Against the rain

PG Romantico? [Lezioni di sopravvivenza]

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  1. ~ F r @ n c y *
     
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    CITAZIONE (» J u l s « @ 12/6/2010, 18:40)
    Up..
    P.S= Rileggendo la ficcy si nota quanto sei migliorata, cavolo! *-*

    Scusate il ritardo della risposta, ma mi si è rotto di nuovo il pc e me l'hanno riportato pochi minuti fa! *-*
    Ti ringrazio! =) Sono contenta che si noti. Sinceramente rileggendo i primi capitoli mi sono sentita alquanto delusa xD ho rovinato una storia che poteva essere "decente" con un inizio disordinato e scombussolato. Tutti quegli errorini, quei puntini,.. Difetti che per fortuna ho imparato ad accettare e rimuovere dal mio stile [per i puntini ringrazio la Simo -*HEILIG*-: è stata lei a farmelo notare! *-* essendo uno dei miei miti per quanto riguarda la scrittura in questo forum u.ù, sentirmelo dire proprio da lei è stato incredibile. L'ho visto come uno sprono intensivo, un "ordine" ad eliminare quel difetto! xD e alla fine ce l'ho fatta! *-*].
    Vedrò di migliorare sempre di più, sia come storia che come stile! Ed è una cosa che faccio non solo per chi legge, ma anche per me stessa! ;)
    Un abbraccio e a presto!

    Bacii <3
    SPOILER (click to view)
    Per il prossimo capitoluzzo dovrete aspettare ancora un pò! Mi ci metto subito, ma nel week end sono interamente assente.. Senza contare che domani escono i quadri a scuola -.-" e se ho quel debito maledetto a Matematica che mi aspetto sarà davvero dura.. A presto, spero! ç__ç
     
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  2. » J u l s «
     
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    Esattamente. C'erano tutti quei puntini che con il tempo sono stati eliminati. E credo che sia questa la cosa più importante: "capire i propri errori e migliorare" e proprio questo hai fatto. Per questo ti ammiro
    Comunque, non è vero. L'inizio a me continua a piacermi, e non lo trovo disordinato e scombussolato come dici tu, anzi.
    Mentre la storia è veramente bellissima. Continua a piacermi sempre di più
     
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  3. ~ F r @ n c y *
     
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    *-* Che magnifico commento! Ti ringrazio molto! <3
    Mi ammiri?! *O* che cosa stupenda! =)
    Faccine a parte, sono contenta che ciò che faccio venga apprezzato. Spero che la storia continuerà a piacerti fino alla fine! ^___-
    [Domani mi ci metto, giuro. In questi giorni ho avuto modo di pensare ad un ipotetico finale e credo finalmente di averlo trovato! ^-^]

    Bacii! <3
     
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  4. » J u l s «
     
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    ^^
    Up U.U
     
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  5. SKv89
     
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    Si ci piace "l'ipotetico finale"!
    Dai su su pensa!
    attendiamo... <3
     
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  6. ~ F r @ n c y *
     
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    Salve! Sono tornata qualche ora fa dalla mia vacanza in Calabria. Mi spiace non avervi avvisato! [colpa del modem.. -.-]
    Ho avuto comunque modo di pensare e sono pronta a rimettermi a scrivere! Scusate la luuunghissima attesa, ma non è raro essere a casa per me in questi giorni! ç_ç
    A presto!


    Bacii <3
     
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  7. SKv89
     
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    oook!
    Aspetto con ansia il capitolo!
    ^^
    Grazie per l'avviso! <3
     
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    Aspetto anche io! ;D
     
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  9. agatareale91
     
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  10. » J u l s «
     
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    Noi aspettiamo tranquillamente v_v
     
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  11. scialla483
     
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    aspetto anche iooo
     
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  12. » J u l s «
     
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  13. ~ F r @ n c y *
     
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    Sono viva, eh! xD Scusate, ma il computer fino a poco tempo fa era inceppato, così ho lavorato un pò con quello di mio padre.. In settimana dovrei farcela a postare [scusate se sono così vaga, ma sono piena di compiti -.-"].
    A presto, spero!
     
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  14. ~ F r @ n c y *
     
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    SPOILER (click to view)
    Ce l'ho fatta! :D forse un pò corto.. Chiedo scusa! Fatemi sapereee!! ;)

    ~ Lesson 27 ~

    ..Non cercarmi.. Non ferirmi..










