[Solo Etero? Non dipende da me.]

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  1. Helly_Kaulitz
     
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    Dalla prima fila. Amo, io e te prime fila 4evaH <3 *___*

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    Grazie per avermi aspettata, vi voglio bene, siete grandi! **


    48 CHAPTER



    << Non andare Tom >>.
    << Devo farlo… Non possiamo più continuare, lo sai anche tu >>. Lo stringo al polso saldamente e lo guardo con gli occhi lucidi.
    << Ti prego, non mi lasciare. Ti prego >>.
    << Non sono stato io Bill, sei stato tu >>.

    Con un tonfo mi sollevo dal letto, la mano sul cuore.
    London abbaia stanco, forse più di me.
    << Oddio… >>, mi passo una mano fra i capelli e mi getto di colpo sul materasso. << Oddio… >>, ripeto angosciato. Prendo in mano il cellulare: le 4 di notte. Faccio per mandargli un messaggio, ma ad un certo punto qualcosa mi blocca.
    Che cosa significa che sono stato io? Perché questo sogno? Ho fatto qualcosa di sbagliato? È premonitore? Farò qualcosa di sbagliato? Mi mangio le unghie nervosamente e fisso il soffitto nel buio della mia stanza.
    Un tempo non avrei avuto motivo di esitare se o meno mandare un messaggio al mio ragazzo, ma ora siamo alla fine di agosto, sono passati già mesi e la sua non presenza è diventata un’abitudine.
    È talmente normale ora che lui non ci sia, che se ci penso un attimo di più di quando me ne rendo conto, scoppio.
    Non è diminuito il nostro tempo, i nostri riti.
    Messaggio al mattino per il buongiorno, quelli infragiornata e la chiamata alla sera prima di andare a letto.
    Fondamentalmente le cose sono sempre le stesse, eppure… La sua distanza mi pesa.
    Domani è il mio compleanno, avrò 17 anni e lui non ci sarà.
    Diciassette. Mi sembra talmente assurdo come numero. Come ci sono arrivato? Beh me li ricorderò questi anni, i 17 anni in cui lui non c’è stato.
    Mi rigiro a letto e prendo il cellulare, di nuovo. Forse potrei mandare un messaggio a Gismar. Ci rifletto un po’, ma decido non sia il caso di rompergli. Stessa cosa Kraus, sta attraversando un periodo difficile a casa. La madre è malata, spesso è in ospedale, non mi va di dargli preoccupazioni quando non ne ha. Sbuffo arrabbiato e scelgo Robert come destinatario. “Meglio di niente”, mi dico.
    “Ciao… Scusa se ti mando un messaggio nella notte. Ero solo, ovviamente, ho fatto una… Una specie di incubo e… Ho bisogno di qualcuno, non sapevo chi chiamare”. Mi mordo il labbro e premo invio. Non so, magari Robert dorme e non dovevo disturbarlo oppure... Oppure si rivelerà utile.
    Tengo ancora un po’ il telefonino in mano e questo prende a squillare.
    << Ma che fa? >>, chiedo nel nulla. << Sono le 4… >>. Mi butto totalmente sotto le lenzuola e rispondo alla chiamata. << Pronto? >>.
    << Ciao Billy! >>.
    << Hey… Ciao! >>.
    << Che fai, sei a letto? >>. Sento un rumore di sottofondo e abbasso il volume della chiamata per evitare che mia mamma possa svegliarsi. Faccio piano.
    << Sì, infatti devo parlare così perché potrebbe svegliarsi mamma… Ma dove sei? >>.
    << Sto uscendo da un locale, sono stato ad una festa, un compleanno… Che succede? >>.
    << Robert io… Non volevo disturbarti però, non sapevo chi cercare… >>.
    << Stai tranquillo! Dai, che succede? >>.
    << Non so, è che… Con Tom non va >>.
    << Non va? >>.
    << Cioè… Ci sentiamo sempre, ma… Ora è diverso. È come se adesso mi fossi veramente accorto che lui non c’è e mi sembra di sprecare la mia vita a stare qui a… >>. Mi fermo.
    << Ad aspettarlo? >>.
    << Già… Credevo sarebbe stato più facile gestire tutto, ma… Non lo so, forse dovrei uscire… >>.
    << Infatti, non esci mai. Perché domani, anzi oggi, non ci vediamo e ne parliamo? >>.
