridere >>, afferma sicuro. << Non sentirti piangere >>.
    << Sei così gentile con me… >>.
    << Ci tengo a te >>. Sorrido e tiro su col naso, calmandomi.
    << Okay… Sto meglio adesso >>.
    << Vuoi che venga da te? >>.
    << No… No, sto bene, davvero… È stato solo un momento di debolezza >>.
    << Sicuro? Perché io vengo subito se lo vuoi! >>.
    << No, davvero, va bene così… Anzi, grazie… Scusami se me la sono presa con te, non c’entravi niente… >>.
    << Tranquillo, è tutto passato ora… Tranquillo >>, mi ripete. Vorrei che venisse qui qualcun altro, lui potrebbe davvero farmi passare questo umore.
    Che scemo, sto male per lui, ma è l’unica persona che ho bisogno di vedere.
    Per quanto lo odi, mi passerebbe tutto se lo vedessi. Riuscirei a dimenticarmi tutto.
    << Okay, credo che… Andrò a fare un giro ora… È un bel po’ di giorni che non esco, sai com’è… >>, dico sul vago.
    << Okay, allora… Quando vuoi chiamami, sai dove trovarmi >>.
    << Certo… E grazie… Ciao Robert… >>. Chiudo la chiamata e mi fermo a riflettere.
    Sono così debole, quando comincerò a rafforzare il mio cuore?
    Dio, neanche la mia coscienza mi dà più risposte.
    Scendo le scale e giungo al piano inferiore, mia mamma mi osserva curiosa.
    << Tesoro? Hai cambiato idea? >>.
    << Ho chiamato Robert, abbiamo fatto pace >>. Devio la domanda con qualcosa di più interessante.
    <<veramente? Oh bene! Piano piano farai pace con tutti e quanti, vedrai! >>.
    << Certo… Esco un po’, non torno tardi, prometto >>.
    << Ma dove vai? >>.
    << Qui in giro, tranquilla… Prendo il motorino sennò è troppo caldo >>.
    << D’accordo tesoro, ma stai attento… Sicuro di stare bene? >>.
    << Mmh mmh, tranquilla! Dà un’occhiata che London non mi rincorra in strada >>. Una volta essermi assicurato che il mio cane non comincerà a fare il pazzo dietro il mio scooter, parto e vado spedito alla mia meta: Niegripp.
    Sì, avete capito bene. Credo che d’ora e in poi controllerò che quel cartello ci sia sempre, così almeno avrò la sicurezza che nessuno comprerà la casa.
    Una volta giunto là davanti, lui è lì, minaccioso, rosso fiammeggiante.
    Mi provoca.
    << È la nostra sfida, stronzo >>, sussurro scendendo e poi dandogli un calcio. << Nessuno comprerà questa casa, me ne assicurerò io personalmente >>. La osservo e faccio un sospiro enorme.
    << Dio… Perché mi hai fatto questo? >>. Tocco il cartello come se fossi improvvisamente pazzo e osservo la casa. Mi mordo nervosamente le labbra e mi avvicino alla casa di Tom. << Non può farmi troppo male >>, mi dico. Salgo le tre scale che mi separano dall’entrata principale e mi blocco. Ricordo perfettamente il giorno in cui, disperato, ho suonato a questa porta e quell’arpia di Karola mi ha aperto. Ero così deciso sul mio da farsi: dovevo conquistare sua madre affinchè mi permettesse di rivedere Tom. Le avevo detto che suo figlio non era per forza gay solo perché mi frequentava e anche se lo fosse stato, e se fosse proprio ciò che più la preoccupasse, non era una brutta cosa. Avevo decantato suo figlio come la persona più brava, buona e paziente al mondo.
    Avevo confessato davanti agli occhi di lei di amarlo, poi… La porta era leggermente aperta e l’avevo visto discendere le scale e poggiarsi allo scorrimano, come se mi avesse sentito in precedenza. Mi ero bloccato e avevo sussurrato il suo nome. Lui era corso fuori e mi aveva stetto forte al suo corpo. Una dannata sensazione che non dimenticherò mai per tutto il resto della mia vita.
    Sospiro toccando il pomello della porta e provo ad aprirla: ovviamente è chiusa.
    Rimango un po’ lì a ricordare il passato, poi –scendendo le scale- mi porto nel retro della casa e provo ad aprire la porta di servizio. Nulla.
    Eppure, qualcosa continua a dirmi che devo entrare là dentro.
    Mi guardo in giro e cerco qualcosa per rompere il vetro. Lo so che pensate che io sia impazzito, ma l’unico modo per dimenticare che lo odio troppo per non aver mantenuto la sua promessa è tornare indietro nel passato e cercare tutto ciò che me lo ricorda.
    Questa casa è la cosa più sua che mi rimane.
    Prendo un sasso e lo lancio contro il vetro, allontandomi. Sforzo la porta dall’interno con molta difficoltà e riesco ad aprirla. Mi sono leggermente tagliato il polso, ma non fa poi così male da impedirmi di entrare.
    L’odore che è rimasto qui dentro è così familiare. Non dico che la casa in sé porti proprio ricordi felicissimi, eppure… Lui è stato qui tutto questo tempo e ora qua non sono rimasti che pochi mobili.
    Mi addentro nel salotto e comincio a sfiorare tutto ciò che di lui è rimasto, pensando a come siamo giunti a questo punto.
    So che dovrei smettere –da una parte- di tornare indietro, ma è troppo difficile.
    Mi pare di aver già detto che dimenticare qualcosa è impossibile: per quanto tu possa accantonarlo nei meandri della tua memoria, non riuscirai mai a disfartene.
    È come se i ricordi fossero organizzati in piccole scatole.
    E per quanto tu nasconda quella scatola piena di ricordi tristi e dolorosi dietro tutte le altre, saprai comunque andarla a cercare e trovarla quando vorrai rivangarli e piangerci un po’ su.
    Per la seconda volta mi domando chi verrà ad abitare in questa casa, ma un secondo dopo penso che farò di tutto per evitarlo. Ho già in mente svariati piani. Devo solo combinare un po’ di guai qua dentro, come scalfire le pareti, fare in modo che rimanga un odore nauseabondo tale da fare pensare che l’impianto idraulico non funzioni, lasciare dei topi dentro la casa, sfasciare i vetri… Renderò la casa un tale inferno che nessuno vorrà più metterci piede.
    Questa casa è di Tom e basta e nessuno deve osare metterci piede.
    Respiro per un po’ l’odore di essa e mi getto sul divano, a riflettere.
    Quella stronza era seduta su questo divano il giorno che ha detto che a lei poteva andare bene, lo stesso giorno in cui probabilmente ha deciso che tutto sarebbe dovuto finire portando suo figlio lontano da me.
    Mi mordo le labbra nervosamente e scoppio a piangere con le mani in mano.
    Niente di quello che è stato potrà mai essere cambiato, è vero.
    Ma nessuno, dico nessuno mi impedisce di mutare il futuro: uno stupido cartello con scritto “vendesi proprietà” non avrà la meglio su di me.
    Tom se n’è già andato una volta e io non permetterò che qualcuno mi porti via un’altra parte di lui. Oramai ho deciso: è la mia battaglia e ho deciso di giocare tutte le armi in mio possesso per vincerla.
    Ho già perso una volta perché non ho combattuto abbastanza per tenermi ciò che mi apparteneva: non succederà di nuovo.
     
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