    -Piatto al tavolo 12.-
    Correvo avanti e indietro per il locale, accingendomi ad annotare le varie ordinazioni e a portare le pietanze ai clienti.
    -Prego, e buon appetito.-
    -Rain, apparecchia al tavolo 6!-
    -Subito!-

    Mi asciugai rapidamente la fronte con il dorso della mano destra, grondante di sudore e fatica. Non era affatto piacevole tornare a lavorare dopo tanto tempo, eppure ero costretta a farlo: dovevo pur guadagnarmi da vivere in qualche modo, no?
    -Abbiamo bisogno di aiuto in cucina!-
    -Arrivo!-

    Cercavo semplicemente di dimenticare, di buttarmi su altro per non pensare a ciò che costantemente invadeva la mia mente, provocandomi spesso forti emicranie. E’ inutile che vi dica di cosa sto parlando, vero?
    Fra banconi e tavoli apparecchiati tutto diveniva confuso, tutto rimbombava nella mia testa come un suono assordante e impossibile da placare. A volte era come se il tempo si bloccasse, come se in quella grande stanza ci fossimo solo io e quel doloroso peso che mi portavo nel petto.
    Mi sentì afferrare per una spalla, tornando momentaneamente alla realtà.
    -Rain… Non mi piace quel colorito pallido che hai da qualche giorno a questa parte. Prenditi un integratore o fatti qualche giorno di ferie!- mi suggerì amorevolmente la mia cara amica Riyo, tremendamente in pena per me e per la mia situazione.
    -Non preoccuparti, io sto bene.- mentii, ingoiando faticosamente della saliva. –E poi non posso permettermi di chiedere altri giorni di permesso: sono appena rientrata! Rischio di farmi licenziare dal Signor Weber!-
    -Sai che non lo farebbe mai! E’ affezionato a te ormai…-
    -Ne è così sicura, Signorina Riyo?-

    Ci voltammo entrambe impaurite versa la direzione dalla quale proveniva quella voce. Se prima ero l’unica ad essere biancastra in viso, ora lo era anche Riyo.
    -S-Signor Weber?!- borbottò la ragazza, tremendamente agitata. –N-Non mi fraintenda: cercavo solo di di-dire che lei tratta m-molto bene i suoi dipendenti…-
    -Fili a lavorare, prima che le prenoti un biglietto di sola andata per il Burundi!- l’avvisò con tono minaccioso e divertito allo stesso tempo. Era questo di lui che ci metteva più a disagio: era impossibile capire se stesse scherzando oppure no.
    -E poi non dica che non vi tratto coi guanti!-
    -V-Vado subito, Signore!-
    esclamò lei, per poi sparire rapidamente dietro la spessa porta del magazino.
    Era tremendamente imbarazzante restare sola, in silenzio, in presenza del proprio capo. Mi apprestai a raggiungere la mia amica, ma il Signor Weber, di nuovo, riuscì a frenarmi.
    -Cos’è che ti affligge così tanto? Cos’è che ti rovina in questo modo?-
    Non riuscì a riordinare le idee, né tantomeno a trovare le giuste parole per esprimermi: non le avevo mai avute.
    -Cosa ti rende una persona così triste, Rain?-
    Sorrisi in maniera altrettanto fredda, poggiando con tutta calma su un ripiano marmoreo lo straccio che stringevo nervosamente fra le mani.
    -Se glielo dicessi, renderebbe triste anche lei.-
    I miei occhi si riflessero nei suoi, in quelle iridi verdognole e luminose di un uomo sulla cinquantina, che sembrava comprendermi meglio di chiunque altro. In quegli occhi così soli, stanchi e simili ai miei.
    -Non permettere a nessuno di ridurti in questo stato, nemmeno alla persona a cui tieni di più. Le tue scelte potranno sembrarti errate all’inizio, ma se le hai elaborate col cuore, in futuro nei sarai fiera. Quindi credi in ciò che fai, sempre.-
    Mi persi nella sua voce, fra le sue parole, piene di passione e gentilezza. Sagge, aggiungerei.
    Non sapeva quasi niente riguardo alle mie complicazioni, eppure ciò che diceva mi appariva come la più ovvia soluzione a tutti i miei problemi.
    Abbassai la testa, sorridendo con più enfasi del solito. –La ringrazio, Signore. Lo farò.-
    Mi venne lentamente vicino, per poi accarezzarmi il capo con l’ampio palmo della mano. Un brivido mi percorse la schiena, come se avessi già vissuto quelle strambe sensazione. Era qualcosa di molto dolce.
    Qualcosa di molto… Paterno.
    -Va’ a casa a riposarti, Rain. Ne hai bisogno.-
    -M-Ma Signor Weber… Sono appena rientrata! Non voglio perdere giorni di lavor…-
    -Non perderai niente, sta’ tranquilla.-