    << Ma se tu ancora devi tornare a casa… Ti sveglierai nel pomeriggio >>.
    << Perché non ci vediamo adesso? >>.
    << Adesso?! Sono le 4 passate Robert, cosa dici? >>, ridacchio divertito.
    << Dai, faccio un salto da te… Ci vediamo ai giardini? >>.
    << Robert, sono le 4 passate >>. Cerco di farlo ragionare, ma sembra non arrivarci.
    << Vestiti, mettiti una felpa ed esci dalla finestra. Tua mamma non se ne accorgerà >>.
    << Ma se si sveglia per andare in bagno e non mi trova le prenderà un colpo! >>, sorrido.
    << Dai, staremo fuori solo un paio d’ore. Ci vediamo tra un quarto d’ora, sono nelle vicinanze, vengo col motorino >>. Esito un istante prima di rispondere.
    << Okay… Prendo una felpa e scendo. A fra poco >>. Lo sento ridere e chiude il telefono. Mi sollevo lentamente dal letto scostando le coperte in fondo ad esso. Lentamente poggio i piedi a terra –senza far scricchiolare il parquet- e mi dirigo verso l’armadio. Mi lascio in pigiama e mi copro soltanto con la felpa che mi ha lasciato Tom, quella blu scuro.
    Sospiro.
    Non so cosa sto facendo, come mi sento.
    Sto per fare 17 anni e mi sento così cambiato… Non lo so forse… È solo il tempo.
    Carezzo il mio cagnolino e discendo piano le scale.
    Spero mamma non si svegli anche perché uscire di casa, solo, con il mio aspetto, alle 4 di notte non è proprio il massimo.
    Non appena varco la soglia della porta, una brezza fredda mi accarezza il viso.
    È ancora molto buio, ma ai giardini posso arrivarci facilmente.
    In fondo, non c’è nessuno per strada. Farò in fretta.
    Mi stringo addosso la felpa di Tom e al mio cuore manca un battito.
    Dopo tutti questi mesi, sento ancora il suo odore salirmi su, nella cavità nasale: non credo se ne andrà mai via.
    Sospiro ripetutamente nel giungere al parco e una volta arrivato lì, mi siedo sull’altalena. Ancora solo.
    Aspetto un paio di minuti e vedo Robert arrivare con una bottiglia di birra in mano. Gli sorrido tenendo le mani alla catena dell’altalena.
    << Ciao >>, dico.
    << Hey… Birra? >>.
    << Un sorso >>, dico strappandogliela di mano mentre lui si siede nell’altalena accanto a me. << Grazie >>, sorrido porgendogliela.
    << Wow, non credevo l’avresti fatto davvero >>.
    << Che cosa, bere dalla tua stessa bottiglia?! >>, domando inclinando la testa leggermente.
    << No, uscire per vedermi a quest’ora della notte >>. Lo guardo e abbasso delicatamente il capo.
    << Anche tu l’hai fatto >>, ribatto.
    << Era per una… Buona causa, credo >>. Si abbassa dall’altalena per cercare il mio volto ed entrambi rimaniamo a fissarci. Mi sollevo.
    << È che… Ho davvero bisogno di qualcuno con cui parlare >>. Mi sistemo un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. << Tom non è qui e… Kraus ha dei problemi in casa, non sapevo davvero… >>.
    << Tranquillo >>, mi ferma. << Sono qui ora… Dai, che succede? >>. Sbuffo pesantemente e rimango in silenzio per qualche istante.
    << Non so… Mi sento così cambiato. Mesi fa, quando stavo ancora con Tom, quando ci stavo… Davvero intendo, io ero diverso >>.
    << Diverso come? >>.
    << Mi sento… Cresciuto, maturato… Non so se ciò che volevo prima è ciò che voglio anche ora… Mi sento più sicuro, mi stimo di più… C’è però un po’ di amarezza… Il fatto è che lui… >>.
    << Cosa vuoi farne di lui? Lo vuoi lasciare? >>.
    << No io… Non… Non vorrei doverlo lasciare, però… Mi sento così stretto adesso che forse… So di poter fare di più, di valere di più >>.
    << Hey… Ma tu sei sempre valso di più… >>.
    << Grazie, ma… Non intendo dire che voglio qualcosa di più di Tom perché >>, scrollo le spalle. << È alquanto impossibile per me, lo amo dopotutto, solo che boh… Ho bisogno che le cose cambino, che io stesso faccia qualcosa per cambiare… Continuo a pensare al mio compleanno che si avvicina e… Non volevo fosse un compleanno come tutti gli altri, un giorno da non celebrare perché tanto non succede niente di interessante… >>.