    Mi sorrise di nuovo, tornando alla sua postazione iniziale.
    -Non voglio che i miei dipendenti siano giù di morale: sarebbero solo un peso sul lavoro!- esclamò allontanandosi, con fare serio e irritato. Ma scoprì poco dopo, quando si voltò per porgermi un innocente occhiolino, che era tutt’altro che nervoso.
    Rimasi immobile a fissare un punto fisso nella stanza; solo dopo qualche minuto mi affrettai a dirigermi verso il magazzino per cambiarmi, prendere la borsa e tornare a casa, proprio come mi aveva suggerito il mio capo.
    Sentivo che potevo fidarmi di lui. Era sempre stato severo con me, eppure adesso riuscivo a comprendere che l’aveva fatto semplicemente per aiutarmi, per rendermi più forte. Probabilmente ci era riuscito.
    Salutai Riyo con fare solare, agitando calorosamente una mano verso di lei. Forse in futuro, come aveva detto il Signor Weber, potevo davvero essere felice.





    Non smetteva di agitarsi. Non poteva.
    Si voltava e rivoltava svariate volte, su quel letto ormai troppo scombussolato per capire dove fosse una coperta o, addirittura, un cuscino.
    Pesanti gocce di sudore gli scivolavano giù dal mento, inondando quel suo viso contratto e quel suo petto marcato dall’affanno.
    Lei era lì, al suo fianco. Poteva sentire la sua essenza, assaporare il suo profumo.
    Aprì gli occhi, incrociando quelli della ragazza. Era stesa sul suo stesso letto, con le palpebre semichiuse e un lindo lenzuolo che le copriva l'intero corpo, altrimenti nudo. In quell’istante avrebbe voluto solo solo sfiorarla, toccarla con quelle sue mani forti ed esperte, baciarla intensamente e con passione. Ma sembrava che lei fosse troppo distante: era come se le loro anime fossero troppo diverse, incomparabili.
    Due linee parallele che non s’incontreranno mai.
    Allungava la mano verso di lei, inutilmente, sforzandosi di riuscire a averla solo un istante interamente per sé.
    Fu la dolce presenza femminile, improvvisamente, a lanciarsi verso di lui. Gli toccò l’addome, tastandolo fortemente con i caldi polpastrelli e provocandogli lunghi brividi su tutto il corpo, qualcosa di molto simile alla pelle d’oca, ma molto, molto più profondo. Si chinò poi sul quel suo collo nudo, baciandolo e mordendolo voracemente come un animale affamato e selvaggio.
    Il ragazzo strizzò gli occhi, schiudendo appena le labbra: non aveva intenzione di farla smettere, né tantomeno di lasciarla andare via. Le cinse i fianchi, immobilizzandola su di sé. Fece scendere le dita sulle sue candide braccia, sensualmente, per poi stringerle le mani ansimante, legandole per sempre alle sue.
    Avvicinò le labbra ai suoi capelli, baciandoli con dolcezza e godendo dell’irresistibile profumo che emanavano.
    Era morto per caso? Sbagliava, o quello era il suo Paradiso?
    Beh, avrebbe dovuto sapere che nessuno –neppure l’Onnipotente Dio in cui non aveva mai creduto- lo avrebbe graziato, mandandolo in un luogo così puro e piacevole. Non se lo meritava neanche un po’.
    Le fece alzare il capo, costringendola a guardarlo ancora una volta negli occhi. Il suo sguardo riusciva a ferirlo, a rivelarlo colpevole. Il suo sguardo riusciva a fargli capire quanto si fosse comportato male con lei.
    Era uno stronzo, e questo non sarebbe potuto cambiare.
    -Vieni con me… All’Inferno.-
    Lei sorrise, poggiando le labbra sulle sue.
    Fu in quel esatto momento che tutto si fece nero, sfumato, confuso. Gli occhi che vide successivamente, non appena ritornò in sé, non erano verdi, splendidi come quelli della ragazza che aveva appena visto: erano monotoni, color nocciola, identici ai suoi.
    Sbatté le palpebre per vederci chiaro. Davanti a lui una figura familiare, interamente buia.
    Solo dopo si accorse che le mani che stava stringendo, le labbra che stava fissando… Non erano della ragazza.
    Erano di Bill, suo fratello.
    -AAAAAAH!!-
    Lo allontanò di colpo, sbattendo violentemente la schiena contro la spalliera del letto.
    -Che… Che cazzo ci fai in camera mia tu?!-
    Il vocalist sospirò, incrociando le braccia al petto.
    -Ero preoccupato per te, idiota. Ti stavi agitando come un neonato, così sono venuto a vedere cosa diavolo ti era preso!-
    Tom lo ignorò completamente, guardandosi intorno con fare interrogativo.
    Lei, i suoi capelli, le sue mani... Solo un sogno. Rain non era veramente lì, al suo fianco.
    Non lo era mai stata.
    Sbatté un pugno sul letto, abbassando il capo sommessamente.
    -Mi stavi sognando, eh!-
    Lo rialzò di scatto, giusto il tempo di guardare male suo fratello. –Scusa?-
    -Quando mi sono avvicinato, mi hai subito preso le mani e buttato sul letto. Mi hai addirittura baciato la fronte!-
    Il chitarrista si ammutolì, imbarazzato; il suo volto cominciò a tingersi di un tenue color pomodoro.
    -Non dire cazzate.-
    -Dai, Tom, ammettilo! So che nel profondo vorresti dar vita a quelle “Twincest” - o come cavolo si chiamano - che scrivono su di noi!-
    esclamò il moro, sorridendo con fare divertito e allo stesso tempo malizioso. Tentò in qualche modo -forse un pò troppo squallido- di far sorridere il gemello, ma non ci riuscì.
    L’ex rasta era più infuriato che mai. Lo fulminò con lo sguardo, comunicandogli silenziosamente di sloggiare se non voleva ricevere un paio di Rebook nere in faccia.
    -Eddai, Tomi, non fare quella faccia! Stavo solo scherzando!-
    -Fuori!-
    Un cuscino gli arrivò dritto sullo stomaco, tanto che corse fuori dalla stanza, intimorito.
    -Va’ al diavolo, Bill!-
    Si era pietosamente ritrovato a fare sogni “romantici” su di lei, come un poeta disperato e dolorante d’amore dell’Ottocento.
    Si passò le mani fra i lunghi capelli neri, senza sapere minimamente cosa fare, se non serrare nuovamente gli occhi e chiudersi in se stesso. Tentare di rientrare nel sogno fu impossibile.
    -Va’ al diavolo…-





    -Sono a caaasa!- esclamai, seppur sapessi benissimo di essere completamente sola. Modo piuttosto bizzarro per tenermi compagnia, giusto?
    Sto impazzendo, è chiaro.
    Posai la giacca e la borsa scura sulla poltrona beige della saletta, ordinata e precisa: non vi era nemmeno un capello fuori posto. Ma dove trovava Riyo il tempo di lavorare al locale e mettere a posto?!
    Mi sentivo a mio agio: ero davvero a casa, in tutti i sensi. In pochi sapevano della mia presenza lì, perciò era difficile ricevere scocciature.
    Mi sfilai le scarpe con l'aiuto delle dita dei piedi, per poi velocizzare verso la mia nuova stanza, pronta ad indossare qualcosa di più comodo, perfetto per stare a rilassarmi sul divano, sonnecchiare davanti alla tv e finire quel barattolo di Nutella che avevo lasciato a metà.
    Il massimo della vivacità.
    Controllai in valigia frugando fra i vari abiti, alla ricerca di qualcosa che facesse al caso mio. Subito puntai su un paio di short bianchi, maltrattati e vecchi.
    Perfetto.
    Dovevo abbinarci una maglietta fresca e sportiva, ma... Cosa correvo a fare?! Avevo tutto il pomeriggio!
    Una vita intensa, piena di emozioni: questo mi aspettava.
    Che ero ironica è piuttosto chiaro, vero?
    Mi passò la voglia di scherzare non appena il mio sguardo cadde su qualcosa di più ampio del solito, taglia XXL, con tanto di scritte in stile murales.
    La maglia di Tom.
    La strinsi fra le mani per qualche istante, seriamente tentata dal pensiero di strapparla in mille pezzi. Avevo altre opzioni che mi lasciavano l'acquolina in bocca: poteva tagliarla in modo artistico, buttarla dalla finestra, regalarla ad un barbone... Ma quella che più mi attirava era "darle fuoco".
    Ci pensai su per qualche altro attimo, per poi scaraventarla al muro con tutta la forza che avevo in corpo.
    -Come osi tornare nei miei pensieri quando non ti stavo affatto interpellando?! Sei un bastardo, Tom Kaulitz! Un lurido, viscido, insignificante bastardo!!-
    Optai per l'alternativa "sfoga su di lei la tua rabbia e falle ciò che vorresti fare a quel bastardo".
    Mi accanii nuovamente contro di lei, salendole sopra e saltando con vigore.
    -Te la farò pagare! Tutte le mie sofferenze, tutto il mio amore, tutto il tuo egoismo... Ti farò pagare tutto, stanne certo!!-
    Mi sentivo tremendamente stupida, e non solo perchè stavo facendo a botte con una maglia. Più gli andavo contro, più sentivo la sua mancanza.
    Più capivo di amarlo davvero.
    Mi abbassai con cautela, riprendendo fra le mani l'indumento: non era così malridotto come pensavo. Probabilmente, senza nemmeno rendermene conto, ero riuscita a trattarla con benevolenza.
    Era sua. Tutto ciò che apparteneva a lui era splendido, sacro. Non potevo farci niente.
    Me la portai vicino al viso, abbassandomi su di lei per inspirare ciò che aveva da offrirmi.
    Il suo profumo. Dopo averla trattata in malo modo, dopo tutto ciò che aveva ricevuto, il suo profumo era ancora lì, in attesa di qualcuno che lo assaporasse.
    In attesa di qualcun'altro che se ne innamorasse.
    Lo sentii mio, lo lascia entrare in me come aria, pura e fresca.
    All'improvviso mi tornò in mente.
    Le mie labbra sul suo petto, le mie mani sulla sua schiena; l'oscurità ci circonda, le sue spalle mi avvolgono, mi tengono stretta a lui. Con le braccia riesce a tranquillizzarmi, a cullarmi, seppur i movimenti e le spinte aumentino sempre più.