    << Ma quest’anno non dev’essere per forza così! Perché non festeggi a Niegripp? Ci facciamo un giro di bevute, una pizza, discoteca… >>.
    << Non l’ho mai fatto >>. Ammetto dondolando con l’altalena.
    << Posso aiutarti, se vuoi >>. Dio è tutto così cambiato. Robert non è più il ragazzo con la parlata da sfigato di prima e io non sono più timido come una volta. Non sono solo, ho tanti amici attorno a me.
    Siamo cresciuti. Sì, lo siamo. Anche io lo sono, anche senza Tom.
    << Ti ringrazio, magari… Mi ci faccio un pensiero >>. Io e Robert rimaniamo da soli, seduti su quelle altalene fino alle 6 del mattino. A parlare, semplicemente.
    << Ora però… Devo andare… Fra poco mamma si alzerà e non voglio che non mi trovi, poi sono guai >>.
    << D’accordo >>, sorride. << Del resto io sono già nei guai e sono sveglio da quasi un giorno! >>.
    << Vuoi dormire da me? >>, propongo.
    << Ora? Sarebbe strano se tua madre mi trova a dormire da te, si chiederebbe come e quando è potuto succedere >>.
    << Magari posso… >>, inizio alzandomi e sistemandomi la felpa. << Posso spiegarle che eri ubriaco, nelle vicinanze, mi hai chiamato di mattina presto e… Sei finito lì >>.
    << Naaah tranquillo, torno a casa >>.
    << Ma sei in motorino, hai sonno… Potresti fare un incidente >>.
    << Ti preoccupi per me? >>, si avvicina abbracciandomi.
    << No, è che… Sei venuto fino a qui e volevo ricambiare il favore >>.
    << Magari passo stasera, o domani… >>.
    << O passo io in giornata >>.
    << Già >>, ribatte stringendomi. << Va a dormire Billy o prenderai freddo >>.
    << D’accordo… Sicuro che non ti va di restare? >>.
    << Grazie, magari un’altra volta… >>, si scosta da me. Continuo a guardarlo preoccupato. << Stai tranquillo, non succederà niente! Hey dai… Se hai bisogno chiamami, okay piccolo? >>.
    << O-okay… Buonanotte… Anche se è mattino >>, sorrido.
    << Notte Bì >>. Lo saluto e lo guardo partire, assicurandomi che sia abbastanza sano da poter guidare.
    Mi ha chiamato Bì. Bì. C’era solo una persona che poteva chiamarmi così, prima…
    Torno a casa sempre più silenziosamente. Tolgo le scarpe prima di entrare, estraggo le chiavi, le inserisco nella serratura e lentamente apro la porta. Mi faccio ancora più taciturno e la richiudo, ma non appena mi volto… Mia mamma è lì che mi fissa.
    La guardo e sforzo un sorriso.
    << Hey! Mamma, buongiorno! Vuoi che ti prepari un muffin?! >>. Mi guarda inviperita, con le braccia incrociate e London ai suoi piedi.
    << Dove sei stato? >>, domanda arrabbiata.
    << Ero… Solo uscito un secondo… >>.
    << Dov’eri Bill? >>.
    << Te l’ho detto, sono solo uscito un secondo a prendere un po’ d’aria >>.
    << Non raccontarmi bugie >>.
    << Non è una bugia, che palle… >>, sbuffo andando in cucina e sedendomi sulla sedia con le gambe tirate su e le braccia ad avvolgerle.
    << Bill, per l’ultima volta, dove sei stato? >>. La fisso. Non credo di aver mai mentito a mia mamma, ma come ho già ripetuto tante cose sono in cambiamento.
    << Sono uscito, che altro vuoi? >>.
    << Da quanto sei fuori? Come diavolo ti è saltato in mente di sparire così, senza dirmi niente? Io me ne accorgo sai! Non puoi nascondermi nulla! >>. Sbuffo e mi rialzo prendendo il cartone del latte e versandomene un po’ nella tazza, misto ai corn-flakes.
    << Rispondimi Bill o sarà costretta a… A metterti in punizione! >>.
    << Punizione?! >>, ripeto ridendo. << Non puoi, non l’hai mai fatto e poi andiamo, ho 17 anni, a cosa mi serviranno mai le punizioni? >>. Mia mamma sbuffa e si siede accanto a me, cercando di mantenere la calma.
    << Non mi interessa quanti anni hai signorino, finchè non imparerai cos’è la disciplina per me potrai averne anche 10! >>.