    Le nostre gambe si toccano, s'intrecciano, si legano; le sue mani percorrono interamente il mio corpo, facendomi rabbrividire, sospirare. I nostri bacini si sfiorano, i nostri gemiti riempono tutta la stanza.
    Lui ed io, soli. Un'unica cosa.
    La sua bocca cade sul mio seno, la sua lingua lo fa suo, non lo lascia andare... E io affondo nell'odore dei suoi capelli, in quella fraganza inimitabile e altamente eccitante.
    Tom. Tutto di lui mi mandava fuori di testa. Le sue espressioni, i suoi gesti,... L'aria che respirava.
    M'inginocchiai sconfitta, pensando e ripensando a quei momenti in cui, forse, ero io ad essere il suo tutto.
    Averlo accanto non aveva prezzo, non aveva rivali: era ciò che più desideravo al mondo, dopo qualche sua coccola. Dopo qualche suo bacio.
    E avremmo parlato per ore, cantato, scherzato, fatto l'amore, ballato. Ci saremmo appartenuti per sempre.
    Io sono tua, e tu sei mio. Semplice, no?
    No che non lo era. Non lo era affatto.
    In silenzio, la indossai senza farie ulteriori storie, camminando mogia per il corridoio. La depressione era tornata alle stelle.
    Il mio mondo non poteva girare attorno a lui: dovevo trovare altro da fare, altro a cui pensare.
    Ma... Aspetta! Il mio mondo ERA lui!
    Mi stesi sul divano, in preda ad una crisi mistica di terzo stadio. Il mio cervello si stava pian piano fondendo.
    Lo sapevo che sarebbe andata a finire così. Non ne potevo più.
    Pensare che stesse festeggiando -magari proprio con Julia- il fatto che mi fossi levata dai piedi, di certo non mi facilitava le cose. Chissà, forse ero troppo maligna, forse anche lui stava male quanto me.
    Chissà.
    Accesi l'enorme apparecchio, facendo zapping sfrenato in qua e in là come una patita di telenovelas. Niente attirava particolarmente la mia attenzione, escluso quell'attraente barattolo di gelato alla fragole che stringevo fra le mani e che avevo appena trovato nel frigo.
    A quanto pare la Nutella era finita: doveva essersela spazzolata Riyo. Appena tornata da lavoro, se la sarebbe vista con la mia furia da dipendenza.
    Qualcosa -o qualcuno- riuscì a interrompere le mie dolci fantasie. Il campanello suonò un paio di volte, lasciandomi il tempo di fissare la porta e di alzarmi per raggiungerla, in religioso silenzio.
    Che sia Riyo? Di solito da lavoro stacca alle sei...
    Guardai verso la cucina, sulla parete: l'orologio segnava le quattro e mezzo spaccate.
    No, non era Riyo. E allora chi era?
    Qualcuno che vuole lei, probabilmente: è casa sua!
    Era il caso di aprire: chiunque fosse, gli avrei detto di ripassare più tardi.
    Mi alzai, trascinando il mio corpo tutt'altro che attivo verso l'ingresso. Sbadigliai, mentre con tutta calma mi alzavo in punta di piedi per sbirciare da uno spioncino situato troppo in alto per i miei gusti.
    Non notai niente di strano, o meglio, non notai proprio niente. Non era facile vedere con quella lente un pò sbiadita e la tenue luce che aleggiava all'esterno.
    Per evitare ulteriori scocciature, aprii la porta di scatto, infiaschiandomi altamente di chi mi sarei trovata di fronte; continuai a tenere quel mio sguardo vago e pesante, con le braccia stese sui fianchi: tipica postura di chi si è appena svegliato.
    -Mi spiace, ma Riyo non è in ca...-
    Di colpo spalancai gli occhi, come se fossi appena uscita dal mio peggiore incubo e fossi ancora scioccata da ciò che vi avevo vissuto. Ma quello in cui mi trovavo non era un semplice brutto sogno: era la realtà, qualcosa decisamente peggiore!
    Non poteva essere vero. Non poteva essere realmente lì, davanti a me. Non poteva sapere dove mi trovassi.
    Non aveva il diritto di venire a trovarmi, di sorridermi con quella smorfia pura e putrida allo stesso tempo, di entrare nuovamente di entrare nella mia vita. Non gliel'avrei permesso.
    Non mi avrebbe ferito ancora. Sarei stata io a fargli del male stavolta.
    Si appoggiò alle pareti laterali, aspettando una mia qualsiasi reazione che non arrivò.
    -Rain... Sono così contento di...-
    -Chi ti ha detto che mi avresti trovato qui?-
    Sospirò, roteando gli occhi verso l'alto. Era stupito dalla mia fredda accoglienza? Beh, se si aspettava che mi sarei gettata al suo collo e lo avrei ospitato a braccia aperte, si sbagliava di grosso.
    -Non essere così acida con me. Comportarti come una bambina offesa non cambierà le cose...-
    -Dimmi chi ti ha detto che mi trovo qui!- urlai, avvicinandomi al suo volto per fulminarlo con lo sguardo. Il mio viso stava prendendo fuoco, segno che mi stavo surriscaldando e che sarei scoppiata da un momento all'altro: non era salutare farmi arrabbiare.
    Sorrise con disprezzo, accettando la mia presenza ravvicinata come una sfida. -Sono stato a casa, dai ragazzi, e non avendoti trovato lì ho pensato che fossi andata a trovare la tua amichetta, Riyo...-
    -E' stata lei, vero?- chiesi, non riuscendo a moderare il tono della mia voce. -E' stata Julia a dirtelo, non è così?-
    -Ti sbagli.-
    -Oh, certo! Dopo come ti sei comportato, dopo aver tramato alle nostre spalle, pensi davvero che i ragazzi aspettino il tuo ritorno col sorriso sulle labbra? Lo pensi davvero?-
    Il cuore continuava a pulsarmi nel petto, a battere alla velocità della luce. Era da tempo che aspettavo quel momento: la resa dei conti, fra me e Andreas.
    -Aspetta che Tom ti veda: ti farà a pezzi, come minimo...-
    Feci per andarmene e chiudermi la porta dietro le spalle, ma il ragazzo posizionò rapidamente un piede all'ingresso, impedendomi di tirare completamente il pomello laccato.
    -Sarò io a fare a pezzi lui. Stanne certa.-
    Ingoiai nervosamente della saliva, irrequieta. Non provavo più tenerezza o affetto verso di lui: non era più l'amico che ricordavo, l'amico che mi era così fedele, l'amico a cui volevo più bene in assoluto.
    In realtà non lo era mai stato: aveva solo finta. Mi aveva presa in giro, senza risparmiarsi sceneggiate o subdoli inganni.
    In quel preciso istante l'unico sentimento che provavo incrociando il suo sguardo era paura.
    -Vattene, Andreas. Non ho niente da dirti!-
    -Ancora così scontrosa? Potresti cominciare ad ammorbidirti un pò...- mi riferì, con voce puramente ironica. -Quando avrai intenzione di farmi entrare?-
    -Mai!!-
    Spinsi con tutte le mie forze in avanti, cercando di serrare l'ingresso e di cacciarlo definitivamente fuori dal disimpegno esterno. Ma Andreas fu più forte di me, come incosciamente mi aspettavo: gli bastò una mano per farsi spazio, finendo per farmi indietreggiare ed entrando nel modesto trilocale in cui alloggiavo.
    -Te lo ripeto: vattene, Andreas, o chiamo la polizia! Non scherzo!!-
    -Sono qui solo per chiaccherare un pò, come ai vecchi tempi.-
    Scosse la testa, smuovendo ripetutamente quell'ammasso di ricci biondi e più lunghi di quanto mi ricordassi.
    Non sapevo cosa fare: ero in trappola. Non potevo più cacciarlo adesso, non ne avevo la forza.
    Non mi restò altro da fare che arrendermi, facendolo sedere nel salotto, in silenzio. Mi spaventava: sembrava seriamente capace di farmi del male.