    << Ma… Mamma! >>.
    << Devi dirmi dove sei stato >>.
    << Cosa ti fa pensare che sia stato in qualche posto in particolare? >>.
    << Su andiamo Bill! London grattava alla mia porta perché aveva fame, significa che era un po’ che eri via! Ti vedi con qualcuno forse? Chi è questo ragazzo? >>.
    << Non è nessuno, non mi vedo con nessuno >>.
    << Perché non vuoi dirmelo? Perché non vuoi parlarmi più? Capisco che sei depresso per Tom, ma santo cielo Bill non puoi cominciare ad assumere questi atteggiamenti da ragazzo ribelle! >>.
    << Cosa stai dicendo… Cazzo mamma, ero solo fuori con Robert, okay? >>.
    << Non rivolgerti a me in questo modo, capito? E chi è Robert? Non sarà… >>.
    << Sì lui >>. Roteo gli occhi: non so che diavolo mi stia prendendo, è tutto così strano. Non mi ero mai comportato così prima; sono stressato, ho bisogno di uscire.
    << Da quando Robert ha sostituito Tom? >>.
    << Robert non ha sostituito Tom! Non mi piace Robert, avevo solo bisogno di vedere qualcuno! >>.
    << In piena notte? >>.
    << Sì dannazione, sono sempre chiuso in questa cazzo di casa! >>.
    << Io ti ho sollecitato ad uscire, tutti i tuoi amici l’hanno fatto, sei tu che non volevi cacciar naso fuori di qui! >>.
    << Non era ancora il momento, io non ero pronto! >>, grido arrabbiato.
    << Oh quindi nel pieno della notte ti sei reso conto di esserlo e te ne sei uscito? >>. Sbuffo esasperato.
    << Potrà sembrare strano, ma sì, è questo quello che è successo >>.
    << Quindi è finita con Tom? >>.
    << No! Io… Io ci tengo ancora a lui, gli voglio bene >>.
    << Se Tom fosse stato qui non avremmo avuto questa discussione, di questo sono sicura >>.
    << Sì, ma Tom non c’è! Non c’è e non ci sarà più e io non posso rimanere tutta la vita ad aspettarlo, ecco! >>. Mi alzo velocemente in piedi e, afferrando la mia colazione, corro in camera. Delle lacrime mi scivolano lungo le guance, non cerco di fermarle, lascio semplicemente che seguano il loro corso. Entro in camera, poggio la colazione sul comodino e mi getto a letto, piangendo.
    Forse mamma ha ragione, se Tom fosse stato qui non avrei sentito il bisogno di uscire alle 4 di notte da casa. Non sarei scappato. Se fosse qui non sentirei il bisogno di parlare di lui con Robert perché sicuramente le cose fra noi andrebbero benissimo e io sarei troppo felice per parlarne, le starei vivendo.
    Starei vivendo tutte quelle belle emozioni che sono sicuro lui mi darebbe…
    Ma lui non c’è! No, Tom non c’è e io non posso rimanere qui fermo ad aspettarlo.
    Sono ormai tre mesi che sono depresso, non esco, non mi va di vedere nessuno e sono diventato una specie di misantropo con in mano solo vaschette di gelato che si consumano in meno di due ore.
    Ora sono stanco di fare questa vita, non voglio più stare male. Fra un giorno –ribadisco- sarà il mio compleanno e io voglio godermi appieno quel giorno, sentirmi di nuovo vivo, fare una festa, andare ad un locale, divertirmi, qualsiasi cosa… Ma il giorno del mio compleanno non dovrà segnare un anno in più alla mia esistenza, ma anche un cambiamento di essa stessa perché adesso Bill si è stancato di farsi spezzare il cuore e rattaccare a forza i suoi pezzi. Ora Bill, ovvero io, vuole ricominciare a vivere.
    Tiro su col naso dopo la mia lunga riflessione e il mio cellulare inizia a vibrare.
    Credendo sia Robert lo afferro e vedendo un messaggio ne leggo velocemente il contenuto.
    Il messaggio esiste, ma il mittente non è quello che avevo creduto essere.
    “Buongiorno stellina… Inizia bene la giornata, pensami un po’, ma non troppo e… Niente… Stai bene… Ti amo, Tomi”. E dopo la let
    tura di quel messaggio così impersonale crollo di nuovo nel mio pianto e mi ci soffoco nel sonno.
     
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