    Ero terrorizzata.
    Si accomodò su una sedia color legno vecchio, una delle tante presenti nella stanza. Io restai in piedi, a debita distanza da lui; continuai ad arrotolarmi ansiosamente una ciocca di capelli castani fra le dita.
    E senza rendermene conto tremavo. Tremavo come una foglia toccata dal vento, staccata da un ramo. Tremavo come mai prima.
    Mi faceva sentire davvero triste.
    -Senti, Rain, quello che voglio dirti io è che...-
    Cominciai a singhiozzare piano, ma se ne accorse comunque. Mi coprì il volto con le mani, non smettendo nemmeno per un secondo di vibrare e frignare.
    Ciò che mi aveva fatto, il modo in cui mi aveva trattata. Il bene che mi aveva voluto.
    Sì, tutta quella situazione era davvero triste.
    Mi venne incontro, pronto a cingermi le spalle con tenerezza. -No, per favore, non fare così! Non volevo farti stare male! Io...-
    Si era accorto di quanta paura avesse suscitato in me, di quanto stessi piangendo come una piccola bambina indifesa.
    Aveva capito che quelle lacrime, il dolore che stavo provando... Tutto era causa sua.
    Si allontanò di colpo, guardandosi le mani come un killer poco esperto fissa le macchie di sangue della sua vittima dopo un omicidio.
    Si sentiva un mostro, ancor di più di prima. Era venuto per cercare di rimediare, e invece...
    Cercai di calmarmi e capire cosa stesse facendo, ma tornai a vedere giusto in tempo per guardarlo dirigersi verso l'uscita.
    -Sono un mostro, Rain. Ti chiedo scusa, per prima, per ora: non sarei dovuto venire qui, non avrei dovuto contaminarti oltre.-
    Si portò una mano fra i capelli, come se volesse strapparsene uno ad uno, per ripagare il dolore che mi aveva causato.
    -Addio.-
    Lo immobilizzai, colpendo la sua schiena col mio petto; le mie mani lo circondarono, cancellando la possibilità che potesse fuggire. Fuggire da me.
    -N-No... Aspetta...-
    Continuavo a muovermi senza una ragione, rimanendo però salda alle sue spalle; strusciai il volto contro di lui, bagnandoli la maglia blu opaco di fresche lacrime trasparenti.
    -Sei un bastardo, Andreas, e lo sappiamo bene entrambi. Eppure comprendo le tue ragioni.-
    Rimase in silenzio: non credeva alle mie parole. Le riascoltò, se le ripetè svariate volte nella mente, come se cercasse il loro vero significato.
    -Sei la solita, Rain: provi pena per chiunque, addirittura per il tuo peggior nemico...-
    -Tu non sei il mio peggior nemico, accidenti! E non sei nemmeno un mostro! Come devo dirtelo?!-
    Aveva sbagliato, e anche gravemente. Ma non potevo, non riuscivo ad odiarlo davvero.
    -Tu... Sei sempre stato il mio miglior amico. Mi hai accolta con amore, mi hai aiutata, mi hai consolata quando ne avevo bisogno, e seppur tu lo abbia fatto obbligato da chissà chi, niente può cambiare il fatto che tu mi sia stato vicino per così tanto tempo!-
    Chinò il capo, sempre più silenzioso. I suoi respiri, adesso veloci, affranti, graffiavano l'aria.
    -Stai soffrendo, lo sento, lo capisco! Voglio che tutto torni come prima, che questa storia finisca una volta per tutte... Ma soprattutto...-
    Non fui l'unica a lasciarmi andare ad un pianto liberatorio. Lo strinsi ancora di più a me, sentendolo finalmente vicino.
    -... Rivoglio il mio amico And.-
    Non era la pace di legame finito male, nè la fasa di un nuovo amore: era lo sboccio di un'amicizia vera. Stavolta senza sotterfugi o bugie.
    Puro affetto.




    La guardò negli occhi, poco attratto da quello sguardo divertito e inaffidabile. Aveva preso una decisione su due piedi, torturato dalle fobie della sua immaginazione.
    Non sapeva bene cosa fare, sapeva solo cosa poteva fare. Per lei.
    Si avvicinò alla ragazza, bella e sorridente come una perfetta giornata di sole.
    Era la tipica ragazza che solitamente gli faceva girare la testa: bella, formosa, ricca e facile. Niente di meglio.
    Avrebbe dovuto innamorarsi di lei. Sarebbe stato tutto più facile.
    -Julia, hai un minuto?-
    La biondina si voltò verso di lui, assumendo il classico portamento da diva e gli occhi da cerbiatta ferita.
    -Quanti ne vuoi.-
    Tom sospirò intensamente, guardando dritto verso l'orizzonte, ben visibile dall'ampia finestra della stanza.
    -Immagino tu abbia preso una decisione.- mormorò Julia, anticipandolo di un soffio.
    -Esatto.-
    Rimase qualche minuto in silenzio. Gli attimi più lunghi della sua esistenza.
    Era andato da lei pensando di fare una determinata scelta, eppure adesso era tentato dall'optare per l'alternativa opposta.
    No, non si era affatto deciso. Ma lo fece così, su due piedi.
    -Sai, Julia... Ero venuto per comunicarti la mia accettazione della tua trattativa: me in cambio delle foto e delle notizie di Rain.-
    La ragazza sorrise ancora di più, fiera e gioiosa: assaporò a pieno il gusto della vittoria ottenuta così facilmente.
    -... Ma se penso di dover stare con te anche solo un minuto di più mi viene il voltastomaco.-
    Il volto di Julia si rabbuiò improvvisamente, passando da un perfetto marroncino tenue a un grigiastro pallido.
    -Fa' pure ciò che vuoi: non la tradirò, al costo di mettere in palio la sua privacy. Stavolta sarò io a pensare unicamente a me stesso. Sarò io ad essere egoista.-
    Detto questo, uscì dalla stanza, stufo e solo in parte soddisfatto.
    Era sicuro che Rain l'avrebbe apprezzato.
    Era sicuro che l'avrebbe capito.
    Forse.













    Continua...
     
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  15. scialla483
     
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    User deleted


    grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr dai Tom veloce torna da lei dai Tom daiiiiii
    muahahahahahha Julia ci sarèà rimasta troppo di merda xDD ma se lo merita. finalmente si è deciso a rischiare un pò quel pappamolle

    SPOILER (click to view)
    scherzavo tommino scherzavo


    mmmm amo questa ff e attendo impazientemente il continuooo grrr
     
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528 replies since 1/10/2009, 19:08   11559 views
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